IPPOLITO da Pergine
Nacque il 30 sett. 1643 dalla famiglia Ippoliti (Hippoliti), residente dal 1527 a Pergine in Valsugana, nel vescovato-principato di Trento, e ascritta alla nobiltà nel 1632. Fu battezzato con il nome di Baldassarre. Il 29 sett. 1665 entrò nel convento dei francescani osservanti di Cles e prese il nome in religione di Ippolito. Nel 1674 era maestro dei novizi ad Arco, nel 1676 guardiano a Cles e nel 1679 a Mezzolombardo; nel 1680 fu eletto definitore della sua provincia.
Un primo contatto di I. con la corte cesarea ebbe luogo nel 1678, quando, preparandosi a un viaggio a Roma a proposito del progetto di costruzione di un convento dell'Ordine, chiese una raccomandazione dell'imperatore Leopoldo I e al contempo offrì i suoi servigi. Un rapporto diretto si stabilì nel 1680, quando I., in qualità di precettore, accompagnò a Innsbruck due giovani patrizi di Trento che furono impiegati come paggi alla corte del reggente del Tirolo Carlo V di Lorena. Grazie al suo zelo e alla buona influenza esercitata sui giovani, I. fece una profonda impressione su Carlo e sua moglie Eleonora, sorellastra dell'imperatore, tanto che lo trattennero nella loro corte. I. giunse a Vienna per la prima volta probabilmente nella primavera 1682, nel seguito di Eleonora, e conobbe l'imperatore di persona. Nell'agosto dello stesso anno era a Roma, impegnato in faccende relative al suo convento. Probabilmente già in occasione di questo viaggio Leopoldo fece sondare il terreno sulla possibilità di destinare I. al suo servizio personale; una seconda richiesta seguì in novembre.
I. non divenne ufficialmente confessore del pio imperatore, ma consigliò il sovrano e l'imperatrice, Eleonora Maddalena del Palatinato-Neuburg, in veste di guida spirituale particolare. Lettere della famiglia imperiale lo descrivono come un uomo molto riservato e modesto, che dispensava consigli spirituali e soprattutto opinioni in cose secolari solo se gli venivano richiesti. Diversamente da Marco d'Aviano, il cappuccino attivo a Vienna più o meno nello stesso periodo, I. non si affermò come grande predicatore e guaritore, ma colpì il prossimo come "un uomo modesto, estremamente ritirato, interiore e amorevolissimo, che agisce sull'ambiente che lo circonda consolandolo e rafforzandolo per mezzo della divina ispirazione, senza esteriore apparenza" (Coreth, p. 127). Per volontà dell'imperatore, dalla fine del 1682 viveva a corte; ciononostante intratteneva un contatto epistolare con il sovrano e gli spediva di frequente delle meditazioni scritte (testi che l'imperatore chiamava "fogli spirituali") in occasione di ricorrenze religiose o in preparazione della confessione e della comunione. Si tratta di scritti spirituali che si rivolgevano all'imperatore in tono confidenziale, ispirati dalla cura per il suo benessere temporale e spirituale; ciò non toglie che le debolezze del sovrano vi fossero segnalate con grande franchezza. Leopoldo raccoglieva questi testi, talora redatti in versi, e ne aveva grande considerazione. In una risposta a I. dichiara di voler mettere in musica una di queste poesie. Non è noto se poi lo fece davvero, ma è certo che poesie di I. furono affidate in diverse occasioni al maestro di cappella Antonio Draghi e servirono come libretti per componimenti sacri eseguiti a corte, per esempio all'inizio della quaresima.
I. non si dedicava però soltanto a questi compiti spirituali. Gli fu affidata anche la scelta degli educatori per il figlio della coppia imperiale nato nel 1678, Giuseppe, e nella circostanza si rivelò buon conoscitore di uomini. Per l'erede al trono, che entrava nell'età in cui la sua educazione non poteva essere più affidata a delle donne, dovevano essere designati un maggiordomo, un precettore e un confessore. I. si dedicò con grande scrupolo alla selezione delle persone adatte al compito. La sua scelta doveva essere approvata non solo dalla coppia imperiale, ma anche dal padre dell'imperatrice, il conte palatino Filippo Guglielmo di Neuburg, così nella Pasqua 1684 I. si recò presso quella corte e in seguito rimase in costante contatto epistolare con i principi di Neuburg.
Durante l'assedio ottomano I. lasciò Vienna al seguito della famiglia imperiale, nell'agosto 1683, si rifugiò a Passavia, passando per Linz. Leopoldo I, indeciso se raggiungere l'armata che si preparava alla battaglia decisiva nei dintorni di Tulln o almeno una località nei paraggi del campo, chiese consiglio a I., il quale da un lato lo esortò a prendere decisioni con maggiore indipendenza, ma gli consigliò di partire. L'imperatore raggiunse il campo soltanto dopo la battaglia. Quando, due giorni dopo la vittoria, il 14 sett. 1683 entrò a Vienna, I. era nel suo seguito.
