ISOTOPI
. La parola isotopo, dal greco ἴσος = stesso e τόπος = posto, è stata coniata per indicare atomi, che, pur avendo un peso atomico differente, occupano la stessa casella nel sistema periodico degli elementi. Per l'esattezza, la definizione moderna di i., alla luce del modello atomico oggi accettato, è però la seguente: "si dicono i. di un certo elemento tutti quegli atomi il cui nucleo contiene lo stesso numero di protoni". La definizione di elemento è perciò ricondotta al numero di protoni (numero atomico) esistenti nel nucleo.
Ci si potrebbe domandare se la definizione data sia coerente con la definizione di elemento data dalla chimica, che ci presenta un elemento come "porzione di materia che ha le stesse proprietà chimiche". L'analisi del comportamento degli atomi dimostra che sia le proprietà chimiche sia le proprietà fisiche, purché in entrambi i casi non ci si spinga a considerare alcuni particolarissimi aspetti, sono legate al numero di protoni esistenti nel nucleo. La definizione moderna di i. contiene perciò in sé la definizione precedente.
L'uso intensivo dei metodi di preparazione già noti e l'introduzione di nuovi metodi, soprattutto di quelli basati sull'impiego degli acceleratori di particelle e dei reattori nucleari, ha consentito di ampliare notevolmente l'elenco degli i. stabili e radioattivi, naturali o artificiali che siano: ne è un'eloquente testimonianza l'imponente tabella che correda questo articolo.
La tabella è stata divisa, per ragioni di comodità, in due sezioni, una relativa agli i. stabili, l'altra relativa agli i. radioattivi, in ordine crescente di numero atomico Z e di numero di massa A; degli i. stabili è data l'abbondanza relativa, mentre di quelli radioattivi è data la vita media in anni (a), giorni (d), ore (h), minuti (m), secondi (s) e l'energia, espressa in MeV, delle radiazioni α, β o γ emesse.
Rinviando a isotopismo (vol. XIX, p. 656; App. I, p. 739; II, 11, p. 68) per ciò che concerne la teoria generale dell'isotopia, ci limiteremo qui a considerare il modo con cui è stato affrontato dalla fisica nucleare il problema dell'origine dei varî i., delle loro abbondanze relative e, più in generale, delle loro proprietà fisiche.
Se si esamina una tabella di i. stabili e radioattivi, si rimane colpiti immediatamente dal fatto che alcuni elementi sono molto ricchi di i., altri ne hanno invece pochissimi. Una prima richiesta da porre alla teoria potrebbe essere pertanto la previsione del numero di i. stabili di ciascun elemento. Una seconda richiesta potrebbe riguardare il calcolo dell'abbondanza relativa degli i. stabili.
Si potrebbe cioè tentare di calcolare, sulla base di certe assunzioni semplici legate a leggi e principî generali, perché ad esempio il fluoro ha un solo i. e perché l'i. dello stagno di numero di massa 117 è presente nello stagno naturale con quella certa percentuale del 7,54%.
Il problema delle forze nucleari, e cioè la risposta alla domanda "quali sono le interazioni che tengono uniti i nuclei e in che modo esse possono essere trattate matematicamente", è ancora ben lungi dall'essere risolto: la teoria non è perciò in grado di rispondere in modo esauriente alle precedenti domande. Se non si è ancora in grado di dare una risposta esauriente al problema della determinazione delle forze nucleari e alla risoluzione matematica delle questioni ad esse connesse, non è d'altra parte vero che non si sia riusciti a inquadrare il problema della esistenza degli i. e della previsione delle loro proprietà almeno in schemi fenomenologici.
Sono state elaborate numerose classificazioni dei nuclei che danno modo di prevedere le loro proprietà.
Dal punto di vista della esistenza degli i. stabili, sono state stabilite alcune regole, le regole di Mattauch, che permettono di chiarire, ad esempio, perché alcuni elementi abbiano moltissimi i., altri uno solo. La prima regola di Mattauch dice che se il peso atomico è dispari, non si hanno sostanze isobare (aventi cioè lo stesso peso atomico) stabili; la seconda regola dice che se il peso atomico è pari, ci sono parecchi isobari stabili. A queste si aggiunge la regola di Aston: gli elementi con peso atomico dispari hanno al massimo due i. stabili.
