TEDESCHI, Isach Raffael Samson
(in ebraico Itzchàq Refa’èl Shimshòn Ashkenazi). – Nacque ad Ancona l’8 maggio 1826 da Mosè Elia e da Venturina Aziz.
Fin da bambino venne educato nel Talmud Torà (scuola ebraica) cittadino, sotto la guida di due figure rabbiniche di rilievo: il rabbino capo di Ancona, David Abraham Vivanti (Ancona, 1806-1876) e Yehudà Shemu’el ben Ya‘aqòv Ashkenazi (Tiberiade, 1780-Livorno, 1849). Tedeschi si distinse presto per le sue doti di allievo brillante, soprattutto negli studi talmudici e di ritualistica. Non potendo frequentare le scuole pubbliche dello Stato pontificio, in quanto ebreo, si dedicò parallelamente agli studi generali in forma autodidatta, coltivando soprattutto le letterature italiana, greca e latina, la filosofia e le lingue straniere, in particolar modo il francese, ma anche l’inglese. Dopo la morte del direttore del Talmud Torà anconetano, Abramo Musatti, all’età di diciassette anni venne chiamato a dirigerne le classi superiori e a soli ventun anni venne nominato vicerabbino di Ancona. Nel 1849 sposò Allegra Vivanti, che lo sostenne nel suo magistero per cinquantanove anni e da cui ebbe un’unica figlia (Fortunata coniugata Mattatia che, deceduta prematuramente nel 1882, lasciò quattro figli allevati premurosamente dai nonni).
Nel 1856, Vivanti e Israel Hazan (già rabbino capo di Roma) conferirono a Tedeschi il titolo rabbinico di chakham (saggio). L’anno successivo lasciò la città natale e il posto di insegnante del Talmud Torà per assumere l’incarico di capoculto (di fatto, rabbino) di Finale Emilia, dove rimase sino al 1860. Nei quattro anni successivi guidò la neocomunità ebraica di Bologna – di cui fu il primo rabbino dopo centinaia di anni – fornendo un notevole contributo per rafforzare le istituzioni ebraiche cittadine non ancora consolidate. Dal gennaio del 1865 venne chiamato a Corfù in funzione di rabbino della comunità locale, la più numerosa di Grecia, dove rimase sino al 1873, anno in cui fece ritorno ad Ancona. Nell’isola greca si dedicò allo studio, all’insegnamento, ma anche alla divulgazione dell’ebraismo, collaborando con i maggiori giornali ebraici italiani, francesi e greci. Ebbe modo di incontrare il re Giorgio in diverse occasioni e nel 1870 venne nominato membro onorario dell’Accademia delle scienze di Atene. Tra il 1873 e il 1876 svolse mansioni di facente funzioni di rabbino maggiore di Ancona, a causa della lunga malattia di Vivanti, e dopo la morte di questi, nel 1876, venne nominato suo successore sulla cattedra rabbinica anconetana. Nel 1881 la Commissione rabbinica di Livorno insieme al rabbino maggiore di Firenze gli conferirono il titolo rabbinico superiore di Morenu ha-Rav, titolo onorifico confermato dai rabbini di Eretz Israel (della Terra di Israele) in segno di alta stima e apprezzamento.
A testimonianza del suo assiduo impegno di studioso e insegnante lasciò numerosi scritti, molti dei quali tuttora inediti. Inoltre Tedeschi si impegnò con entusiasmo per riscoprire testi ebraici medievali ignoti o poco conosciuti, che puntualmente usava segnalare ai maggiori studiosi suoi contemporanei, caldeggiandone la pubblicazione. In particolar modo collaborò con Abraham Berliner, con la società Mekizè Nirdamim di Berlino e la società letteraria Dovev Siftè Yeshanim di Husiatyn (Ucraina). Segnalò agli stampatori Romm di Vilnius i manoscritti di alcuni commenti pubblicati nell’edizione classica del Talmud babilonese (1880-1886) e fornì allo studioso Shelomo Buber di Leopoli i manoscritti impiegati per le edizioni dello Shibbolè ha-Lèqet (opera di ritualistica composta a Roma nel XIII secolo) e del Sefer ha-Orà (raccolta di responsa attribuite a Rashi, 1040-1105). L’editore Itzchaq Hirschensohn di Gerusalemme diede alle stampe i commenti talmudici medievali inediti di Nissim ben Reuven da Gerona (sul trattato di Meghillà, 1884) e di Menachem ben Shelomo Meiri (sul trattato di Yomà, 1885) grazie ai suggerimenti di Tedeschi.
