MONTI, Issicratea
MONTI, Issicratea. – Nacque a Rovigo nel 1563 da Giovanni, appartenente a un ramo della famiglia vicentina insediatasi nel Rodigino nei primi anni del secolo, e da una Ricchieri, della quale non si hanno notizie più precise. L’anno della nascita si ricava dall’orazione che recitò in onore di Maria d’Austria, nella quale dichiara di avere 18 anni (Oratione... alla Sacra Maestà di Maria d’Austria..., Padova 1581, c. 2v).
Difficile stabilire, in mancanza di dati certi, se fosse nipote del celebre giurista Antonio Ricchieri, noto con il nome di Celio Rodigino, come spesso gli eruditi hanno dichiarato, senza però addurre prove significative. Il padre fu in contatto con gli ambienti intellettuali veneti, come testimonia la presenza di un suo sonetto nella raccolta Aggiunta al vago e dilettevole giardino del r. p. Luigi Contarini (Vicenza 1590, c. A4r), in lode dell’autore, e come documentano i saluti indirizzatigli, per il tramite della figlia, da Groto nelle sue lettere (Le «famigliari » del Cieco d’Adria..., pp. 350, 361).
Benché non sia possibile ricostruire con certezza la formazione, è ipotizzabile che ricevesse la prima educazione presso qualche convento in patria, se è corretto interpretare così un’allusione di Groto in una lettera del 12 gennaio 1583 (ibid., p. 338), e poi, in considerazione delle doti dimostrate, dal padre e forse anche sotto la guida di Antonio Riccoboni, attivo a Rovigo come insegnante almeno fino al 1574. La sua spiccata intelligenza e il talento prematuro sono già riscontrabili in una lettera di Groto del 7 maggio 1575 (ibid., p. 239), nella quale il letterato, che nel corso del tempo assumerà per Monti le vesti del maestro e del consigliere, la sollecita a inviargli un sonetto promesso. Circa un anno più tardi lo stesso Groto tesse gli elogi sia delle lettere sia dei sonetti che la giovane gli aveva nel frattempo fatto avere (ibid., p. 240).
Nel 1577, a soli 14 anni, Monti compose una orazione in volgare per il doge Sebastiano Venier. Il breve scritto, che dimostra un diligente e disciplinato rispetto delle regole oratorie, fu dato alle stampe per i tipi di Domenico e Giovan Battista Guerra (Oratione... nella congratulatione del sereniss. principe di Venetia Sebastiano Veniero) e dovette attirare l’attenzione sulla giovane letterata, se l’anno successivo fu prescelta per recitare al doge una nuova orazione, andata a stampa nei primi mesi del 1578, sempre per i tipi dei Guerra, con il titolo Seconda oratione... nella congratulatione dell’invittiss. et sereniss. principe di Venetia Sebastiano Veniero. Vi sono celebrate la famiglia del doge e le gesta gloriose di Lepanto, durante le quali Venier aveva svolto un ruolo decisivo e costruito la sua fama; il dettato, lineare e semplice, è impreziosito da citazioni poetiche tratte dai Trionfi di Petrarca e dall’Orlando furioso. Nella stampa trova posto un sonetto in omaggio di Monti (Mente oscurando in noi l’illustri e chiare, c. A1v) da parte di una «Mad. M. P.», da identificare probabilmente con Moderata Pozzo o Fonte, che celebra l’autrice quale nuova promessa del Parnaso nazionale. Nello stesso anno Monti compose una terza orazione, questa volta per il doge Niccolò da Ponte, succeduto al Venier l’11 marzo 1578. Nella stampa (Oratione... nella congratulatione del sereniss. principe di Venetia, Nicolò da Ponte, s.n.t, ma Venezia, D. e G.B. Guerra, 1578) l’orazione è dedicata a Marina Gussoni, moglie dell’omonimo nipote del doge, esaltata quale «studiosa, amica et protettrice delle persone virtuose».