Queste regole sono basate su semplici considerazioni energetiche: se si contravviene a una regola si hanno i. con un contenuto di energia maggiore rispetto a quello di nuclei immediatamente vicini, e che quindi si trasmuterebbero in detti nuclei. Nel caso degli i. stabili, è possibile costruire gli i., sulla traccia delle regole sopra ricordate, chiedendosi se l'aggiunta o la sottrazione di neutroni viola o no queste regole. Questo è però soltanto un inquadramento empirico e non una teoria nel vero senso della parola.
Molto oscura è d'altra parte la situazione per ciò che riguarda la previsione delle proprietà legate alla radioattività degli isotopi.
Le difficoltà in cui si dibatte la fisica nucleare sono confermate della continua osservazione di nuove specie di i. radioattivi e dalla scoperta che alcuni i. ritenuti stabili, in realtà si disintegrano, sia pure lentissimamente.
Qualche successo ha avuto invece la teoria nel prevedere la composizione isotopica dell'universo: è possibile dedurre la composizione i. del mondo attuale a partire da una protomateria composta di protoni e neutroni (v. anche universo, in questa App.). Questo aspetto della teoria è particolarmente importante nei riguardi della cosiddetta datazione geologica con metodi radioattivi (v. XXVIII, p. 702).
In conclusione, mentre la fisica nucleare sperimentale è in grado di esaminare la composizione isotopica di un elemento stabile o radioattivo con precisione elevatissima e la fisica applicata ha trovato metodi di separazione che permettono di disporre di quantità anche ragguardevoli di i., la fisica nucleare teorica è ancora alle prese col problema generale delle forze nucleari, la cui soluzione dovrà anche fare piena luce sulle proprietà degli i., sulla loro abbondanza relativa e su tutti gli altri problemi connessi.
Preparazione. - Isotopi stabili. - Ai metodi già noti, e cioè ai metodi di separazione per diffusione, elettromagnetici, per scambio chimico (App. II, 11, p. 68) e elettrolitico (v. acqua pesante), s'è recentemente aggiunto il metodo della centrifugazione, che, seppure non ancora usato su scala industriale, ha già avuto successo su scala di laboratorio. Esso è basato sul fatto che la forza apparente centrifuga dà velocità di sedimentazione diverse a seconda della massa. È recentissima la notizia che l'industria metallurgica è riuscita a superare la difficoltà di produrre materiali in grado di reggere alle enormi sollecitazioni cui è sottoposto il rotore di una centrifuga di qualche decina di centimetri di diametro che giri a velocità tangenziali periferiche di 500 m/sec e più. Velocità tangenziali di questo ordine di grandezza permettono di affrontare il problema della separazione su vasta scala degli isotopi.
Nel campo dei metodi di analisi, una proprietà fisica di alto interesse è l'emissione di righe spettrali differenti da parte dei diversi i. Per quanto la massa del nucleo atomico abbia un effetto molto piccolo sulla lunghezza d'onda delle righe spettrali emesse, è tuttavia possibile, specie nel caso di atomi leggeri e in particolare dell'idrogeno, riconoscere spettroscopicamente una differenza tra gli i. La misura della intensità relativa delle righe spettrali emesse dai varî i. permette anzi di valutare la percentuale di un i. rispetto all'altro e di controllare, per es., l'andamento di un processo di arricchimento.
Isotopi radioattivi. - Le tecniche di produzione di i. radioattivi sono molte; in pratica la grande maggioranza degli i. viene prodotta da reazioni nucleari entro i reattori nucleari. Si ottengono i. anche dalla irradiazione di alcuni elementi mediante fasci di particelle: neutroni, entro i reattori nucleari, oppure protoni, deutoni, particelle alfa o anche nuclei più pesanti, accelerati entro le macchine acceleratrici di particelle.
