ISRAELE (App. III, 1, p. 907)
Popolazione. - Lo stato d'I. occupa oggi 20.255 km2, sui quali vivono 3.493.200 abitanti, con una densità media di 172 ab. per km2. La popolazione, in netta prevalenza ebraica, si ripartisce in due gruppi di pressoché uguale entità numerica: gli ebrei nati in I. e quelli nati all'estero, a dimostrazione della forte incidenza dell'immigrazione. Il sensibile ritmo di accrescimento (coefficiente 2,8% nel 1963-70) e le alte concentrazioni di popolazione nei centri urbani e lungo la costa (dove si toccano densità doppie rispetto alla media nazionale) hanno reso necessari sforzi notevoli per lo sfruttamento e la valorizzazione agricola di nuovi terreni. Attualmente oltre l'80% della popolazione vive nelle città.
Il fenomeno dell'urbanesimo ha ricevuto un forte impulso anche dall'attenuarsi dello spirito pionieristico dei primi tempi; pertanto le città hanno acquistato un ruolo sempre più importante: l'esempio più evidente è quello di Tel Aviv-Giaffa, maggior centro del paese, moderno, con una spiccata impronta occidentale che è peraltro una delle principali componenti dell'individualità dello stato d'I. nel contesto del mondo arabo.
Sono inoltre da ricordare Gerusalemme, la capitale, Haifā, buon porto sul Mediterraneo e sede di importanti complessi petrolchimici, Eilat, porto sul Mar Rosso, e ancora Bersabea, Natanya, Ramat Gan, Petah-Tiqvah e Holon.
Attività economiche. - L'agricoltura, su cui erano concentrati i principali sforzi dello stato all'atto della sua formazione, non è più la prima componente economica del paese; prova ne sia che solo il 10% della popolazione attiva è addetta al settore primario. Comunque essa occupa sempre un posto di rilievo; viene praticata attraverso una conduzione cooperativistica (solo 15.000 ha sono di proprietà privata; il rimanente appartiene al Fondo nazionale e allo stato) ed è favorita dalla sempre più diffusa irrigazione: oggi oltre il 40% della superficie agraria (pari al 20% della territoriale) è irrigua. Per risolvere il problema dell'irrigazione, oltre alle varie opere di bonifica iniziate intorno agli anni Sessanta, sono stati creati importanti impianti per la dissalazione dell'acqua marina ed è stato costruito il grande acquedotto (108 km) che convoglia le acque dello Yarqon nell'estremo Sud del paese. Grazie a tali sforzi, nel giro degli ultimi venti anni il prodotto nazionale lordo pro capite si è raddop p iat o.
La popolazione rurale è distribuita, secondo una rigida pianificazione, in:
1) Kibbutzim, dove ogni proprietà e guadagno sono di possesso collettivo e il lavoro è organizzato in comune;
2) Mōshāb ‛obĕdīm, fondato sul mutuo soccorso e l'uguaglianza tra i membri che coltivano aziende tutte uguali per ampiezza, dove è proibito ogni lavoro a pagamento;
3) Mōshāb, simile al mōshāb ‛obēdīm, ma dove è consentito il lavoro a pagamento;
4) Mōshāb shitūfī, simile al kibbutzim, ma dove ogni famiglia ha una propria casa e vi provvede personalmente;
5) Mōshābab, dove è riconosciuta la proprietà privata.
Le produzioni agricole più diffuse sono quelle cerealicole (frumento, 2,4 mil. di q e orzo), la coltura della vite e degli agrumi (arance, mandarini, ma soprattutto pompelmi di cui I. è il secondo produttore mondiale con i suoi 4,3 mil. di q nel 1975; Petah Tiqvah ne è il massimo centro di produzione). Altre colture importanti sono quelle orticole, del tabacco, dell'olivo, delle arachidi, del sisal e del sesamo. In sviluppo sono infine le colture del cotone e della barbabietola da zucchero. L'allevamento del bestiame (bovini e volatili) e la pesca (sul mare e sul lago Tiberiade) risultano insufficienti rispetto alle esigenze del paese. Il sottosuolo è povero; carenti sono i combustibili, nonostante la presenza dei pozzi petroliferi di Helez e Kokhav nel Negev settentrionale (43.200 t nel 1976). Le più importanti raffinerie sorgono ad Haifā e ad Ashqelon, di cui la prima è collegata con un oleodotto di 425 km a Eilat e Bersabea e la seconda con un oleodotto di 260 km a Eilat. I giacimenti di gas natural di Kidod e Rosh Zohar (66 milioni di m3 nel 1974) sono collegati con un gasdotto agl'impianti chimici di Sedom, sul Mar Morto. Altre risorse, anch'esse per lo più insufficienti al fabbisogno del paese, sono il ferro della Galilea settentrionale, il rame e i fosfati naturali del Negev, il salmarino di Atlit, il salgemma e la potassa di Sedom, il bromo e il magnesio delle acque del Mar Morto. L'energia elettrica proveniente tutta da impianti termoelettrici, ha raggiunto nel 1974 9150 mil. di kWh (2 mil. di kW di pot. installata); inoltre a Rishon le Zion è in funzione un reattore nucleare.
La maggior area industriale del paese è quella concentrata intorno a Tel Aviv-Giaffa, dove esistono importantissime industrie tessili (cotone e lana) e dell'abbigliamento, che assorbono il 25% degli addetti all'industria, manifatture di tabacco, birrifici, ecc. La seconda area industriale è quella della piana di Haifā, dove prevalgono le industrie meccaniche, chimiche, petrolchimiche e del cemento.
