IṢPAHĀN (persiano; in arabo Iṣfahān; A. T., 92)
Provincia e città della Persia centrale. La prima abbraccia poco meno di 40 mila kmq. di superficie; montuosa e aspra a SO., dove più cime oltrepassano i 3500 m., si deprime a E. in una striscia di altipiano che un'altra fascia di rilievi separa dai deserti della Persia orientale. Una certa unità le viene dall'essere quasi tutta compresa entro il bacino dello Zindah Rūd, che si perde più a S. in un'ampia palude salata (Gav Khāneh). La posizione centrale rispetto al resto del paese, il clima relativamente temperato dell'altipiano e la possibilità di svilupparvi in più luoghi le colture (grano, orzo, riso, cotone, tabacco, oppio e frutta) hanno consentito un insediamento già ab antiquo abbastanza denso (oggi mezzo milione di abitanti nella provincia).
La città che sorge a 1367 m. d'altezza, sulle rive dello Zindah, è all'incrocio delle carovaniere che uniscono il N. e il S. della Persia (Teheran-Shīrāz) con quelle che provengono dal margine montuoso dallo Zagros e dall'‛Irāq.
La fondazione d'un centro abitato nel sito dell'attuale Iṣpahān è di remotissima data (cfr. la 'Ασπάδανα di Tolomeo) e si collega con la dinastia nazionale degli Achemenidi, ma poco sappiamo di preciso sulla città sino alla fine dell'epoca sassanide e alla conquista musulmana (19 o 23 èg.; 640 o 644 d. C.). In quell'epoca l'abitato pare fosse chiamato Giayy e anche Shahristān ("la città" per eccellenza), con un sobborgo d'origine e popolazione ebraica, Yahūdiyyah. Dal diretto dominio dei califfi, passò a far parte dei principati samanide, buwayihide, e ghaznevihide; fu poi residenza preferita del selgiuchide Malikshāh; per avere resistito a Tamerlano (700 èg.; 1388 d. C.) fu spaventosamente saccheggiata, e dinnanzi a una delle sue porte si vuole che il feroce Tīmūr avesse fatto alzare una delle sue Kalleh Minār, o piramidi di cranî, per rappresaglia e intimidazione.
Il più brillante periodo della storia di Iṣpahān fu sotto i Ṣafawidi (sec. XVI-XVII), quando fu scelta come capitale e splendidamente abbellita, quasi riedificata ex novo, dallo scià ‛Abbās il Grande. Ivi convennero, nei più bei giorni della potenza ṣafawide, ambasciatori, viaggiatori e mercanti da tutta Europa, tra cui Pietro Della Valle e J. Chardin che ci hanno lasciato minute descrizioni della popolosa, floridissima città. La decadenza cominciò con la conquista afgana (sec. XVIII), le guerre civili, e il trasporto a Teheran della capitale da parte dei Qāgiār.
Nel sec. X la città aveva pianta circolare, con cento torri e quattro porte. Fu ingrandita sotto i Selgiuchidi e abbellita specialmente sotto Malikshāh che vi risiedeva. La Moschea Maggiore, fondata già nel 760, fu trasformata allora completamente; la disposizione di quattro alti līwān intorno ad un cortile centrale, ispirata dalla pianta della medresa, vi ebbe importanza singolare per le moschee persiane. Il grande sviluppo di Iṣpahān data dell'epoca di scià ‛Abbās I, che la fece capitale del suo impero nel 1587. La pianta fu completamente trasformata secondo un grandioso programma. Dal Meidān-i Shāh (Piazza del re), grande foro centrale (385 per 140 metri), con edifizî monumentali ai quattro lati, uniti da arcate ogivali in due piani, si perveniva, da una parte al bazar e dall'altra al quartiere del palazzo che conteneva numerosi padiglioni e chioschi in mezzo a parchi e giardini. Il chiosco di Cihil Sutūn (Quaranta colonne) serviva da sala del trono, aperta, con piccole stanze attigue, simmetricamente disposte. Di qui partiva il magnifico viale del Ciahār Bāgh, lungo 3 km. e largo 30 m., con un canale in mezzo a varie file di platani, con fontane e boschetti, fiancheggiato da sontuosi palazzi particolari e edifizî pubblici. Parallela a questa vi era un'altra strada, non meno splendida, e ambedue passavano il fiume su bellissimi ponti con doppie arcate e padiglioni centrali. Sul Meidān è situata la Moschea Reale (Masgid-i Shāh) in cui la deviazione dell'asse, dettata dall'orientazione verso la qiblah, fu abilmente velata da un padiglione d'entrata sul fronte stesso della piazza. La medresa Sulṭān Ḥusein, chiamata pure Māder-i Shāh (Regina madre), con piccoli cortili intorno a quello centrale e con grande santuario a cupola, eretta verso il 1700, è forse il più imponente di tutti i collegi religiosi conservati in Persia. Fra le opere d'utilità pubblica bisogna ricordare l'ambiente armonioso del bazar come pure varî caravanserragli spaziosi, eretti nei secoli XVII e XVIII. Nella decorazione di tutti gli edifizî monumentali furono profusi i mosaici di ceramica e i mattoni smaltati, spesso riuniti in composizioni figurate, ispirate dallo stile di Riẓā-i ‛Abbāsī. Quest'ultimo era il capo della scuola di pittura di Iṣpahān, celebre in tutta la Persia e all'estero per l'eleganza dei suoi disegni, caratteristica per l'epoca di scià ‛Abbās I. Egli non limitò la sua attività alla produzione di miniature e di decorazioni murali, ma dominò pure la fabbricazione di tappeti e di tessuti (velluti e broccati) nelle manifatture imperiali. Iṣpahān dal secolo XVI al XVIII fu il grande centro persiano dell'industria delle armi; inoltre produsse ceramiche imitando le porcellane cinesi e vetri di forme eleganti.
Oggi il vasto perimetro (oltre 37 km.) delle vecchie mura racchiude, fra campi di rovine, una popolazione di circa 80 mila abitanti (le stime oscillano da 70 a 120): la parte propriamente urbana si restringe attorno alla vasta piazza centrale (meidān, 180 mila mq.) e alla strada dei bazar, lunga 5 km., che vi mette capo. I giardini vi occupano lo spazio senza confronto maggiore. Oltre che come centro culturale e commerciale, Iṣpahān conserva una certa importanza per le industrie tradizionali dei broccati, dei tappeti, dei lavori in metallo, in cui si continua e si rinnova un senso d'arte giustamente famoso. Il sobborgo armeno di Giulfā (4000 abitanti), creazione artificiale di scià ‛Abbās, è centro religioso degli Armeni ortodossi di tutta l'Asia.
Bibl.: P. Coste, Monum. modernes de la Perse, Parigi 1867; F. Sarre, Denkmäler pers. Baukunst, Berlino 1910; R. Borrmann, Vom Stadtbau im islam. Orient, Berlino 1914; E. Diez, Isfahan, in Zeitschr. f. bild. Kunst, 1915; O. Reuther, in Wasmuths Lex. der Baukunst, III, Berlino 1931 (con bibl.).