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(XIX, p. 528; App. I, p. 737; II, ii, p. 63; III, i, p. 892; IV, ii, p. 226; V, ii, p. 766)
Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Popolazione
La guerra con l'Iran (1980-88) e la guerra del Golfo (1991), scoppiata in seguito all'invasione del Kuwait (1990) da parte delle truppe irachene, hanno causato all'I. ingenti perdite umane e hanno contribuito ad alterarne il quadro demografico e insediativo. Nonostante ciò e malgrado le incertezze politiche e le difficoltà economiche che tuttora attanagliano il paese, la popolazione irachena continua ad aumentare a ritmo sostenuto: nel 1987 erano stati censiti 16,3 milioni di ab., con un incremento - rispetto al censimento precedente (1977) - di circa il 36%. Nel 1998, secondo stime dell'ONU, la popolazione era salita a 21,8 milioni di ab., con un ulteriore aumento del 33,7%. Il tasso di natalità è assai elevato (42,5‰ nel 1997), il che fa dell'I. un paese 'giovane': infatti, oltre il 45% della popolazione ha meno di 15 anni.
Tuttavia l'I. paga ancora oggi le conseguenze della guerra del Golfo, in quanto l'embargo applicato dagli Stati Uniti fin dal 1990 ha determinato una progressiva penuria alimentare e sanitaria, in seguito alla quale, secondo un rapporto della FAO, la mortalità infantile è triplicata (è stato calcolato che circa 560.000 bambini iracheni siano morti in conseguenza delle sanzioni commerciali imposte al paese), mentre il rachitismo è sempre più diffuso.
Sotto il profilo etnico, alla componente araba dominante (80%) si affianca la cospicua minoranza curda (15%) che occupa la sezione più settentrionale del territorio iracheno. Circa i tre quarti della popolazione vivono nelle pianure alluvionali coltivabili, che rappresentano appena un quarto della superficie territoriale. Le zone più fittamente popolate sono quella compresa tra l'alto Tigri e Kirkūk, l'area intorno alla capitale, la zona lungo lo Šaṭṭ al-῾Arab. Il 75% degli Iracheni risiede nelle città, ma solo Baghdād, Bassora, Mōṣul, Kirkūk e al-Sulaymāniyya svolgono funzioni propriamente urbane.
Condizioni economiche
All'inizio degli anni Ottanta l'I. poteva essere considerato il paese arabo con le maggiori potenzialità di sviluppo, grazie alle sue ingenti risorse petrolifere, alla popolazione relativamente numerosa rispetto a quella degli altri Stati della regione, alla disponibilità di forza lavoro e alle possibilità di crescita del settore agricolo. Tuttavia, ogni progetto e programma di sviluppo economico è stato spazzato via dalle due guerre e dalla crescita del debito estero.
In particolare, le conseguenze della guerra del Golfo sono state gravissime, in quanto il paese non solo ha subito la distruzione pressoché completa delle infrastrutture, ma è stato anche fatto oggetto di sanzioni internazionali applicate dall'ONU per il mancato rispetto, da parte del governo di Baghdād, degli accordi intercorsi alla fine del conflitto. Tale embargo prosegue tuttora, con l'unica eccezione della Risoluzione 986 (Oil for food), approvata dalle Nazioni Unite il 14 apr. 1995, che autorizza l'I. a esportare greggio per due miliardi di dollari ogni sei mesi, in cambio di prodotti alimentari e medicinali. Malgrado le resistenze del governo iracheno, che teme ogni possibile attentato alla propria sovranità, l'ONU devolve direttamente ai Curdi una parte degli introiti di queste vendite petrolifere. L'applicazione di tale risoluzione non modifica però sostanzialmente lo stato di estrema povertà della maggior parte della popolazione irachena. L'economia, che già nel 1990 era sull'orlo del collasso, è oggi completamente compromessa e la sopravvivenza del paese è affidata in gran parte al contrabbando, di cui il regime di Ṣaddām Ḥusayn è il primo beneficiario.
Per quanto riguarda le diverse attività produttive, è difficile tracciarne un quadro data la scarsità di statistiche attendibili. Il settore primario, malgrado le esigenze alimentari in crescita, è in declino e la bilancia agricola registra ogni anno un pesante passivo (3 miliardi di dollari nel 1996, secondo una stima FAO). È in aumento la produzione di datteri, di grano e soprattutto di orzo (+93% nel periodo 1980-94), mentre diminuisce il numero di capi d'allevamento, fatta eccezione per gli animali da cortile. Il settore secondario contribuisce per una modesta parte alla formazione del PIL e occupa il 20% della forza lavoro; è rappresentato da industrie pesanti (tutte di proprietà dello Stato), produzioni militari e industrie leggere, per le quali si è avuta una recente apertura al privato.