A Natanya esiste un'importante industria della lavorazione dei diamanti, con più di 9000 addetti. Akko è sede, oltre che di industrie siderurgiche (acciaierie, presenti anche ad Ashqelon), anche di industrie del vetro e automobilistiche. A Ramla esiste una fabbrica per motori elettrici e a Bet Shemesh una per motori aerei; Hadera, infine, è il centro principale dell'industria della carta. Le vie di comunicazione sono efficienti e in continuo sviluppo; oggi due strade attraversano il Negev e le ferrovie hanno superato gli 800 km. Anche l'aviazione civile è ben organizzata: i servizi aerei sono gestiti dalla El Al, che è la compagnia di bandiera, e da diverse compagnie straniere che fanno capo soprattutto all'aeroporto internazionale di Lydda (Lod). Principali porti marittimi commerciali e di transito sono quelli di Haifā, Ashdod, Eilat (esportazione di rame, fosfati e potassa). La marina mercantile contava nel 1975 65 navi con una stazza lorda di 451.300 tonnellate. I. è uno dei pochi stati del Vicino Oriente il cui commercio non si esaurisca nell'esportazione di petrolio e nell'importazione di risorse alimentari e di manufatti. Ma la scarsezza di materie prime e i pressanti oneri derivanti dalle ingenti spese belliche fanno sì che al quadro diversificato del commercio con l'estero non faccia riscontro una bilancia dei pagamenti in attivo. Al contrario, il notevole passivo è solo in parte sanato dagl'investimenti di capitali stranieri, in massima parte provenienti dalle comunità ebraiche sparse in tutto il mondo. Il commercio, piuttosto vivace, si aggira sui 2000 milioni di dollari SUA all'anno, ma il peso delle importazioni è pari al doppio di quello delle esportazioni. I rapporti commerciali sono più intensi con Stati Uniti, Regno Unito, Rep. Fed. di Germania.
Bibl.: E. Orni-E. Efrat, Geography of Israel, Gerusalemme-Londra 1966; D. Horowitz, The economics of Israel, New York-Oxford 1967; M. Lissak, Social mobility in Israel society, Gerusalemme 1969; E. Facchini, C. Pancer, Dipendenza economica e sviluppo capitalistico in Israele, Milano 1973.
Economia. - Lo stato d'I. si è costituito in base al trasferimento di un'ingente massa emigrante, la quale possedeva tuttavia i requisiti di capitali e know-how professionale che hanno permesso al paese di creare un proprio mercato interno. L'economia israeliana è stata soggetta a trends e tendenze contraddittorie, che hanno posto gravi problemi. Al fine di ottenere una crescita equilibrata, congiunta a uno sviluppo dinamico, si sono rese necessarie politiche impopolari, volte a realizzare le premesse per la stabilità e l'equilibrio. Dal 1959 in poi la politica economica espansionista israeliana, specie nel settore finanziario e monetario, era stata resa possibile soprattutto grazie alle riparazioni e restituzioni dei pagamenti da parte della Germania, ai fondi di donazione, ai prestiti e agl'investimenti diretti, che però hanno generato pressioni inflazionistiche.
Tali pressioni hanno portato:
1) a un'espansione dell'offerta monetaria, aumentata del 13% nel 1961, e del 30% nel 1962;
2) a un rapido aumento dei prezzi (del 10% nel 1961 e del 15% nel 1962);
3) a un eccesso delle importazioni sulle esportazioni (il surplus delle importazioni è cresciuto del 5% nel 1961 e del 10% nel 1962).
La correlazione tra i vari aspetti della situazione economica sono chiari: la forte importazione di capitali, infatti, ha portato a una spinta inflazionistica, dato che il flusso di nuovi capitali aveva ecceduto il deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti; in conseguenza sono aumentate le riserve di valuta estera. Questo processo di accumulazione e la creazione di surplus s'intensificò nel 1962 a causa di una svalutazione che si era resa inevitabile, dato che lo sviluppo antecedente aveva portato il cambio a un tasso non più realistico e insostenibile, per cui il nuovo tasso di cambio fu fissato in tre sterline israeliane per un dollaro SUA. Questa svalutazione fu la principale caratteristica della nuova politica economica israeliana, tesa a evitare la crisi economica che si era venuta a determinare a causa di un indebolimento della stabilità interna, unito a un deterioramento della bilancia commerciale. A ciò si era aggiunta, inoltre, la necessità d'integrazione nell'economia mondiale, accentuata dall'emergere e dal consolidarsi del MEC.
La nuova politica applicata nel 1962 ebbe subito i suoi riflessi sul tasso medio di sviluppo economico, che si aggirò, fino al 1966, intorno al 10% annuo. Il volume degl'investimenti fu di 547 milioni di sterline israeliane nel 1962 e di 226 milioni nel 1963; il tasso di sviluppo degl'investimenti, in termini reali, fu del 13,6% nel 1962, del 3,5% nel 1963 e del 21,9% nel 1964. Il numero degli occupati in tale periodo crebbe del 5% sia nell'industria che negli altri settori. Lo sviluppo dell'immigrazione, che già nel 1959-60 aveva raggiunto valori elevati, continuò a crescere nel 1964-65. Nel 1964 la popolazione crebbe del 4% rispetto all'anno precedente, senza conseguenze negative per il pieno impiego. L'incremento del prodotto nazionale lordo, del 10% circa per il periodo 1961-65, fu dovuto non solo all'aumento della manodopera, ma anche all'aumento del 5% della produttività del lavoro.
La politica economica, nel periodo 1965-67, fu animata soprattutto da due finalità: il miglioramento della bilancia dei pagamenti e la stabilizzazione dei prezzi, compreso il prezzo del denaro.
Per i primi due punti i risultati furono ottenuti: nel 1967 il deficit commerciale diminuì di circa 120 milioni di dollari SUA, dopo un decremento di 70 milioni nel 1966 e di 64 nel 1965. Le esportazioni crebbero considerevolmente: nel 1967 erano aumentate del 46% rispetto al 1964. I prezzi si erano fortemente stabilizzati: dal maggio 1966 all'ottobre 1967 essi non variarono, contro una crescita del 7,1% nel 1965 e del 7,8% nel 1966. Il costo del denaro diminuì considerevolmente. Dal giugno 1966 all'ottobre 1967 l'interesse netto (dopo la deduzione del 25% della tassa sul reddito) si era ridotto del 12-27%.
La crescita del prodotto reale nel 1967 fu del 2,2%, ma anche la composizione di tale incremento fu importante. Infatti a fronte di una diminuzione del 21% nel settore delle costruzioni, vi fu una crescita di circa il 20% nell'agricoltura.