In questi casi, e cioè quando gli i. vengono ottenuti mediante trasmutazione, l'identificazione dell'i. formatosi e la separazione degli i. dall'insieme degli atomi che costituiscono il bersaglio è molto semplice. Le trasmutazioni nucleari infatti alterano il numero di protoni esistenti nel nucleo e quindi generano, da un dato elemento bersaglio, un i. radioattivo di un altro elemento; è perciò facile, mediante i procedimenti della chimica ordinaria, separare i radioisotopi formatisi. Poiché in generale le quantità di radioisotopi che si formano sono molto piccole, è sufficiente aggiungere una certa quantità di elemento stabile identico all'elemento radioattivo da estrarre, in modo che l'elemento stabile trascini con sé nella preparazione chimica l'i. radioattivo. È però anche possibile trattare quantità di i. radioattivi così elevate che si può evitare di ricorrere a questa tecnica del "supporto".
La preparazione degli i. radioattivi è quindi meno difficile della separazione degli i. stabili e nello stesso tempo anche la loro identificazione è abbastanza semplice. Tutte le specie radioattive conosciute hanno infatti caratteristiche peculiari di attività, e gli i. radioattivi possono quindi facilmente essere identificati senza dubbio alcuno e determinati quantitativamente, anche se presenti in concentrazioni molto basse.
Un metodo di preparazione di i. di elementi ultrapesanti (che risultano sempre essere radioattivi) merita una particolare menzione. Nel caso che si vogliano produrre i. di elementi al di là del plutonio (numero atomico 94), si ricorre al bombardamento di nuclei di uranio con nuclei di peso atomico intermedio, per esempio neon (numero atomico 10), allo scopo di ottenere numeri atomici elevati, derivanti dall'aggregazione del nucleo di uranio (peso atomico 92) e del proiettile. Nel caso del neon si potrebbe ottenere una certa quantità di nuclei che sono i. dell'elemento di numero atomico 102 (nobelio). Effettivamente questi tentativi sono stati coronati da successo (v. transuranici, elementi, in questa App.). Non è ancora chiaro però quanto ci si potrà spingere avanti su questa strada, anche perché si tratta evidentemente di portare all'aggregazione nuclei che hanno una carica positiva elevatissima e quindi si richiede di accelerare ioni pesanti fino a energie sufficientemente elevate da permettere la penetrazione attraverso la barriera rappresentata dalla repulsione coulombiana.
I sistemi di produzione industriale degli i. per mezzo di reazioni nucleari sono oggi alla portata di tutte le nazioni e perciò l'uso degli isotopi radioattivi si è generalizzato.
Applicazioni. - Per avere un'idea delle possibili applicazioni degli i., considereremo brevemente varie tecniche che fanno uso di i. radioattivi e alcune applicazioni degli i. stabili.
I radioisotopi hanno un'applicazione specifica dovuta alla loro caratteristica principale, la radioattività: essi vengono usati come sorgenti di radiazione. Come sorgenti esterne di radiazione essi sostituiscono egregiamente i tubi a raggi X, in quanto permettono la realizzazione di sorgenti di radiazioni intense, stabili, sicure, con un funzionamento assai economico e non legato alla disponibilità di generatori di alta tensione. Le unità di telecobaltoterapia, ad es., permettono intensità di radiazione elevata e danno un fascio con potere di penetrazione equivalente a quello dato da un tubo a raggi X alimentato con tensioni di più di un milione di volt. Il funzionamento di un'unità di questo tipo si riduce all'azionamento di un otturatore costituito di un metallo pesante, che scopre la sorgente per il tempo richiesto dalla terapia. L'evidente semplicità e il vantaggio di poter disporre di unità trasportabili nonché il loro basso prezzo sono un esempio dei vantaggi dell'uso dei radioisotopi. Se ne avvantaggia anche, naturalmente la radiografia industriale e numerose altre tecniche il cui numero è oggi in continuo aumento.
Sorgenti di radioisitopi consentono di ampliare gli studî di radiochimica, di radiobiologia, oltre alle citate applicazioni di diagnostica medica.
