ARGIROPULO, Isacco
Nacque a Costantinopoli probabilmente dopo il 1448, figlio di Giovanni.
Apprese i primi insegnamenti dell'arte di organaro da Antonio del Bessa a Firenze, dove il padre, ritornato in Italia con la famiglia in seguito alla conquista ottomana (1453), aveva ottenuto una cattedra di filosofia e letteratura greca allo Studio fiorentino nell'ottobre 1456. Scolaro poi di uno dei migliori organisti di quel tempo a Firenze, Antonio Squarcialupi, organista del duomo e prediletto dalla corte medicea, presso la quale anche il padre Giovanni godeva stima e prestigio, l'A. raggiunse presto una buona fama, tanto che il 18 ott. 1466 si iniziavano le pratiche da parte della corte sforzesca per assicurarsi la presenza dell'A. a Milano, dove, . peraltro, sembra che egli non avesse intenzione di recarsi. L'8 genn. 1472 il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza scriveva al padre, trasferitosi nell'agosto 1471 a Roma, pregandolo di inviare al suo servizio il figlio Isacco con 30 o ducati d'oro all'anno. L'invito fu accettato, ma l'A., che si trovava in quel momento a Napoli, arrivò a Milano soltanto negli ultimi giorni del mese di aprile del 1472, poiché, essendosi ammalato durante il viaggio era stato costretto a fermarsi lungamente, dapprima a Roma presso i genitori (dei quali dal 1469 era rimasto unico figlio) e poi, per alcuni giomi, nella città di Bologna.
Prima del suo arrivo a Mflano, illustri personaggi inviarono lettere di raccomandazione e di lode a Galeazzo in favore dell'A.: da Roma il papa Sisto IV (19 marzo), il cardinale Bessarione e il padre dell'A. (3 aprile) - che nello stesso giorno scriveva a Lorenzo de' Medici per annunciargli la prossima partenza del figlio e per pregarlo di raccomandare personalmente Isacco al duca di Milano -, il cardinale di Mantova Francesco Gonzaga (2 aprile) e, infine, da Bologna (23 aprile) il condottiero Roberto da S. Severino, che elogiava l'A. come organaro "il più singolare homo che in questo mestiere habia l'Italia" e come organista, avendolo udito suonare egli, stesso nel convento carmelitano di S. Martino, tale che "chi lo aveva udito sembrava impazzito" (Motta).
L'A. rimase circa due anni in servizio alla corte sforzesca, un po' inviso ai colleghi della cappella e soprattutto al maestro, Antonio Guinati ("domino l'Abbà"), verso i quali l'A., conscio della sua superiorità, usava modi arroganti ed ingiuriosi che dispiacevano al duca. L'11 nov. 1472 l'A. iniziò con Galeazzo Maria le trattative per la costruzione di un organo per la cappella ducale, ma trascurò poi il lavoro e fu necessario che il duca stesso, il 21 luglio 1473, lo sollecitasse.
Testimonianza della sua tecnica organarla - tipicamente toscana nel gettare le canne tutte d'un pezzo - è resa dall'A. stesso in una lettera al duca di Milano (senza data, ma dell'aprile 1473), nella quale descrive, per quest'organo, le sue canne di tela "durissime come osso", lunghe ed intere: "La prima è lunga palme sette et quello che è bellissimo in questa cosa tutte sono d'un pezo cioè integre, che a Napoli non le possono fare manco di due o di tre pezi".
Il 17 sett. 1473 l'A. venne chiamato dal duca Galeazzo Maria per suonare l'organo a Pavia, dove si trovava il cardinale di S. Sisto, Pietro Riario, in visita alla Lombardia. Negli ultimi tempi dei suo soggiorno milanese (fin verso il luglio 1474) l'A. fu poco operoso, e nel 1475 al suo posto figurava ormai un certo Giorgio de Gerardo. Partito da Milano, l'A. si recò a Genova, dove riparò e modificò il grande organo del Palazzo comunale costruito da Giovanni di Montesanto nel 1437. A Genova l'A. si trattenne forse oltre il 1475, ma mancano sue notizie precise fino al 9 genn. 1479, quando appare in Roma come "cubicularius secretus" del papa. Fermatosi in questa città - fece un breve viaggio a Firenze nel 1489 -, dal 1492 al 1505 l'A. ebbe l'incarico della lettura del Vangelo e dell'Epistola in greco nelle funzioni solenni della basilica di S. Pietro in Vaticano. Fu anche uno dei membri della commissione collaudatrice del così detto organo di Alessandro VI nella stessa chiesa, costruito da Domenico di Lorenzo da Lucca (Lunelli). Nel 150 6 l'A. passò dalla basilica Vaticana a quella Liberiana (S. Maria Maggiore) e nel 1507 curò la nuova stampa veneziana delle traduzioni aristoteliche del padre, di cui fece offerta a Giovanni de' Medici.
Il Pirro riferisce che l'A. è ricordato da Paolo Cortese nel suo De cardinalatu (1510) - nel capitolo De vitandis passionibus dei II libro, f 01.73 - come uno degli organisti più stimati da Giovanni de' Medici per la sua fedeltà "alla regola del modo in cui aveva cominciato a suonare" (constanti modorum collatione praestat), in confronto di altri (Domenico il Veneziano, Daniele l'Alemanno [Starck?]), che non lasciavano "distinguere sufficientemente i modi per la loro rapidità variata ma intemperata" (intemperantius effusa percussione).
L'A. morì a Roma non ancora sessantenne nel 1508.
Bibl.: E. Motta, Musici alla Corte degli Sforza. Ricerche e documenti milanesi, Milano 1887, pp. 287-289 dell'estr.; A. Cappelli, Giovanni e I. A., in Arch. stor. lombardo, 2, VIII (1891), pp. 168-173; G. Cesari, Musica e musicisti alla Corte Sforzesca, in Riv. musicale ital., XXIX(1922), p. 12; A. Pirro, Léon X et la musique, in Mélanges de philologie, d'histoire et de littérature offerts à Henri Hauvette, Paris 1934, p. 225; G. Cammelli, I dotti bizantini e le origini dell'Umanesimo. II G. A. Appendice (I. A.), Firenze 1941, pp. 191-196; R. Giazotto, La musica a Genova nella vita pubblica e privata dal XIII al XVIII secolo, Genova 1951, pp. 105, 158; C. Sartori, Organs, Organ-Builders and Organists in Milan, 1450-1476. New and unpublished documents, in The Musical Quarterly, XLIII (1957), 1, p. 60 s.; R. Lunelli, L'arte organaria del Rinascimento in Roma.e gli organi di S. Pietro in Vaticano dalle origini a tutto il periodo frescobaldiano, Firenze 1958, pp. 7, 32 s.; G. Barblan, Vita musicale alla Corte Sforzesca, in Storia di Milano, IX, L'epoca di Carlo V (1535-1559), Milano1961, pp. 809-811.