isoglossa
Si definisce isoglossa la linea immaginaria con la quale, mediante un’ipotesi metodologica, si uniscono i punti estremi di un’area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno linguistico (Grassi, Sobrero & Telmon 1997: 7, nota 9; ➔ geografia linguistica). Questo fenomeno può essere di natura fonologica, e allora si parla di isòfona, morfologica (isomòrfa), sintattica, oppure lessicale (in quest’ultimo caso si parla di isolessi o, più di rado, di isòsema, ovvero isoglossa semantica); con riferimento all’accentazione si può impiegare isòtona (Beccaria 1994: 403). Il concetto di isoglossa era stato introdotto fin dagli anni Settanta del XIX secolo da ➔ Graziadio Isaia Ascoli che, sul modello di (linea) isobara, isoterma e isoipsa, coniò isofono per le isoglosse fonetiche; il termine però compare per la prima volta in J.G.A. Bielenstein, un dialettologo lèttone, nel 1892 (Chambers & Trudgill 1987: 135).
Di norma ci si riferice con isoglossa a una linea che nello spazio, distingue un’area linguistica che possiede un determinato fenomeno, dal territorio contiguo che non lo possiede: così, ad es., una delle isofone più rilevanti nella definizione dell’Italia dialettale è quella che traccia la linea meridionale (in base ai dati dell’AIS, Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale; ➔ atlanti linguistici) della sonorizzazione dell’occlusiva velare sorda intervocalica in ortiga da ŭrticam rispetto a ortica (v. fig. 1, da Rohlfs 1937).
Proprio da questo esempio si deve rilevare che:
(a) sulla carta geografica si traccia una linea che segna l’andamento del fenomeno nelle singole parole in cui esso si presenta, anche se poi nell’impiego comune della geolinguistica a livello astratto le isoglosse vengono riferite al fenomeno in generale;
(b) l’andamento della linea è condizionato nei fatti dalla griglia dei punti d’inchiesta, così che il tracciato della linea stessa dipende dall’ampiezza delle maglie della rete dei punti;
(c) la presenza del fenomeno nelle singole parole è normalmente condizionata anche da fattori sociolinguistici, difficilmente rappresentabili cartograficamente.
A tutto ciò andranno aggiunti gli effetti dell’interferenza in condizioni di contatto linguistico, per cui spesso a una situazione virtuale di gradatum, con confini ben individuabili (cioè di opposizione graficamente rappresentabile con una linea isoglossa), corrisponde nella realtà un continuum segnato da microvariazioni non riportabili su carta in forma semplificata.
In sostanza il concetto di isoglossa così come normalmente impiegato corrisponde a una geografia della semplificazione che è ben lontana dalla complessa realtà che è chiamata a descrivere.
Con queste avvertenze, le isoglosse costituiscono uno degli strumenti più potenti e più largamente utilizzati della geografia linguistica. Così anche nella definizione dell’Italia dialettale, per la quale il ricorso alle isoglosse è stato fin dalle origini determinante (➔ aree linguistiche): anzi, nel caso dei confini dialettali, come rilevava Pellegrini (1977: 19-20), si ricorre piuttosto a una serie di isoglosse che, «riunite e compatte», arrivano a costituire un fascio di isoglosse, come è il caso esemplare della cosiddetta Linea La Spezia-Rimini.
Tale linea non solo divide profondamente le varietà linguistiche italiane ma costituisce anche il ➔ confine linguistico di maggior rilievo dell’intera Romània. Secondo Rohlfs (1937) appaiono fondamentali in essa isoglosse come i limiti meridionali dei tipi ortiga «ortica» (-c- → -g-, cui si è già accennato), sal «sale» (caduta di -e), cavei «capelli» (-p- → -v-) e spala «spalla» (-ll- → -l-). Pellegrini nella Carta dei dialetti italiani precisa che «caratterizzano normalmente l’Italia superiore dalla Toscana e dalla sezione centro-meridionale i fenomeni di lenizione delle sorde intervocaliche che hanno per altro decorso assai vario da Rimini ad Ancona», fra cui la lenizione di -t- in -d- che nei termini per «prato» (AIS 1415) raggiunge Ancona («ma la lenizione ad es. in “ruota”, AIS 1227, offre una distribuzione del fenomeno assai diversa con una lenizione assai più ristretta»: Pellegrini 1977: 41). A ogni modo, il confine linguistico della La Spezia-Rimini è ben definito lungo il tracciato dell’Appennino tosco-emiliano, mentre appare meno netto nell’estremo ovest, in Lunigiana, con un andamento a ventaglio che è molto più evidente nella parte est, tra la Romagna (Rimini) e le Marche settentrionali, fino alle porte di Ancona (o meglio almeno fino a Senigallia), dove può arrivare addirittura a una distribuzione a macchie di leopardo (Franceschi 1979; Balducci 1984).
