islam in Europa
islàm in Euròpa. – L’islam è la seconda religione d’Europa, secondo le stime più attendibili, infatti, al 2010 le persone di fede musulmana erano poco più di 16 milioni. La loro distribuzione fra gli stati dell’UE è diseguale: in testa per numero di presenze troviamo la Francia (8% della popolazione), seguita dai Paesi Bassi (6%); l’Austria e il Regno Unito registrano, rispettivamente, il 4,8% e il 4%, subito dopo si attestano, quasi alla pari, paesi come la Svezia (3,8%), il Belgio e la Danimarca (3,5%), mentre la Norvegia ha superato di poco la soglia del 2% assieme alla Spagna. In Italia, secondo le stime della Caritas-Migrantes (rapporto 2011), i musulmani sarebbero 1,5 milioni (fra residenti e italiani che hanno abbracciato l’islam), pari al 2,5% della popolazione totale. Ben al di sotto dell’1%, si colloca la Grecia (dove, però, esiste una minoranza turcomanna di antica data), la Finlandia e il Portogallo, in cui è insediata una piccola comunità formata soprattutto da immigrati provenienti dalle ex-colonie africane portoghesi. In altri paesi dell’Unione, non ancora integrati a pieno regime, la presenza musulmana ha radici storiche più lontane: come nel caso della Bulgaria, dove risiedono tra comunità di origine turcomanna e pomace (slavi musulmani di Bulgaria) circa un milione di fedeli islamici, oppure della Romania, in cui esistono due antiche comunità, rispettivamente di turcomanni e di tatari (presenti, tra l’altro, anche in Polonia con circa 25.000 persone). Infine, se guardiamo all’Europa allargata ai Balcani, il totale dei musulmani arriva a 25 milioni, cui vanno aggiunti i 310.000 svizzeri registrati nel censimento del 2009 (cresciuti, probabilmente, secondo le stime più recenti, a 400.000).
Luoghi di culto. – Più precisa è la mappa dei luoghi di culto che, soprattutto dopo il 2000, cominciano a punteggiare il panorama socio-religioso dell’Europa. Si tratta di una lenta e faticosa configurazione del territorio – in particolare urbano – dal punto di vista dei simboli sacri. Mettendo insieme le moschee, che in senso stretto seguono i canoni architettonici noti, e i centri di preghiera o oratori (muṣallà), al 2009 esistevano in Europa 9002 luoghi di culto musulmano, mediamente uno ogni 1840 fedeli. Aggiungendo i 200 centri di preghiera aperti in Svizzera nel primo decennio del Duemila, si sfiora la cifra di 10.000 strutture cultuali. Le moschee in senso proprio sono 975, alle quali si aggiungono altre 300 circa in costruzione; esse rappresentano, includendo quelle che si stanno ultimando, il 13,8% sul totale complessivo dei luoghi. Nella graduatoria degli stati dell’Unione, tenendo fuori dal computo l’area della Tracia in Grecia, dove è concentrata la popolazione di fede musulmana e sorgono 301 moschee (più quindici in costruzione), il Paese con il maggior numero di centri e moschee è il Regno Unito (con circa 1500 spazi di preghiera), seguito da Germania (con 2600) e Francia (con più di 2000). In Italia i centri di preghiera sono 644, incluse le tre moschee (in senso classico) che sorgono rispettivamente a Roma, Milano e Catania (da tempo, però, chiusa). Soprattutto dopo l’attentato alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001, l’edificazione e l’apertura di luoghi di culto sono diventati il bersaglio di movimenti politici che, del contrasto nei confronti dell’islam, hanno fatto la loro bandiera ideologica. Essa, in realtà, sovente copre l’atteggiamento negativo nei confronti di una società sempre più mista dal punto di vista culturale, linguistico e religioso. La casistica di tali conflitti è varia: quasi nessun Paese europeo è rimasto fuori da una partita che, al tempo stesso, è simbolica e politica. Si è arrivati, in alcuni casi, a invocare il diritto all’esercizio del referendum popolare per autorizzare o meno la costruzione di un luogo di culto musulmano come in Svizzera dove, nel 2009, si è svolto un referendum che aveva per oggetto la possibilità o meno di costruire accanto alle moschee, i minareti. La consultazione popolare, promossa da due movimenti politici espressione di ambienti cattolici ed evangelici conservatori, ha visto prevalere con il 57,5% di voti validi il fronte di chi era a favore alla messa al bando dei minareti.
