Kadare, Ismail
Kadaré, Ismail. ‒ Scrittore e poeta albanese (n. Argirocastro 1936). Laureatosi in storia e filologia all’Università di Tirana nel 1956, dal 1970 al 1982 è stato membro dell’Assemblea del Popolo durante la dittatura di E. Hoxha. A causa dei crescenti contrasti con il regime comunista fu costretto a fuggire in Francia, dove ottenne l’asilo politico nel 1990. Dopo aver esordito come poeta, Frymëzimet djaloshare («Le ispirazioni giovanili», 1954) si afferma a livello internazionale come romanziere con Gjenerali i ushtrise se vdekur (1963; trad. it. Il generale dell’armata morta 1982), Kështjella (1970; trad. it. I tamburi della pioggia, 1981), Kronikë në gur (1973; trad. it. La città di pietra, 1991), Koncert në fund të dimrit («Concerto alla fine dell’inverno», 1988), Piramida (1992; trad. it. La piramide, 1995), Tri këngë zie për Kosovën (1999; trad. it. Tre canti funebri per il Kosovo 2003). La tecnica narrativa di K., volta a recuperare i personaggi e le vicende della storia e della mitologia albanese per trasformarli in allegorie taglienti della dittatura comunista, gli valse numerosi premi tra i quali il Prix mondial Cino Del Duca (1992). Nel nuovo secolo K. mantiene alto il suo impegno democratico con Lulet e ftohta te marsit (2000; trad. it. Freddi fiori d'aprile, 2005) vincitore del Man booker international prize (2005), Vajza e Agamemnonit (2003; trad. it. La figlia di Agamennone 2007) spietato resoconto del controllo delle vite private attuato dal regime comunista che prosegue anche in Pasardhësi (2004; trad. it. Il successore 2008). Tra le più recenti opere di narrativa vanno ancora segnalate: Aksidenti (2008; trad. it. L'incidente, 2010), indagine sulle cause di un incidente stradale su cui si stagliano inquietanti trame politiche, E penguara: requiem për Linda B. («L'impedita: requiem per Linda B.», 2009) e Darka e gabuar (2009; trad. it. Un invito a cena di troppo, 2012), dove il sindaco di Argirocastro invita a cena il colonnello delle forze di occupazione naziste albanesi per convincerlo a non eseguire la fucilazione dei prigionieri.