CAFFI, Ippolito
Nato a Belluno il 16 ottobre del 1809, da Giacomo e da Maria Castellani, dopo un alunnato presso i bellunesi Antonio Federici e Antonio Tessari, fu avviato a Padova dove l'accolse un cugino pittore, Pietro Paoletti, che lavorava con il neoclassico Giovanni Demin. In questo ambiente di seria applicazione, ma di scarso respiro, il C. rimase fino a quando si trasferì a Venezia, dove fu ammesso a quell'accademia che frequentò regolarmente dal 1827 al 1829. Seguì la lezioni di Tranquillo Orsi (prospettiva) e di Teodoro Matteini (figura e nudo). Col trascorrere del tempo cominciò a sentirsi a disagio nelle strettoie di quell'istituto, e, pur continuando a frequentarlo (nel '30 vinse un premio per la prospettiva), prese di fatto a staccarsene. Sul finire del terzo decennio, cominciò ad accarezzare l'idea di recarsi a Roma, dove giunse nel gennaio del 1832 stabilendosi nuovamente presso il Paoletti, che vi si era trasferito da qualche anno. Frequentando la bottega di questo pittore "storico e religioso", migliorò il mestiere, ma comprese chiaramente che la sua vocazione era quella del pittore di vedute.
Agli inizi del 1833 il C. si separò dal Paoletti e si mise solo, dedicandosi a disegnare e a dipingere dal vero in città e campagna.
Eccettuata una debolissima Via Crucis (1831)nella parrocchiale di Caerano di San Marco (Treviso), non si conoscono opere anteriori al viaggio a Roma. Le più antiche sono infatti del '34:la Trinità dei Monti nella Galleria nazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro a Venezia, l'Aranciera di villa Borghese nel Museo di Roma, la Piazza di Siena a Roma (proprietà Di Castro, Roma). I problemi della prospettiva intesa alla maniera canalettesca erano ancora alla base dei suoi studi se nel 1835stampò a Roma la prima edizione delle Lezioni di prospettiva pratica, modesta pubblicazione a scopo didattico (la seconda edizione è datata Napoli 1838; la terza, Venezia 1841). La prova del persistere d'interessi prospettici è data anche dal primo dipinto che veramente attirò l'attenzione su di lui, il Carnevale di Roma (Festa dei moccoletti), la cui più antica redazione è del '37 (lo replicò quarantadue volte: tra gli esemplari più noti, quelli di Ca' Pesaro, della Galleria nazionale d'arte moderna a Roma e del Museo Thorvaldsen a Copenaghen).
Fino al 1843 la sua attività fu intensa: aveva domicilio a Roma, ma si spostava di continuo in altre città per mostre e commissioni di lavoro. Nel '39 espose a Milano, nel '40 a Trieste; spesso fu a Venezia, anche per mesi; nel 1841, a Padova, dipinse per la sala rotonda del caffè Pedrocchi quattro vedute romane a tempera ripassata con olio. In quello stesso anno, a Venezia, l'artista dipinse il Canal grande e la Salute sotto la neve, soggetto che, variando l'ora e il punto di vista, replicò varie volte (Museo civico di Belluno, Museo Revoltella di Trieste, collez. Avon Caffi a Venezia). Nel 1843, a Roma, datò vari dipinti, tra cui la Benedizione papale in piazza S. Pietro (Museo di Roma), l'Arco di Costantino e il tempio di Venere e Roma (collez. Avon Caffi, Venezia), S. Pietro e Castel Sant'Angelo e l'Interno del Colosseo al chiaro di luna, entrambi a Ca' Pesaro. Nell'autunno del '43 partì per l'Oriente, ma prima si fermò per qualche settimana a Napoli, che ritrasse in limpide vedute (Ca' Pesaro). Dopo una prima sosta ad Atene (Vedute del Partenone, a Ca' Pesaro), passò in Turchia, in Palestina, in Egitto (Ippodromo di Costantinopoli, Istmo di Suez, Carovana nel deserto, visibili con altri soggetti a Ca' Pesaro). Nel 1844 era di nuovo a Roma, poi a Venezia.