Radioisotopi per uso interno vengono poi usati nella terapia dei tumori per cercare di colpire selettivamente i tessuti considerati nocivi. La tecnica è quella di servirsi di un i. che possa essere fatto giungere ai soli tessuti da distruggere, per es. perché il suo metabolismo porta ad un assorbimento selettivo oppure perché l'i. è agganciato a qualche preparato che si fissa su un tessuto o in un organo determinato.
A questo proposito ricordiamo anche una analoga applicazione degli i. stabili. È stato tentato di fissare selettivamente un i. del boro, di peso atomico 10, entro tessuti tumorali. I tessuti stessi sono stati poi bombardati con un fascio di neutroni, tentando di sfruttare il fatto che quell'i. del boro ha una elevata probabilità di disintegrarsi sotto bombardamento neutronico. Le zone su cui si era fissato il boro 10 sarebbero state così distrutte, senza considerevole danno per gli altri tessuti.
Un'applicazione di estrema importanza è la cosiddetta tecnica dei traccianti. Nell'industria, nella medicina, nella biologia, ci si trova spessissimo di fronte al problema di seguire il corso di una determinata sostanza durante un procedimento industriale, una reazione chimica, un fenomeno biologico. Tra i problemi industriali di questo tipo ricordiamo lo studio dei fenomeni di corrosione di superfici metalliche in moto l'una sull'altra in presenza di un mezzo lubrificante, tra i problemi chimici lo studio dei catalizzatori. Nel campo della biologia può essere interessante riconoscere se un certo prodotto di una funzione biologica è ottenuto a spese di una o di una altra sostanza immessa nell'organismo.
Questi tre problemi che abbiamo portato come esempio possono essere risolti marcando con i. alcuni dei componenti di partenza e cioè uno dei due metalli nel problema della corrosione metallica, il catalizzatore nel problema chimico, una delle sostanze di partenza nel problema biologico, e poi seguendo il cammino dell'elemento marcato nelle fasi che interessano.
La marcatura può essere fatta con i. radioattivi, che sono facilmente rilevabili con i consueti metodi della fisica nucleare, oppure con i. stabili, che sono misurabili con i metodi della spettrografia di massa.
Applicazioni dei radioisotopi in biologia.
Generalità. - La possibilità di usare i radioisotopi come traccianti in biologia è basata sul fatto che, come detto dianzi, tutti gli i. di uno stesso elemento hanno identiche proprietà chimiche. Quando un normale metabolita è introdotto in un organismo vivente, i suoi atomi non possono essere distinti dagli altri già presenti, ma se la sostanza che si introduce è "marcata" mediante la presenza di un i. radioattivo, il suo destino metabolico può essere seguito dopo che essa è entrata nell'insieme del metabolismo generale ("pool"). Così è possibile integrare le osservazioni effettuate sull'animale intero con quelle derivanti dallo studio dei tessuti, di omogenati, di enzimi isolati.
Il primo impiego dei radioisotopi come traccianti è legato al nome di G. Hevesy. Egli nel 1923 utilizzò per la prima volta il Torio B per studiare la fissazione e gli spostamenti di sali di Piombo nelle piante; l'anno seguente usò il Radio D ed il Radio E in animali da esperimento, per analizzare la distribuzione del Piombo e del Bismuto nei tessuti; nel 1934 adoperò il primo radionuclide artificiale (Fosforo-32) in esperimenti di biologia nei mammiferi.
La tecnica dei traccianti fornisce inoltre un metodo di determinazione quantitativa di un composto che può essere presente in una miscela di altre sostanze, senza necessità di giungere all'isolamento chimico quantitativo (analisi per diluizione isotopica).
Si aggiunge alla miscela una quantità accuratamente pesata del materiale da determinare, marcato con l'i. radioattivo. Dopo che la sostanza si è distribuita in tutto il sistema, si isola dalla miscela e se ne determina l'attività; dal grado di diluizione del tracciante si calcola la quantità della sostanza originariamente presente nella miscela.
La presenza di i. radioattivi permette di riconoscere una data sostanza in quantità molto minori di quelle necessarie per i metodi più sensibili di determinazione chimica.
