BERINZAGA, Isabella Cristina
Nacque a Milano, probabilmente nel 1551: il cognome della sua famiglia, nobile seppure finanziariamente decaduta, era Lomazzi, ma la B. preferì assumere quello della famiglia dello zio, Berinzaghi (o Bellinzaghi), presso cui fu allevata. Ebbe l'infanzia infelice: patimenti per la salute non buona, maltrattamenti da parte della zia; ma seppe accettarli e superarli in virtù di una fede vivissima, che in breve la propose all'attenzione e all'ammirazione. Si avvicinò ben presto ai padri gesuiti della casa professa di S. Fedele. I rapporti non furono sempre facili: l'atteggiamento ieratico della giovane, la sua frequenza assidua della chiesa e dei padri, sollevavano intorno al suo caso Varie voci, e non sempre favorevoli. Ne giunse un'eco anche a Roma, al preposito generale padre Mercuriano, uomo tendenzialmente scettico verso queste manifestazioni straordinarie di pietà femminile. Egli pertanto mandò a Milano, nel 1579, un suo incaricato, padre Morales, affinché esaminasse la situazione. L'esito della visita fu senz'altro positivo: il padre Morales rimase edificato dalla devozione della B. e concesse l'autorizzazione a tenerla come "figliola spirituale" della Compagnia.
Il momento culminante nella vita della B. fu nel 1584, quando la sua guida spirituale fu assunta dal padre Achille Gagliardi, da poco nominato preposito della casa di S. Fedele. Il Gagliardi era uno degli uomini più noti della Compagnia: quasi cinquantenne, molto stimato dal card. Carlo Borromeo, aveva una lunga esperienza direttiva e pastorale, e godeva anche di fama assai ampia quale conoscitore delle questioni scolastiche ed educative della Compagnia e quale teorico di spiritualità; si era rivelato, a tal proposito, come studioso e fautore dello schema pseudo-dionisiano delle tre vie: purgativa, illuminativa, unitiva. Egli rimase subito impressionato dalla Berinzaga. Il Gagliardi mutò completamente i criteri di guida spirituale seguiti dai suoi predecessori: faceva fare alla B. gli esercizi spirituali, le assegnava temi di meditazione, si faceva poi riferire i progressi fatti in virtù dei suoi suggerimenti, teneva conto delle sue obiezioni; incaricò la giovane di fissare in brevi note fatti ed esperienze della propria vita.
Fu, per il Gagliardi, un mezzo di osservazione oltre che di edificazione: di verifica e di convalida di metodi e di teorie; di conoscenza più approfondita della vita dello spirito, dei suoi momenti e delle sue fasi di perfezionamento. Dopo aver raccolto le sue prime osservazioni in una biografia della B. fissò le esperienze e gli insegnamenti della sua direzione spirituale in un'operetta destinata a restare un classico della letteratura quietistica e ad assumere, scrive il Petrocchi, "un'importanza notevolissima per la storia della spiritualità francese ", il Breve compendio intorno alla perfezione cristiana (stamp. poi a Brescia nel 1611). Operetta che da molti era attribuita alla B., col consenso dello stesso Gagliardi, il quale vi vedeva se non altro un mezzo per avvallarne l'ispirazione divina: ma essa dev'essere ascritta a lui, non solo per averne curato la stesura, ma per averne vagliato ed ordinato il contenuto secondo le sue convinzioni spirituali.
Reazioni polemiche e allarmate si levarono nel mondo milanese e nella Compagnia, di fronte al libro e ai rapporti tra il Gagliardi e la Berinzaga. Il nuovo preposito generale, padre Acquaviva, mandò nel 1588 da Roma un visitatore, il padre Maggio, il quale espresse un giudizio negativo. Nel 1589 un prelato della Curia milanese mandò a sua volta all'Acquaviva pessime informazioni sul Gagliardi e la Berinzaga. Nel 1590 un gesuita, padre Vanini, attaccò il Breve compendio, accusandolo di contenere errori di fede.
La preoccupazione maggiore per il preposito generale non era dovuta, comunque, soltanto alle presunte deviazioni morali e dottrinali del Gagliardi e della sua devota: piuttosto al fatto che la B. sosteneva di ricevere da Dio, ammonimenti sulla situazione della Compagnia, tralignante dallo spirito dell'istituto ignaziano, e consigli sul modo di riformarla e di farle ritrovare lo slancio religioso delle origini. Era un periodo critico per la Compagnia e per il padre Acquaviva: c'era una forte opposizione contro di lui e contro l'attuale ordinamento della Compagnia da parte dei gesuiti spagnoli; accanto ad essa, si profilava un movimento di gesuiti italiani, i cosiddetti "zelatori ", che perorava il rinnovamento spirituale della Compagnia ed il rilancio della sua opera missionaria. Le profezie e gli ammonimenti della B., ripetuti e diffusi dal Gagliardi, rappresentavano un po' la voce di questo movimento.
