BABBITT, Irving
Critico americano, nato a Dayton, Ohio, il 2 agosto 1865, morto a Cambridge, Mass., il 15 luglio 1933. Laureatosi a Harvard nel 1893, vi divenne professore di letteratura francese dal 1894; editore in America di Taine, Renan, Voltaire.
Di vasta cultura, con una conoscenza originale della storia di varie letterature, il B. è uno dei maggiori rappresentanti della tendenza classica della critica americana. Egli si oppone al romanticismo, al rousseauismo e al naturalismo, sia nel campo intellettuale, sia in quello emotivo, vedendo in essi la tendenza a cedere agl'impulsi disordinati dell'individuo. A questi egli contrappone l'affermazione, nell'uomo, di una volontà superiore, ossia capace di governare tali impulsi, alla quale l'umanità deve il meglio della propria civiltà. Concezione non metafisica, ma basata unicamente sui dati immediati della coscienza, e che si prefigge di ristabilire talune distinzioni morali e intellettuali, senza le quali il B. non vede possibilità di metter fine alle moderne tendenze verso il disordine e la disgregazione. Da questa reazione deriva il suo classicismo, che tuttavia rimane in lui allo stato soggettivo d'intuizione e non sa essere imparziale di fronte ai risultati migliori dell'arte moderna. Il B. ha avuto profonda influenza sulla critica americana, nella quale è stato capo riconosciuto della cosiddetta scuola umanistica, insieme con l'affine P. E. More.
Opere: Literature and the American College (1908); The New Laokoön (1910); The Masters of Modern French Criticism (1912); Rousseau and Romanticism (1919); Democracy and Leadership (1924); On Being Creative, and Other Essays (1932).
Bibl.: F. E. McMahon, Humanism of I. B., Catholic Univ. of America, 1931.