GONZAGA, Ippolita
Nacque il 17 giugno 1535 da Ferrante duca d'Ariano e Isabella Di Capua, presumibilmente a Palermo, dove il padre era viceré di Sicilia. Ferrante le assegnò sin dalla più tenera età validi maestri: già dal 1542 ella scriveva di sua mano "pulitamente" lettere al padre. Nel 1543 la famiglia si trasferì a Mantova, dove si curò dell'istruzione della G. il cardinale Ercole Gonzaga, che la circondò di valenti istitutori nelle varie discipline: musica, scienze, cosmografia, letteratura latina e volgare. Tre anni dopo, Ferrante Gonzaga fu nominato governatore di Milano e la G., trasferitasi lì con i suoi congiunti, fu ben presto ammirata per la sua cultura e conosciuta "qual giovinetta di molto illustre aspettazione", come la descrisse Luca Contile in una lettera del 12 maggio 1548.
All'età di tre anni la G. era stata condotta dalla madre a Napoli, dove visitò Giulia Gonzaga, che si adoperò sin da allora per cercarle un marito. D'accordo con il cardinale Ercole Gonzaga, Giulia aveva pensato inizialmente di congiungerla un giorno in nozze con Vespasiano Gonzaga; successivamente la scelta cadde su Orazio Farnese, figlio di Pierluigi, duca di Parma e Piacenza, ma infine la G. fu data in moglie a Fabrizio Colonna, figlio di Ascanio, invaghitosi della sua futura sposa alla sola vista del ritratto. Il matrimonio si celebrò nel 1548 e, per le nozze, furono recitate due commedie: Gl'inganni di N. Secchi (Firenze 1562) e la Cesarea Gonzaga di L. Contile (Milano 1550). Isabella Di Capua, sapendo che la figlia era ben lontana, com'era costume delle donne del suo tempo, dal vedere nel matrimonio il termine della propria educazione, prima di recarsi nelle sue terre nel Regno di Napoli, le pose accanto un'eccellente governatrice, O. Tancredi, donna di valore che contribuì ad accrescere la cultura e le doti della Gonzaga.
Il matrimonio con il Colonna intanto si rivelò una unione perfetta, ma la felicità della G. durò poco. Nel giugno 1551 Ferrante Gonzaga, nominato capitano generale di Santa Chiesa nella guerra per Parma, condusse con sé Fabrizio Colonna e strinse d'assedio Parma. Il marito della G., colto da grave febbre, forse a causa del caldo estivo e per le fatiche del campo, fu trasferito a Viadana, dove la moglie lo raggiunse subito; la malattia si aggravò e il 24 ag. del 1551 "il suo così bello e buon marito" morì tra le braccia della consorte. Alla G., disperata per l'improvvisa perdita, giunsero varie lettere consolatorie, tra cui una di Pietro Aretino.
Tornata a Milano, la G. avrebbe voluto vivere appartata dal mondo, ma molti letterati le indirizzarono i loro elogi.
G. Bidelli, per esempio, le inviò alcune poesie e un capitolo in terza rima intitolato La pazienza (Venetia, al segno della Salamandra, 1563). A renderla nota erano anche tre medaglie fatte coniare per lei dal padre. Nella prima, attribuita da alcuni al famoso scultore e medaglista Leone Leoni, la G. è ritratta giovinetta appena quindicenne; nel rovescio si vede l'immagine della fanciulla, tra diversi strumenti astronomici e musicali, mentre regge un libro e alza gli occhi al cielo, con il motto "Nec tempus nec aetas", per dimostrare quali fossero i suoi studi prediletti fin dall'infanzia. Un'altra medaglia, realizzata sicuramente dal Leoni nei mesi immediatamente successivi al suo rientro da Augusta a Milano nell'aprile del 1551, raffigura nel rovescio una Diana cacciatrice, Plutone seduto entro un arco con Cerbero ai piedi, in alto la luna e le stelle, con il motto "Par ubique potestas", al fine di simboleggiare le doti che la giovane donna esprimeva attraverso i suoi meriti. Ricevuta questa medaglia in dono da O. Tancredi, Pietro Aretino tessé in una lettera le lodi della Gonzaga. Iacopo Nizzola da Trezzo eseguì la terza medaglia: su un lato è il ritratto della G., sull'altro Aurora sopra un cocchio tirato da Pegaso, con il motto "Virtutis formaeque praevia", allusivo certamente alle virtù della G. e al suo futuro luminoso.
