IPPONATTE ('Ιππώναξ, Hippōnax)
Poeta greco del sec. VI a. C., scrittore di giambi. Figlio di Pythes e di Protis, nacque ad Efeso, e fiorì nella seconda metà del sec. VI. Fu costretto ad esulare dalla città natale, per aver preso parte alle lotte politiche contro i tiranni Atenagora e Komas, a Clazomene, dove passò il resto dei suoi giorni. Metrodoro lo descrive piccolo, magro e robusto; ma bello a vedersi non doveva essere se la leggenda vuole che lo scultore Bupalo ne facesse tale ritratto da far concepire al poeta un odio acre e violento contro di lui. Bupalo è uno dei principali personaggi colpiti nei suoi Giambi, ma non pare che la ragione di tanto odio fosse quella del ritratto.
I pochissimi frammenti rimasti dell'opera di I., ossia della raccolta dei suoi Giambi ordinata dagli Alessandrini e divisa in libri, sono citazioni di antichi lessicografi o scrittori di cose metriche o di più recenti curiosi di vocaboli ed espressioni particolarmente rare, sicché del contenuto poco dicono, né permettono di stabilire se quei Giambi fossero componimenti brevi o lunghi. Di recente si è pubblicato in Italia il più esteso frammento dei Giambi ipponattei proveniente dai papiri di Ossirinco, ed anche esso conferma l'opinione che la poesia di I. fosse del tutto plebea e volgare. Nel nuovo frammento si descrive una turpe scena di lupanare; in altri si parla di iettatori, di pezzenti, di ladri, d' incantesimi, di amori sempre sconci, di fame, di freddo, di feste popolari, e particolarmente del sacrifizio dei ϕαρμακοί, gente di infimi natali, brutti e malvagi che, a purificazione della città, venivano, fra tormenti di ogni sorta, messi alla berlina e uccisi. Tale sorte I. augura ai suoi nemici, ma il poeta stesso descrive così bene scene di postribolo e di delinquenza da farcelo immaginare come vissuto nei più bassi strati sociali di Efeso e da rendere impossibile l'immaginarcelo poeta moralista o semplice espositore di favole, come qualcuno vorrebbe. Non c'è nulla di strano che I. conosca Omero e talvolta ne faccia la parodia. La sua parodia omerica è, come le invocazioni irriverenti agli dei, un aspetto della sua impudenza. Con che non si vuol negare che egli possa dirsi poeta. I. del resto conosce il gergo, fa uso del dialetto ionico colorito di parole lidie che formarono la delizia di tanti commentatori e sono spesso per noi un rompicapo; i suoi trimetri sono coliambi, ossia trimetri giambici con il sesto piede trocaico, tendenti quindi alla prosa: in sostanza, nelle forme come negli spiriti egli è il poeta degl'infimi strati sociali.
Questo poeta ebbe molta fortuna, soprattutto per il suo dialetto. Gli Alessandrini lo studiarono molto, e certamente il frammento trovato nel papiro di Ossirinco è copia del sec. II d. C. di un'edizione curata dai grammatici di Alessandria. Callimaco ed Eroda, due poeti del sec. III a. C., conobbero certamente la sua opera, ma Callimaco la interpretò a modo suo, Eroda più fedelmente, e forse Callimaco s'interessò piuttosto al suo vocabolario che al vero spirito della sua poesia. La quale, già famosa nell'antichità e specialmente presso i commediografi, che adoperarono spesso parole ipponattee e spesso portarono lo stesso poeta sulla scena, insieme con Archiloco, continuò la sua fortuna fino ai neoteroi in Roma presso Calvo e Cinna e nei Giambi di Catullo.
Bibl.: Edizioni di I. molto buone sono quella antica, e tuttavia utilissima, del Welcker, Gottinga 1817, e la recente di Knox, Londra 1930, insieme con le altre del Bergk, nei Poëtae Lyrici Graeci e del Diehl, nella Anthologia lyrica. Il nuovo frammento è stato pubblicato da G. Coppola nella Rivista di filologia e istruz. classica, LVI, 1928; da G. Pasquali, negli Studi Italiani di filologia classica, n. s., V, 1928; da B. Lavagnini, in Annali delle Università Toscane, n. s., XII, 1928; da K. Latte, in Hermes, LXIV, 1929; da A. Körte, in Archiv. für Papyrusforschung, 1931; e ancora da G. Coppola in St. it. di fil. cl. n. s., VI, 1929 e nel vol. X dei Papiri della Società Italiana. È forse da ritenere che anche il papiro di Strasburgo attribuito ad Archiloco sia di I. (v. Studi italiani di filologia classica, n. s., VI, 1929): di recente E. Romagnoli ha pubblicato una vivace traduzione dei frammenti di I. (Lirici greci, I, Bologna 1932) in cui presenta anche una sua edizione del nuovo frammento di Ossirinco. Cfr. G. Fraccaroli, I lirici greci, II, Torino 1910, p. 148 segg. Per ulteriore bibliografia v. Gerhard, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., VIII, col. 1890 segg. e Schmid-Stählin, Geschichte d. gr. Lit., I, i, Monaco 1929, p. 399 segg.