Per ottenere i composti marcati con l'atomo o gli atomi radioattivi in una determinata posizione della molecola possono essere usati metodi di sintesi chimica che utilizzano molecole più semplici marcate o atomi radioattivi o, se ciò non è possibile, si ricorre a metodi biologici ("biosintesi"). Un esempio è rappresentato dalla preparazione di glucosio marcato con C14 utilizzando la fotosintesi in condizioni controllate, con C14O2 nella fase gassosa.
In molti esperimenti la sostanza marcata deve essere un "precursore specifico" di un'altra sostanza, della quale vogliamo misurare, ad es., la velocità di sintesi, attraverso le misure di radioattività dopo isolamento chimico. La dimostrazione di un rapporto specifico fra precursore e prodotto analizzato è importante per chiarire una quantità di processi metabolici.
Nelle applicazioni del metodo dei traccianti è spesso implicito il concetto di "dinamica dello stato continuo". Uno "stato continuo" è rappresentato dalla condizione in cui la quantità o la concentrazione della sostanza in studio rimane costante durante il periodo di osservazione. Uno dei più importanti contributi della tecnica dei traccianti è stata la dimostrazione della natura dinamica di molti stati continui e la possibilità di studiare i fattori che influenzano la velocità di questi processi dinamici.
Gli esperimenti con traccianti in condizioni di stato continuo richiedono frequentemente analisi matematiche dell'andamento dei fenomeni osservati. I metodi usati più comunemente derivano dalla legge dell'azione di massa e dalla legge del decadimento radioattivo. Nella terminologia sono essenziali i concetti di "rinnovamento" ("turnover"), per esprimere il carattere dinamico della condizione di stato continuo, e di "tempo di rinnovamento" ("turnover time") per indicare il tempo necessario perché in un organismo si formi una quantità della sostanza in esame uguale a quella esistente nell'organo o nel tessuto studiato. Analizzando i dati in funzione del tempo, è possibile determinare se una sostanza A può essere il precursore di una sostanza B in un tessuto o in un organo; inoltre si può misurare la velocità di trasformazione da A in B, la quantità relativa di A e di B esistenti nel sistema, e così via.
Limitazioni del metodo, effetto isotopico. - Tutti gli i. di uno stesso elemento hanno le stesse proprietà chimiche; tuttavia, se le differenze di massa esistenti fra i varî i. di uno stesso elemento non sono in genere tali da cambiarne le proprietà chimiche, pure non si può dire che esse siano completamente senza influenza.
Esistono ad esempio alcune differenze nelle velocità di reazione, dipendenti dalla massa isotopica; esse ordinariamente non influenzano il significato degli esperimenti di biologia con i traccianti, ma in alcuni casi possono assumere importanza.
Si chiama effetto isotopico tutto ciò che, in conseguenza della differenza di massa, può essere causa di un diverso comportamento di un i. rispetto ad un altro. Possono costituire espressioni di effetto isotopico anche variazioni dell'andamento di reazioni dal punto di vista termodinamico e la comparsa di stereoisomeria ottica per la presenza di un atomo di Carbonio radioattivo invece di uno stabile. Anche la radioattività stessa può influenzare i processi in studio, togliendo valore alla ricerca, se non si ha cura di mantenere entro limiti il più possibile ridotti la quantità di radiazioni assorbita dal sistema in esame. Ciò si può raggiungere non solo utilizzando quantità minime del tracciante radioattivo, ma anche scegliendo tempi di osservazione il più possibile brevi nella programmazione degli esperimenti. Infine non vanno dimenticate le precauzioni da prendere, quando si usino sostanze ad alta attività specifica, per evitare che qualche legame della molecola radioattiva da impiegare come tracciante venga modificato per effetto della radioattività, se passa un lungo tempo dalla preparazione all'impiego.
Esempî di applicazioni biochimiche. - Delle innumerevoli possibilità di applicazione citiamo alcuni gruppi di argomenti, fra quelli che sono stati oggetto di ricerche più numerose.
