ISTANBUL
Città principale della Turchia, che si sviluppa sulle due rive dello stretto del Bosforo, sul sito della Costantinopoli (v.) antica e bizantina, e che a partire dalla fine del sec. 15° assunse il nome di I. (o Stanbul) a seguito della conquista ottomana del 1453.
Le collezioni di opere d'arte di età medievale presenti nei musei di I. si distinguono per l'omogeneità degli esemplari conservati, tra i quali decisamente prevalenti risultano quelli attribuibili con buona approssimazione a produzione locale o comunque rinvenuti all'interno della città. Va però rilevato che solo alcune classi di materiali (in primo luogo la scultura) sono adeguatamente rappresentate, mentre, soprattutto per quanto concerne le arti suntuarie, le lacune sono considerevoli: le drammatiche vicende occorse alla città negli ultimi secoli del periodo bizantino, segnati dal saccheggio e dalla temporanea dominazione latina prima (1204-1261) e dalla definitiva occupazione ottomana poi (1453), portarono difatti alla dispersione delle più preziose testimonianze dell'arte costantinopolitana, solo in parte confluite in seguito nei tesori delle chiese occidentali e nelle collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.Solo alla metà del sec. 19° Fatih Ahmed Paşa, gran maestro dell'artiglieria durante il sultanato di Abdülmecid (1839-1861), avviò una raccolta di materiali archeologici di età classica e bizantina, nucleo dei futuri Musei Imperiali Ottomani (od. Arkeoloji Müz.), nel cortile della chiesa della Santa Irene, il grande edificio di età giustinianea trasformato in arsenale (cebhane) dopo la conquista ottomana e incluso nella cinta difensiva del Serraglio.I locali della Santa Irene si dimostrarono presto insufficienti a contenere i materiali del museo, che già aveva attirato l'attenzione di studiosi e di illustri visitatori, come Gustave Flaubert, cosicché nel 1875 se ne dispose il trasferimento nel Çinili Köşk, un padiglione di stile persiano fatto costruire da Maometto II nel 1472 e oggi adibito a museo delle maioliche e ceramiche turche. Attorno a esso sorse in seguito la nuova sede dei Musei Imperiali Ottomani, costruita in più riprese tra il 1891 e il 1907 su disegni dell'architetto francese Alexandre Vallaury, che per la facciata si ispirò alla scansione del sarcofago delle Dolenti (Arkeoloji Müz.), uno dei pezzi più celebri emersi dallo scavo della necropoli di Sidone in Libano.Nel corso di questo secolo la collezione bizantina e medievale si è andata progressivamente arricchendo grazie ai ritrovamenti occasionati dalle grandi trasformazioni urbanistiche subìte dalla città e anche da indagini più mirate: così ai primi pezzi più prestigiosi, come la base della statua dell'auriga Porfirio, del sec. 5°-6° (Arkeoloji Müz., inv. nr. 2995), rinvenuta nel 1845 all'interno del Serraglio, o i due frammenti dell'ambone dal S. Giorgio di Salonicco, degli inizi del sec. 6° (Arkeoloji Müz., inv. nr. 1090), entrati al museo nel 1900 (Warland, 1994), si aggiunsero man mano altri pezzi, non di rado tratti da monumenti di grande importanza per la storia e la topografia di Costantinopoli, come per es. il rilievo della Vergine orante del sec. 11° (Arkeoloji Müz., inv. nr. 3914) e i frammenti di scultura architettonica rinvenuti dal 1921 al 1923 nella zona delle Mangane tra le mura marittime e il Topkapı Sarayı. Una menzione particolare meritano i materiali, soprattutto scultorei ma anche ceramici, della chiesa di S. Polieucto (prima metà sec. 6°) scavati negli anni Sessanta nel quartiere di Saraçhane (Firatlı, 1990, pp. 198-214). Per la pittura monumentale si possono segnalare nell'Arkeoloji Müz. i frammenti musivi con la Presentazione al Tempio (sec. 7°) e i lacerti