ire (gire)
Verbo di prevalente uso poetico, in concorrenza con ‛ andare ', di uso più esteso.
Della forma ‛ gire ' si registrano 67 occorrenze (escluse quelle del Fiore e del Detto); di queste, 37 appartengono alla Commedia (una sola nel Paradiso [XI 5], a conferma di un uso stilisticamente ‛ mediocre ').
Le forme di maggiore frequenza sono quelle dell'infinito (25) e dell'imperfetto (20); sporadiche le altre. Frequentissime le forme pronominali di III persona con ‛ si ', ‛ si ne ', ‛ se ne ', sen ', del tutto assenti dalle pur numerose occorrenze del Fiore.
La forma ‛ ire ', ancor più di ‛ gire ', si può ritenere dettata da scelte stilistiche nei pochissimi esempi in prosa (3 nella Vita Nuova, 2 nel Convivio), e in poesia (24 volte nella Commedia, di cui 4 nella terza cantica) da prevalenti ragioni di misura del verso. A differenza di ‛ gire ', non ha altre forme di coniugazione che l'infinito (25 volte) e il participio passato (5). Una sola volta ricorre l'imperativo ‛ ite '. Mancano le forme pronominali e quelle unite a gerundio con valore durativo, frequenti con ‛ gire '. Affatto assente nelle Rime e nel Fiore.
Agli effetti semantici l'alternanza tra le due forme non comporta alcuna differenza, onde si danno insieme gli esempi relativi a un medesimo uso, distinguendo le varie congiunture secondo che il verbo si presenti solo o accompagnato da compimenti integranti. Parimenti, non si fa distinzione tra forme pronominali e non, in quanto suggerite essenzialmente da ragioni di gusto e di stile. La particella ‛ ne ' ha quasi sempre valore genericamente intensivo.
Spesso è usato assolutamente, come verbo di movimento reale, o concepito come tale, retto per lo più da un altro verbo, col significato generico di " andare ", " camminare ", " avanzare ".
Cfr. Vn XIX 13 62 Insegnatemi gir, ch'io son mandata / a quella... (cfr. If XXVII 101 e tu m'insegna fare), e XII 11 10; Cv Il Voi che 'ntendendo 19 l'anima dicea: " lo men vo' gire " (ripreso in VII 7); IV XXII 14 ite, e dite a li discepoli suoi (traduzione da Marc. 16, 7 " ite, dicite discipulis eius "); XXX 4, If XII 24 [il toro] gir non sa, ma qua e là saltella; XXI 117 gite con lor, che non saranno rei (unico esempio di ‛ gire ' in forma imperativa), e 129; XXII 5 vidi gir gualdane; XXVIII 61 l'un piè per girsene sospese, e 111; XXIX 16, Pg I 120, VI 65, VII 42 per quanto ir posso, a guida mi t'accosto; XI 15 a retro va chi più di gir s'affanna (in senso figurato, come, con diversa immagine, in XXXIII 141); XX 119 secondo l'affezion ch'ad ir ci sprona. Cfr. anche If XXIV 69 chi parlava, ad ire parea mosso (dove la lezione ad ire, assente nei codici antichi che leggono ad ira o d'ira, è stata accolta dagli editori moderni, dal Foscolo alla '21 e al Petrocchi, sulla base della chiosa di Pietro, che è ripresa dal codice Cassinese; cfr. M. Barbi, La nuova filologia e l'edizione dei nostri scrittori da D. al Manzoni, Firenze 1938, 16-17; Petrocchi, Introduzione 183-184, e ad l.).
Congiunto con preposizioni, con indicazione del moto a o da o per: Vn III 7 mi parea che si ne gisse verso lo cielo; IX 1, XIV 8 quella parte de la vita di là da la quale non si puote ire più per intendimento di ritornare (può ricordare il catulliano " qui nunc it per iter... / illuc, unde negant redire quemquam ", III 11-12); XV 7 non mi tengo di gire presso di questa donna; XXII 1 a la gloria etternale se ne gio (le altre occorrenze di ‛ gio ' tutte in Inferno); XXXI 9 13 si n'è gita in ciel subitamente, e 10 15 (v. i §§ 3 e 5 dello stesso capitolo), XXXII 6 10; If X 134 lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo; XX 60 questa gran tempo per lo mondo gio; XXXI 141 (v. anche Fiore XXXII 11 CIII 2); If XXVII 2 già da noi sen gia; XXVIII 44 per indugiar d'ire a la pena; XXXI 124 Non ci fare ire a Tizio né a Tifo (con senso di " rivolgersi "); XXXIII 117 al fondo de la ghiaccia ir mi convegna; Pg II 60, IV 128 non mi lascerebbe ire a' martìri, IX 77, XXV 115 ir ne convenia dal lato schiuso; Fiore CCXV 8 e 11, CCXVIII 7.
Connesso con avverbi o determinazioni accessorie di valore avverbiale: Vn XXII 4 [il] luogo onde se ne giano la maggiore parte di quelle donne; Rime XLVIII 15 a torno gir non osa, e LXXXIV 10; If XIV 25, XXIII 59, Fiore LX 11; If XVI 91 Io lo seguiva, e poco eravam iti; XVIII 45 assentio ch'alquanto in dietro gissi; XXV 78 sen gio con lento passo; XXIX 34 el sen gio / sanza parlarmi; Pg XIII 23 tanto di là eravam noi già iti; XXII 127 Elli givan dinanzi; XI 124 ito è così e va, santa riposo; XXXIII 16 Così sen giva. Si aggiunga la serie dei moduli contrapposti ‛ i. giù ', ‛ i. su ', tanto in senso proprio, per " sommergersi " (If XXVI 141 fé... / la prora ire in giù), e " salire fisicamente " (Pg VII 56 e XVII 66), quanto in senso morale, per " umiliarsi " (Pd VII 98 ir giuso / ... obediendo), ed " elevarsi spiritualmente " (l'uomo... / disobediendo intese ir suso, v. 100). Si veda anche Fiore CCVII 14 gir boccone.