La principale caratteristica dell'economia israeliana durante il periodo 1967-70 fu la sua esposizione a forti tensioni. Le cause di questo fenomeno sono ben note: le necessità della difesa assorbivano più di un quarto del prodotto nazionale lordo e il volume degl'investimenti fu sorprendentemente elevato, anche se appena sufficiente a permettere allo stato di sopportare le spese per la sicurezza. In altre parole, l'espansione degl'investimenti era essenziale per garantire che il crescente fabbisogno della difesa non aumentasse il peso relativo delle spese militari sul totale, altrimenti, infatti, troppo scarse risorse sarebbero rimaste disponibili per gli altri usi. L'immigrazione, anche se inferiore a quella dei primi anni di vita d'I., richiedeva spese sempre crescenti a causa dei più elevati standards di vita raggiunti nel paese. Questa pressione sui non abbondanti fattori produttivi determinarono fenomeni di sovraoccupazione. La scarsità di forza lavoro disponibile, data la sua poca mobilità, fece crescere i salari con effetti negativi sui prezzi e sulle esportazioni. Infatti nel periodo 1970-75 i prezzi all'ingrosso e quelli al consumo si triplicarono, passando, rispettivamente, da un indice 100 per il 1970, a 309,6 per i prezzi all'ingrosso e a 295,9 per quelli al consumo, nel 1975.
Tuttavia alcune tendenze di lungo periodo dell'economia israeliana emersero e si rafforzarono durante questo periodo; tali tendenze possono essere così riassunte:
1) Un mutamento nella struttura dell'economia, accompagnato da un cambiamento della struttura occupazionale del paese;
2) Una crescita della produttività del lavoro, dovuta sia alla meccanizzazione che all'incremento di produzione in settori a elevato valore aggiunto;
3) Una "rivoluzione" agricola che apriva la strada al superamento dei vincoli derivanti dalle limitazioni di spazio, di disponibilità idriche e di sbocchi commerciali;
4) L'attribuzione di una crescente quota di prodotto alle esportazioni.
Negli anni successivi al 1970 l'economia israeliana ha continuato a essere caratterizzata dalle stesse tendenze dei periodi precedenti: attività economica eccessivamente intensa, elevato tasso di sviluppo; sostanziale incremento della popolazione, per via dell'immigrazione; alto livello d'investimenti; sovraoccupazione; eccessiva liquidità e deficit tendenziale della bilancia commerciale, compensato da ampi afflussi di capitali dall'estero.
Il governo si è sforzato di correggere tali tendenze attraverso varie misure di politica economica. Nel campo monetario ha imposto restrizioni creditizie e aumentato il livello delle riserve obbligatorie delle banche. Nel campo finanziario ha cercato di contenere le spese pubbliche, ritardando la realizzazione di alcuni progetti pubblici, quali la costruzione di edifici, strade, ecc. Nonostante, poi, fin dal 1962 fosse stato costituito un ufficio per la pianificazione economica, soltanto alcuni dei numerosi progetti elaborati sono stati sottoposti al Parlamento e la loro incidenza sull'andamento dell'economia sembra sia stata assai scarsa. L'ultimo piano elaborato, relativo al periodo 1972-76, si occupa soprattutto di due problemi: l'elevato livello di spese per la difesa e la necessità di assorbire durante i cinque anni circa 250.000 immigranti. Le possibilità di successo di tale piano sono però fortemente compromesse dall'alto tasso d'inflazione e dalle dimensioni del deficit dei conti con l'estero.
Storia. - Come conseguenza della guerra del 1957 si ebbe un maggiore intervento sovietico in funzione pro-egiziana e antisraeliana, con nuove forniture di armi all'Egitto; questo proseguì la sua politica di blocco del Canale di Suez alle merci e navi israeliane. Nel giugno 1963, dimessosi Ben Gurion per ragioni personali, il governo fu presieduto da L. Eshkol il quale, malgrado l'opposizione di Ben Gurion e M. Dayan, adottò una politica di moderazione dei riguardi degli Arabi. L'aumentare delle azioni di guerriglia provenienti da Egitto, Siria e Giordania consigliò però presto un ritorno alla linea dura (Ben Gurion assunse agl'inizi del 1967 il ministero della Difesa). Nel novembre 1966 furono riprese le azioni di rappresaglia contro la Giordania, nel gennaio 1967 l'attività militare lungo la frontiera siriana indusse il segretario delle Nazioni Unite a compiere passi, poi rivelatisi inutili, per la riattivazione della commissione mista d'armistizio. Nel maggio l'equilibrio fu ulteriormente turbato dall'ingresso della Giordania nell'accordo di difesa siriano-egiziano, e la situazione indusse I. a una parziale mobilitazione. Notizie incontrollate fecero prevedere un possibile attacco israeliano contro la Siria; per alleggerire quel fronte l'Egitto chiese e ottenne il ritiro delle forze delle Nazioni Unite stanziate nel Sinai; poi, malgrado gli ammonimenti d'I., bloccò gli stretti di Tiran alla navigazione israeliana e rinforzò l'apparato militare nel Sinai. I. reagì con prontezza: un governo di coalizione nazionale, con Dayan ministro della Difesa, decise la mobilitazione, e il 5 giugno, precedute da attacchi aerei che annientarono in poche ore l'aviazione araba, le truppe israeliane attaccarono in Giordania e nel Sinai; Gerusalemme araba e la Cisgiordania furono rapidamente occupate, e l'8 forze d'I. erano attestate lungo la sponda orientale del Canale di Suez. Sul fronte siriano, dopo azioni di contenimento, l'attacco, ignorando il cessate il fuoco ordinato dalle Nazioni Unite il 9, continuò fino al 10, quando fu occupata Quneiṭrah e fu assicurato il controllo delle alture del Golan. Dopo molte discussioni, il 22 novembre le Nazioni Unite emisero una risoluzione (n. 242) che stabiliva il ritiro d'I. dai territori occupati, la cessazione dello stato di belligeranza e il riconoscimento dell'integrità territoriale di tutti gli stati della zona nonché del loro diritto a vivere in pace entro frontiere sicure, la libertà di navigazione e le ricerca di una giusta soluzione al problema dei profughi.