pittorici con Storie di s. Francesco, prodotti durante la dominazione latina, entrambi provenienti dalla Kalenderhane Cami, oltre agli affreschi bizantini della Odalar Cami (secc. 11°-12°, 14°). Per le arti suntuarie si contano pochi, ma significativi pezzi databili al sec. 6°, come la c.d. patena di Stuma in Siria, con la rappresentazione della Comunione degli apostoli (Arkeoloji Müz., inv. nr. 3759), e due medaglioni aurei da Adana in Cilicia con scene cristologiche (Arkeoloji Müz., inv. nr. 82), provenienti dalle regioni siriana e anatolica. Più dei singoli pezzi di maggior fama è da considerare però il materiale scultoreo nel suo complesso, che da un lato consente di seguire lo sviluppo degli esiti stilistici della scultura bizantina dall'età di Giustiniano fino a quella paleologa, dall'altro di approfondire, mediante verifiche incrociate tra notizie di ritrovamenti di singoli pezzi e notizie desunte dalle fonti antiche, la conoscenza della storia e della topografia di Costantinopoli (Mango, 19902, p. 70). Un approccio di questo genere è favorito dal recentissimo allestimento della sala bizantina dell'Arkeoloji Müz., all'interno della quale i materiali sono riuniti, ove possibile, per provenienza da medesimi complessi monumentali o da ben precise aree topografiche.Centro di raccolta di materiali di esclusiva provenienza urbana è in particolare lo Ayasofya Müzesi. Solo il lapidario dislocato nel giardino esterno e le altre collezioni custodite in alcuni ambienti moderni ne rappresentano però l'elemento propriamente museale: la chiesa giustinianea, infatti, adibita a moschea all'indomani della conquista di Maometto II, a partire dal 1935 venne trasformata in museo, che, negli anni successivi, divenne anche il centro di coordinamento per l'attività di studio e di tutela di vari monumenti bizantini di I., ancora in uso come moschee oppure in stato di più o meno avanzato abbandono (per es. Kariye Cami, Fethiye Cami, Fenari Isa Cami, Imrahor Cami, Tekfur Sarayı, Bodrum Cami) e anch'essi trasformati, in tutto o in parte, in aree archeologico-artistiche protette e aperte al pubblico. Nel corso degli anni le raccolte dell'Ayasofya Müz. si sono arricchite grazie ai materiali scultorei provenienti da sterri occasionali in ambito urbano, oltre che agli elementi marmorei ritrovati in occasione di opere edilizie o di scavi finalizzati all'interno del comprensorio della Santa Sofia, pertinenti alle fasi più antiche di essa: in particolare si segnalano i frammenti con fregio di agnelli dal protiro della chiesa teodosiana e i materiali rinvenuti durante i recenti scavi nello skeuophylákion, edificio di probabile origine costantiniana. Presso la Santa Sofia sono conservati anche lacerti di affresco (per es. una Déesis scoperta negli scavi tra Santa Sofia e Santa Irene) e una collezione di codici, bizantini e islamici, alcuni dei quali contenenti miniature, come un Tetravangelo, della fine del sec. 12°, proveniente dal monastero di Sumela, sulla costa meridionale del mar Nero (Ayasofya Müz., nr. inv. 12044; Başeğmez, 1983).Per alcuni anni, dal 1983 al 1987, nel nartece della Santa Sofia furono anche depositati alcuni pannelli facenti parte del famoso mosaico pavimentale scoperto negli anni Quaranta durante gli scavi di un peristilio nell'area del Grande Palazzo. Il mosaico fu staccato per restaurarne le porzioni più danneggiate, consentire la preparazione di un più sicuro e funzionale allestimento museale in situ, il Mozaik Müz., inaugurato nel luglio del 1987, e compiere anche sondaggi negli strati sottostanti il pavimento musivo, utili per definire con uno strumento archeologico la questione, tuttora controversa, della sua datazione, oscillante tra