CASAUBON, Isaac
Filologo, nato a Ginevra il 18 febbraio 1559, morto a Londra il 14 luglio 1614. Era di famiglia francese protestante. A Ginevra compì gli studî classici, che estese anche alla teologia, alla giurisprudenza e alle lingue orientali, con tale successo, che alla morte del suo maestro di greco, il cretese Porto, gli successe nella cattedra (aveva allora trentadue anni), che tenne fino al 1596. Nel frattempo si era unito in seconde nozze con una figlia di Enrico Stefano, col quale anche coabitò, senza però andare troppo d'accordo, nonostante la collaborazione tipografica. Questo attrito contribuì a fargli accettare la cattedra di Montpellier; donde, con intervalli di dimora a Lione, fu chiamato a Parigi da Enrico IV. La cattedra di Parigi però gli fu contrastata sia per privata gelosia, sia per la sua qualità di protestante, sicché il re gli affidò la sua libreria, e lo volle membro della conferenza di Fontainebleau, dove il C. si comportò in maniera da non riuscire accetto ai cattolici e da spiacere ai protestanti. Per i malumori seguitine, morto Enrico IV, egli accettò di passare in Inghilterra presso lord Wotton. In Inghilterra fu molto accetto a Giacomo I, che lo adoperò in discussioni e contese teologiche. Egli aveva dovuto lasciare in Francia la moglie, i figli e i libri, eccetto pochi, che Maria de' Medici con molta difficoltà permise gli fossero mandati. Sicché neppure allora potè studiare quanto e come avrebbe voluto, anche a causa dei contrasti in materia religiosa nei quali si trovò avviluppato, non compensati dalle due ricche prebende che gli furono assegnate di Canterbury e di Westminster, dove fu sepolto.
Molto della sua vita e del suo spirito ci è rivelato dalle sue Ephemerides dal febbraio 1557 al 1614 (Oxford 1850), e dalle Epistolae (Rotterdam 1709) a cura di Van Almeloveen. La varietà e vastità del suo lavoro di erudito risulta anche da un elenco sommario: edizioni di Apuleio (1504), Aristotele (1590 e 1605), Dionisio di Alicarnasso (1588), Persio (1605), Plini o il giovane (1591), Polibio (1609), Svetonio (1595), Strabone (1587), Teocrito (1584), Teofrasto (1592), Nuovo Testamento (1587 e 1615): notevole il commentario a Diogene Laerzio (1583), ad Ateneo, e l'edizione di Polieno, con commentario (1589). Il suo commento ad Ateneo farebbe la gloria di qualunque grande studioso dell'antichità classica; e altre opere, comprese talune traduzioni, non sono di valore inferiore. Sicché fra i contemporanei egli ebbe fama meritata; e merita sempre di essere riguardato quale una gloria della filologia classica francese. Da non dimenticare è un'opera di suo figlio Merico, teologo calvinista: Vindicatio patris adversus impostores (1624).
Bibl.: F. Hoffmann, I. C., Lipsia 1880; L. J. Nazelle, I. C., sa vie et son temps, Parigi 1897; J. E. Sandys, History of classical Scholarship, II, 3ª ed., Cambridge 1908, p. 204 segg.