Per assicurarne l'applicazione il segretario delle Nazioni Unite U Thant nominò un suo inviato speciale, lo svedese G. Jarring, ma le difficoltà sorsero subito sia per quanto riguardava l'accettazione della risoluzione, sia per quanto riguardava in particolare l'interpretazione del primo punto (il testo inglese portava "withdrawal.... from territories", laddove il testo francese diceva "les territoires"). Gli Arabi intendevano tutti i territori occupati dopo la guerra del 1967, mentre I. fondava la sua politica sul loro mantenimento a garanzia della propria sicurezza. Tale atteggiamento non fu senza influenza sulle simpatie dei paesi occidentali; proprio mentre l'Unione Sovietica, colpita nel proprio prestigio, provvedeva a riarmare gli Arabi, la Francia impose l'embargo sulle forniture di armi; dopo esitazioni, gli Stati Uniti consentirono di fornire aerei Phantom in sostituzione dei Mirage francesi. La situazione lungo il Canale si andò rapidamente deteriorando: alla guerra di attrito condotta dagli Egiziani I. rispose con rappresaglie aeree sulle città del Canale e anche in profondità. La minaccia del riaccendersi della guerra indusse nel giugno 1970 il segretario di stato statunitense W. Rogers a farsi promotore di un'iniziativa per una tregua e l'inizio di negoziati, sostituendosi a Jarring, la cui missione era praticamente fallita. L'iniziativa americana fu inizialmente respinta dagli Arabi ma G. ‛Abd en-Nāṣer, assicuratosi armi moderne dall'Unione Sovietica, accettò improvvisamente nel luglio una tregua di 90 giorni; I., sorpreso dal mutamento egiziano, dette il suo assenso il 7 agosto. La tregua fu poi rinnovata per altri 90 giorni e poi indefinitamente; ma le pressioni degli Stati Uniti per un arretramento delle forze israeliane dal Canale di Suez per permetterne la riapertura restarono senza esito, perché I. rifiutò di consentire che forze egiziane passassero sulla riva orientale, come invece l'Egitto desiderava; ciò indusse il successore di ‛Abd en-Nāṣir, A. es-Sādāt, a porre la fine del 1971 come termine ultimo per decidere fra pace e guerra.
Mentre la situazione sul fronte egiziano si manteneva su tali linee ambigue, I. doveva fronteggiare una recrudescenza delle azioni delle forze palestinesi di resistenza, con continui atti di terrorismo non solo all'interno ma particolarmente contro aerei, sedi diplomatiche e commerciali, personalità (uccisione degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco); la risposta fu un'intensificazione delle azioni di rappresaglia contro la Giordania (fino a quando questa non espulse la resistenza dal proprio territorio; dopo di allora fra i due paesi fu raggiunta una tacita tregua), la Siria e specialmente il Libano. Altro grave problema posto dalla guerra del 1967 fu il controllo dei territori arabi di nuova acquisizione. Per ristabilire l'equilibrio della popolazione fu incoraggiata l'immigrazione di ebrei in particolare dall'Unione Sovietica, specialmente dopo il 1971, quando questa accettò di togliere le restrizioni alla loro uscita. Negli anni 1972-73 vi furono 57.000 nuovi immigrati, di cui 33.000 dall'Unione Sovietica; l'arrivo di una tale massa di nuovi cittadini non mancò di sollevare problemi non solo pratici, ma anche psicologici, per le difficoltà di adattamento dei nuovi arrivati e le reazioni di coloro che si sentirono danneggiati dalle misure in favore di quelli. Motivo di disaccordo nel governo e fra le forze politiche era anche la definizione di territori che dovevano considerarsi non cedibili nel caso di un trattato di pace: in linea di massima, sia pure in forma non ufficiale, sembrò fissarsi un accordo per il quale si escludeva la restituzione di Ghazzah Sharm esh-Sheikh, Gerusalemme, la direttrice Gerusalemme-Gerico, le alture della Samaria e quelle del Golan, e in tali zone furono impiantati stanziamenti di coloni.
L'apparente calma degli Arabi per tutto il 1972 e i primi mesi del 1973 rafforzò la fiducia d'I., che fu sorpresa quando il 6 ottobre 1973 gli Egiziani attaccarono in forze sul Canale; la superiorità aerea israeliana fu annullata dai nuovi missili forniti dall'Unione Sovietica. Contemporaneamente anche i Siriani, in appoggio ai quali giunsero reparti iracheni e giordanici (ma la Giordania si mantenne ufficialmente neutrale) attaccarono sul Golan. Le forze israeliane furono costrette a ritirarsi su entrambi i fronti, e si ebbero scontri violentissimi. Tuttavia reparti israeliani riuscirono a infiltrarsi nel Sinai fra le forze egiziane, giungendo fino a occupare una zona sulla riva occidentale del Canale. Il Consiglio di Sicurezza riuscì solo il 22 ottobre ad accordarsi per imporre un cessate il fuoco, ma gli scontri continuarono fino al 25, e anche la tregua successiva fu quanto mai precaria. Agl'inizi di novembre il segretario di stato americano H. Kissinger assunse l'iniziativa d'indurre le parti a negoziati, e riuscì a far accettare a Egitto, Giordania e I. (la Siria rifiutò) il progetto di una Conferenza da tenersi a Ginevra nel dicembre. La conferenza fu poi sospesa per consentire lo svolgimento in I. delle elezioni (previste per il 31 ottobre ma rimandate al 31 dicembre per la guerra). Nel gennaio Kissinger riprese le fila della trattativa e riuscì a portare Egitto e I. a un accordo (17 gennaio 1974, firmato a Ginevra il 24), per il quale entro 40 giorni le forze israeliane si sarebbero ritirate da una fascia di 20 miglia lungo il Canale di Suez; truppe egiziane avrebbero occupato tale fascia, e forze delle Nazioni Unite avrebbero sorvegliato il rispetto della tregua. Sul fronte siriano l'accordo fu raggiunto solo il 31 marzo, dopo una nuova recrudescenza degli scontri: in base a esso le forze israeliane si ritirarono sulle posizioni del 1967, controllate anche qui da una forza delle Nazioni Unite.