Negli anni successivi, almeno a partire dal 1580, la famiglia Monti si trasferì a Padova, nel quartiere di S. Prosdocimo. Issicratea dovette ben presto inserirsi con grande dinamismo nei cenacoli cittadini e nei diversi consorzi accademici, allacciando anche rapporti con il vivace mondo della prossima Vicenza. Tre suoi sonetti furono inseriti nella raccolta allestita dal padovano Livio Ferro in onore di Luigi Ancarano da Spoleto, «rettore de i legisti», intitolata Corona, et altre rime in tutte le lingue principali del mondo (Padova, L. Pasquati, 1581, pp. 121 s., 201): due di essi sono direttamente rivolti ad Ancarano, mentre uno risponde alla proposta in versi di Ferro. Nel settembre 1581 venne scelta da Giacomo Luigi Cornaro per tenere un’orazione in onore di Maria d’Austria, vedova di Massimiliano II, di passaggio nei territori veneti durante il suo viaggio verso il Portogallo. Accolta dapprima da una delegazione ufficiale del Senato, Maria fu ospite a Padova del vescovo Federico Cornaro e dovette probabilmente ascoltare l’orazione, mandata a stampa lo stesso anno a Padova per i tipi di Paolo Meietti (Oratione... alla Sacra Maestà di Maria d’Austria, nella venuta di Sua Maestà a Padova; nella stessa occasione, un’altra giovane letterata padovana, Valeria Miani, scrisse pure un’orazione, cfr. Rees, 2008, p. 45). Nella prefatoria, che si trova solo in alcuni esemplari superstiti della stampa, sottoscritta il 7 ottobre 1571 e dedicata a Cornaro, Monti ricorda il consenso avuto e giustifica la stampa per l’insistente preghiera di molti.
In questa nuova orazione, assai più lunga e articolata delle precedenti, dimostra un diverso controllo degli strumenti retorici, intessendo un articolato discorso encomiastico che celebra la casa d’Asburgo quale baluardo della cristianità, sia contro i nemici interni rappresentati dal mondo protestante sia contro la minaccia esterna del Turco. Che la strategia encomiastica le fosse in qualche modo suggerita o che fosse una scelta autonoma e consapevole, si dimostra in ogni caso ben registrata sulla personalità intransigente e cattolica di Maria d’Austria, nota per le sue posizioni fortemente conservatrici. Il volumetto è chiuso da un sonetto all’autrice di Lodovico Giorgi. L’orazione fu inclusa nell’antologia Delle orationi volgarmente scritte da diversi huomini illustri de notri tempi pubblicata da Francesco Sansovino (Venezia 1584, pp. 277v-284v).
Da Padova Monti mantenne rapporti con il mondo rodigino e, in particolare, con l’Accademia dei Concordi, nella quale fu ammessa nella prima stagione di vita di questo consorzio. Del forte legame con la città natale sono testimonianza, oltre il carteggio con Groto – che costituisce anche la principale fonte di informazioni per la biografia – anche il sodalizio con il poeta Giovan Maria Bonardi, nelle cui opere a stampa si trovano alcuni sonetti di Monti a lui dedicati: uno nei Madrigali (Venezia, F. e A. Zoppini, 1587, c. 33v) e due in La grandezza, larghezza, et distanza di tutte le sfere (ibid., F. e A. Zoppini, 1584, cc. 6v-7r). Sempre nel periodo a cavallo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta Monti strinse rapporti con il mondo culturale vicentino, in particolare con il cenacolo che si riuniva nella cosiddetta villa Eolia del conte Francesco Trento, a Costozza di Longare. I documenti che testimoniano i legami con questo ambiente sono numerosi, a partire dai quattro sonetti conservati nel codice A.16 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano (c. 26rv), due dei quali rivolti a Francesco Trento e due alla sua seconda moglie Cornelia Nievo (altra copia, ma senza il sonetto Mentre spingea Damon ne l’alba fuori, nel ms. Vat. Capponi 223, c. 78rv; editi da copie tarde conservate nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza, da Cessi, 1897).
