AFFÒ, Ireneo (al secolo Davide)
Nacque a Busseto da Pietro e Francesca Dalle Donne il 10 dic. 1741. Incline alla pittura, fu presentato dal padre al pittore P. Balestra, che non volle accettarlo nella sua scuola; e si volse alla letteratura. Fu suo primo maestro il concittadino Bonafede Vitali, detto l'Anonimo. Entrato fra i minori osservanti professò filosofia e teologia nelle scuole dell'Ordine, finché nel 1768 fu dall'infante don Ferdinando nominato professore a Guastalla; qui visse dieci anni, facendo fruttuose ricerche in quell'archivio segreto, sino allora inesplorato, e compiendo studi di letteratura italiana.
Scoperti due nuovi codici recanti una lezione dell'Orfeo del Poliziano diversa dalla "vulgata", credette fosse quella la lezione genuina e apprestò una pregevole edizione dell'Orfeo tragedia di messer Angelo Poliziano (Venezia 1776): pregevole per la dotta prefazione e per le note. Ma, come si sa, l'opera autentica del Poliziano è la Fabula d'Orfeo, rielaborata da un contemporaneo (forse A. Tebaldeo) nei cinque atti della Tragedia d'Orfeo, poi edita dall'Affò. Nella Dissertazione sopra i Cantici volgari di S. Francesco d'Assisi (Guastalla 1777) si propose, valendosi di un codice da lui scoperto, di dare una lezione esatta del Cantico delle Creature e di togliere, a ragione, a s. Francesco tutti gli altri cantici a lui attribuiti.
Negava a s. Francesco la gloria di poeta, mancando al suo cantico il "verso armonioso e sonoro". "Io credo - scriveva in una lettera -d'aver fatto un servigio a s. Francesco spoetandolo, e spero che solo per questo mio merito mi abbia da pigliare per la chierica e tirarmi dritto in Paradiso"(valga la citazione come piccolo saggio del suo stile spesso vivace nelle lettere quanto plumbeo nelle opere erudite).
Con analoghi intenti classicistici compilò "a vantaggio della studiosa gioventù"un Dizionario precettivo critico ed istorico della poesia volgare (Parma 1777, ristampato a Milano nel 1824), preceduto da un Ragionamento su l'origine e i progressi della volgar poesia, e in gran parte derivato dall'opera di F.S. Quadrio. Quest'opera, che un critico dell'Antologia del Vieusseux avrebbe voluto intitolare Dizionario prosodiaco della poesia italiana, si può ancora consultare per la storia dei metri. Quanto al resto, vi si legge, fra l'altro, in un informe abbozzo di storia della poesia italiana, che Torquato Tasso è di qualche grado inferiore "all'eccellentissimo padre suo Bernardo".
Nel 1778, proposto dal teatino P. M. Paciaudi, fu nominato vicebibliotecario a Parma; e nel 1785 successe al Paciaudi stesso (morto in quell'anno) come bibliotecario: a questo ufficio si aggiunsero poi quelli di storiografo ducale e di professore onorario di storia nell'università. Dal settembre del 1781 al maggio del 1782 era stato a Roma e in altre città d'Italia a esplorare archivi e biblioteche. Negli anni 1785-87 pubblicò a Guastalla, in quattro volumi, la Storia della città e ducato di Guastalla;poi si diede tutto alla storia parmense.
L'A. è specialmente noto per le Memorie degli scrittori e letterati parmigiani (Parma 1789-97, voll. 5), raccolta di minuziose e spesso recondite notizie per la biografia di circa trecento letterati, medici, legisti, filosofi, compilata per sollecitazione del Tiraboschi e poi continuata da A. Pezzana, che mise in opera i materiali preparati dallo stesso A. per il VI volume, compreso l'abbozzo d'un Discorso intorno alle belle arti parmigiane.
