ISOSTASIA
. Condizione di equilibrio della crosta terrestre che, secondo il significato etimologico della parola (gr. ἴσος "uguale", στάσις "posizione"), corrisponde a stati uguali nelle diverse località (v. geodesia; gravimetria). Il geologo americano C. E. Dutton, che nel 1889 introdusse questo vocabolo, lo preferì ad altri, in particolare a isobaria, per non particolarizzare le condizioni dell'equilibrio, lasciando così la via aperta a diverse possibili ipotesi, le quali, come è ovvio, devono corrispondere a differenti distribuzioni e proprietà della materia nella crosta solida della Terra, detta anche litosfera.
Gli studi in proposito furono originati dalla constatazione, fatta nel 1855 da J. H. Pratt, che le deviazioni della verticale (v. astronomia: Astronomia geodetica) ottenute da sir George Everest in India erano molto inferiori a quelle determinate sul filo a piombo, posto nelle diverse località, dall'attrazione esercitata dal massiccio emergente della catena del Himālaya (tale inferiorità rimane anche se si tien conto della mancanza di materia corrispondente all'Oceano indiano, come lo stesso Pratt mostrò nel 1859). Per spiegare questo fatto, G. B. Airy, nel medesimo anno 1855, ammise una deficienza di materia al disotto delle montagne: Pratt aderì a questo concetto, ma con modalità diverse (1858). Sorsero così le due ipotesi che ancor oggi, con opportuni ritocchi e convenzioni (queste ultime introdotte per rendere determinati e non eccessivamente complessi i calcoli), sono sostanzialmente le sole cui si ricorre nelle ricerche sulla costituzione della crosta terrestre. La teoria elastica, alla quale ha dato profondo contributo L. De Marchi (1907), attualmente può esser considerata piuttosto come un necessario completamento delle prime due che come un'ipotesi a sé stante, destinata a render conto da sola di tutti i fenomeni che si riscontrano nel campo gravitazionale terrestre. Ed è infatti in questo senso che essa viene introdotta in considerazioni teoriche da A. E. H. Love e da altri, mentre, come si vedrà più avanti, F. A. Vening Meinesz ha tenuto conto delle proprietà elastiche della crosta terrestre per dare (nel 1931) un metodo di riduzione di notevole interesse.
La densità media della Terra è circa 5,5 volte quella dell'acqua, mentre la densità della litosfera raggiunge soltanto il valore 2,7; e perciò la densità dei materiali costituenti la Terra deve crescere procedendo dalla superficie verso il centro di essa. Secondo le più recenti ricerche, basate sulla propagazione delle onde sismiche, l'incremento è da principio molto modesto, raggiungendo circa 0,2 a 60 km. di profondità: tra 60 e 100 km. si verifica una discontinuità, e la densità cresce di 0,4÷0,8, per riprendere poi a salire uniformemente fino alla profondità di alcune centinaia di km. Alla profondità di 100 km., la temperatura può esser valutata a circa 800° C., mentre la pressione supera 30.000 kg/cm2. In tali condizioni, non ancora riproducibili nei laboratorî, i materiali devono assumere uno stato pastoso, che gode a un tempo proprietà dei liquidi e dei solidi. Si ammette che questo magma abbia dei liquidi la proprietà di trasmettere in tutte le direzioni gli sforzi di pressione ai quali è assoggettato. Esso risulta principalmente costituito di silicio e magnesio e perciò prende spesso il nome di Sima, mentre la crosta terrestre soprastante, costituita per la più gran parte di silicio e alluminio, si indica brevemente con la notazione Sial.
Secondo l'ipotesi di Airy, i blocchi continentali di Sial solidi (di densità costante) galleggiano nel magma di Sima (più denso) come gli icebergs nel mare, affondando tanto più quanto maggiore è la loro quota. Quest'ipotesi, detta anche delle radici delle montagne, è stata completata da W. Heiskanen (1924-31), che ha assunto diversi valori (40, 60, 80, 100 km.) per la profonditi dei blocchi di quota zero, e rispettivamente 2,67 e 3,27 per le densità costanti del Sial e del Sima.