La principale e fondamentalmente unica risorsa del paese rimane il petrolio. Anche in questo caso l'andamento della produzione ha risentito degli eventi bellici che hanno interessato l'I. negli anni Ottanta e Novanta: dai 168 milioni di t estratti nel 1979, infatti, si è passati nel 1991 a 13,4 milioni, per attestarsi negli ultimi anni intorno ai 30÷35 milioni di t (ma nel 1997 la produzione saliva a 58,3 milioni di t), contro un consumo interno pari a poco meno della metà. Bisogna considerare anche le ingenti riserve di gas naturale, la cui produzione è ancora molto limitata (3425 milioni di m³ nel 1995) e destinata al consumo interno.
bibliografia
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H. Ishow, L'Irak: paysanneries, politiques agraires et industrielles au XXe siècle, Paris 1998.
H. Strunz, Irak: Wirtschaft zwischen Embargo und Zukunft, Frankfurt a. M.-New York 1998.
Storia
di Guido Valabrega
A completamento delle misure messe in atto per porre un freno a qualsiasi velleità di ripresa militare dell'I. dopo la guerra del Golfo, in analogia con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che aveva imposto sin dall'aprile 1991 il blocco dei voli sulle aree curde al di sopra del 36° parallelo, venne deciso nell'agosto 1992 il divieto di sorvolo sulle zone a maggioranza sciita al di sotto del 32° parallelo. Furono decisioni che, ridimensionando l'autorità di Baghdād, integrarono le risoluzioni delle Nazioni Unite per imporre il disarmo, il diritto di ispezione e il pagamento dei danni di guerra. Nel Nord del paese, in particolare, una funzione specifica di intervento fu di fatto affidata alla Turchia che dall'agosto 1992 già aveva istituito una 'fascia di sicurezza' contro il rischio di infiltrazioni curde.
Emersero dunque con chiarezza i veri obiettivi di Washington, che finirono con il ridimensionare fortemente finalità quali la difesa dell'indipendenza del Kuwait e l'avvio in quel paese d'un regime ispirato alla democrazia: si era cercato, più semplicemente, di creare le condizioni per una presenza militare più prolungata possibile in tutta l'area del Golfo, di aumentare la vigilanza sulle risorse petrolifere nell'intero scacchiere e di garantire su tale regione l'egemonia politica occidentale.
Nel complesso delle deliberazioni adottate per ottenere il ridimensionamento politico ed economico iracheno spiccavano, da un lato, il blocco dell'attività petrolifera e quindi delle vendite e della possibilità per Baghdād di disporre di risorse finanziarie per la ricostruzione e la normalizzazione del paese, dall'altro, l'embargo stabilito in sede ONU con un'accurata lista di merci per le quali non fu concessa la licenza di importazione. In tale elenco furono inseriti gli orologi, i pezzi di ricambio per automezzi, i frigoriferi e i forni per il pane, le lampadine di ogni tipo, i prodotti chimici per l'agricoltura, le matite, un gran numero di prodotti tessili ecc.
I problemi derivanti da tale situazione imposero, tra l'altro, vari avvicendamenti alla guida del governo e nei diversi ministeri: nel settembre 1991, il primo ministro Sa῾dūn Ḥammādī fu sostituito da Muḥammad Ḥamza al-Zubaydī, al quale subentrò, due anni dopo, il ministro delle Finanze, Aḥmad Ḥusayn al-H̠udayr. A questi successe, nel maggio del 1994, lo stesso Ṣaddām Ḥusayn, che fu rieletto nell'ottobre del 1995 alla presidenza della Repubblica.
Le questioni sulle quali l'I. dovette principalmente cimentarsi nel corso degli anni Novanta furono il rispetto delle ispezioni stabilite dall'ONU per verificare che fosse mantenuto il disarmo e la gestione delle cosiddette zone autoamministrate al Nord e al Sud del paese.
