IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche)
IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) Imposta istituita nel 1974; l’anno precedente era stata introdotta l’Imposta sul Valore Aggiunto (➔ IVA). L’IRPEF sostituisce l’imposta di ricchezza mobile, un tributo sui redditi a carattere reale, e l’imposta complementare, personale progressiva, per i contribuenti a reddito più elevato.
Si tratta di un’imposta personale che, in linea di principio, riunisce tutti i redditi del contribuente; ha carattere di progressività, ispirandosi al criterio dell’equità (➔) verticale. La progressività viene realizzata, innanzitutto, attraverso il sistema degli scaglioni, ai quali si applicano aliquote crescenti (esse sono 5 e nel 2012 vanno dal 23% al 43%). Inizialmente gli scaglioni erano 32 e le aliquote andavano dal 10% al 72%; aliquote massime molto elevate erano comuni a tutti i Paesi sviluppati.
Fin dall’inizio i redditi derivanti da depositi bancari o postali e da obbligazioni, e per un primo periodo anche da azioni, sono stati esclusi dall’IRPEF. In seguito, quelli derivanti da partecipazioni societarie sono stati inclusi, per la metà, solo nel caso di partecipazioni qualificate. Anche il reddito figurativo della casa d’abitazione è stato progressivamente escluso dalla base imponibile, e, successivamente all’attuazione della riforma federalista, anche per gli affitti è stata data l’opzione di imposizione cedolare. In sostanza, la base imponibile è costituita dai redditi di lavoro dipendente e pensione, di impresa individuale e di professione. Soprattutto tra i lavoratori autonomi è presente una rilevante evasione, una costante che ha accompagnato la vita dell’IRPEF. Per contrastare il fenomeno, si è ritenuto opportuno ricorrere agli studi di settore (➔ settore), per la determinazione dei ricavi presunti dei lavoratori autonomi, o a indicatori di tenore di vita (➔ redditometro) e anche a forme di contrasto di interesse, con la concessione di detrazioni per spese particolari, come le ristrutturazioni immobiliari.
L’IRPEF ha sempre avuto un elevato grado di progressività, cioè di elasticità (➔) del gettito rispetto al reddito. In passato, l’elasticità era ottenuta, principalmente, dalla struttura fortemente crescente delle aliquote. Con la riduzione nel numero e del ventaglio delle aliquote, un ruolo maggiore viene svolto dalle deduzioni e dalle detrazioni per tipologia di reddito e per carichi familiari. Tali detrazioni sono infatti decrescenti rispetto al reddito. Ciò costituisce un’anomalia, che determina un incremento delle aliquote marginali effettive, rispetto a quelle formali. Per es., un lavoratore senza carichi familiari, tra 8000 e 28.000 euro, ha aliquote marginali effettive leggermente superiori al 30%, rispetto a quelle formali del 23% e 27%. Con i carichi familiari, l’incidenza media scende, ma le aliquote marginali aumentano ulteriormente. In un primo tempo si era scelto il sistema del cumulo dei redditi della moglie in capo al marito (➔ famiglia, tassazione della), ma, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale del 1976, si è passati alla tassazione individuale, che è il sistema più diffuso tra i Paesi OCSE (➔).
Nella prima fase di applicazione, il peso dell’IRPEF sull’insieme delle entrate tributarie era più basso rispetto alle altre nazioni europee, ma il processo inflazionistico, iniziato proprio nello stesso periodo in cui nasceva l’imposta, ha fatto crescere rapidamente la sua incidenza, che dopo circa 15 anni è divenuta pari alla media europea, per poi portarsi a livelli superiori, anche se meno alti rispetto ai Paesi scandinavi.
Nel 2010 l’IRPEF ha costituito, con 160 miliardi di gettito, il 40% delle entrate tributarie. Il peso dell’imposta sui redditi da lavoro e le aliquote marginali effettive elevate sono due elementi che sollecitano interventi di correzione, resi peraltro molto difficili dalla necessità delle politiche di bilancio di non perdere gettito. Alcune proposte si concentrano sul trattamento della famiglia, altre sulla riduzione delle aliquote, sia quelle formali sia quelle effettive.