Studio del passaggio di ioni attraverso membrane limitanti: per es., usando Ca45, Sr90, Mn54, P32, vengono analizzate le modalità di assorbimento di cationi bivalenti da parte di elementi cellulari.
Metabolismo dei carbo-idrati: ad es., studio del ciclo dell'acido citrico utilizzando come precursori C14O2, acetato-C14, piruvato-C14.
Metabolismo degli acidi grassi, dei fosfolipidi e degli steroidi: ad es., analisi della sintesi dei lipidi con precursori marcati con C14, come bicarbonato, folmiato, propionato, isoleucina.
Fosforilazione: ad es., studio della fosforilazione ossidativa nell'evoluzione dei vertebrati, con il P32. Fra l'altro è stato osservato che nel cervello dei pesci il rinnovamento del fosforo-ATP è molto basso; rimane ancora basso negli anfibî, aumenta nei rettili; negli animali a sangue caldo cresce ancora, con l'aumentare della temperatura del corpo. Ancora più definito, dal punto di vista quantitativo, è l'andamento del coefficiente di fosforilazione P/O, che aumenta gradatamente nella filogenesi.
Metabolismo delle proteine, degli aminoacidi, degli acidi nucleinici: ad es., studio della formazione delle proteine del latte con metionina-S35 e cistina-S35 come precursori. Nelle ricerche sulla sintesi proteica sono molto utili gli aminoacidi essenziali, che vengono incorporati rapidamente nel materiale proteico; almeno per un certo tempo la radioattività misurata nelle proteine può essere considerata come espressione del contenuto dell'aminoacido marcato usato. Dopo iniezione del precursore, le molecole proteiche marcate compaiono in molte parti dell'organismo. In generale esse possono essere considerate come parte del totale ("pool") delle molecole non marcate preesistenti, la radioattività totale risultando come "diluita" in proporzione alle dimensioni del "pool". Nel caso di organi secretori di proteine, come la ghiandola mammaria, i "pools" proteici sono piccoli e le velocità di sintesi elevate, cosicché le proteine escrete possono avere attività specifiche assai alte. In altri casi il "pool" è grande, come nei muscoli e nel plasma sanguigno, dove la radioattività delle proteine plasmatiche aumenta lentamente, mentre l'attività specifica degli aminoacidi nel sangue diminuisce rapidamente.
Metabolismo minerale: ad es. assorbimento ed escrezione del Calcio (con Ca45 e Ca47), reazioni di scambio nel tessuto osseo (con P32), studio degli oligoelementi normalmente presenti nei tessuti (con Co60, Cu64, Zn65); studio del comportamento dei prodotti di fissione (Sr90, Cs137, I131).
Metabolismo di elementi cellulari considerati nel loro insieme: ad es. elementi del sangue marcati per definire la durata della vita cellulare, microorganismi marcati per lo studio delle vie di infezione.
Metodî autoradiografici. - Questi metodi sono basati sul fatto che le radiazioni ionizzanti impressionano le emulsioni fotografiche: se una sostanza radioattiva, per es. un radioisotopo incorporato in un tessuto, è posta a contatto con un'emulsione fotografica per un tempo appropriato, dopo lo sviluppo questa rivela la presenza della sostanza in questione.
A. Lacassagne nel 1924 introdusse il metodo autoradiografico in biologia, studiando la distribuzione del Polonio nei tessuti del coniglio. Oggi, con i radioisotopi artificiali, gli stessi problemi metabolici possono essere studiati anche autoradiograficamente, mediante precursori marcati con C14, S35, ecc., ottenendosi informazioni sulla topografia della distribuzione del composto marcato fissato dalle cellule.
Fra le applicazioni più brillanti, ricordiamo, ad es., studî di fisiologia con i quali è stato possibile rivelare differenze di fissazione del P32 in centri nervosi, in dipendenza dell'attività funzionale dei centri stessi.