Nel complesso I. uscì dalla vicenda indebolito sul piano internazionale, danneggiato sia dal processo di distensione in atto fra Stati Uniti e Unione Sovietica, sia e soprattutto dall'uso fatto dagli Arabi dell'arma del petrolio: il blocco delle forniture colpì duramente i paesi occidentali, che furono indotti a mutare la loro politica. All'interno l'esito della guerra, specialmente nei primi giorni, scosse profondamente l'opinione pubblica, provocando accese polemiche sull'organizzazione della difesa. Le gravi perdite, le forti spese con il conseguente aggravamento della pressione fiscale e l'aumento del costo della vita, anche per riflesso della crisi mondiale, provocarono un turbamento economico e sociale. Le elezioni del dicembre, pur confermando la forza dell'allineamento laburista, segnarono un'avanzata dell'opposizione di estrema sinistra. Il governo diretto da G. Meir si dimise il 4 aprile (rimase in carica fino al completamento dell'accordo con la Siria), e fu sostituito da un nuovo gabinetto presieduto da I. Rabin, che era stato capo di Stato Maggiore nel 1967. Il mutamento di direzione non segnò nella sostanza un mutamento di politica; alle azioni terroristiche fu risposto con rappresaglie contro il Libano, e non mutò l'atteggiamento di rigido rifiuto a ogni compromesso che non prevedesse il riconoscimento d'I. da parte degli Arabi. Le ripetute pressioni degli Stati Uniti perché si manifestasse una maggiore disponibilità portarono a una tensione nei rapporti fra i due stati, aggravata da un atteggiamento possibilista assunto dall'Egitto: un'iniziativa di Kissinger (dicembre 1974-gennaio 1975) per un ulteríore ritiro dal Sinai che consentisse la riapertura del Canale di Suez fallì per il rifiuto israeliano; tuttavia l'Egitto decise di riattivare egualmente la navigazione entro il giugno 1975. Eppure l'atteggiamento d'I. sembrò dare frutti, posto che la stessa Unione Sovietica, evidentemente indotta dal desiderio di affermare la propria posizione nel Vicino Oriente, cominciò a fare pressioni sugli stati arabi e sulle organizzazioni della resistenza palestinese perché riconoscessero la sua esistenza. Nel dicembre 1976, per iniziativa dei partiti religiosi, il governo di Rabin fu posto in minoranze al Parlamento; questo fu sciolto e furono indette nuove elezioni.
Le elezioni, il 17 maggio 1977, fecero registrare una svolta a destra con l'affermazione del Likud il cui capo, M. Begin, assunse la direzione del governo. L'iniziativa del presidente egiziano Anwar es-Sādāt, che il 20 novembre si recò a Gerusalemme, visita seguita il 25 dicembre da quella di Begin in Egitto, consentì l'apertura di trattative dirette fra i due stati, che nell'estate 1978 erano peraltro rimaste bloccate sulla questione dei territori occupati da I. nel 1967.
Bibl.: J. M. Landau, The Arabs in Israel, Londra 1969; P. Medding, Mapai in Israel: political organisation and government in a new society, ivi 1972; E. O'Ballance, The third Arab - Israel war, ivi 1972; V. D. Segre, Israel: a society in transition, ivi 1972; A. Eban, The story of modern Israel, ivi 1973; J. Kimche, Palestine or Israel, ivi 1973.
Letteratura. - La letteratura israeliana fa parte della letteratura ebraica moderna, della quale è la diretta continuazione. È difficile delineare i confini che separano la letteratura precedente la costituzione d'I. da quella successiva. La letteratura ebraico-israeliana può schematizzarsi in tre filoni, i cui autori si proiettano dall'età "palestinese" in quella israeliana. Al filone della "prima guardia" appartengono non solo letterati considerati ormai dei classici (v. ebrei, XIII, p. 371), ma anche altri autori che sono rimasti attivi nel mondo delle lettere. Tra costoro occupa un posto preminente lo scrittore S. J. Agnon (1880-1970). Egli trasse fondamentale ispirazione dagli ambienti del misticismo ebraico dell'Europa orientale e nella sua copiosa produzione (della quale ricordiamo "Ieri e l'altro ieri", "Fin qui", "Un semplice racconto", "Voi avete veduto") riuscì a fondere, con squisita sensibilità, il passato e il presente d'Israele. H. Hazaz (1898-1973) ha rivolto la sua attenzione al multiforme mondo degli ebrei israeliani, di cui ha rappresentato, con forte realismo, le diverse componenti etniche ("Colei che dimora nei giardini" e Ya'īsh). Tra i maggiori esponenti di questa generazione, considerati "i sacerdoti" dell'umanesimo ebraico confluito nella letteratura israeliana, meritano di essere ricordati Yĕhūdāh Burla e U. Z. Grinberg, la cui poesia ("Le strade del fiume") è ricca di attualità, spesso violenta nell'espressione e pregna di passionalità patriottica; notevole pure è A. Shlonsky, nella cui opera poetica ("Pietre grezze") le espressioni di delusioni e di sofferenza si alternano alle nostalgie della fanciullezza e alla satira civile; in S. Shalom predominano il dolore e l'angoscia per l'uomo che ha perduto il senso del divino, mentre la poesia della natura si traduce spesso in un canto d'amore per la patria ritrovata.
La seconda corrente, la cosiddetta "guardia di mezzo", annovera soprattutto autori che negli anni Venti e Trenta determinarono una rivoluzione nel complesso dei motivi ispiratori della letteratura contemporanea. Tra i letterati di questa generazione, nata fuori d'I. ma ivi cresciuta ed educata, vanno ricordati: Yokheved Bath Miryām, poetessa che con il suo simbolismo spesso evade dalla realtà verso un mondo ermetico; Elīsheva‛ (1888-1949), proselita dell'ebraismo, della cui lingua e del cui spirito riuscì a impadronirsi in maniera tale da cantare con fervore e passione la natura e la rinascita del paese divenuto la sua patria; Rāḥēl (Blovstein) (1890-1931) che espresse poeticamente schiette doti di femminilità e insieme di fierezza per il risorgimento nazionale ebraico; Lea Goldberg (1911-1973) saggista e delicata poetessa, che in "Presto e tardi" rivela notevoli capacità d'introspezione e profondità di sentimenti; N. Alterman, scrittore e poeta molto noto per aver commentato a lungo fatti politici ed eventi quotidiani sui giornali con strofe d'occasione ("La settima colonna", "La città della colomba"): autore di raccolte di poesie ("La gioia dei poveri") e di scritti in prosa, illustrò per simboli l'epopea del risorgimento politico d'Israele.