Riferito a entità astratte, o preso in senso morale e figurato, congiunto con preposizioni o avverbi: Rime XCV 10 donna... / per gli occhi sì a dentro è gita; CVI 51 gir ne convene a colui [del vizio] posta; Rime dubbie XIV 11; Cv II Voi che 'ntendendo 15 un soave penser, che se ne gìa / ... a' pie' del nostro Sire (Dio), commentato in VII 5 e 7; IV XXII 2 male può ire a questa dolcezza [felicità] chi prima non l'avvisa; If XVI 69 se [cortesia] se n'è gita fora (nel senso di " venir meno "); XXIV 71 li occhi... / non poteano ire al fondo per lo scuro; Pd I 9 dietro la memoria non può ire; XI 5 Chi dietro a iura e chi ad amforismi / sen giva. Con riferimento a tempo: Pg X 111 oltre la gran sentenza non può ire. Si aggiungano Pd VII 98 e 100, già citati.
Unito a gerundio, in poesia, per indicare azione iterativa o continuativa: Vn III 12 14 gir lo ne vedea piangendo (il gerundio ha valore di participio presente); XIX 13 57 tu [canzone] girai parlando; XXIII 22 38, XXVII 4 10; Rime CI 35 gir pascendo l'erba; Rime dubbie II 2; Cv I I 8 veggiono erba e ghiande sen gire mangiando (unico esempio in prosa); If XII 31 Io gia pensando; Pg XXVIII 40, XXXI 95 tirandosi me dietro sen giva. Il costrutto di g. col gerundio (per cui cfr. M. Corti, Studi sulla sintassi della lingua poetica avanti lo Stilnovo, in " Atti e Mem. Accad. La Colombaria " XVIII [1963]) a chiusura di verso è tipico di una serie di occorrenze del Fiore: XLIV 5, LVII 13, LIX 12, LXXIV 4 e 8, XCV 13, CVII 6, CXX 2, CLXIII 8, CXCVII 5 e 8, CCVIII 9.
Congiunto ad aggettivi e participi con valore predicativo, solo in poesia: Rime LXVIII 25 l'anima... sen girà si trista; CVI 102 vedete gir nudi / ... omini; If XXIII 145; Pg II 51 el sen gì, come venne, veloce (l'aggettivo ha qui valore avverbiale); XII 69 fin che chinato givi (forma di passato remoto di prima persona dettata dalla rima), e 78, XXIII 104, XXIX 4 come ninfe che si givan sole; XXXII 135 gissen vago vago. Va aggiunto Fiore CIII 13, nonché CXI 8 e CXIX 13, con l'espressione ‛ g. mendicato ' per " andar mendicando ".
Con compimento in un verbo: Vn XLII 3 la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna; If XXVI 84 dove, per lui, perduto a morir gissi; Pg II 75 ire a farsi belle.
Col senso di " perire ", " estinguersi ", usato assolutamente: Pg XIV 113 gita se n'è la tua famiglia, e 119 Ben faranno i Pagan, da che 'l demonio / lor sen girà. Nel secondo esempio il ‛ gire ' di Maghinardo Pagano è senz'altro " morire "; nel primo, invece, resta dubbio se debba intendersi ‛ è gita ' per " è estinta ", con allusione al casato estinto dei Cavalcanti, signori di Bertinoro (" li tuoi buoni abitanti sono venuti meno ", Ottimo; così Anonimo, Casini-Barbi, Rossi-Frascino, Mattalia), oppure " è partita ", con riferimento ai Mainardi e ad altre famiglie partite dalle loro terre per non contaminarsi coi malvagi, o perché scacciate da quelli. L'accenno nello stesso passo ad altri casati che scelsero di estinguersi piuttosto che tralignare in discendenti corrotti, fa pensare che l'idea significata da g. sia quella di " estinguersi ", " scomparire " (ma Scartazzini-Vandelli: " se n'è andata: continua l'immagine ch'è in ‛ fuggi via ' ". Anche Buti, Venturi, Lombardi, Cesari, Andreoli, intendono " partire "). Per un significato consimile si veda Pd XVI 74 Se tu riguardi Luni e Orbisaglia / come sono ite. A questi esempi, sebbene con senso diverso, si può aggiungere Pg XXVII 5 'l giorno sen giva, " volgeva al termine " (cfr. If II 1 Lo giorno se n'andava, e Pg VIII 6 il giorno... che si more).
Detto di corsi d'acqua, vale " scorrere ": Vn IX 4 lo quale [fiume] sen gia lungo questo cammino; XIX 1 lungo lo quale sen gia uno rivo; If XIV 81 per la rena giú sen giva quello [ruscello].
Come infinito sostantivato, in luogo del più frequente ‛ l'andare ': Rime XLIX 13 lo meo gire; Vn XII 16 la licenzio del gire; If XI 112 'l gir mi piace.
Modi idiomatici particolari del Fiore sono: ‛ g. a danza ' (IX 11), per " trattare ", " avere a che fare "; XLIX 1 Com'era gito il fatto, " come si erano svolti i fatti "; CXCIII 4 'n ogne parte novelle ne gia, " Si diffondeva la fama " (col verbo in forma impersonale); CXCVI 12 ‛ si parte per gire ', per " fare atto di partire ", " avviarsi "; in Detto 368 s'i ' vo ' gir co 'llui [Amore] i' tenda, " essere nella sua amicizia " (Parodi).