Ma la speciale utilità del metodo autoradiografico in biologia deriva dal fatto che si possono ottenere informazioni di natura biochimica sul comportamento delle singole cellule appartenenti ad una data popolazione cellulare. In questo senso si sono dimostrati particolarmente utili i composti marcati con il C14 e con il Tritio, per la scarsissima capacità di penetrazione degli elettroni emessi, che permette di ottenere autoradiografie ad alto grado di risoluzione.
Molto usata è la timidina marcata con Tritio, precursore specifico dell'acido desossiribonucleinico (DNA). Le osservazioni effettuate con questo mezzo sulle cellule in divisione hanno dimostrato fra l'altro che il materiale genetico è trasmesso intatto durante la divisione, in frammenti equivalenti a mezzo cromosoma. Esisterebbe per i cromosomi un meccanismo di replicazione, con separazione di ciascun cromosoma in due metà complementari e formazione di nuovi complementi sulle metà già esistenti, funzionanti come stampi. Il modello è analogo allo schema di H. F. C. Watson e J. D. Crick per la replicazione del DNA.
Per mezzo della timidina tritiata si può studiare anche la cronologia di altri eventi correlati con i processi di sintesi del DNA. Se la timidina marcata è disponibile per le cellule solo per un breve intervallo di tempo, la successiva comparsa di nuclei marcati in cellule di un dato tipo morfologico riconoscibile con i consueti mezzi, indica che quelle cellule hanno sintetizzato il DNA nel periodo entro il quale il precursore era disponibile. In questo modo si giunge a definire il comportamento dei singoli elementi che costituiscono una popolazione cellulare.
In alcuni casi la cellula marcata resta tale per un lungo periodo di tempo, poiché elimina la radioattività accumulata soltanto cedendola alle cellule figlie in occasione del successivo processo di divisione; così le cellule marcate possono essere seguite cronologicamente attraverso la loro differenziazione morfologica. Infine può essere studiata la migrazione delle cellule dalla loro zona di origine ad altre zone dove esse vengono utilizzate o distrutte.
Applicazioni dei radioisotopi in agricoltura.
Tra i radioisotopi ha avuto largo impiego, come tracciante, in agricoltura, il Carbonio 14 unito all'Ossigeno allo stato di C14O2 (anidride carbonica) per studiare il processo clorofilliano e, particolarmente, la sintesi degli zuccheri nei rapporti della utilizzazione del Carbonio e dell'Ossigeno. Tale tecnica è stata applicata anche allo studio della sintesi di altre sostanze organiche.
Notevoli utilizzazioni hanno avuto il Fosforo 32, il Potassio 42, il Calcio 45, il Rubidio 86, la urea provvista di Carbonio radioattivo, somministrati traverso il terreno alle piante coltivate o, in soluzione nutritizia, alle sole foglie di esse, sempre nell'intento di accertare le vie percorse negli apparati assorbenti, l'utilizzazione e gli organi di accumulo di questi radioisotopi. Coll'ausilio di traccianti sono stati studiati certi rapporti tra nesto e soggetto nel campo forestale, la biologia della impollinazione in specie coltivate e il processo dell'assorbimento ionico da parte del terreno agrario. Ricerche analoghe sono state estese anche agli animali domestici dell'azienda agraria e ciò nell'intento di assodare la migrazione del Calcio e del Fosforo delle ossa nei rapporti fra ossa e sangue, nella genesi del latte e delle uova.
Il Cobalto radioattivo, che emette raggi gamma, è tuttora largamente impiegato al fine di provocare mutazioni di geni e cromosomi a favore del miglioramento di razza delle piante coltivate o interessanti la genetica vegetale pura.
I radioisotopi hanno consentito altresì di affinare i mezzi di lotta contro insetti, crittogame ed erbe infestanti giacché con l'uso di insetticidi, fungicidi ed erbicidi "marcati" s'è potuto controllare come queste sostanze vengono assorbite, dove migrano e come si esplica la loro azione tossica.
Infine, un cospicuo contributo degli i. radioattivi si sta delineando nella sterilizzazione e nella conservazione di prodotti alimentari facilmente deperibili quali carni fresche, pesce, grassi, pane, ortaggi di vario genere, frutta e derivati.
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