RECUPITO, Ippolita
RECUPITO (Recupito Marotta, Recupita), Ippolita (Ipolita). – Nacque a Napoli attorno al 1577 (anno congetturato in base all’età indicata nel certificato di morte) da Giovanni Tommaso Recupito, citato nel testamento della medesima.
Ignota è la sua formazione musicale come soprano, nonché la data di nozze con il clavicembalista e compositore Cesare Marotta. La prima attestazione della loro unione è in una lettera del giugno 1607 di Alessandro Peretti Damasceni, cardinal Montalto, presso il quale la coppia lavorava da almeno fine 1603, con il compenso mensile complessivo di 25 scudi: nell’aprile del 1607 fu loro corrisposto il saldo di 29 mesi di salario, che risalgono al novembre 1603 (non 1604 come indica Hill, 1997, pp. 26 s.; nel documento la lettura di «d. Hippolita» come ‘dama’ anziché ‘donna’ ha suscitato riflessioni improprie sul titolo nobiliare; cfr. Annibaldi, 1999, p. 387 n.).
Nell’estate del 1607 Recupito fu richiesta alla corte di Firenze e a quella di Mantova per le feste nuziali da celebrare nel 1608 rispettivamente per le nozze tra Cosimo II de’ Medici e Maria Maddalena d’Austria (ottobre) e tra Francesco IV Gonzaga e Margherita di Savoia (maggio). È probabile che i Medici se la siano aggiudicata per precedenza: non vi sono infatti notizie di una sua partecipazione alle feste mantovane; ma potrebbe essere stata lei la cantante di Montalto chiamata a sostituire l’appena defunta Caterina Martinelli nel ruolo eponimo dell’Arianna di Ottavio Rinuccini e Claudio Monteverdi e però impossibilitata a presentarsi in tempo utile (Fabbri, 1985, p. 130; Carter, 1999, p. 395; la parte di Arianna spettò infine a Virginia Ramponi Andreini). Nel luglio del 1607 Montalto, con la mediazione del ferrarese Enzo Bentivoglio e per conto della virtuosa, chiese a Luzzasco Luzzaschi di comporle «opere passeggiate» (ossia ricche di ‘passaggi’ e fioriture) da eseguire alle nozze fiorentine, ma la scarsa salute del musicista, che morì a settembre, vanificò la richiesta. A metà agosto del 1608 era già a Firenze con il marito per partecipare alle prove degli spettacoli previsti per i festeggiamenti autunnali, dimorando presso il compositore Giulio Caccini, come egli stesso dichiarò (Kirkendale, 1993, p. 153). Qui, a settembre, poté sentirla cantare anche il compositore Marco da Gagliano, che la definì «cosa rarissima», superata da Vittoria Archilei solo nella voce (p. 273). E in ottobre, per le feste, si esibì in un banchetto (Lancellotti, 1627), nella Notte d’amore di Francesco Cinie nel Giudizio di Paride di Michelangelo Buonarroti jr., come si legge in una lettera del musicista Alfonso Fontanelli, che ne registrò il successo: «Il vanto nella musica toccò alla s.ra Ippolita […], e ben si conosceva, poiché sempre vi era strepito, se non quando essa cantava, ch’allora si serbava universalmente uno esquisito silentio» (cit. in Solerti, 1905, pp. 45, 47).
Nella seconda settimana di ottobre del 1610 fu a Ferrara con il marito a servire i Bentivoglio, e a novembre, nonostante i problemi di una nuova gravidanza (finita a marzo del 1611 con un aborto), si esibì a Roma prima per i duchi di Massa ospitati da Montalto, poi a palazzo Bentivoglio, cantando cinque brani, accompagnata dal marito alla spinetta. A dicembre, sempre a Roma, la sentì Monteverdi, preferendole tuttavia Francesca Caccini, figlia di Giulio e strumentista, oltre che cantante (lettera del 28 dicembre 1610, in C. Monteverdi, Lettere, a cura di E. Lax, 1994).
A febbraio del 1612 un agente ferrarese a Roma, Vincenzo Landinelli, e il poeta Battista Guarini fecero il possibile, su richiesta dei Bentivoglio, per condurla a Ferrara; ma, essendo la virtuosa di nuovo gravida, la responsabilità fu palleggiata fra Montalto e i Marotta, e per finire non se ne fece niente. Forse a Ferrara si voleva che cantasse nella Filli di Sciro di Guidobaldo Bonarelli, poi annullata per la morte del duca di Mantova, principe dell’Accademia degli Intrepidi promotrice dello spettacolo. All’inizio di marzo probabilmente cantò (la parte di Armida?) negli intermedi del Guarini, Priggionia, incantamento e liberazione di Rinaldo, per una «comedia» rappresentata nel palazzo di Montalto. Nel settembre del 1613 i Bentivoglio cercarono di nuovo di avere Recupito a Ferrara, ma di sicuro la cantante fu trattenuta a Roma da Montalto per le nozze imminenti fra Michele Peretti (fratello del cardinale) e Anna Maria Cesi.