La "terza guardia" è la generazione dei letterati vissuti sin dalla nascita in I. e denominati "Sabra". Per tali scrittori I. è la patria naturale nel senso più elementare della parola; forse per questo la loro esperienza umana è, in un certo senso, meno problematica rispetto a quella di altri autori immigrati in I., sicché la loro opera è più vicina ai motivi umani di ogni tempo e di ogni luogo. Nonostante i complessi problemi che assillano la comunità nazionale, i neòteri israeliani riescono a cantare e a gioire per la terra avvertita come la propria, non per un senso di nostalgia romantica o di tradizione religiosa ma perché in tale terra essi sono nati e si sentono radicati. Nella prosa hanno avuto successo il racconto breve e il romanzo. In tale genere letterario eccelle M. Shamir, che nei suoi libri ("Un re di carne e sangue" e "L'agnella del povero") si è ispirato spesso a temi storici. Non mancano romanzi ambientati nell'I. della guerra d'indipendenza, dello stesso Shamir, di A. Ayalon ("Gerusalemme non è caduta") e di U. Abnerri ("Nei campi dei Filistei"). Tra i narratori meritano di essere segnalati Y. Mosinson, N. Arieli, D. Shachar, N. Shoham e Y. Hendel, che in uno dei suoi primi romanzi offre l'efficace ritratto di una gioventù sottoposta dalla sorte a dure prove e a gravi responsabilità. Il contrasto intimo dei giovani, che per forza di eventi sono costretti a combattere contro i loro concittadini arabi, trova un'eco profonda in un voluminoso romanzo di S. Yizhar ("I giorni di Ziklag"). Ad A. Meghed, autore di racconti improntati a forte realismo (il suo romanzo più noto è "Hedva ed Io"), si affiancano altri scrittori che si sono misurati con l'impegnativo problema umano dell'accoglimento e dell'inserimento degl'immigrati nella società israeliana (per es. H. Bartov con "Ciascuno ha sei ali").
I temi ricorrenti nella poesia sono quelli posti dalla coscienza dei problemi nazionali, quali si rivelano in Y. Shalev e in H. Guri. Y. Rathosh può considerarsi l'esponente della corrente "cananea", così detta perché i suoi autori tentano di astrarsi dai valori storici tradizionali dell'ebraismo diasporico per riallacciarsi a un primordiale semitismo. I poeti A. Pinkerfeld-Amir, con la sua poesia intimista, Y. Amihai con un velato pessimismo, Dalia Ravikovitch intensamente lirica, T. Rivner e altri ancora sono validi rappresentanti della letteratura contemporanea d'Israele.
Bibl.: Racconti Palestinesi (introduz. di D. Lattes), Firenze 1946; S. Halkin, Modern hebrew literature: trends and values, New York 1950; S. Y. Penueli, Demuyoth be-Sifrutenu ha-ḥadashah, Tel Aviv 1953; R. Wallenrod, The literature of modern Israel, New York 1956; M. Waxman, A history of Jewish literature, ivi 1960; Racconti d'Israele, a cura di J. Blocker, Milano 1964; E. Schweid, Shalosh ‛Ashmuroth, Tel Aviv 1964; A. Sha‛anan, ha-Sifrūt ha-‛Ivrīt ha-ḥădāshāh lizrameha, ivi 1967; Carosello di narratori israeliani, a cura di O. Ceretti Borsini, Milano 1968; Y. Goell, Bibliography of modern Hebrew literature in English translation, New York 1968; Poeti d'Israele, a cura di G. Romano, traduz. di L. Bigiavi Levi, Padova 1969.
Archeologia. - Le indagini archeologiche dell'ultimo quindicennio in I., oltre a fornire nuovi dati su siti già noti, hanno posto in luce importanti stanziamenti finora non conosciuti. Hazor è un caso significativo di attività tesa a chiarire gli esiti di precedenti ricerche: la missione israeliana guidata da Y. Yadin ha ripreso i sondaggi presso il famoso "edificio a ortostati", assicurandone la datazione al 15° secolo a. Cristo. Gli scavi hanno mostrato che la città salomonica era relativamente poco estesa e che un importante ampliamento è dovuto invece al re Acàb. Si è posto in luce il sistema idrico in uso nel 9°-8° secolo a. C. e, per la fase più antica della città, una tomba del 18° secolo a. Cristo. Anche a Megiddo i nuovi scavi israeliani degli anni 1960, 1966-67 e 1971 hanno chiarito la cronologia di varie strutture: delle due maggiori fasi della città, quella salomonica è documentata dal grande palazzo, da una galleria pertinente all'impianto idrico e dal muro di cinta a casematte con gli edifici ad esso addossati. Al re Acàb vanno invece ascritte le "stalle" (prima attribuite a Salomone), il complesso sistema idraulico e la cosiddetta "strada per pedoni". Ceramica cipro-fenicia proviene dai livelli del 9° secolo a. Cristo. In un altro importante centro del nord del paese, Gezer, una missione anglo-americana che opera dal 1965 ha posto in luce poderose mura del Medio Bronzo e un edificio privato del 10°-9° secolo a. C., con impianti per la lavorazione delle olive; è stata confermata archeologicamente la distruzione della città ad opera dei Babilonesi all'inizio del 6° secolo a. Cristo. Nella parte centrale d'I. vanno segnalati gl'importanti scavi italiani di Cesarea, quelli italo-israeliani di Ramat Rahel e quelli eseguiti da archeologi di varie nazionalità a Gerusalemme: per questi tre siti si rimanda alle relative trattazioni particolareggiate. Tra i progetti archeologici più ambiziosi e interessanti, si ricorda quello concretato ad Ashdod dalla missione israelo-americana che ha iniziato i lavori, tuttora in corso, nel 1962. I risultati più significativi riguardano le strutture edilizie della città filistea, nella zona dell'acropoli, e la porta, in uso dall'inizio del Ferro I all'età di Psammetico. Al Ferro II va attribuito il più importante reperto mobile: una coppa in argilla con ampio piede, su cui appaiono figure di suonatori. Tra gli scavi in siti dell'età del Bronzo, il più importante è stato quello condotto nel 1964-66 da una missione giapponese a Tell Zeror: la cinta fortificata del Medio e Tardo Bronzo documenta il periodo di maggior fioritura della città, in cui erano operanti officine per la lavorazione dei metalli. Sono state scoperte anche sepolture del Tardo Bronzo e Ferro I e un edificio privato di età ellenistica.