I primi quattro volumi sono preceduti da Discorsi preliminari sulle scuole, la dimora del Petrarca a Parma, la tipografia parmense del sec. XV, le accademie. Opera di vastissimo disegno, troncata dalla morte dell'A., è la Storia della città di Parma (Parma 1792-95, voll. 4), che non va oltre il 1346, e fu anch'essa continuata dal Pezzana, il quale diede inizio al vol. V col libro XVIII, che giunge al 1374, lasciato inedito dall'autore. Opera senza vigore di pensiero storico e incondita di stile, meramente erudita: ma così ricca di notizie e di documenti da giustificare il titolo che si dà all'A. di "padre della storiografia parmense". A buon conto U. Benassi "alla memoria di lui"dedicò la sua Storia di Parma (1899-1906). Lo stesso Ugoni, che giudicò l'A. ingegno grettamente provinciale, riconobbe che "niuno fu di lui più benemerito de' Parmigiani".
Immensa, nonostante le occupazioni di ufficio e di ministero, fu la sua produzione: non meno di centotrentatrè opere, tra edite ed inedite, e molte voluminose.
Abbiamo citato le più importanti. Trascurabili le rime sacre e profane, serie e giocose, scritte in gioventù, delle quali dà qualche saggio il p. Pozzetti nelle note all'elogio che ne scrisse. Delle numerose biografie, poco eleganti, ma tutte lodevoli per amore imparziale del vero e per sicura conoscenza dei fatti e dei documenti che li comprovano, citiamo le più degne di nota: Vita di Luigi Gonzaga detto Rodomonte, Parma 1780; Vita di Vespasiano Gonzaga con in appendice gli Annali ebreo-tipografici di Sabbioneta, Parma 1780; Vita di mons. Bernardino Baldi da Urbino, primo abate di Guastalla, Parma 1783, che è la prima ampia monografia baldiana, fatta di ricerche, oltre che guastallesi, romane; Vita della b. Orsolina da Parma, Parma 1786; Memorie di tre celebri principesse della famiglia Gonzaga (Giulia, Lucrezia, Ippolita), Parma 1787, utili alla storia della vita cortigiana e galante del Rinascimento. Parve all'Ugoni il libro più memorabile uscito dalla penna dell'A, la piccante ("aromatica" diceva l'A.) Vita di Pier Luigi Farnese primo duca di Parma e Piacenza, ch'egli non poté pubblicare, impeditone dalla corte, alla quale non giovava il ricordo del libidinoso e violento tiranno, e che fu edita postuma da P. Litta a Milano nel 1821.
L'immenso carteggio dell'A., che si conserva nella Palatina di Parma, solo in piccola parte pubblicato, ci darebbe modo (a giudicare dalle lettere scambiate con G. Tiraboschi, che per un ventennio venne a lui "come la monaca alla grata, per proporre i suoi scrupoli al confessore") di seguire il movimento erudito - e anche letterario, ché l'A. fu in relazione con illustri poeti - di buona parte d'Italia nella seconda metà del Settecento.
L'A. morì il 14 maggio 1797, di febbre petecchiale, da lui contratta nel prestare a un'inferma i conforti della religione.
A poche opere è affidata la fama dell'A. come critico d'arte, ma di grande interesse per la messe di notizie fornite e per l'avvedutezza della critica pittorica. Ricordiamo la Vita del graziosissimo pittore Francesco Mazzola detto il Parmigianino (Venezia 1783, Parma 1784) e il Ragionamento sopra una stanza dipinta dal celeberrimo Antonio Allegri (Parma 1794); Il parmigiano servitore di piazza (Parma 1796), guida di Parma distinta in quattro dialoghi usciti come premessa ad almanacchi del 1793, '94, '95 e '96 e ristampata in volumetto; l'A. che si finge Frombola, cicerone di professione, dichiara in una lettera "di averli buttati giù per divertimento"; il Primo abbozzo di un discorso intorno alle arti parmigiane (uscito postumo in appendice, pp. 17-47) al primo volume della Storia di Parma di A. Pezzana (Parma 1837). Quest'ultima opera è un po' una sintesi di molti altri suoi scritti rimasti inediti, tra i quali sono particolarmente notevoli quello su Chiese e monasteri della città di Parma (1780) e quello sugli Artefici di belle arti a Parma, ora conservati nella Biblioteca Palatina di Parma. Nella stessa Biblioteca si conserva una Descrizione della misteriosa stanza di Torchiara (ms. parm. 664), descrizione, purtroppo incompiuta, degli affreschi nella "Camera d'oro" del castello di Torrechiara, i quali erano stati eseguiti dal cremonese Benedetto Bembo tra il 1460 ed il 1470.