Si colloca tra il 1844(ritorno dall'Oriente) e il 1849 (partenza per l'esilio) un gruppo di opere di soggetto veneziano a Ca' Pesaro, di gusto ancora canalettesco. Alcune sono assai piacevoli (Effetto di mattina sulla piazzetta), ma tutte indicano che a Venezia l'estro del C., espresso con sufficiente libertà a Roma e in Oriente, rimane condizionato dai modelli settecenteschi.
Nel 1848 lascia Roma e si arruola contro l'Austria. Combatte a Visco e a Ialmico, nel Friuli, è fatto prigioniero, evade e rientra in Venezia, dove rimane fino alla caduta della Repubblica (1849). Sono di questo momento alcuni dipinti di carattere documentario, quali il Bombardamento di Marghera, lo Scoppio di una bomba sulla laguna, e altri conservati nel Museo del Risorgimento a Venezia. Lasciata Venezia perché proscritto dall'Austria, si stabilì a Genova (1849), dove per vivere dipingeva vedute della città e della Riviera (Ca' Pesaro). Di qui passò a Torino (1850) dopo una breve sosta in Svizzera (Veduta di Lucerna, Ca' Pesaro). Nel 1851 era presente all'Esposizione universale di Londra con una Veduta di Hyde Park (smarrita). Nel 1854, dopo un soggiorno in Spagna (disegni al Museo Correr, Venezia), partecipò a Parigi con tre opere alla Esposizione universale (catalogo 1855, p. 2): di quel periodo sono i Palazzo del Louvre e il Boulevard St. Denis di notte (Ca' Pesaro). Nel 1855 ritornò a Roma e vi riaprì lo studio, lavorando con rinnovato entusiasmo fino al 1857 ad alcuni dei suoi dipinti più notevoli: Roma vista dal Pincio (collez. Noferi, Firenze); Interno del Colosseo, Acquedotti nella campagna romana (Museo di Roma); Colosseo illuminato da fuochi di bengala (Ca' Pesaro), e tre Vedute di Tivoli (una a Ca' Pesaro e due al Museo di Roma). Nel 1858, di nuovo a Venezia, venne processato per un "crimine di pubblica violenza", che sarebbe avvenuto durante una sommossa nel '49; assolto, si stabilì in quella città. Sono datati al 1858 alcuni dipinti assai noti: Serenata dinanzi al molo, Carnevale in piazza S. Marco (Ca' Pesaro). Nel 1859 la sua situazione di patriota si andava facendo sempre più pericolosa anche a causa dei frequenti viaggi in Lombardia e Piemonte; nel luglio '60 fu arrestato e rinchiuso nelle prigioni politiche di S. Severo (disegni nel Museo Correr). Liberato dopo tre mesi, ripartì subito per Milano. Quindi passò a Napoli e in Campania, dove era in corso l'avanzata garibaldina; dipinse Sulle rive del Volturno e, nel 1861, Ingresso di Vittorio Emanuele a Napoli (Ca' Pesaro). Ritornato a Venezia riprese a lavorare attivamente: del '65 sono il Molo di Venezia al tramonto e Serenata davanti alla Piazzetta di S. Marco (entrambe a Ca' Pesaro). Dichiaratasi nel luglio 1866 la guerra all'Austria, lasciò Venezia e si diresse prima a Firenze, poi a Taranto. Morì a Lissa il 20luglio 1866 nell'affondamento della "Re d'Italia" su cui si era imbarcato per ritrarre da vicino le vicende della guerra.
Formatosi sui modelli veneziani del Settecento, il C. riesce spesso a emanciparsi da quella suggestione, specie nei dipinti di soggetto romano che rappresentano, per vigore cromatico e attenuazione delle linee di contomo, il punto di arrivo delle sue capacità. Nella produzione veneziana appare invece condizionato da schemi preesistenti, che tuttavia, negli anni tardi, amplia e rende singolarmente scenografici (Molo di Venezia al tramonto, 1865, Ca' Pesaro). Ha trattato spesso temi insoliti, come un volo in pallone (egli stesso, il 5 apr. 1847, a Roma, partecipò a una ascensione con l'aeronauta francese F. Arban), e soprattutto temi di "notturno". Il successo conseguito da tale repertorio gli ha fatto credere, equivocando, che si trattasse di "novità" nel campo della pittura. Personalità attivissima, impetuosa, coraggiosa, di alto sentire patriottico, manifestò dipingendo una visione chiara, serena, attenta al vero, sensibile agli effetti di luce e di colore, ma fondamentalmente ignara delle conquiste della coeva pittura europea. Produsse moltissimo, non di rado conseguendo effetti di sommessa, sincera poesia. Sue opere sono a Venezia in Ca' Pesaro, nella Gall. naz. d'arte mod. di Roma, nel Museo di Roma, nel Museo civico di Belluno, nel Museo Revoltella di Trieste, nel Museo civico di Treviso. Tra le collezioni private è notevole quella del pronipote Giuseppe Avon Caffi a Venezia.