Nella parte meridionale d'I. gli scavi condotti da archeologi locali a Masada nel 1963-64 hanno chiaramente delineato la storia della città, fiorita in età ellenistica, come provano le mura turrite e l'impianto idrico, e ampiamente sviluppatasi sotto Erode, a cui si deve l'erezione del palazzo e di molti edifici minori. Gli scavi hanno documentato il carattere di città "in stato d'assedio" che Masada ebbe nel periodo della rivolta: monete rinvenute in edifici pubblici hanno fatto pensare a un organico sistema di razionamento delle risorse. In seguito il centro ospitò una guannigione romana e, nel 5° secolo d. C., vi s'impiantò una comunità monastica. In un altro importante centro della zona, Bersabea, sono tuttora in corso scavi israeliani iniziati nel 1969; i resti principali sono pertinenti alla città israelitica, di cui sono state poste in luce le mura (10°-8° secolo a. C.), una porta d'ingresso, vari edifici pubblici e una strada di circonvallazione; resti di un altare ad appendici hanno permesso di localizzare l'area del tempio, non ancora posto in luce. A pochi chilometri da Bersabea si sono iniziati nel 1962, e sono ancora in corso, gli scavi israeliani di Tell Arad. E stata individuata l'evoluta struttura urbana dell'Antico Bronzo, con insulae periferiche per abitazione e un quartiere centrale riservato a edifici pubblici, in cui sono stati scoperti un palazzo e due templi gemelli. Alla città israelitica appartengono un tempio, la cui pianta ricorda quella del santuario salomonico, e una cinta muraria, la cui solidità testimonia della destinazione militare del sito, che fu mantenuta anche in età ellenistica e romana. Si deve segnalare infine l'esplorazione nel deserto della Giudea, condotta da quattro missioni israeliane tra il 1960 e il 1961. I rinvenimenti principali riguardano il periodo Calcolitico, a cui risalgono i reperti della "Grotta del Tesoro" (scettri, corone e altri oggetti di rame), e quello della II Rivolta, a cui rimonta in parte l'archivio di documenti recuperato nella "Grotta delle Lettere". Vedi tav. f. t.
Bibl.: In generale: Y. Aharoni, The Land of the Bible, Londra 1967; rapporti di scavo per i siti trattati: Masada: Y. Yadin, Masada, Herod's Fortress and the Zealots' Last Stand, Londra 1966; per Ramat Rahel, Gerusalemme e Cesarea, v. le singole voci. Su tutta l'attività archeologica in I. negli anni 1960-74, notizie periodiche sono state fornite sulle riviste Israel Exploration Journal, Revue Biblique, Biblical Archaeologist, nelle quali si danno i rapporti preliminari delle varie missioni in corso. Una dettagliata sintesi delle ricerche in Palestina (e quindi in larga parte, in territorio israeliano) fino al 1970 è in A. De Maigret, Palestina, in Enciclopedia dell'Arte Antica, Supplemento 1970, Roma 1973, pp. 576-92 (con ampia bibliografia).
Arti figurative. - Pittura. - La fondazione da parte di B. Schatz (1906) del Museo e Accademia Bezalel a Gerusalemme è il primo vero impulso all'arte d'Israele. Il gruppo dei pittori N. Gutman (1898-1975), R. Rubin (1893-1975), P. Litvi (nato nel 1894), I. Paldi (nato nel 1893) e J. Zaritsky (nato nel 1891), che riunitisi in associazione espongono regolarmente dal 1923 alla Torre di Davide a Gerusalemme, domina per lungo tempo la pittura israeliana, imponendo soprattutto una pittura di paesaggio con intonazioni cézanniane, fauviste ed espressioniste.
Ma la presenza in I. di J. Zaritsky, giunto fin dal 1940 a un tenue e lirico astrattismo, di M. Janco, il vivace esponente del dadaismo e attivo organizzatore dell'avanguardia rumena, e di M. Ardon che, allievo del Bauhaus, era stato in contatto con P. Klee, V. Kandinskij, J. Itten, è di grande importanza per un rinnovamento e un arricchimento di espressioni e un'apertura verso le più attuali forme d'arte. Nel 1948 Zaritsky e Janco fondano il gruppo Nuovi Orizzonti che con esposizioni annuali mette in evidenza gli elementi più avanzati e promettenti d'Israele. Molto vivace è anche l'attività di Ein Hod, una colonia di artisti fondata da Janco nel 1953 in un villaggio abbandonato sul monte Carmelo. Del gruppo Nuovi Orizzonti fanno parte V. Streichman (nato nel 1906), A. Stematsky (1908), L. Nikel (1918), A. Aroch (1908-1975). Più tardi (1955) il Gruppo dei 10 mostra un'affermazione più decisa dei valori dell'astrattismo; i suoi esponenti più significativi sono ancora Stematsky, Nikel e Aroch; ottiene riconoscimento internazionale soprattutto l'opera di Aroch, specie nella sua ultima produzione, nella quale lettere e segni sono quasi sempre impastati di reminiscenze popolari e collegati da alti valori coloristici. Alternativa all'astrattismo in direzione surrealista è data da S. Bak (nato nel 1932) e I. Bergner (1920). Un ritorno ai motivi della diaspora e alla tradizione mistica dei hasidim si ha intorno agli anni Sessanta, ma senza grande rilievo artistico, con N. Bezem (1924) e S. Baruch (1930). Posto a sé occupa Y. Agam (1928), vivente a Parigi, le cui ricerche nell'ambito dell'op art e le cui opere cinetiche realizzate con congiunzioni di metalli gli hanno valso fama internazionale. Tra i grafici ricordiamo T. Beeri (1922) e Y. Griffith (1950), artista di alto valore tecnico raffigurante visioni di disperata e allucinante realtà. Infine le mostre organizzate dal Gruppo 10 +, fondato nel 1965 da dieci artisti nati negli anni Trenta, insieme con un'importante mostra nel museo Israel di Gerusalemme (1971), segnano l'introduzione in I. dell'environmental art, della Pop art e dell'arte cinetica.
Scultura. - Anche nell'ambito della scultura la costituzione dello stato trovò una realtà povera. Il divieto religioso di rappresentazione della figura umana condizionava pesantemente gl'inizi di un'arte che voleva qualificarsi nel contesto della nuova realtà politica.