Secondo l'ipotesi di Pratt, invece, a una certa profondità sotto il livello del mare esiste una superficie equipotenziale rispetto alla gravità (superficie di compensazione) sulla quale la pressione per unità d'area (unità di estensione abbastanza notevole, da determinare, p. es. 1000 km2 e più) è costante, e cioè indipendente dalla posizione geografica. Ne segue che, al disotto dei continenti, la densità della crosta, fino alla profondità di compensazione, deve essere, in media, tanto minore quanto più grande è la quota, e sotto i mari essa deve superare il valore corrispondente ai continenti e crescere con la profondità dell'oceano. J. F. Hayford, nel 1909, ha assunto per semplicità l'uguaglianza delle masse invece di quella delle pressioni, e ha immaginato che i difetti e gli eccessi di densità fossero distribuiti uniformemente nello strato di compensazione (densità di compensazione); più tardi ha sostituito alla superficie equipotenziale di compensazione una superficie parallela a quella fisica della Terra.
Tra le ipotesi di Airy e di Pratt sta la formulazione di Heiskanen (1927-1932) che suppone i galleggianti di Sial di densità dipendente dalla quota e crescente dall'alto in basso, immersi in un Sima anch'esso di densità leggermente crescente con la profondità, fino a 74 km. (valori in parte desunti dalle ricerche sismiche).
Ammessa una di queste ipotesi, è possibile calcolare le componenti orizzontali e quella verticale dell'attrazione che le masse del rilievo terrestre e le corrispondenti masse interne compensatrici esercitano sulla massa unitaria posta in un determinato punto della superficie fisica della Terra, e cioè le correzioni da portare alla direzione osservata della verticale e al valore misurato della gravità in quel punto per ridurli a quelli che dovrebbero essere se la crosta si trovasse effettivamente nello stato di equilibrio isostatico corrispondente. Qualora ciò fosse esattamente e si avesse la compensazione completa, e quindi il geoide coincidesse con l'ellissoide isostatico, astrazion fatta dagli errori di misura, le verticali corrette come sopra è detto dovrebbero coincidere con le normali all'ellissoide e i valori della gravità ridursi a quelli teorici, per modo che le anomalie isostatiche dovrebbero risultare nulle. La reciproca di questa proposizione non vale nello stesso modo, perché teoricamente si possono pensare infinite distribuzioni di materia nella crosta atte a render nulle le deviazioni della verticale e le anomalie di gravità: tuttavia, nel caso concreto, di queste infinite distribuzioni possono esser considerati possibili soltanto alcuni tipi, fra i quali rientrano quelli sopra esposti.
La prima ricerca sistematica sull'argomento (e la più estesa) è quella eseguita tra il 1909 e il 1917 dai geodeti americani J. F. Hayford e W. Bowie. In questo grandioso lavoro, ammessa l'ipotesi di Pratt come sopra enunciata e supponendo (per semplicità di calcoli) che la compensazione fosse locale e cioè si attuasse lungo ogni verticale, vennero dapprima (1909) esaminate le deviazioni della verticale negli Stati Uniti, deducendone un valore della profondità di compensazione compreso tra 113 e 123 km., come quello che rendeva minimo il complesso delle deviazioni stesse rispetto a un ellissoide opportuno, del quale si determinarono i parametri. In un secondo tempo (1912), partendo dai valori ottenuti, si ridussero le 124 misure di gravità fino allora eseguite negli Stati Uniti, verificando che le anomalie risultavano in media assai inferiori a quelle dedotte con gli altri metodi. Finalmente (nel 1917), usufruendo delle stazioni gravimetriche americane di montagna, Bowie effettuò una ricerca diretta della profondità di compensazione giungendo al valore di 96 km. Già Helmert aveva applicato lo stesso metodo nel 1909, servendosi di stazioni lungo le coste dei continenti e trovando una profondità di 118 km., e E. Kohlschütter dalle misure nell'Africa orientale tedesca aveva dedotto nel 1911 un valore compreso tra 100 e 140 km. Le ulteriori ricerche di Bowie (1924), di A. H. Miller e di altri confermano queste cifre, assegnando alla profondità di compensazione nell'ipotesi di Pratt un valore compreso tra 80 e 120 km., cioè in media di circa 100 km.
