Thalberg, Irving G.
Produttore cinematografico statunitense, nato a New York il 30 maggio 1899 da genitori ebrei tedeschi e morto a Hollywood il 14 settembre 1936. Geniale e allo stesso tempo ossessivo controllore del processo produttivo, il suo fascino contraddittorio fu tale da ispirare il romanzo incompiuto di F. S. Fitzgerald The last tycoon, e la figura del produttore nell'intenso The bad and the beautiful (1952; Il bruto e la bella) di Vincente Minnelli.
Di fragile costituzione, da bambino fu spesso costretto a letto da una forma reumatica, che incoraggiò le sue letture voraci. Pensando di non avere una lunga vita davanti a sé, non continuò gli studi, ma cominciò a lavorare come stenografo. Nel 1918 entrò nel mondo del cinema, in quanto Carl Laemmle, amico di famiglia, lo assunse alla Universal Film Manufacturing Co. come segretario personale. La sua vivacità intellettuale lo rese presto indispensabile negli uffici di Broadway, sede della dirigenza; essendo però insorti dei problemi alla produzione in California, fu mandato a risolverli. Appena ventenne, T. assunse il controllo della struttura produttiva della casa, conquistandosi in breve la fama di abile amministratore, organizzatore efficiente e giudice sensibile del materiale narrativo del film, al punto da essere definito the boy wonder, il ragazzo prodigio. Dopo un leggendario quanto feroce scontro con il regista Eric von Stroheim nel 1923 lasciò la Universal; fu immediatamente assunto da Louis B. Mayer nella fase di espansione della casa di produzione omonima, che l'anno successivo divenne il tassello chiave della neonata Metro Goldwyn Mayer (MGM), di cui fu nominato vicepresidente e supervisore del settore produttivo. Il rapporto di collaborazione tra i due, basato sull'abilità manageriale di Mayer e la creativa direzione artistica di T., fece della MGM lo studio di maggior successo nell'epoca d'oro del cinema classico. Nel 1927 T. sposò una delle star della casa di produzione Norma Shearer. In virtù del suo ruolo dall'organizzazione produttiva della MGM emerse la figura del central producer, che determinò lo stile della casa più dei registi. T. separava nettamente la fase della preproduzione e della sceneggiatura, cui dedicava una grande attenzione, da quella delle riprese, che pure seguiva di persona. Egli fece in modo che gli sceneggiatori lavorassero in gruppi o in successione su un progetto, perché ciò gli consentiva di mantenerne il controllo, mettendo in gioco talenti diversi, stimolando la competitività e scegliendo le parti migliori dei copioni per poi compilarle personalmente, senza però farsi accreditare sullo schermo. Egli supervisionava le produzioni di prestigio della casa, occupandosi giorno per giorno di ogni aspetto creativo e tecnico della realizzazione, in una serie ininterrotta di riunioni con supervisors, scrittori, registi, capi dipartimento, montatori, compositori. Quando i film erano in lavorazione, anche se non presente fisicamente sul set, il giovane produttore controllava le produzioni attraverso rapporti scritti e ispezionando i giornalieri; tornava in campo di persona per il montaggio, cui seguivano le anteprime per testare le reazioni del pubblico e le eventuali retakes, ossia alterazioni del film di solito non affidate al regista, spesso già impegnato in un altro progetto e considerato comunque un esecutore più che una figura creativa autonoma. Produttore efficiente ma non inflessibile, munifico ma non dissipatore, T. era fautore di un lavoro disciplinato e ben organizzato, ma non meccanico, rappresentando in modo perfetto l'impalpabile passaggio di Hollywood dall'artigianato all'industria.
Svolse un ruolo importante anche nella stesura e nell'adozione del Codice Hays (v. censura: Stati Uniti), il che conferma la sua posizione chiave nella storia dello studio system, il suo essere rispettoso delle esigenze e dei gusti del pubblico, ma salvaguardando l'autonomia artistica e comunicativa del mezzo cinematografico.
Nel Natale del 1932 T. ebbe un attacco di cuore; dopo un soggiorno in Europa per ristabilirsi cercò di riprendere il lavoro, anche se la situazione organizzativa andava mutando in fretta. Alla MGM produsse film molto diversi tra loro, diventati poi dei classici, per nessuno dei quali risulta accreditato nei titoli di testa: da The merry widow (1925; La vedova allegra) di Stroheim a film sociali come The big parade (1925; La grande parata) e The crowd (1928; La folla), entrambi diretti da King Vidor, alle opere segnate dalle interpretazioni memorabili di Greta Garbo, come Flesh and the devil (1926; La carne e il diavolo) e Anna Christie (1930), entrambe dirette da Clarence Brown, a film innovativi come The big house (1930; Carcere) di George Hill, Freaks (1932) di Tod Browning, e Strange interlude (1932; Strano interludio) di Robert Z. Leonard, all'operetta The merry widow (1934; La vedova allegra) di Ernst Lubitsch, alla biografia della poetessa E. Barret Browning, The Barrets of Wimpole Street (1934; La famiglia Barret) di Sidney Franklin. Nel 1935 produsse A night at the Opera (Una notte all'Opera) di Sam Wood, con i fratelli Marx, l'avventuroso China seas (Sui mari della Cina) di Tay Garnett, con Jean Harlow e Clark Gable, il classico d'avventura The mutiny of the Bounty (La tragedia del Bounty) di Frank Lloyd, con Gable e Charles Laughton, ai quali seguì un buon Romeo and Juliet (1936; Giulietta e Romeo) di George Cukor, fino a uno dei suoi progetti prediletti, The good earth (1937; La buona terra) di Franklin, di cui non vide però il completamento. Nell'occasione della sua morte l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, istituita con il supporto di Mayer, intitolò a suo nome un premio speciale da attribuire a un produttore distintosi per il costante impegno nelle qualità artistiche del prodotto.
B. Crowther, The lion's share, New York 1957; E. Morden, The Hollywood studios ‒ House style in the golden age of the movies, New York 1988.