Tedeschi viene generalmente considerato l’ultimo autore di una raccolta di responsa pubblicata in Italia, nonché l’ultimo testimone della scuola anconetana, rappresentata in passato da rabbini di notevole fama internazionale. Si inserì, dunque, nel filone della consolidata tradizione culturale sefardita, caratterizzata da studi ebraici seri e approfonditi e nel contempo sempre aperta al confronto con il mondo circostante, sullo sfondo di una comunità ebraica ormai al suo tramonto. Salutò con entusiasmo il nascente movimento sionista, considerandolo l’unica possibile fonte di salvezza per i correligionari perseguitati dell’Europa orientale. Tedeschi è anche da annoverare tra i più tenaci oppositori in Italia del movimento riformistico ebraico di origine tedesca, che cercava di prendere piede nella penisola, seppur senza grande successo, tra l’assimilazione diffusa e le crescenti aspirazioni nazionali.
Particolarmente interessanti sono le sue posizioni su alcuni quesiti rituali sollevati da colleghi dell’Italia ebraica postunitaria, desiderosi di riformare il culto.
Generalmente, attenendosi tradizionalmente alle fonti talmudiche e rabbiniche, respinse, sempre in modo pacato e rispettoso, le proposte suggerite dai rabbini italiani più facilitanti. Come, ad esempio, nel caso della richiesta di abolire la tredicesima benedizione della ‘amidà, la preghiera recitata tre volte al giorno, o il tentativo di ridurre a 6 o a 7 il numero del minian (il quorum minimo di dieci ebrei adulti necessario per recitare alcune preghiere in pubblico). Così anche per la reiterata istanza di annullare il secondo giorno di Mo‘ed (Yom tov shenì shel galuyot, il secondo giorno festivo stabilito per gli ebrei viventi nella diaspora), presentata dalla comunità ebraica torinese e da lui respinta categoricamente.
Rispondendo al rabbino Giuseppe Sonino di Napoli sulla dibattuta questione sull’uso dell’organo in sinagoga, Tedeschi assunse posizioni ancora più nette e univoche: per il rabbino anconetano, non solo sarebbe vietato permettere a un gentile di suonare l’organo di sabato e nei giorni festivi (come accettato comunemente dall’ebraismo ortodosso), ma sarebbe vietato sempre e comunque, in quanto l’uso di strumenti musicali in sinagoga era da considerarsi un uso non ebraico, ormai di consuetudine di altri culti. Tedeschi intervenne anche sulla spinosa questione della cremazione dei defunti secondo la normativa religiosa ebraica, argomento affrontato in passato dal rabbino Marco Tedeschi di Trieste e successivamente dal rabbino Vittorio Castiglioni di Roma, e generalmente accettata da entrambi. Sulla base della tradizione cabbalistica propense a vietarla, all’unisono con i maggiori rabbini dell’epoca.
Per quanto riguarda la formazione rabbinica, Tedeschi auspicò l’istituzione di collegi rabbinici, a cui affidare la completa preparazione accademica e morale degli allievi che ‒ a suo avviso ‒ non poteva essere delegata a un singolo insegnante. Coerentemente sostenne che le lauree rabbiniche dovessero essere rilasciate soltanto da istituti rabbinici (e non da singoli rabbini o piccole commissioni nominate ad hoc). Non a caso durante il suo lungo magistero rabbinico conferì la semikhà (ordinazione rabbinica) a un unico allievo (e controfirmò solo altre due lauree rabbiniche).
Morì ad Ancona il 13 aprile 1908.