In tutte queste opere l'A. rivela non solo la sua abilità di profondo ricercatore e indagatore, che suffraga di documenti e di prove le sue deduzioni, ma anche una chiara visione della storia artistica di Parma da lui riscoperta, come dice giustamente R. Longhi, "non per boria campanilistica, ma per forza illuminata e asseverativa di autentici capolavori". Infatti egli mette a punto così i massimi artisti della sua terra, Correggio e Parmigianino, sui quali ha osservazioni non solo pertinenti, ma anticipatrici, nonché i loro principali successori da F.M. Rondani, al Bedoli, al Bertoja, come i primitivi, da B. Antelami ai quattrocentisti, per i quali esce, come rileva sempre il Longhi, "nella migliore e più antica definizione che quel tempo ci abbia mandato di un cauto storicismo in campo artistico: saper uniformare il gusto con filosofica moderazione al genio dei secoli". La fonte di tanta conoscenza e tanta passione per l'arte ci viene poi additata dallo stesso A., che in numerose lettere ricorda la sua aspirazione giovanile alla pittura.
Bibl.: Per la biografia dell'A., cfr. P. Pozzetti, Elogio d'I. A., 2 ediz. arricchita da L. Bramieri, Parma 1802; Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, raccolte da I. A. e continuate da A. Pezzana, Parma 1825-33 (tutta la parte I del vol. VI contiene la vita e la bibliografia dell'A.); per l'epistolario, cfr. C. Frati, Lettere di G. Tiraboschi al p. I. A., Modena 1895; A. Neri, Lettere inedite d'I. A. al cardinale Valenti Gonzaga, in Arch. stor. per le prov. parmensi, n.s., V (1905), pp. 129-225; O. Bustico, Lettere inedite del p. I. A., Perugia 1906; G. Simonetti, Lettere inedite di G. Tiraboschi e I. A. a eruditi correggesi, in Atti e Med. d. R. Deput. di storia patria per le prov. modenesi, s. 5, VIII (1914), pp. 1-418; G. Ferretti, Lettere d'I. A. ad A. M. Bandini, in Arch. stor. per le prov. parmensi, n.s., XV (1915), pp. 169-186; G. Gasperoni, Il carteggio inedito del p. I. A. con Gaetano Marini, ibid., s. 3, III (1941), pp. 144-179; F. Frzop, P. I.A. epistolografo, ibid., s. 3, VII-VIII (1942-43), pp. 185-247; per la figura complessiva, cfr. C. Ugoni, Della letteratura italiana nella seconda metà del sec. XVIII, III, Milano 1856, pp. 303-433; A. Giannini, Il p. I. A., Busseto 1915; G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1955, pp. 402-403, 472; per l'attività erudita e letteraria, cfr. A. Boschi, Ombre d'una famosa contesa letteraria. Il p. A. sospettato, in Arch. stor. per le prov. parmensi, n.s., XV (1915), pp. 187-195; E. Tedeschi, La tragedia d'Orfeo e il p. A., Rovigo 1925; L. Boni, I.A. storico dell'arte e della letteratura, in Arch. stor. per le prov. parmensi, s. 3, VII-VIII (1942-43), pp. 249-272; M. Corradi Cervi, L'A. romanista, ibid., pp. 273-283; per la critica d'arte, cfr. R. Longhi, Letteratura artistica e letteratura nazionale, in Paragone, V (1954), p. 13; Id., Antologia di critici: I.A., ibid., VII (1956), pp. 81-88; Id., Il Correggio e la Camera di S. Paolo, Genova 1956, pp. 15-19; per altri aspetti particolari, cfr. L. Modona, Bibliografia del p. I. A., in Arch. stor. per le prov. parmensi, VI (1897), pp. 1-226; G. Ferretti, Appunti per la bibliografia del p. I.A., ibid., n.s., X (1910), pp. 21-25.