Su questo secondo punto va rilevato che il territorio meridionale a prevalenza sciita provocò solo problemi limitati perché non legati a una precedente aspirazione autonomistica di rilievo, quantunque non siano poi mancati incidenti. Ricordiamo in particolare lo spostamento, unilateralmente deciso dagli Stati Uniti, della delimitazione della zona nel Sud del paese dal 32° al 33° parallelo (3-4 settembre 1996) e l'attacco di velivoli americani e inglesi in ispezione armata contro una stazione radar irachena del 30 giugno 1998. Più delicata la situazione al Nord per la conflittualità dei due principali gruppi politici curdi (Unione patriottica del Kurdistan, guidata da Ǧalāl Ṭalabānī, e Partito democratico del Kurdistan, presieduto da Ma῾sūd Bārzānī), per le pressioni della Turchia che si scontravano con gli interessi di Siria e Iran (l'intesa del 14 novembre 1992 tra Ankara, Damasco e Teherān per l'integrità territoriale dell'I. rimase lettera morta) e per l'impegno degli Stati Uniti in favore delle aspirazioni curde. Da tali contrastanti tendenze derivò per l'intera area una condizione di instabilità e incertezza: l'accordo che venne sottoscritto a Parigi nel luglio 1994 tra Ṭalabānī e Bārzānī non produsse gli effetti sperati; nell'agosto 1996 Bārzānī fece appello al governo di Baghdād contro il rivale e a poco valse una successiva tregua tra i due, patrocinata nell'ottobre dagli Stati Uniti nell'ambito dell'operazione denominata provide comfort, durante la quale si registrò il graduale disimpegno dell'alleato francese. Nel maggio-giugno 1997 si assistette poi, nelle zone più vicine al confine con la Turchia, a un nuovo massiccio rastrellamento dei militari turchi, diretto in particolare contro i ribelli del Partito dei lavoratori del Kurdistan.
Da un lato, l'esigenza degli Stati Uniti e degli alleati di tutelarsi con opportune ispezioni contro le velleità di recupero militare iracheno e, dall'altro, la volontà di Baghdād di mantenere la propria autonomia in tale situazione portarono a blocchi temporanei delle attività di ispezione e a ripetute minacce reciproche. Sin dal luglio 1991, infatti, Washington, Londra e Parigi prospettarono l'eventualità di intervenire qualora l'I. non avesse ottemperato alle richieste di fornire le informazioni giudicate necessarie sul suo potenziale nucleare e chimico. Tale situazione si ripropose nell'estate 1992, mentre agli inizi del 1993, in seguito all'elezione a presidente di B. Clinton (novembre 1992), gli Iracheni parvero dimostrare maggiore disponibilità. Solo pochi mesi dopo, però, la resistenza dell'I. a concedere il diritto di controllo su due impianti missilistici suscitò nuove polemiche: il timore di ritorsioni e nello stesso tempo la speranza che da una maggiore acquiescenza potesse scaturire quanto meno un'attenuazione dell'embargo indussero Baghdād, nel novembre 1993, ad accettare la risoluzione dell'ONU per un controllo prolungato sull'industria militare. Le polemiche sull'occultamento delle potenzialità irachene e le ingiunzioni della Commissione speciale delle Nazioni Unite per il disarmo dell'I. continuarono nel 1995-97, quantunque il Consiglio di sicurezza concedesse per la prima volta nel dicembre 1996, nel quadro del programma Oil for food, la vendita di limitate quantità di petrolio per l'acquisto di viveri e medicinali.
La crisi più grave si ebbe agli inizi del 1998, quando gli Stati Uniti diedero l'avvio a preparativi di intervento militare contro l'Iraq. Le divergenze sorte in seno al Consiglio di sicurezza (Russia, Cina e Francia si dichiararono contro l'impiego immediato dell'uso della forza), le diffuse preoccupazioni in sede ONU e il distacco di paesi quali Egitto e Siria dalla linea dell'intransigenza, favorirono la missione nel febbraio 1998 a Baghdād del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Questi raggiunse con Ṣaddām Ḥusayn un'intesa per cui l'I. si impegnava a non porre ostacoli alle ispezioni che comunque si sarebbero dovute svolgere nel rispetto della dignità, sicurezza e sovranità del paese.
Forti tensioni si verificarono nuovamente durante il mese di novembre in seguito alla decisione di Ṣaddām Ḥusayn di impedire ulteriori ispezioni nel paese e di sospendere ogni forma di collaborazione con la Commissione speciale delle Nazioni Unite (UNSCOM). A metà novembre il ritiro di questa decisione sembrò momentaneamente ristabilire i rapporti con l'UNSCOM e il ritorno degli ispettori nel paese ne fu la conferma. Ciò nonostante, la tensione con gli Stati Uniti continuò a salire e il 16 dicembre - senza l'avallo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - il presidente Clinton, con il solo appoggio della Gran Bretagna, lanciò contro l'I. un massiccio attacco aereo che si protrasse fino al 20 dicembre. Durante l'operazione, denominata Desert fox, gli Stati Uniti dichiararono di aver colpito oltre 90 siti di rilevanza strategica e di aver raggiunto il loro obiettivo dichiarato di demolire le potenzialità militari di Ṣaddām Ḥusayn. Nuovi bombardamenti si verificarono nel corso del 1999 provocando anche vittime tra la popolazione civile.
bibliografia
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The future of Iraq, ed. J. Calabrese, Washington 1997.
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