Nel 1554, tre anni dopo la morte del marito, la G. si risposò con Antonio Carafa, duca di Mondragone, figlio del principe di Stigliano (in questa occasione Curzio Gonzaga compose un sonetto in lode della Gonzaga). La sua nuova casa di Napoli, che presumibilmente si trovava presso la chiesa di S. Orsola nella strada di Chiaia, doveva, nelle intenzioni della G., rappresentare il suo gusto e la sua passione per le belle arti. Così mandò il pittore Bernardino Campo a Como per riprodurre dalla famosa galleria di Paolo Giovio le migliori pitture ivi conservate, trasformando le proprie stanze in una galleria, molto ammirata dai contemporanei.
Da questo secondo matrimonio nacque, nel settembre del 1560, una figlia, Clarice, che fu moglie di un Carafa, duca di Nocera e, in seconde nozze, di Paolo di Sangro, principe di San Severo. La G. desiderava per la figlia un padrino singolare e si prodigò a tal punto che sembra avesse avuto addirittura l'assenso del re Filippo II, attraverso l'intercessione di Eustachio Amati, agente di Cesare Gonzaga, conte di Guastalla, presso la corte di Madrid.
Gli ultimi anni della G. furono consacrati all'intimità di pochi amici e parenti e alle lettere, tanto che Bernardo Tasso menzionandola nel canto C dell'Amadigi, scrisse di lei "la bella Gonzaga / Ippolita, d'onor non altro vaga". Sebbene il Crescimbeni affermi che Ippolita componesse perfettamente in versi, di lei ci rimane un unico sonetto, in onore di Irene Spilimbergo, morta a soli diciannove anni, Quella, che co' soavi almi concenti, stampato nelle Rime di diversi nobilissimi, et eccellentissimi autori, in morte della signora Irene delle signore Spilimbergo (Venetia, D. e G.B. Guerra, 1561).
La G. morì il 9 marzo 1563 a Napoli e fu sepolta nella chiesa di S. Domenico Maggiore.
V. Tansillo, in una lettera diretta a O. Tancredi (Affò, pp. 114-118), racconta che le sue spoglie furono tenute due giorni in S. Domenico, dove accorse tutta la città. Compianta dal marito, come ci attesta una sua lettera (ibid., pp. 112 s.) e da alcuni tra i più noti letterati del tempo, vennero composte in suo onore diverse poesie, raccolte dapprima da P. Pacello e in seguito da A. Securo, e pubblicate a Napoli presso G.M. Scotto nel 1564 con il titolo Rime di diversi eccellentissimi autori in morte della illustrissima sign. d. Hippolita Gonzaga.
Fonti e Bibl.: L. Contile, Lettere, Pavia 1564, c. 135r; P. Aretino, Il sesto libro delle lettere, Parigi 1609, cc. 14v-16r, 39r-v, 57v-59v, 277r-278v; F.A. Della Chiesa, Theatro delle donne letterate, Mondovì 1620, pp. 183 s.; G.M. Crescimbeni, Commentari alla sua istoria della volgar poesia, II, 2, Roma 1710, p. 244; L. Bergalli, Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d'ogni secolo, I, Venezia 1726, pp. 180, 260 s.; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, II, Bologna 1741, pp. 251, 362; G.M. Mazzuchelli, Museum Mazzuchellianum, I, Venetiis 1761, pp. 327 s.; I. Affò, Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga, Parma 1787, pp. 94-134; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, III, Milano 1833, p. 328; A. Verona, Le donne illustri d'Italia, Milano 1864, p. 143; B. Amante, Giulia Gonzaga contessa di Fondi e il movimento religioso femminile nel secolo XVI, Bologna 1896, pp. 158-164; F. Amadei, Cronaca universale della città di Mantova, a cura di G. Amadei - E. Marani - G. Praticò, II, Mantova 1955, pp. 705 s.; P. Pecchiai, Giulia e I. Gonzaga, in Studi in onore di Carlo Castiglioni, Milano 1957, pp. 733, 736 s., 744 s.; F. Panvini Rosati, Medaglie e placchette italiane dal Rinascimento al XVIII secolo, Roma 1968, pp. 49 s.; I Gonzaga, moneta, arte, storia, a cura di S. Balbi De Caro, Milano 1995, pp. 420-423, 443-445; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Gonzaga, tav. VIII.