irsuto (yrsutus)
L'aggettivo compare una prima volta in VE I XIV 4: il dialetto di coloro che dicono magara è giudicato da D. talmente yrsutum et yspidum di vocaboli e accenti che, per la sua rude asprezza, fa sembrare uomini le donne che lo parlano: qualità inversamente simmetrica a quella del troppo femmineo romagnolo (v. ROMAGNA). Qui la connotazione negativa non è affidata a i., ma a yspidus (v. ISPIDO). Infatti da VE II VII 2 ss. emerge che con il primo aggettivo D. indica in sostanza un carattere linguistico positivo. Sempre all'interno delle due categorie oppositive fondamentali della ‛ dolcezza ' e dell'‛ asprezza ', viene qui praticata, in funzione del lessico da impiegare nel volgare illustre, una distinzione nell'ambito dei vocaboli che D. chiama ‛ cittadini '. Alcuni di essi sono morbidi (pexa) o, al contrario, yrsuta; altri, con esagerazione negativa di queste qualità, appaiono rispettivamente lubrica e reburra. Solo quelli appartenenti alle prime due categorie sono i vocaboli nobilissima, membra vulgaris illustris: i pexa anzitutto, ma anche gli yrsuta, che a loro volta possono essere o necessari, inevitabili nel discorso (quae campsare non possumus), o intrinsecamente lodevoli, ornativa, nel qual caso, mixta cum pexis, pulcram faciunt armoniam compaginis, in virtù della positiva mescolanza della loro asprezza con la dolcezza dei vocaboli morbidi (e v. ASPERITAS; REBURRUS; VOCABOLI, TEORIA dei).
L'aggettivo ‛ hirsutus ', in accezione traslata simile a quella dantesca, si trova già ad es. in Arnobio (Adv. Nat. I 59 " Quid enim officit, o quaeso, aut quam praestat intellectui tarditatem, utrumne quid glabre, an hirsuta cum asperitate promatur? "), ma il precedente più immediato è Matteo di Vendôme (ediz. Farai, Ars versif. II 11), benché qui il termine abbia connotazione negativa (" ne ex penuria ornatus hirsuta verborum aggregatio in metro videatur mendicare "), e in genere D. rimotivi questa e altre metafore tradizionali della retorica in un sistema l'immagini ispirate all'arte della tessitura più concreto e corposo. La qualificazione positiva di i., come più in genere l'utilizzazione dialettica della categoria dell'asperitas, è significativa della fase post-stilnovistica della poetica dantesca, quale si rispecchia chiaramente nel De vulg. Eloquentia.
Bibl. - H.J. Chaytor, De vulg. Eloq., II, 7, in " The Modern Language Review " XXIV (1929) 205; Marigo, De vulg. Eloq., 119, 226-233; F. DI Capua, Insegnamenti retorici medievali e dottrine estetiche moderne nel De vulg. Eloq. di D. (1945), poi in Scritti minori, II, Roma 1959, 340-342; M. Bowra, D. and Arnaut Daniel, in " Speculum " XXVII (1952) 459-474; F. Quadlbauer, Die antike Theorie der Genera dicendi im lateinischen Mittelalter, Vienna 1962, 154.