Negli anni successivi I. fu tra coloro che tentarono assiduamente di rafforzare il proposito di Leopoldo di proseguire la guerra contro i Turchi. Così facendo, appoggiò gli sforzi di papa Innocenzo XI e del nunzio Francesco Buonvisi. Quando Marco d'Aviano, che come legato pontificio aveva seguito l'esercito in Ungheria, demoralizzato dalla generale disorganizzazione e inefficienza dell'accampamento imperiale, abbandonò il quartier generale (settembre 1684), I. gli subentrò, affiancando il comandante Carlo di Lorena malato, e nello stesso anno assistette al fallito assedio di Buda. Anche I. giudicò troppo scarsi i vettovagliamenti e i rifornimenti necessari alla guerra, e alla metà di ottobre tornò dall'impresa, malato e deluso dalle sue modeste capacità di influenzare i fatti. Negli scritti in cui si lamenta con l'imperatore racconta come erano andati sprecati i mezzi finanziari messi a disposizione per la guerra e consiglia di non accontentarsi più di questo modo di procedere. Nel conflitto tra i comandanti superiori dell'armata I. si schierò a fianco di Carlo di Lorena e rimarcò gli insuccessi del presidente del Consiglio di guerra di corte, il margravio Hermann di Baden. Giudicò severamente anche la condotta del commissario generale della guerra e sostenne con successo il suo allontanamento.
Le richieste avanzate in seguito continuamente da I. per avere il permesso di tornare in convento rimasero senza esito. In realtà, sempre più furono dirottati su di lui problemi di natura politica ed egli elargì i suoi consigli in parecchie questioni di promozioni o impieghi di personale. Persino diplomatici stranieri si servivano della sua mediazione per conseguire i loro obiettivi presso l'imperatore. Una notevole influenza I. esercitò in ambito ecclesiastico. Quando si prospettava una promozione cardinalizia cui bisognava designare un candidato austriaco, egli compilava una lista di tre nomi, dalla quale veniva scelto il nuovo cardinale. Anche il vescovato di Wiener Neustadt fu assegnato a un candidato da lui proposto.
Al nunzio Buonvisi I. prestò un aiuto prezioso. Analogamente al nunzio - ma forse anche più apertamente di quest'ultimo -, nella primavera 1684 I. esortò l'imperatore a non spendere troppo per le consuete cacce di corte, dal momento che mancava il denaro strettamente necessario per la prossima campagna di riconquista dell'Ungheria. Nel dicembre dello stesso anno in una relazione a Roma Buonvisi scrisse di non vedere alcun senso - come invece pretendeva il papa - nell'esortare i vescovi dell'Impero a un cambiamento di stile di vita più consono al loro ministero, dato che essi avevano assunto le loro dignità ecclesiastiche senza vocazione. I. era però pronto - scrive Buonvisi - a dichiarare all'imperatrice che il fatto che la casa del Palatinato-Neuburg provvedesse a dotare con grande larghezza i figli cadetti di vescovati e prepositure doveva considerarsi un abuso. Nel giudizio sulla personalità dell'imperatore, al quale essi rimproveravano la scarsa capacità di decisione e l'eccessiva dipendenza dai consiglieri, I. e il nunzio si trovavano pienamente d'accordo.
Era inevitabile che I., coinvolto per queste prese di posizione in faccende politiche e negli intrighi di corte a causa della sua influenza su decisioni personali, divenisse egli stesso oggetto di intrighi. Quando, nel 1685, morì il vescovo di Vienna Emmerich Sinelli, che per lungo tempo era stato molto vicino a Leopoldo, si ritenne - senza alcun motivo - che I. aspirasse alla successione. Nell'autunno dello stesso anno dovette difendersi dalla voce di aver manipolato la volontà dell'imperatore simulando ispirazioni divine. A pesanti attacchi si trovò esposto dopo una missione in Tirolo nell'aprile 1686. Egli si accorse con preoccupazione che contro di lui era stata condotta una campagna diffamatoria in piena regola.