A Rohlfs si deve l’identificazione di un altro importante confine linguistico, la «Linea (o fascio di isoglosse) Roma-Ancona» (Rohlfs 1937), che con un andamento a S passa nelle Marche per la valle dell’Esino, in Umbria lungo la valle del Chiascio e poi segue tutto il corso del Tevere tra Umbria e Lazio (escluse Perugia e Roma; Vignuzzi 1988: 607), incidendo profondamente sul quadro dialettale delle regioni dell’Italia centrale: da un lato la Toscana e i dialetti centrali con influssi toscani e/o settentrionali, dall’altro il blocco dei dialetti centro-meridionali (in quest’area, specificamente mediani). È da rilevare che il confine linguistico segnato dalla Linea Roma-Ancona è assai più incerto e sfumato, non solo per la rarefazione dei punti d’inchiesta dell’AIS nelle zone in questione, ma anche perché tra i fenomeni presi in considerazione da Rohlfs proprio alcuni dei più rilevanti, come quelli relativi alla metafonesi (➔ metafonia), si ritrovano almeno in tracce anche al di là del limite settentrionale segnato dalla linea stessa; mentre è ben noto che il confine settentrionale di un altro tratto fortemente caratterizzante, l’➔assimilazione progressiva di -nd- in [nn] e di -mb- in [mm], non segue la valle del Tevere a sud di Perugia, ma prosegue verso ovest sino a sud di Talamone (Pellegrini 1977: 42; v. fig. 2).
Nella dialettologia italiana ci si riferisce talora anche ad altre possibili linee, ad es., nell’area alto-meridionale le cosiddette Cassino-Gargano e Salerno (o Eboli)-Lucera (Loporcaro 2009: 142-3, che rinvia ad Avolio 1990 e Avolio 1989), oppure le isoglosse che segnano il passaggio al tipo meridionale estremo, tra Puglia e Salento (la soglia messapica o linea Taranto-Ostuni; v. fig. 3), e in Calabria, dove si hanno piuttosto una serie di isoglosse che digradano da nord verso sud, come la Diamante-Cassano e la Cetraro-Cirò Marina.
Naturalmente, quando si indaga nel dettaglio una determinata area geografica si rilevano di volta in volta ulteriori differenziazioni dialettologiche che possono mettere capo ad altrettante linee: si vedano, ad es., la suddivisione della Sardegna, oppure, nell’Italia settentrionale, quella tra area gallo-italica e area veneta.
Per la corretta comprensione delle isoglosse è fondamentale il riferimento temporale, sia come dato storico all’origine della individuazione delle linee isoglosse, sia come vettore di processi che possono essere sempre in atto: è noto il caso del segmento orientale della La Spezia-Rimini in spostamento almeno dall’epoca tardo-medievale dalla Romagna verso Sud.
Avolio, Francesco (1989), Il limite occidentale dei dialetti lucani nel quadro del gruppo ‘altomeridionale’: considerazioni a proposito della linea Salerno-Lucera, «L’Italia dialettale» 52, pp. 1-21.
Avolio, Francesco (1990), Il limite meridionale delle parlate molisane: considerazioni a proposito della linea Cassino-Gargano, «Contributi di filologia dell’Italia mediana» 4, pp. 225-277.
Avolio, Francesco (1995), Bommèsprə. Profilo linguistico dell’Italia centro-meridionale, San Severo, Gerni Editore.
Balducci, Sanzio (1984), I dialetti nella provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro, Amministrazione provinciale di Pesaro e Urbino.
Beccaria, Gian Luigi (a cura di) (1994), Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, Torino, Einaudi.
Chambers, J.K. & Trudgill, Peter (1980), Dialectology, Cambridge, Cambridge University Press (trad. it. La dialettologia, a cura di A. Varvaro, Bologna, il Mulino, 1987).
Franceschi, Temistocle (1979), La Vallesina nel contesto dei dialetti marchigiani, in Nelle Marche centrali. Territorio, economia, società tra Medioevo e Novecento: l’area esino-misena, a cura di S. Anselmi, Jesi, Cassa di Risparmio di Jesi, 2 voll., vol. 2º, pp. 1899-1946.
Grassi, Corrado, Sobrero, Alberto A. & Telmon, Tullio (1997), Fondamenti di dialettologia italiana, Roma - Bari, Laterza.
Loporcaro, Michele (2009), Profilo linguistico dei dialetti italiani, Roma - Bari, Laterza.
Pellegrini, Giovanni Battista (1977), Carta dei dialetti d’Italia, Pisa, Pacini.
Rohlfs, Gerhard (1937), La struttura linguistica dell’Italia, Leipzig, Keller.
Vignuzzi, Ugo (1988), Italienisch: Areallinguistik VII. Marche, Umbrien, Lazio, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL), hrsg. von G. Holtus, M. Metzeltin & C. Schmitt, Tübingen, Niemayer, 8 voll., vol. 4º (Italienisch, Korsisch, Sardisch), pp. 606-642.