Fu solo nel 1924-26 che, per opera del geodeta finlandese W. Heiskanen, venne effettuata una ricerca analoga secondo l'ipotesi di Airy, ottenendo profondità di compensazione, ovvero spessori dello strato di Sial, compresi tra 80 e 105 km. per il Caucaso, tra 50 e 60 km. per gli Stati Uniti e fra 30 e 40 km. per le Alpi e la Norvegia. Adottando, poi, la più complicata ipotesi sopra accennata, che vorremmo chiamare mista, con densità variabili per il Sial e il Sima, Heiskanen trovò nel 1927-1932 per lo spessore della crosta i valori di circa 58 km. per l'Eurasia, 57 per l'America Settentrionale, 25 per l'Atlantico e 5 per il Pacifico, in buon accordo con i valori ottenuti dallo studio della propagazione delle onde sismiche, ciò che non deve stupire, perché di queste si era tenuto parzialmente conto nel formulare le ipotesi che stanno a fondamento dei calcoli di riduzione. Interessa, invece, la constatazione che, assumendo dati in accordo con le induzioni sismiche, si ottengono anomalie altrettanto e, in certi casi, anche più piccole di quelle ricavate dall'ipotesi di Pratt.
I procedimenti sopra accennati, per il fatto di corrispondere necessariamente a schemi semplici e uniformi, si prestano ad alcune critiche. Si può, intanto, osservare che una compensazione rigorosamente locale non ha senso fisico: come si è detto, l'unità d'area di superficie di compensazione, sulla quale si ritiene costante la pressione qualunque sia la sua posizione geografica, non può logicamente avere valore inferiore a certi limiti e, tanto meno, infinitamente piccolo, perché ciò significherebbe un'assenza completa di resistenza alle deformazioni nella crosta terrestre, la quale potrebbe innalzarsi o abbassarsi localmente per adattarsi alle rotture di equilibrio isostatico causate p. es. dall'erosione, dalla sedimentazione, o da altri fenomeni. Questo concetto, già considerato e applicato da G. P. Putnam nel 1894, ha formato oggetto di studio da parte di Bowie (1917) e di T. Niethammer (1921), specialmente dell'ultimo, che lo ha applicato e fatto applicare (M. Lehner, 1930) alla riduzione delle misure svizzere. In pratica, il metodo adottato consiste nel sostituire alla reale superficie topografica intorno alle stazioni gravimetriche una superficie la cui quota in ogni punto è eguale al valore medio delle quote effettive in un determinato intorno di quel punto (per la Svizzera si sono adottati intorni quadrati di 8, 64 e 128 km. di lato): è rispetto a tali quote fittizie che vien calcolata la densità di compensazione. Tale procedimento, assai laborioso e non del tutto razionale, per ragioni che qui non è possibile esporre, non ha condotto a risultati soddisfacenti. Preferibile sotto il punto di vista concettuale è il metodo di compensazione regionale proposto nel 1931 da Vening Meinesz il quale, però, non è stato finora usato per effettivi calcoli di riduzione. La crosta terrestre viene considerata come un suolo elastico, di ampiezza infinita e di spessore costante, galleggiante sopra un magma più denso: i rilievi topografici sovrapposti alla crosta stessa la fanno sprofondare nel magma di una certa quantità (come nella teoria di Airy), e inoltre la deformano elasticamente. In un punto determinato (p. es., nella località dove si è fatta una misura di gravità) si risente l'effetto di tutte le masse topografiche circostanti, le quali inducono in corrispondenza di esso una deformazione nella crosta: queste deformazioni, congiunte allo sprofondamento nel magma, generano la compensazione isostatica delle masse topografiche. La densità della crosta può esser supposta costante o variabile con la profondità. Si ha qui, come si vede, una combinazione delle ipotesi di Pratt e di Airy con la teoria elastica studiata da De Marchi.
