Alighieri, Isabetta (Betta)
Figlia di Bellino, una delle cinque che questi, morendo in S. Giovanni in Persiceto (1299), lasciò, per volontà espressa nel testamento, sotto la tutela congiunta della moglie Guccia del fu Guccio dei Farolfi da Monte S. Savino, e del vecchio amico fiorentino Vanni di Importuno degli Importuni, anch'egli trasferitosi a Persiceto e suo socio in affari di prestito. Inoltre Bellino lasciò a lei, come ad altre tre delle cinque figlie, la somma di 300 lire in bolognini.
Andò in moglie nel 1307 al bolognese Iacopuzzo del fu Mino del Marcegoni della Cappella di S. Michele di Mezzoforo, e il 28 giugno gli consegnò come dote le 300 lire lasciatele dal padre, in maniera piuttosto contorta che è possibile ricostruire. Non essendo facile avere quei danari dai fratelli, essa cedette i suoi diritti su quella somma alla madre Guccia, appunto per il prezzo di 300 lire. Questo matrimonio, fatto mentre Iacopuzzo era ancora minorenne, durò pochissimo, e la donna subito dopo la morte del marito convolò a nuove nozze con Raimondo da Sala, al quale generò tre figli: Certano, Bartolomeo e Francesca. Anche queste seconde nozze ebbero breve vita. Raimondo era ancora vivo agli 8 di aprile 1320, quando suo cognato Francesco vendette la sua metà di una casa in Persiceto, di cui l'altra metà apparteneva a I., la quale doveva averla affittata a un Pietro del fu Guido merciaio. Rimasta vedova, la donna dettò ad Avvocato da Persiceto il proprio testamento, nel quale istituì eredi universali i maschi e lasciò alla piccolina la metà della casa in Persiceto. Deceduta anche I., prima del 4 marzo 1321, rimase nutritor et educator dei piccoli il consorto Bartolomeo del fu Frullano da Sala, per iniziativa del quale il giudice del podestà di Bologna assegnò come tutore di quei minori Viviano, detto Vano, di Nicolò " de Aposa ". Questi, come si conveniva a un tutore, compì gli atti inerenti, come l'accettazione dell'eredità e l'inventario dei beni dei pupilli. In questi documenti comproprietaria della casa in Persiceto è detta la vecchia Guccia, vedova di Bellino. L'inventario dei beni dei maschi enumerava solo poche e misere suppellettili.
Bibl. - G. Livi, D. in Bologna, Bologna 1918, IV, cap. IV; ID., D. e Bologna, ibid. 1921, n, cap. H; Piattoli, Codice 55, 57, 76, 102, 122, 127-130.