Fonti e Bibl.: Belluno, Bibl. Com., Lettere manoscritte… ad A. Tessari (dal 1825 al 1866) ; Venezia, Casa Avon Caffi, Lettere manoscritte d'I.C. alla famiglia; Lettera… al marchese Antinori…, Venezia 1848; Th. Gautier, Les Beaux Arts en Europe 1855, II, Paris 1856, p. 227; L. Codemo-Gerstenbrand, I.C., Venezia 1866; P. Selvatico, I.C., in Politecnico (Venezia), 1867, pp. 3-15; C. Boito, Scultura e pittura d'oggi, Torino 1877, pp. 118-123; Soccorriamo i bambini rachitici, Strenna 1893, Venezia 1893, pp. 23-26 (lettere ad A. Tessari del 16 settembre e 5 ott. 1847 ed a G. Codemo del 21 giugno 1866); E. Mancini, Lettere inedite di I. C., in Annuario 1925-26del R. Ist. magistrale "Giustina Renier", Belluno 1926, pp. 37-48; W. Arslan, Le vedute di I. C. nella saletta della Rotonda, in Il Caffè Pedrocchi, Padova 1931, pp. 63-69; M. L. Caturla, I. C. al Vaticano, in Il Gazzettino (Venezia), 13 luglio 1937; E. Bassi, L'Accad. di Belle Arti in Venezia nel suo bicentenario…, Venezia 1950, pp. 69-71; T. Pignatti, Pittori veneti dell'Ottocento da Canova a Favretto, in Studia Ghisleriana, Pavia 1950, pp. 15-17; B. Ziliotto, I.C. a Trieste in un epistolario inedito, in La Porta Orientale, XX(1950), pp. 255-264; C. Pietrangeli, in Vedute romane d'I. C.(catal.)., Roma 1959; C.Maltese, Storia dell'arte in Italia 1785-1943, Torino 1960, pp. 144 s.; E. Amadei, Un volo del pittore I.C. in Piazza di Siena nell'aprile 1847, in L'Urbe, XXIV(1961), n. 6, pp. 12 s.; L. Coletti, La civiltà veneziana nell'età romantica, Venezia 1961, pp. 150-152; M. Pittaluga, I taccuini romani d'I.C., in Arte veneta, XVI(1962), pp. 138-144; Id., Dipinti del C. nel Civico Museo di Belluno, in Arte lombarda, X(1965), pp. 197-205; G. Fiocco, Un maestro solitario: I.C., in Il Gazzettino, 29 luglio 1966; G. Perocco, Catalogo per la mostra d'I.C. a Ca' Pesaro, Venezia 1966; C. Pietrangeli, Note illustrative dei dipinti d'I.C., in Roma metà dell'Ottocento, Roma 1966; M. Pittaluga, Note sulla giovinezza d'I.C., in Arte antica e moderna, 1966, pp. 1-14; Vanvitelli e altri vedutisti, Gall. Gasparrini, Roma 1966, nn. 76 s.; G. Avon Caffi, I.C., Padova 1967, (con amplissima bibl.); G. Perocco, Pittura veneta nell'Ottocento, Milano 1967, pp. 17 s.; O. Monti, Nel centen. della morte del pittore I. C., in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, XXXVIII (1967), pp. 121-126; G. Mariacher, Inediti di I. C…, in Boll. dei musei civici veneziani, XIV(1969), n. 3, pp. 1-10; M. Pittaluga, Appunti sul C. in Palazzo Prosdocimi a Padova, in Antichità viva, X(1970), n. 4, pp. 57-63; Id., C. inediti a Roma, ibid., XI(1971), n. 1, pp. 28-35; Id., Il pittore I. C., Vicenza 1971; U. Thieme-F.Becker, Künsterlexikon, V, pp. 349 s.; Enc. Ital., VIII, pp. 264s.