Un secondo appunto che si fa al procedimento di Hayford-Bowie è relativo alla distribuzione uniforme dei difetti e degli eccessi di materia nello strato di compensazione. Dalle ricerche teoriche di Love risulta per la densità isostatica una legge molto complessa (senza dubbio neppur essa corrispondente ai fatti); d'altra parte, un valore costante lungo ogni verticale non è ammissibile dal punto di vista meccanico. La sostituzione di una legge diversa, a ogni modo, si dovrebbe ridurre, per la necessaria semplicità, a supporre una variazione lineare con la profondità; ipotesi già studiata in dettaglio da G. Cassinis (1922). È, in fondo, ciò che considera Heiskanen nel metodo misto sopra ricordato, e anche ciò che parzialmente assume Vening Meinesz per la sua riduzione regionale. Ma, finora, i saggi eseguiti per stazioni americane e italiane non hanno dimostrato l'utilità pratica di simili ipotesi.
Tra le obiezioni che si fanno all'ipotesi di Pratt è importante quella relativa alla necessità di trasporti orizzontali di massa in corrispondenza di fenomeni geologici. Se da una regione della superficie terrestre viene asportato del materiale che va a depositarsi su altra regione (erosione e sedimentazione, fenomeni glaciali) la prima si alleggerisce mentre la seconda si sovraccarica. Ammesso che le due regioni fossero precedentemente in equilibrio isostatico, tale equilibrio verrebbe distrutto dal suddetto trasferimento di materia superficiale. Per ripristinarlo occorrerebbe un analogo passaggio interno in senso inverso; ma la cosa parrebbe impossibile nella supposizione di una crosta solida nel senso ordinario della parola. Non è però, indispensabile che i movimenti orizzontali avvengano nella crosta: secondo J. Barrell, p. es., essi possono verificarsi sulla superficie di compensazione, in uno strato sottile, al quale si dà anche il nome di astenosfera (zona di cedimento o penetrazione). Tale obiezione non si presenta per l'ipotesi di Airy e neppure per la teoria elastica, ciò che costituisce un innegabile requisito razionale di queste rispetto all'ipotesi di Pratt.
I calcoli per le riduzioni isostatiche delle misure geodetiche sono piuttosto complessi e laboriosi. Essi si eseguiscono suddividendo la Terra (supposta sferica) in zone col polo nel punto di stazione S e le zone in compartimenti per mezzo di cerchi massimi passanti per S. Di ogni compartimento si ottiene dalle carte topografiche e geografiche la quota media sul livello del mare e poi, a mezzo di apposite tabelle e tenendo conto della quota del punto di stazione, si calcolano le componenti orizzontali (per le deviazioni del filo a piombo) o quella verticale (per la gravità) dell'attrazione esercitata sulla massa unitaria situata in S dalla materia che costituisce il rilievo topografico del compartimento e dalla materia compensatrice. Tabelle per il metodo di Pratt vennero calcolate da Hayford-Bowie, Cassinis, Meissner e altri; per il metodo di Airy da Heiskanen. La R. Commissione geodetica italiana e l'U. S. Coast and Geodetic Survey stanno costruendo in collaborazione delle tabelle fondamentali, sul tipo di quelle di Cassinis sopra citate, le quali potranno servire per il computo delle riduzioni in corrispondenza delle diverse ipotesi. Esse conterranno anche i valori delle cosiddette correzioni di Bowie, rese necessarie dal fatto che l'applicazione dei metodi isostatici deforma il geoide, alterando il valore del potenziale nei singoli punti di esso.