Benché ancora molto giovane, Monti fece probabilmente da tramite tra questo ambiente e Groto, che proprio in questi anni infittì i rapporti con i circoli vicentini. Nel 1579 cercò, senza successo, di coinvolgerlo nell’allestimento di un volume di Elogi «coi nomi e con le immagini degli huomini illustri» (Le «famigliari» del Cieco d’Adria, p. 279), tra i quali ella stessa avrebbe voluto essere inserita. Errata è invece la notizia, riportata da Mantese e Nardello (1974, pp. 24 s.), che avrebbe preso parte alla discussione con Groto sul testo teatrale l’Eugenio di Fabio Pace, in un primo tempo tra i candidati per inaugurare il teatro Olimpico. Nell’ambiente vicentino strinse inoltre legami con Maddalena Campiglia, con la quale ebbe uno scambio di sonetti – oggi perduti – celebrato da Groto con grande enfasi (Le «famigliari» del Cieco d’Adria, pp. 337 s.), ma anche con l’attivissimo gruppo di poeti in lingua pavana, in particolar modo con Giovan Battista Maganza detto Magagnò. Questi, alla morte di Andrea Palladio, nell’agosto 1580, la invitò, con un sonetto di proposta indirizzato al padre, a comporre dei versi in onore dello scomparso. La riposta della poetessa, capace di adattarsi con grande abilità al registro pavano, compare nella Quarta parte delle rime di Maganza (Venezia 1605, c. 81rv). Qualche anno più tardi fu coinvolta nell’allestimento della raccolta di versi in morte di Agostino Rapa detto il Menon Smissiaggia de sonaggitti, canzon e smaregale in lengua pavana... (Padova, G. Cantoni, 1586), per la quale compose un sonetto (c. 16rv), e sollecitò Groto a inviare un testo, ricevendo però una risposta negativa. Nella lettera del 23 febbraio 1584 Groto, pur esprimendo riserve sulla poesia in pavano, lodò il «sonagietto» di Monti, augurandosi che potesse essere posto in apertura del volume. Nella stessa raccolta si trovano anche un sonetto di Maganza (c. 16v) e un madrigale di Rovigiò (c. 17r) in risposta al testo di Monti.
Al 1582 sembra doversi datare il progetto di matrimonio con Luigi Mainente, un giovane rodigino, anch’egli poeta, che aveva richiesto, sembra invano, un ritratto dell’amata a Giovan Battista Maganza (Le «famigliari» del Cieco d’Adria, p. 299). Il previsto matrimonio naufragò nei primi mesi del 1583 per problemi legati alla dote, che evidentemente la famiglia della sposa, di condizioni economiche non troppo agiate, non era in grado di garantire (ibid., p. 337, 362).
Non è noto documentalmente dove morì, nel 1584. Fu sepolta nella chiesa di S. Francesco a Rovigo.
Tra le sue opere, oltre a quelle citate in precedenza, Luigi Contarini (c. 70r) ricorda alcune orazioni rivolte ai sovrani europei, tra i quali Enrico III di Francia in occasione del suo viaggio a Venezia nel 1574, come anche altre su temi morali, dedicate alla vanità dei beni mondani e all’elogio della povertà. Di questi scritti non resta tuttavia traccia.
Fonti e Bibl.: L. Groto, Le «famigliari» del Cieco D’Adria, a cura di M. De Poli et al., Adria 2007, pp. XLV, 239-241, 273, 279 s., 286 s., 336- 338, 348, 350 s., 360-362; L. Contarini, Aggiunte al vago e dilettevole giardino...,Vicenza 1590, c. 71r; G.F. Tomasini, Elogia virorum litteris et sapientia illustrium, Padova 1644, pp. 364-367; L. Bergalli, Componimenti poetici, II, Venezia 1726, p. 17; P.L. Ferri, Biblioteca femminile italiana, Padova 1842, pp. 241-243; V. De Vit, Dell’illustre donzella I. M. rodigina, Padova 1845; C. Cessi, Quattro sonetti di I. Monte rodigina, Padova 1897; G. Mantese - M. Nardello, Due processi per eresia. La vicenda religiosa di Luigi Groto, il «Cieco di Adria», e della nobile vicentina Angelica Pigafetta-Piovene, Vicenza 1974, pp. 16-30; G. Barbieri, Il vento e la legge. Francesco Trento e il circolo di Villa Eolia, in Studi veneziani, VII (1983), pp. 81-142; M. Milani, Quattro donne tra i pavani, in Museum Patavinum, I (1983), pp. 395- 399; G. Pietropoli, L’Accademia dei Concordi nella vita rodigina dalla seconda metà del sedicesimo secolo alla fine della dominazione austriaca, Padova 1986, p. 60; Luigi Groto e il suo tempo, Atti del Convegno di studi, Adria, 27-29 aprile 1984, I, Rovigo 1987, p. 40; G. Van Der Sman, L’Eolia di Villa Trento: arte e umanesimo letterario nel vicentino, in Arte veneta, XLII (1988), pp. 58-67; J. Stevenson, Women Latin poets: language, gender, and authtority from Antiquity to the eighteenth century, Oxford 2007, p. 315; V. Cox, Women’s writing in Italy 1400-1650, Baltimore 2008, pp. 93, 121 s., 145 s.; K. Rees, Female-authored drama in Early Modern Padua: Valeria Miani Negri, in Italian Studies, LXIII (2008), pp. 41-61.