Newton, Isaac
Fisico, matematico, storico e studioso inglese di esegesi biblica (Woolsthorpe, Lincolnshire, 1642 - Londra 1727).
Figlio di piccoli proprietari del Lincolnshire, in Inghilterra, mostrò predisposizione al disegno e alle invenzioni meccaniche, e i suoi precoci interessi nello studio del greco, del latino, dell’ebraico gli valsero una borsa di studio presso l’univ. di Cambridge. Nel 1669 il suo maestro I. Barrow lo designò come suo successore per la cattedra lucasiana di matematica, che N. tenne fino al 1701. Nei taccuini Quaestiones quaedam philosophicae, composti tra il 1665 e il ’66 nella casa natia, dove si era ritirato per sfuggire alla peste, sono documentate copiose letture di Descartes, Galilei, Boyle e dei matematici contemporanei, oltre che l’adozione dell’ipotesi atomistica rinnovata da Gassendi, le prime intuizioni sul calcolo e alcuni esperimenti di ottica. Scrisse poi di aver colto allora le «primizie dell’età creativa, occupandosi di matematica e fisica più di quanto non avesse mai fatto in seguito»: appena venticinquenne aveva già posto le basi concettuali del suo «calcolo delle flussioni» (o calcolo infinitesimale); inoltre dimostrò sperimentalmente la teoria dei colori studiando la dispersione della luce attraverso il prisma, ebbe la prima intuizione dell’attrazione gravitazionale, e costruì con le proprie mani il prototipo del telescopio a riflessione. Di questo strumento inviò il modello alla Royal Society di Londra nel 1672 insieme con la memoria sulla nuova teoria dei colori, nella quale dimostrò che la luce bianca è una composizione di raggi diversamente colorati, ciascuno dei quali dotato di un proprio angolo di rifrazione. La controversia che ne nacque con diversi sostenitori delle teorie tradizionali lo indusse a non pubblicare le Lectiones opticae, che contengono l’essenza del suo insegnamento a Cambridge di quegli anni, e a rinviare la pubblicazione del suo classico trattato Opticks (trad. it. Scritti di ottica), che rimase inedito fino al 1704. Nel 1679, rielaborando le prime intuizioni di meccanica celeste, riesaminò il problema dell’orbita della Luna, e risolse alcuni problemi di dinamica e formulò la legge della gravitazione universale, ancor prima di metterne a punto il contesto nelle lezioni De motu del 1680. Quattro anni dopo N. compose i Philosophiae naturalis principia mathematica (trad. it. Principi matematici della filosofia naturale) in risposta a una sorta di sfida sorta attorno alla formula dell’inverso dei quadrati, alla quale parteciparono i tre matematici R. Hooke (1635-1703), C. Wren (1632-1723) ed E. Halley (1656-1742). Il capolavoro di N. fu pubblicato nel 1687 a cura di Halley e a spese della Royal Society. Anche a causa delle difficoltà del linguaggio geometrico, modellato sulla geometria sintetica degli antichi, le formule della meccanica celeste gravitazionale ebbero più avversari che sostenitori, tra i quali figurò subito Locke, che, dopo aver consultato lo scienziato olandese Huygens, scrisse una recensione di plauso. Il filosofo e matematico Leibniz, invece, criticò come assurda l’idea dell’azione a distanza, seguito dalla generalità dei seguaci francesi e continentali della fisica di Descartes. Negli anni seguenti Leibniz pubblicò negli Acta eruditorum di Lipsia una serie di memorie sul calcolo infinitesimale, mentre N. mantenne il silenzio per molti anni circa il proprio metodo delle flussioni, del quale però aveva annunciato la scoperta a Leibniz stesso sotto forma di un criptogramma. Alla vigilia della rivoluzione del 1688, N. si oppose alle trame di Giacomo II che intendeva imporre a Cambridge un docente cattolico. Dopo l’avvento al trono di Gugliemo d’Orange, sotto il nuovo regime whig, N. fu eletto dalla sua università deputato al parlamento. Nominato direttore della Zecca reale di Londra organizzò il conio e la sostituzione della moneta. Lasciò l’insegnamento di Cambridge, si stabilì nel sobborgo londinese di Kensington con la nipote Catherine Barton e nel 1703 fu eletto presidente della Royal Society.
N. diventò un uomo di mondo, autorevole a corte, arbitro della vita scientifica e accademica nonché profondo cultore in privato di studi biblici, teologici, storici, i cui manoscritti in gran parte inediti hanno suscitato grande interesse tra gli eruditi del Novecento. Nella sua biblioteca, accanto alle opere antiche e moderne di matematica, fisica e scienze naturali, c’erano i classici antichi e un’ampia messe di libri moderni di filosofia, storia, controversia religiosa, geografia, viaggi. Negli anni 1712-14 N. sostenne con Leibniz una celebre disputa circa la priorità dell’invenzione del calcolo: la disputa si concluse con una sentenza della Royal Society a suo favore. Ne seguì l’ulteriore controversia, che ebbe un’eco durevole nel pensiero europeo, tra Leibniz e il filosofo Clarke, sostenitore delle idee di N. riguardo ai fondamenti concettuali della fisica e della metafisica: spazio e tempo assoluti, materia, influenza divina sulle leggi della fisica. Morto nel 1727, N. ebbe funerali regali e fu sepolto nell’abbazia di Westminster. Soltanto dopo la morte apparvero alcuni inediti storici, letterari e scientifici, come la Chronology of the ancient kingdoms amended (trad. it. La cronologia degli antichi regni emendata), la versione divulgativa De mundi systemate (trad. it. Il sistema del mondo), due scritti sulle profezie di Daniele e sull’Apocalisse, alcuni commenti su passi evangelici. La maggior parte dei numerosi manoscritti storici e teologici composti in lunghi anni di lavoro rimase inedita, insieme con una raccolta di sconcertanti appunti sui propri esperimenti di alchimia. In questi inediti gli studiosi moderni hanno ritrovato il vasto contesto del sapere magico rinascimentale dal quale emerse la fisica matematica e meccanicistica di Newton. Il lascito manoscritto di N. ha fornito i materiali per i molti studi e per le edizioni critiche dei Principia, dell’Opticks e della corrispondenza che hanno profondamente rinnovato la riflessione degli storici della scienza sulla figura del grande matematico, nella cui ‘sintesi’ si concluse la rivoluzione scientifica del Seicento.
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