i secc. 5° e 7° (Mosaikenforschung im Kaiserpalast, 1992).Di gran lunga il maggior museo della città, il Topkapı Sarayı Müz., l'antica residenza imperiale trasformata in museo nel 1924 dopo la proclamazione della Repubblica, conserva un numero relativamente limitato di esemplari medievali. Dei favolosi tesori artistici accumulati nel corso dei secoli dai sultani non facevano nemmeno parte gli elementi di scultura architettonica bizantina attualmente depositati nel secondo cortile, scoperti in buona parte durante i lavori di sistemazione del museo: tra questi, meritano una segnalazione un colossale capitello corinzio con protomi umane, parte di un fusto di colonna, un'imposta e un basamento in marmo che, secondo una recente ipotesi (Peschlow, 1986), avrebbero fatto parte di un unico monumento onorario sulla cui sommità si sarebbe dovuta ergere una statua di Leone I, identificata nel ben noto Colosso di Barletta.Da assai maggior tempo, invece, appartengono alle collezioni del Topkapı Sarayı Müz. i manoscritti della biblioteca; riguardo quelli greci circolò anzi in maniera insistita tra i filologi europei del passato la voce, alimentata da talune indiscrezioni di occasionali visitatori, che i sultani avessero conservato la stessa biblioteca degli imperatori bizantini, con i suoi splendidi codici miniati, protetti da preziose coperture gemmate. Le prime verifiche alla fine del sec. 17° e gli inventari eseguiti a partire dalla metà del 19° hanno drasticamente ridotto la portata delle congetture iniziali, accertando l'esistenza di un numero non elevato di codici, per lo più di epoca tarda e di modesta importanza, tra i quali non pochi sono quelli fatti eseguire espressamente da Maometto II (Raby, 1983). Fanno eccezione il ben noto Ottateuco del Serraglio (Topkapı Sarayı Müz., 8), opera riccamente miniata commissionata dal sebastokrátor Isacco Comneno, terzo figlio dell'imperatore Alessio I Comneno (1081-1118), forse per il proprio monastero della Theotokos Kosmosoteira a Feres, nei pressi dell'od. Alessandropoli, nella Grecia nordorientale (Lowden, 1992, pp. 21-26); un evangeliario (Topkapı Sarayı Müz., 21) con raffigurazioni di evangelisti e testate miniate, databile al sec. 12°; un commentario ai Salmi di Davide, datato al sec. 14° (Topkapı Sarayı Müz., 13), ornato, tra l'altro, da un'insolita miniatura con Davide citaredo accompagnato da donne musiciste (Muñoz, 1925).Più cospicua e più ricca di capolavori è la collezione di manoscritti miniati islamici, formatasi, per quanto concerne le opere di età medievale, con il trasferimento a I., dopo il 1453, delle biblioteche delle antiche residenze ottomane (Edirne, Bursa) e considerevolmente accresciutasi grazie ai bottini raccolti nel corso delle grandi campagne militari dei sultani ottomani, di cui si ricordano qui, per i notevoli risvolti nell'acquisizione di codici miniati, le conquiste di Tabriz nel 1514 e del Cairo nel 1517. I manoscritti, distribuiti in origine in vari ambienti all'interno del complesso del Topkapı Sarayı Müz. (attualmente sono concentrati nella Ağalar Cami, la moschea degli Eunuchi Bianchi), subirono nel secolo scorso qualche dispersione con i trasferimenti della sede sultanale a Dolmabahçe e allo Yıldız Köşk Sarayı. Tra le opere più significative si contano quelle di carattere scientifico: il Ṣuwar al-kawākib al-thābita (Descrizione delle stelle fisse) di ῾Abd al-Raḥmān al-Ṣūfī, datato al gennaio 1131 (Topkapı Sarayı Müz., A.III 3493), di cui, per inciso, si conserva alla Süleymaniye Kütüphanesi (Ayasofya 2595) una versione persiana datata al 1249-1250; il Kitāb fī ma῾rīfat al-Ḥigal al-Handasiyya (Libro della conoscenza delle apparecchiature meccaniche ingegnose) di