All’inizio del 1614 si sospettò fin dai primi momenti che un incidente domestico in cui rimase coinvolta fosse in realtà l’esito di un’aggressione del marito, dapprima arrestato, indi scarcerato dopo qualche giorno, grazie al fatto che la moglie se ne addossò la colpa (Ercole Provenzale, l’11 gennaio, raccontò a Enzo Bentivoglio che un amante di Recupito, da lei non corrisposto, se ne era vendicato dichiarando a Marotta di aver fornicato con lei e di essere lui il padre della figlia avuta dalla coppia l’anno prima, Francesca; Fabris, 1999, pp. 277 s., lettera n. 392). Ai primi di febbraio del 1614 impersonò Venere nel «festino» epitalamico dell’Amor pudico di Jacopo Cicognini, dato con musiche di diversi compositori (il marito compreso) nel palazzo della Cancelleria per le nozze Peretti-Cesi; durante una replica si fece male con una macchina scenica (Fabris, 1999, p. 287, lettera n. 402). In aprile, ottenuta licenza dal cardinale, con la scusa di recarsi a Loreto la coppia riuscì a proseguire per Ferrara, dove era desiderata dai Bentivoglio.
Nelle estati del 1613 e del 1615 fece parte insieme a Marotta del gruppo di insegnanti incaricati di formare in Roma i giovani cantanti di Enzo Bentivoglio, ossia Francesca Massiccia, Cesare Bonanni e un certo Baldassarre (Annibaldi, 1999, pp. 371 s., 381), ai quali Recupito insegnava chitarra.
Fra il 1615 e il 1619 le notizie si diradano: si sa solo che a novembre del 1615 ebbe una nuova figlia, Anna Maria, morta nel 1621. Nel giugno del 1620 si esibì a Modena con Adriana Basile, come si apprende da lettere di Giulia d’Este, figlia del duca, in cui si dice che Recupito ha voce migliore di Basile, ma è men bella. Un ritratto di Ippolita si conserva in un disegno di Ottavio Leoni recentemente individuato (Louvre; Tordella, 2011, p. 29). Ad aprile del 1621 a Roma cantò il lamento di Andromeda di Ercole Marliani e Monteverdi, e madrigali di Francesco Rasi, il quale la definì «bella assai e garbatissima» (Kirkendale, 1993, p. 595).
Dopo il 1621 non si hanno più notizie della sua professione musicale, forse limitata per l’età. Nel 1623, morto il cardinal Montalto, si trasferì con il marito nella parrocchia di S. Crisogono; e ritornò poi in quella di S. Lorenzo nel 1628, nello stesso anno in cui il marito ebbe una figlia, Anna, da un’altra donna, forse la Margherita Ferraioli che alla morte del compositore, nel luglio del 1630, chiese la pubblicazione del testamento. Quest’ultimo fu impugnato da Recupito, poiché prevedeva come erede universale non lei stessa, ma la figlia Francesca, e probabilmente rivelava l’esistenza di una figlia naturale del marito (destinataria di un legato). Con una transazione Francesca accettò di rinunciare all’eredità a favore della madre, su garanzia di una lauta dote che ricevette nel gennaio del 1632, quando sposò Carlo Buisson. Tra maggio del 1636 e marzo 1637 la cantante si trasferì dal nipote Carlo a Magnanapoli; lì visse per il resto dei suoi giorni.
Morì il 10 giugno 1650. Per testamento aveva chiesto di essere sepolta nella cappella dei Buisson, in S. Luigi dei Francesi; fu invece tumulata in S. Maria sopra Minerva, nella tomba della congregazione del Ss. Rosario.
Fonti e Bibl.: V. Lancellotti, Lo scalco prattico, Roma 1627, p. 239, in L. Bianconi, Il Seicento, Torino 1991, p. 287; A. Ademollo, La bell’Adriana ed altre virtuose del suo tempo alla corte di Mantova, Città di Castello 1888, pp. 263 s.; A. Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, p. 45, 47, 55; A. Cametti, Chi era l’«Hippolita», cantatrice del cardinal di Montalto, in Sammelbände der Internationalen Musikgesellschaft, XV (1913-1914), pp. 111-123; A. Newcomb, Girolamo Frescobaldi, 1608-1615: a documentary study, in Annales Musicologiques, VII (1964-1977), pp. 135-138, passim; T. Carter, A Florentine wedding of 1608, in Acta Musicologica, LV (1983), pp. 96, 101 s.; P. Fabbri, Monteverdi, Torino 1985, ad ind.; J. Chater, Musical patronage in Roma at the turn of the seventeenth century: the case of cardinal Montalto, in Studi musicali, XVI (1987), pp. 199-201, passim; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the principate of the Medici, Firenze 1993, ad ind.; C. Monteverdi, Lettere, a cura di E. Lax, Firenze 1994, pp. 31 s.; J.W. Hill, Roman monody, cantata, and opera from the circles around cardinal Montalto, I-II, Oxford 1997, ad ind.; C. Annibaldi, rec. a J. Hill, Roman monody, cit., in Early Music History, XVIII (1999), pp. 365-398; T. Carter. Lamenting Ariadne?, in Early music, XXVII (1999), pp. 395-405; D. Fabris, Mecenati e musici: documenti sul patronato artistico dei Bentivoglio di Ferrara nell’epoca di Monteverdi, 1585-1645, Lucca 1999, ad ind.; J. Cole, Music, spectacle and cultural brokerage in early modern Italy. Michelangelo Buonarroti il giovane, Firenze 2011, pp. 248 s., 259, 502 s.; P.G. Tordella, Ottavio Leoni e la ritrattistica a disegno protobarocca, Firenze 2011, pp. 29, 144.