Islam europeo. – Nonostante i conflitti ideologici, l’islam può essere considerata ormai la seconda religione degli europei. Non è più, infatti, una fede importata dagli immigrati giunti in Europa da paesi a maggioranza musulmana, poiché in molti casi sono le seconde e terze generazioni che professano la fede dei genitori con modalità diverse rispetto alle esperienze dei primi migranti. L’accesso ai testi sacri, il Corano e le fonti orali dell’islam, per molti di loro è mediato dalle lingue veicolari europee che hanno appreso sui banchi di scuola e non è più l’arabo, lingua sacra del Corano. La socializzazione avvenuta in ambienti culturalmente diversi da quelli di origine dei genitori, fa sì che le nuove generazioni costruiscano la loro identità combinando elementi propri della tradizione ricevuta in casa con gli stili di vita e gli abiti propri della società moderna europea. Le ragazze possono tornare anche a indossare il velo islamico, ma sotto il velo vestono allo stesso modo delle loro coetanee, ascoltano la stessa musica e sono attratte dagli stessi beni di consumo, che tanta influenza hanno sui comportamenti individuali. Si parla, perciò, di islam europeo, intendendo con tale formula il processo di adattamento di questa religione a un ambiente sociale in cui il pluralismo delle fedi e, soprattutto, la libertà religiosa, costituiscono non solo i pilastri degli ordinamenti propri dello Stato di diritto, ma anche valori diffusi e interiorizzati dalla maggioranza dei cittadini. L’islam, in tal caso, è una religione importante, ma pur sempre di minoranza, che non può contare, come avviene in molti paesi a maggioranza islamica, del supporto diretto o indiretto di uno Stato. Infine, i maggiori gradi di libertà che caratterizzano, per ragioni storiche, le diverse società europee, favoriscono la dialettica, a cielo aperto, delle diverse tendenze spirituali, culturali e politiche presenti nel mondo musulmano. Altrove esse fanno fatica a manifestarsi pienamente o perché esistono regimi politici che selettivamente appoggiano una tendenza emarginando le altre, oppure perché mancano movimenti politici, mezzi di comunicazione, spazi pubblici dove potersi liberamente confrontare (il processo è appena iniziato nei paesi scossi dai movimenti della cosidddetta primavera araba). Di conseguenza, nello spazio pubblico europeo si fanno sentire, a volte in aperta dissonanza fra loro, voci di modernisti e di tradizionalisti, di laici e di credenti, di liberali e di fondamentalisti, e fra questi ultimi l’ala ancora più intransigente, rappresentata oggi dal salafismo (dalla parola salaf, che in arabo rimanda all’idea del ritorno alla fede delle origini e alla purezza della prima comunità dei credenti). Di fronte al singolare pluralismo interno dell’islam europeo, i governi – sia di ispirazione conservatrice sia quelli più vicini alle idee socialdemocratiche – si sono trovati di fronte al problema di voler conferire alla religione musulmana uno statuto giuridico, senza aver dinnanzi, tuttavia, un interlocutore autorevole e unico con cui conferire. La tentazione ricorrente è di assimilare l’islam a una confessione religiosa fra le altre. Tale riconoscimento dall’alto non corrisponde alla realtà acefala, polimorfa e variegata delle diverse comunità musulmane, che si rifanno a diverse prospettive spirituali e ideologiche, manifestando un deficit strutturale di autorità rappresentativa.