I diversi procedimenti di cui si è discorso conducono ad anomalie gravitazionali del più alto interesse. Vi sono estese regioni (p. es., gli Stati Uniti d'America, la Russia europea, le zone esplorate da O. Hecker e da Vening Meinesz negli Oceani Atlantico e Pacifico) per le quali le anomalie hanno piccoli valori, dimostrando la grande probabilità di una compensazione isostatica quasi completa. In altre regioni, invece (per es., l'India inglese, le Alpi, l'Arcipelago della Sonda e quello delle Antille), le anomalie isostatiche, pur essendo sensibilmente minori di quelle di Bouguer, sono sempre notevoli e possono anche assumere valori rilevanti. Ciò significa che la presupposta compensazione o è solamente parziale o non si verifica del tutto: per es., secondo A. Prey, le anomalie negative nelle Alpi del bacino dell'Adige e del Tirolo corrispondono a una compensazione di circa il 50% solamente, con un difetto di massa che può esser rappresentato da uno strato di densità 2,7 avente lo spessore di 1200 m. Della massima importanza sono, a questo proposito, i risultati ottenuti da Vening Meinesz nelle Indie Olandesi, dove si presenta una striscia di anomalie negative comprese tra −50 e −200 mgal. in un campo di anomalie positive che arrivano fino a +230 mgal.: la striscia è assai stretta e i due punti di minimo e di massimo (situati a oriente dell'isola di Celebes, in una regione marina di fondo molto regolare), tra i quali l'anomalia relativa è di 430 mgal., distano uno dall'altro di appena 150 km. Vi sono infine dei casi di pseudoanisostasia, nei quali le anomalie non possono esser nulle anche se la compensazione è completa: ciò si verifica soprattutto per le coste dei continenti, con leggi studiate da Helmert.
L'importanza che le ricerche sull'isostasia hanno per la geodesia, la geofisica e la geologia è grandissima, per quanto non ancora ben riconosciuta da tutti e specialmente da alcuni geologi. Nel campo geodetico e geofisico, basta pensare ai problemi relativi alla forma della superficie di riferimento (ellissoide di rotazione oppure ellissoide a tre assi), alle ondulazioni geoidiche, alla distribuzione delle densità e degli sforzi e alle proprietà fisiche (elasticità, viscosità, resistenza meccanica, ecc.) dei materiali fino a 100 ÷ 200 km. sotto il livello del mare, alle correlazioni tra gravimetria e sismologia. Nel campo geologico è sufficiente ricordare i problemi relativi all'erosione e sedimentazione, alla glaciazione e al disgelo, alla formazione delle catene di montagne, alla genesi e alla deriva dei continenti. Naturalmente non sempre l'isostasia può dare da sola una spiegazione esauriente dei diversi fenomeni tettonici, essa tuttavia rappresenta uno dei mezzi piu potenti che la scienza possieda per il loro studio e forse l'unico che consenta valutazioni quantitative abbastanza sicure.