Opere. Tra i suoi scritti, in gran parte inediti, si possono elencare: un volume di commenti e note esegetiche sul Pentateuco, in ebraico (Perushim we-he‛arot ‛al ha-Torà), tuttora inedito, basato sui commentari esegetici medievali classici e contemporanei (tra cui Isacco Reggio, Elia Benamozegh e Salomon Munk), dove spesso polemizzò con Samuel David Luzzatto; un’operetta inedita in ebraico dal titolo Avnè Zikkaron di 67 carte, contenente 665 voci enciclopediche in ordine alfabetico, una sorta di appendice all’opera di Isacco Lampronti, Pàchad Itzchàq; un epistolario letterario ebraico, italiano e francese (inedito); una collezione inedita di omelie in italiano sui brani biblici letti settimanalmente in sinagoga; due volumetti contenenti regole sugli animali proibiti (Hilkhòt Terefòt) e su altre questioni rituali, anch’essi inediti; Wa-Ya‘an Itzchàq, raccolta di She’elot u-Tshuvot (responsa rabbinici), la sua opera più nota, contenente risposte succinte e precise a quesiti legali o rituali, spesso basate su opere di Chaim Yosef David Azulai (Gerusalemme, 1724-Livorno, 1806, tra le massime autorità rabbiniche sefardite del suo tempo), di cui solo parte del testo venne pubblicata postuma nel volume Saggio degli scritti in lingua ebraica degli eccellentissimi rabbini David Abraham Vivanti di v.m. ed Isacco Raffaele Tedeschi di v.m. ..., Turna 1932, pp. 81-175; Toledot benè Israel u-matzavam ha-medinì ve-ha-chomrì be-nappot Italia (Storia della condizione giuridica degli ebrei italiani dal Medioevo all’epoca dell’autore), stampato a Cracovia nel 1901 (raccolta degli articoli pubblicati in ebraico nella rivista Ha-Zefira); La Cabbalà o la Filosofia degli Israeliti: (riproduzione di un lavoro inserito, or fa un decennio a frammenti, nel Corriere Israelitico) Trieste 1901; Notificazione importante a tutte le comunità israelitiche, [Livorno] 1901; numerosissimi articoli pubblicati soprattutto nella stampa ebraica italiana (cfr. l’elenco di H. Rosenberg, Prefazione, in Saggio degli scritti, 1929, p. XXXVII, note 1-6).
Fonti e Bibl.: Gerusalemme, The Central Archive for the history of Jewish people; Archivio della Comunità ebraica di Ancona, It. An. 102 (libro delle nascite), p. 8; It. An. 109 (libro dei decessi), p. 92; Gerusalemme, National Library of Israel, ARC 4° 1222/106; Gerusalemme, Museo di arte ebraica U. Nahon, ON. 1540 (manoscritto del Wa-Ya‘an Itzchaq del 1862, probabilmente usato per la stampa da Rosenberg), ON 1550, ON 1551; Gerusalemme, Institute for Hebrew microfilmed manuscripts, IHMM n. 45111, 45121, 45122; Los Angeles, University of California Library, BX 779 1.4, BX 779 2/2.3, BX 779 9.16, BX 779 13.2-3, BX 779 13.5 (IHMM, no. 32341, 32346, 32407, 32469, 32470, 32472); Montreal, Elberg, ms. 283 (IHMM 40518).
U. Coen, Isach Raffael Tedeschi, in Il Vessillo israelitico, LVI (1908), pp. 197-202; L. Ravenna, in Archives israélites, LXIX (1908), pp. 195 ss.; Isacco Raffaele Tedeschi, in Il Corriere Israelitico, XLVI (1908), pp. 404 s.; ibid., XLVII (1908), pp. 21-23; Università israelitica di Ancona, In morte dell’eccellentissimo Rabbino Maggiore Isach Raffaele Tedeschi di v.m., Casale Monferrato 1909; Saggio degli scritti degli eccellentissimi Rabbini David Avraham Vivanti di v.m. ed Isacco Raffaele Tedeschi di v.m., Casale Monferrato 1929, pp. 91-203; H. Rosenberg, Prefazione e cenni biografici, ibid., pp. XXVI-XLI; Saggio degli scritti in lingua ebraica degli eccellentissimi rabbini David Abraham Vivanti di v.m. ed Isacco Raffaele Tedeschi di v.m., con un proemio [...] del Rabbino Dr. Chajim Rosenberg, Turna 1932, pp. 81-175; D.G. Di Segni, La cultura del rabbinato italiano, in La Rassegna mensile di Israel, LXXVI (2010), 1-2, pp. 123-184.