In seguito l'Accademia di Bezalel, con l'insegnamento di Ben Zvi (1904-1952), le commissioni dei kibbutzim, più liberi dall'ostacolo religioso, e, dopo la guerra d'indipendenza, quelle del governo e degli enti pubblici, dettero impulso anche alla scultura. Allievo di B. Zvi è stato I. Danziger (nato nel 1916), docente del politecnico Technion di Haifā, che realizza sculture-ambiente ispirate a motivi sociali ed ecologici. Le opere di D. Karavan (nato nel 1931) sono ispirate dal paesaggio israeliano con una serena intonazione di segreta malinconia, in forme di simmetrie contenute, costruite talvolta in chiave di lontane reminiscenze astronomiche. Tra scultura e architettura, con soluzioni che anticipano il futuro e tuttavia legato ai valori ancestrali della terra su cui insiste, è il suo monumento alla brigata Palmach a S della città di Bersabea nel deserto del Negev (1966). Realizza sculture di tessitura architettonica anche Y. Shemi (Teatro di Gerusalemme). Nel filone astratto, fino agli anni Sessanta quasi sconosciuto in I., s'inserisce la ricerca di I. Tumarkin (nato nel 1933), vivente a New York, la cui opera si realizza talvolta in potenti forme simbolico surrealiste. A un solido ed elegante dinamismo s'impronta l'opera di M. Kadishman (nato nel 1932), con realizzazioni dalle forme geometriche ed elementari. Vedi tav. f. t.
Architettura. - La costituzione dello stato non trovò nel territorio caratteri coerenti e uniformi: costruzioni di carattere religioso, edifici della potenza mandataria, la tradizionale struttura araba, si confondevano nelle zone già sotto il controllo ebraico con realizzazioni influenzate dal Bauhaus (per es. l'ospedale Assutāh, Tel Aviv, architetto A. Sharon), dalle teorie di W. Gropius e di Le Corbusier, importate da architetti dell'Europa occidentale verso gli anni Trenta. Per ovviare alle esigenze della crescente immigrazione, il nuovo stato realizzò lo Shikun, un quartiere urbano programmato, di basso costo e di pronta esecuzione, con appartamenti che presentano soluzioni di interni moderni e funzionali. Ovviate con lo Shikun le esigenze logistiche immediate, si sono potuti realizzare anche insediamenti più raffinati e che tengono presenti le condizioni ambientali, come per es. il quartiere Ramat Eshkol a N di Gerusalemme presso l'università del monte Scopus.
Esempi di pianificazione urbana sono la città di Bersabea, nel deserto del Negev, e il porto di Ashdod. Complessi scolastici - comprehensive schools - che vogliono essere strumenti di coesione e di educazione separata dall'ambiente familiare per la popolazione studentesca proveniente dalle più diverse estrazioni sono la scuola Schiffman a Tirat Hacarmel (architetto Alrod) alle pendici del monte Carmelo, la scuola Danimarca nella Gerusalemme sud e la scuola Lady Davis Amal a Tel Aviv (architetto Ram Karmi).
I. presenta con singolare eclettismo, sia pure in maniera disordinata e non uniforme, esperienze delle più valide tendenze dell'architettura contemporanea. Ne sono esempi il Museo nazionale di Gerusalemme che comprende il Museo d'arte e archeologia biblica (architetto A. Mansfeld), il santuario dei rotoli della Legge (architetti F. Kiesler, A. Bartos) e il giardino della scultura (realizzato da I. Noguchi); la città universitaria di Gerusalemme (gruppo di architetti diretti da S. Shaked); il Nuovo Teatro di Gerusalemme (Michael e Shulamit Nadler); il Museo di Tel Aviv (I. Yashar, D. Eitan, Ashkenazi); l'università di Tel Aviv (gli edifici del campus sono firmati da diversi architetti); l'Auditorium di Tel Aviv e la piazza Atarim (Y. Rechter); il municipio di Bat Yam (A. Neumann, Z. Hecker, E. Sharon); la città universitaria di Haifā e la piazza Hamedina a Tel Aviv, entrambe realizzazioni dell'architetto brasiliano O. Niemayer; il centro Negeo nella città di Bersabea (R. Karmi). Il problema di conciliare il vecchio con il nuovo è stato risolto spesso con soluzioni non soddisfacenti. I vecchi quartieri o sono stati distrutti per far posto a nuove costruzioni (come per la zona Manshia a Tel Aviv) o ricostruiti con pesanti adattamenti (vecchia Giaffa a Tel Aviv) o utilizzati come residenze di artisti (vecchio quartiere della città di Safed, villaggio Ein Hod a S di Haifā). Specialmente acuto è il caso di Gerusalemme, dove il piano politico di rafforzare la presenza ebraica, con rifacimenti e nuove costruzioni, nell'interno della città aperta e d'isolare l'elemento arabo, con l'erezione di quartieri tra Gerusalemme e le città arabe viciniori, ha mutato l'aspetto dei dintorni e l'interno della città. Dopo il piano regolatore del 1964, ormai reso inattuale dalla nuova situazione politica, un nuovo piano è stato elaborato e sottoposto all'approvazione del World Committee for Jerusalem, che ne ha accettato le proposte per la cittadella, i bazar e i mercati, il restauro del vecchio quartiere ebraico di Sir Moses Montefiore e la sistemazione dello slargo creato davanti al muro del pianto. Sono stati respinti invece alcuni aspetti del piano, in particolare quelli in cui si temeva una netta separazione tra la vecchia e la nuova Gerusalemme. Si tratta infatti di un piano ambizioso, che prevede una grande Gerusalemme del 2010 (890.000 abitanti di cui 465.000 ebrei) comprendente le propaggini di Ramallah al nord e di Betlemme a est e ovest. Del progetto per colmare il vuoto creatosi con l'abbattimento di un intero quartiere medievale davanti al muro del pianto sono autori S. Aronson, E. N. Krendel, F. Bugod, C. Frank. Nell'ambito della ricostruzione del quartiere ebraico, abbattuto nel 1948, una sinagoga è stata progettata da L. Kahn. Vedi tav. f. t.
Bibl.: Arti figurative: H. Gamzu, Painting and Sculpture in Israel, Tel Aviv 1950 (19584); id., Sculpture in Israel, ivi 1957; B. Tammuz, Art in Israel, Ramat Gan 1967. Architettura: M. Avi-Yonah (in collaborazione), Kadmoniyot Arzenu, Gerusalemme 1955; Autori vari, Sefer Yerushalaim, a cura di M. Avi-Yonah, ivi 1956, pp. 176-90; 312-418; A. Sharon, Physical Planning in Israel, Tel Aviv 1956; H. Darin, Public Housing in Israel, ivi 1959; Ministry of Housing, Shikun u-Veniyah, ivi 1962; B. Tammuz e altri, Ommansdt Yisrael, ivi 1963, pp. 213-46, tavv. 153-225; Autori vari, Architektur, Planung und Kunst in Israel, in Das Werke, I, 1973.