L'Acquaviva cercò pertanto di porre un limite ai rapporti tra il Gagliardi e la B., rivolgendo al padre esortazioni e rimproveri. Fece in modo poi che egli non potesse intervenire alla Congregazione generale della Compagnia, tenutasi a Roma tra il novembre 1593 e il febbraio 1594, a propagandarvi il messaggio divino ricevuto dalla Berinzaga. Dopo la conclusione di essa, e rassicurato dal successo conseguito, l'Acquaviva ordinò al Gagliardi di lasciare Milano. Il padre resistette e riuscì anzi ad ottenere una revoca dell'ordine, giovandosi dell'aiuto del governatore spagnolo dello Stato di Milano, Juan Fernández de Velasco, che era un ammiratore del Gagliardi e della B. e che sembrava disposto a patrocinare la realizzazione del programma di pacificazione politica europea e di rilancio religioso di cui il padre e la sua pupilla si dicevano depositari. Ma nell'autunno dello stesso anno, a seguito dei clamori suscitati dall'attività politico-religiosa del Gagliardi e delle proteste della Curia milanese per il persistere dei suoi rapporti con la B., il padre Acquaviva reiterò l'ordine di partire da, Milano. Il Gagliardi tentò ancora di opporsi: ma inutilmente. Si diresse dapprima a Cremona; dopo pochi mesi passò a Brescia. I contatti con la B. continuarono fittissimi, in questa prima fase di lontananza, attraverso scambi epistolari favoriti da una rete di ammiratori della B., o "isabellisti ", come erano chiamati. Nel settembre del 1595 il padre Acquaviva scriveva però al preposito di S. Fedele, padre Vipera, di invitare la donna a interrompere la relazione col padre Gagliardi e a dimettere "ogni pensiero… di trattare riforme della Compagnia". La B. obbedì: ma non doveva mantenere a lungo il suo impegno. Nel 1600 il Gagliardi si recò a Roma, sia per prender parte alla congregazione de auxiliis, sia per riproporre il suo programma di rinnovamento della Compagnia. La sua azione, sostenuta da vari padri, era presumibilmente concordata anche con la B., che infatti lo raggiunse a Roma. I loro intenti comunque fallirono, e la B. ritornò subito a Milano.
All'inizio del 1601 l'Acquaviva decideva a sua volta di riaffrontare la questione dei rapporti tra il Gagliardi e la B. e di sottoporre anzitutto a revisione "certi scritti ", che egli sembrava attribuire alla donna e che giravano per le mani di padri della Compagnia: ne parlò al papa Clemente VIII, il quale affidò l'incarico di giudicarli al padre Bellarmino. Si trattava, per quanto scriveva quest'ultimo, della Vita di Madonna Isabella, della Vita di Cristo, di uno scritto Delle unioni (in cui va ravvisato, secondo il Pirri, il Breve compendio) e di uno scritto Della divinità. Il responso del Bellarmino, confermato dal pontefice, fu recisamente negativo; affermava che negli scritti si contenevano dottrine "nuove et pericolose ", "pericolose imaginationi o illusioni ". Tanto il Gagliardi che la B. furono severamente ammoniti e si sottomisero, evitando di essere deferiti al Sant'Uffizio: il Gagliardi si difese affermando che le dottrine incriminate non erano sue, ma della B., e che egli le aveva sempre rifiutate. La vicenda della B. e del Gagliardi era così definitivamente conclusa.
La B. morì a Milano, nel 1624, dopo aver vissuto gli ultimi venti anni, scrive il Sacchini nella biografia inedita del padre Acquaviva, "come buona serva di Dio senza fama sì celebre di cose mirabili, ma, per quanto si sapesse, libera dalle infernali fallacie ".
Fonti e Bibl.: A. Gagliardi, Breve compendio di Perfezione cristiana, a c. di M. Bendiscioli, Firenze 1952 (in appendice la biogr. della B. del Gagliardi); M. Viller, L'Abrégé de la Perfection de la Dame Milanaise, in Revue d'ascétique et mistique, XII(1931), pp. 44-82; Id., Autour de l'Abrégé de la Perfection. L'influence, ibid., XIII(1932), pp. 34-59, 257-293; G. De Luca, Quelques manuscrits romains sur Gagliardi, ibid., XII(1931), pp. 142-151; J. Dagens, Notes bérulliennes: la source du Bref discours de l'Abnégation intérieure, in Revue d'hist. ecclés., XXVII(1931), pp. 318-349; H. Bremond, Bérulle quiétiste… ou Gagliardi, in La vie spirituelle, XXVI(1931), suppl. febbraio, pp. 65-73; suppl. marzo, pp. 129-162; Id., Histoire littér. du sentiment religieux en France, XI, Paris 1933, pp. 4 ss.; M. Viller-G. Joppin, Les sources ital. de l'Abrégé de la Perfection, in Revue d'ascétique et mystique, XV(1934), pp. 381-402; P. Pirri, Il p. Achille Gagliardi, la dama milanese, la riforma dello spirito e il movimento degli zelatori, in Arch. histor. Societatis lesu, XIV(1945), pp. 1-72; Id., Il Breve Compendio di A. Gagliardi al vaglio dei teologi gesuiti, ibid., XX(1951), pp. 231-253; Id., Gagliardiana. Un nuovo importante codice del Breve Compendio di perfezione cristiana, ibid., XXIX(1960), pp. 99-129; M. Petrocchi, Ilquietismo ital. del Seicento, Roma 1948, pp. 21, 53; Id., Per la storia della spiritualità del Cinquecento. Interpretazioni della "Dama Milanese" e del gesuita Gagliardi, in Arch. stor. ital., CXII(1954), pp. 252-264; G. Cozzi, Gesuiti e politica sul finire del '500…, in Riv. stor. ital., LXXV (1963), pp. 477-537.