Nel marzo 1687, su incarico dell'imperatore, si recò a Roma. Vi trascorse la settimana santa e la Pasqua; il lunedì di Pasqua, su raccomandazione del nunzio Buonvisi, ebbe l'opportunità di conferire con il cardinale segretario A. Cibo e con Innocenzo XI. Illustrò al papa in maniera drammatica la grande necessità di denaro dell'armata imperiale e ottenne un sussidio di 300.000 fiorini. Al rientro a Vienna, trovò un'atmosfera ostile e credette di essere circondato da rivali e calunniatori. Accompagnò l'imperatore nel dicembre 1687 alla Dieta di Presburgo (Bratislava), nel corso della quale l'erede al trono Giuseppe fu incoronato re d'Ungheria, insistette però con sempre maggior decisione per poter lasciare la corte. Nel febbraio 1688 ottenne il permesso di risiedere in un convento nei paraggi. Visse per un breve periodo a Klosterneuburg, poi a Sankt Pölten, sempre costretto a tenersi pronto per incarichi dell'imperatore, che continuava a sostenere le spese del suo mantenimento. Il costante scambio di lettere tra i due non fu interrotto. Quando Leopoldo nell'autunno 1689 si recò alla riunione dei principi elettori ad Augusta, dove Giuseppe doveva essere eletto re dei Romani, anche I. seguì la corte, ma presto si ritirò in un convento dei dintorni. La sua influenza era ancora cospicua: F. Tucci, che fungeva da nunzio ad interim dopo il richiamo di Buonvisi, prese subito contatto con lui ad Augusta.
Poco dopo, però, a Vienna furono rivolte aspre critiche contro I. per motivi che restano ignoti, cosicché egli rinunciò definitivamente alla vicinanza con la corte, e si trasferì a Innsbruck. Marco d'Aviano parla di "dissensi e sfavore" (Coreth, p. 152), che lo avevano portato a questo passo e riferisce di una breve visita di I. a Vienna nel 1692, con la quale non riacquistò il suo prestigio. La corrispondenza con l'imperatore proseguì fino al 1702, poi I., libero da incarichi temporali, tornò nella sua provincia di origine, dove, secondo la testimonianza dei suoi confratelli, condusse una vita claustrale esemplare.
I. si spense a Trento dopo una lunga malattia, completamente cieco, il 2 genn. 1715.
Nell'Ordine aveva ottenuto nel 1688, per intervento imperiale, il rango di discretus perpetuus, che gli conferiva autorità al di fuori dei confini della sua provincia, come ex commissario generale. Pare che anche per questo fosse coinvolto in polemiche interne all'Ordine e che a Roma persone a lui ostili lo denunciassero. Riuscì tuttavia a scagionarsi e la considerazione di cui godette in Curia, come poté accertare in diversi viaggi a Roma, era buona. In patria la sua memoria è legata alla fondazione del convento a Cavalese (posa della prima pietra nel 1685), per il quale l'imperatore e l'imperatrice avevano fatto delle donazioni, e alla costruzione del convento francescano presso Torricella Madruzza a Trento, resasi necessaria dopo che un altro edificio era stato distrutto da un'inondazione.
Fonti e Bibl.: Vienna, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Habsburg-Lothring. Familien-Archiv, Familienkorrespondenz, A.12, cc. 35-283 (lettere e scritti di I. all'imperatore Leopoldo I, 1683-90); A.13, cc. 262-266 (lettere di Leopoldo I a I., 1678); Ibid., Österreich. Nationalbibliothek, Mss., 14717 (lettere di Leopoldo I a I., 1682-97); Monaco di Baviera, Hauptstaatsarchiv, Geheimes Staatsarchiv, Kasten blau, 55/18 (lettere di I. a Filippo Guglielmo di Palatinato-Neuburg); Trento, Arch. della Provincia francescana di Trento, Mss., 62: G. Cassina, Vita del p. I. Hippoliti; Arch. segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Germania, 209, cc. 130, 190; 215, c. 215v; 463, cc. 560r-561v; Die Relationen der Botschafter Venedigs über Deutschland und Österreich im 17. Jahrhundert, II, a cura di J. Fiedler, in Fontes rerum Austriacarum, s. 2, XXVII, Wien 1867, pp. 251 s.; Contributi alla storia dei frati minori della provincia di Trento, Trento 1926, pp. 18, 31, 146; M. Héyret, P. Markus von Aviano (1631-1699), I-III, München 1937-40, ad indices; A. Coreth, Frate I. Ippoliti da P. e l'imperatore Leopoldo I, in Civis. Studi e testi, IX (1985), pp. 123-153; F. von Rummel, Franz Ferdinand von Rummel. Lehrer Kaiser Josephs I. und Fürstbischof von Wien (1644-1716). Österreich Archiv, München 1980, ad ind. (s.v. Hippolito); E. Garms-Cornides, Scene e attori della rappresentazione imperiale a Roma nell'ultimo Seicento, in La corte di Roma tra Cinque e Seicento "teatro" della politica europea, a cura di G. Signorotto - M.A. Visceglia, Roma 1998, p. 514.