Islanda: rivoluzione silenziosa
Islanda: rivoluzióne silenziósa. – L'insieme dei mutamenti politici avvenuti in Islanda tra il 2009 e il 2011 a seguito della crisi finanziaria ed economica. Le prime proteste sporadiche sono cominciate nel mese di ottobre 2008 contro la gestione da parte del governo della grave crisi economica in cui era precipitato il Paese a seguito dell’esplosione della bolla creditizia negli Stati Uniti. Il sistema finanziario islandese era stato sovraesposto sui mercati internazionali perché i tre maggiori istituti bancari avevano attratto investitori esteri, in particolare inglesi e olandesi, offrendo tassi di interesse estremamente vantaggiosi senza avere in realtà l’adeguata copertura. Data l’insolvenza degli istituti creditizi, il governo di centrodestra si era rivolto al Fondo monetario internazionale e all'Unione Europea ottenendo un piano di aiuti per 3,5 miliardi di euro e mettendo in conto di tassare la popolazione con contributi straordinari da spalmare su un arco di 15 anni. Le proteste contro il provvedimento, che investiva del debito contratto da banche private i cittadini islandesi, si sono intensificate a partire dall’inizio del 2009 quando continue manifestazioni espressero con forza l’ostilità della popolazione che respingeva gli aiuti internazionali e chiedeva le dimissioni del governo considerato complice del disastro economico finanziario. Dopo la caduta dell’esecutivo, il nuovo governo progressista ha sollecitato le indagini giudiziarie verso i dirigenti responsabili del collasso finanziario, tra cui l’ex premier G. Haarde, ma si è visto costretto per il veto posto per ben due volte al piano di recupero dei prestiti internazionali dal presidente islandese Olafur Ragnar Grimsson, a indire due referendum (marzo 2010 e aprile 2011) per chiamare la popolazione a esprimersi sulla legittimità della tassazione straordinaria volta al risanamento finanziario. In entrambe le occasioni i cittadini islandesi hanno bocciato il piano governativo non volendosi assumere l'onore di ripagare il debito insoluto delle banche. L'irritazione di Gran Bretagna e Paesi Bassi e l'isolamento dell'Islanda negli istituti finanziari globali non hanno intimorito il movimento: il fermento civile e la richiesta di riforme radicali in senso democratico hanno portato all’elezione di un’assemblea costituente formata da 25 cittadini estranei a precedenti incarichi di partito, che attraverso una serie di forum in rete ha raccolto suggerimenti e proposte dalla popolazione con l’ambiziosa finalità di redigere un nuovo testo costituzionale che mettesse al riparo la collettività dall’esposizione alle speculazioni finanziarie e proponesse un modello diverso di uscita dalla crisi (autocancellazione del debito, svalutazione della moneta). Grazie alle nuove tecnologie digitali chiunque da casa ha potuto contribuire alla stesura del testo partecipando online al dibattito dell'assemblea che alla fine ha approvato la nuova Costituzione all’unanimità: un risultato straordinario, tanto più se si considera che le riforme proposte sono radicali sotto molti profili. Il testo, d’ispirazione socialdemocratica, pone l'accento su un bilanciato sistema di controlli tra i diversi apparati dello Stato, sulla trasparenza delle operazioni finanziarie, sulla protezione dell'ambiente, sullo sfruttamento efficiente e responsabile delle risorse naturali del Paese. Diventato molto popolare per la sua scelta di non cedere alle pressioni della finanza internazionale, nel giugno 2012 Grimsson è stato rieletto alla presidenza dell'Islanda.