Le operazioni gravimetriche estese anche sui mari consentiranno d'individuare in un prossimo avvenire le linee di attività tettonica principale su tutta la superficie del globo e si vedrà in quell'attività la causa principale dei campi di anomalie isostatiche. D'altra parte, la dipendenza o meno delle anomalie dalla topografia permetterà di distinguere se i fenomeni tettonici sono superficiali o più profondi e di studiarne le modalità; mentre la correlazione tra vulcani e centri di attività sismica da una parte e anomalie isostatiche dall'altra darà luogo a ricerche preziose. Si è sovente rimproverato ai geodeti favorevoli ai procedimenti isostatici di schematizzare le ipotesi e i procedimenti, senza troppo preoccuparsi dei fatti geologici, e di determinare la profondità di compensazione, o lo spessore della crosta, con metodi non sempre soddisfacenti. Ma in tutti i problemi si è obbligati ad ammettere degli schemi semplici quanto è possibile se si vuole arrivare a risultati numerici e non limitarsi a un esame qualitativo. Diremo con Heiskanen che le riduzioni isostatiche "appoggiate su uno schema sono importanti nel senso che ci avvicinano un poco alla verità. Se, in una regione, le anomalie della gravità si annullano con la riduzione isostatica, questa regione è in equilibrio; se, in un'altra regione, esse non si annullano, uno studio isostatico di questa, provocando nuove ricerche, ci può condurre più avanti sulla strada della verità. Se vi è concordanza, tanto meglio; se vi è divergenza, la cosa è assai interessante". Occorre, infine, osservare che, dalle ricerche sull'isostasia, gli studî geodetici (e non solo essi) hanno tratto grandissimo impulso, ciò che è un'altra e assai notevole benemerenza di quella teoria.
Bibl.: Oltre alle bibl. di geodesia e gravimetria: L. De Marchi, Teoria elastica delle dislocazioni tettoniche e altre note, in Rend. R. Accademia dei Lincei, 1907, e Memorie scientifiche, Padova 1932; J. F. Hayford, The Figure of the Earth and Isostasy, U. S. Coast and Geodetic Survey, 1909; F. R. Herlmert, Die Schwerkraft und die Massenverteilung der Erde, in Encyklop. der math. Wissenschaften, VI, Lipsia 1910; O. Zanotti Bianco, La gravità alla superficie del mare e l'ipotesi di Pratt, in Rivista geografica italiana, 1910; G. Cassinis, La riduzione isostatica delle misure geodetiche, in Memorie della Società astronomica italiana, II (1922); A. Born, Isostasie und Schweremessung, Berlino 1923; W. Heiskanen, Untersuchungen über Schwerkraft und Isostasie, in Veröff. d. finnischen geod. Inst., IV (1924); id., Tables isostatiques, in Bulletin géodésique, XXX (1931); id., Die Erdkrustendicke und die Schwereanomalien in den Vereinigten Staaten, in Annales Academiae Scientiarum Fennicae, XXXVI (1932); id., Der heutige Stand der Isostasiefrage, in Gerlands Beiträge zur Geophysik, XXXVI (1932); A. Prey, Die Theorie der Isostasie, ihre Entwicklung und ihre Ergebnisse, in Ergebnisse der exakten Naturwissenschaften, IV, Berlino 1925; E. A. Ansel, Schwerkraft und Isostasie, in Lehrbuch der Geophysik, Berlino 1926; W. Bowie, Isostasy, New York 1927; id., Shaping the Earth, in Journal of The Washington Academy of Sciences, XXI (1931); G. Perrier, Les raisons géodésiques de l'isostasie terrestre, in Bureau des Longitudes, Annuaire pour l'an 1926, Parigi; H. Jeffreys, The Earth, 2ª ed., Cambridge 1929; A. Alessio, Considerazioni sulle applicazioni ed intepretazioni della teoria dell'isostasi terrestre, in Spedizione italiana De Filippi nell'Himalaia, II, Bologna 1929; W. D. Lambert, The Reduction of observed Values of Gravity to Sea Level, e altre note in Bulletin géodésique, XXVI (1930); H. F. Reid, The influence of Isostasy on geological Thought, in Bulletin of the N. R. C., LXXVIII, Washington 1931; K. Jung, Regionale und lokale Anomalien der Schwerefeldes Isostasie, in Handbuch der Experimentalphysik, XXV, ii, Lipsia 1931; F. A. Vening Meinesz, Une nouv. méthode pour la réduct. isostat. région. de l'intensité de la pesanteur, in Bulletin géodésique, XXIX (1931).