al-Jazarī, noto anche come Automata (Topkapı Sarayı Müz., A.III 3472), manoscritto artuqide, datato al marzo 1206, assai prossimo al testo originale composto dall'ingegnere di corte di Nāṣir al-Dīn Maḥmūd, sultano di Diyārbakır dal 1200 al 1222; una splendida edizione del De materia medica di Dioscoride (Topkapı Sarayı Müz., A.III 2127), forse proveniente da uno scriptorium di Mossul e terminata nel 1228, i cui ritratti conservano ancora una profonda traccia dei prototipi classici e bizantini. Notevoli sono anche alcune edizioni di opere di carattere storico o narrativo, quali l'unico esemplare miniato finora noto del Varqa va Gulshāh (Romanzo di Varqa e Gulshāh; Topkapı Sarayı Müz., H.841), nella versione persiana di ῾Ayyūkī (sec. 11°), eseguito a Konya nel sec. 13° e decorato da settantuno miniature poste orizzontalmente nel testo. La biblioteca possiede inoltre alcuni album in cui sono riuniti fogli erratici provenienti da codici perduti o distrutti: per es. due album (Topkapı Sarayı Müz., H.2153; H.2154), contenenti tra l'altro splendide miniature della seconda metà del sec. 14° della scuola di Tabriz e le sessantaquattro miniature attribuite a Siyāh Qālem, operante tra i secc. 14° e 15° in Transoxiana, in cui sono rappresentati confronti tra demoni ed esseri umani, legati a pratiche sciamaniche, e scene di vita delle popolazioni nomadi.Nel Türk ve Islam Eserleri Müz. si conserva, a eccezione delle miniature, la parte più imponente dei materiali islamici di età medievale. Il museo, sorto da un nucleo iniziale di materiali scultorei depositati tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento nel vecchio museo archeologico, è stato per lungo tempo ospitato nei grandi e suggestivi ambienti della imaret (cucina pubblica) del complesso della Süleymaniyye Cami; la sede attuale, non meno prestigiosa, è all'interno del palazzo di Ibrahim Paşa, l'imponente edificio che occupa gran parte del lato ovest dell'Ippodromo, costruito dal gran visir di Solimano il Magnifico nel 1524. La raccolta accoglie testimonianze dell'arte islamica in un arco che corre dalle prime espressioni (ceramiche persiane del sec. 7°, esempi di decorazioni a intarsio a motivi geometrici e lacerti di affresco da Samarra del sec. 9°, frammenti di Corano di età omayyade e abbaside), fino agli esiti più tardi. L'attenzione maggiore è però rivolta ai materiali di età selgiuqide e preottomana provenienti da zone di ambito anatolico: particolarmente notevole è il gruppo di mattonelle smaltate con decorazioni figurate tratto dal padiglione di Kiliç Arslan II a Konya (sec. 12°), alcune delle quali sono conservate anche al Çinili Köşk, assieme a frammenti della decorazione a smalto dal palazzo di Keykubad, presso Kayseri, datato al 13° secolo. Sempre dal padiglione di Kiliç Arslan II provengono i numerosi stucchi con scene di caccia e figure isolate di animali ed esseri umani fantastici. La ceramica d'uso è rappresentata da vari esemplari di bacini e altri recipienti smaltati a decorazione incisa o non smaltati con decorazione a stampo databili tra 12° e 13° secolo. Numerosi sono anche gli oggetti in bronzo (battenti a protomi ferine e specchi con sfingi addorsate di età artuqide, primi del sec. 13°; candelabri con decorazioni a niello, da Siirt nell'Anatolia sudorientale, fine sec. 13°-inizi 14°) e in legno (sarcofagi, ante di finestra, pannelli di rivestimento per minbar intagliati con motivi geometrici, fitomorfi e iscrizioni, prodotti a Konya e in altri centri dell'Anatolia, secc. 12°-14°), mentre preziosi per la loro rarità sono i frammenti di tappeti di età selgiuqide (sec. 13°), provenienti dalla Alaeddin Cami di Konya.
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