Vedi ISTHMIA dell'anno: 1961 - 1973
ISTHMIA (v. vol. iv, p. 246 ss.)
Il santuario di Posidone dove erano celebrati i Giochi Istmici, è situato sull'istmo di Corinto, vicino all'estremità orientale del Canale di Corinto. I giochi, che si tenevano nella primavera ogni due anni, furono riorganizzafi nella xlviii Olimpiade (584-580 a. C.), ma il loro inizio risale più indietro. Le testimonianze archeologiche indicano l'esistenza del culto di Posidone fin dall'VIII sec. a. C.
Il primo tempio, costruito intorno al 700 a. C., è uno dei più antichi templi dorici costruiti in Grecia. Era lungo circa m 40 e largo m 14, con 7 colonne lignee per 19 sui lati lunghi, nel peristilio, e una singola fila di colonne dentro la cella. Le mura di pietra locale erano stuccate e decorate con pitture murali, i cui frammenti, sebbene numerosi, sono troppo piccoli per rivelare i disegni. L'edificio aveva un tetto depresso con tegole di tipo "laconico". Sulla grondaia le tegole di copertura erano a sezione triangolare, come le posteriori tegole corinzie. Le estremità delle tegole di copertura si alternavano con piccole sporgenze triangolari al centro di ciascuna tegola piana. Questa semplice forma di decorazione della grondaia precede le antefisse decorative e le sime per le quali Corinto divenne famosa nel periodo tardo arcaico.
Il tempio arcaico fu distrutto dal fuoco intorno all'epoca delle guerre persiane. Lo scarico di questa distruzione conteneva frammenti di più di 100 elmi bronzei, molte figurine di bronzo, circa 140 monete d'argento, un piccolo toro aureo, una gran quantità di ceramica, comprese due anfore panatenaiche e anche frammenti di perirrhantèria. Un perirrhantèrion di marmo è un magnifico esempio di scultura arcaica greca, datato per lo stile intorno al 650 a. C. Il bacino, del diametro di m 1,235, è sostenuto da quattro figure fernminili, ciascuna stante su un leone di cui tiene la coda in una rnano mentre nell'altra ha un guinzaglio. Teste di cervo si alternano alle teste delle figure umane (v. vol. iv, fig. 294).
Una base di pòros è ancora collocata nella sua originaria posizione, alla destra dell'ingresso nel tempio, e probabilmente sosteneva un gruppo scultoreo. Nessun altare di questo periodo più antico è venuto in luce, ma un'area sacrificale ad E del tempio è stata trovata cosparsa di cenere, di ossa combuste di animali e di ciottoli. Quest'ultima deve essere stata in uso per sacrifici, risalendo forse al periodo in cui le vittime erano uccise con strumenti di pietra.
Un nuovo tempio dorico con 6 colonne per 13 fu costruito prima della metà del V sec. a. C. Sebbene di dimensioni minori rassomiglia al tempio di Zeus ad Olimpia. Fu costruito in pòros locale, ma il tetto era di marmo e i frontoni e le metope sopra le due facciate avevano probabilmente una decorazione in scultura. Originariamente l'interno, come il tempio arcaico precedente era diviso in due navate da una fila centrale di colonne; queste furono più tardi rimpiazzate da due file di sostegni interni che dettero al tempio la forma tripartita comune al periodo classico. C'era un'ara, lunga m 40, ad E della facciata principale. Un incendio ricordato da Senofonte in Hellenikà danneggiò seriamente il tempio nel 390 a. C. L'edificio ricostruito, che rimase in piedi fino al primo periodo dell'èra cristiana, differiva poco probabilmente dal tempio del V sec. a. C.
Il primo stadio, localizzato vicino al tempio di Posidone, aveva le porte di partenza (balbìdes) di forma intricata, forma che non si riscontra in alcun altro stadio di periodo classico. Sedici porte inquadrate da stipiti verticali e chiuse da sbarre orizzontali erano manovrate per mezzo di corde da un'unica fossa dal mossiere. Canali dentro i quali scorrevano le corde si disponevano a ventaglio verso una soglia di pietra che sosteneva gli stipiti verticali. Dapprima la pista per le corse ebbe probabilmente la medesima lunghezza di quella dello stadio di Olimpia: m 192,25, ma successivamente fu scorciata di m 10,93, riducendo la pista soltanto a m 181,32. In un'epoca ancora più tarda fu abbandonata e fu costruito un poco più a SE un nuovo stadio lungo m 181,20. Questo non è scavato, ma la sua lunghezza è stata rilevata attraverso una serie di pozzi e di tunnel.
Un teatro fu costruito alla fine del V sec. a. C. o al principio del IV. Nella sua forma più antica l'orchestra e la cavea erano probabilmente di forma rettilinea, ma prima della fine del IV sec. a. C. il teatro fu ricostruito con impianto curvilineo. Un passaggio centrale attraverso la scena e due pàrodoi davano accesso all'orchestra. Il proskènion sembra che sia stato ligneo, come pure probabilmente anche l'episkènion.
Al IV sec. a. C. appartengono anche due edifici per banchetti cultuali: uno all'angolo NE del recinto di Posidone, un altro al margine meridionale del teatro. Ciascun edificio aveva due vani, uno contenente sei klìnai, l'altro cinque. Vi si accedeva attraverso cortili aperti provvisti di cucine e di altri apprestamenti per preparare i cibi. In uno dei cortili è un pozzo rivestito di cemento in cui sono stati trovati 17 vasi fittili di forme semplici utilitarie, dei quali alcuni erano anneriti dal fuoco. I vasi si datano nella metà del IV sec. a. C. e mostrano che questi edifici per i banchetti furono abbandonati a quest'epoca. Questi vani servivano probabilmente ai membri di un collegio sacro, forse la corporazione degli attori che andava sotto il nome di artisti dionisiaci. Ad O del recinto di Posidone era una sacra valletta, che conteneva altari di Demetra e Kore, Dioniso, Artemide ed Eueteria. Ne abbiamo una testimonianza in un'iscrizione ora al Museo Lapidario a Verona, che ricorda donativi fatti da P. Licinius Priscus Iuventianus, un alto sacerdote di Posidone del tempo degli Antonini.
La distruzione di Corinto ad opera di Mummio nel 146 a. C. interruppe il funzionamento del santuario dell'Istmo. Per più di un secolo mentre Corinto rimaneva virtualmente deserta i giochi istmici furono tenuti con un'organizzazione sicionia e forse furono trasferiti a Sicione stessa. I dati archeologici ad I. mostrano che il luogo era quasi abbandonato e gli edifici cadevano in rovina. Anche dopo la fondazione della colonia romana sotto Giulio Cesare il santuario istmico sembra che sia stato trascurato. Forse sotto il regno di Claudio fu rinnovato il tempio, le mura e il pavimento furono rivestiti di lastre marmoree, fu costruito un nuovo altare ad E e un muro recinse il tempio e l'altare. Nel teatro la costruzione della scena fu rifatta e si cominciò a costruire analèmmata per una nuova cavea, ma il lavoro rimase incompiuto. Nell'orchestra furono erette due grandi colonne ioniche che probabilmente sostenevano statue. Questa ricostruzione può essere stata occasionata dalla visita di Nerone nel 66-67 d. C. quando inaugurò lo scavo del canale di Corinto. Ai giochi istmici egli partecipò alle gare musicali e rivolse un discorso ai Greci radunati. Il discorso è conservato in un iscrizione ora nel museo di Tebe.
All'angolo SE del santuario fu costruito un recinto di Palaimon sopra alle porte di partenza dello stadio primitivo. All'inizio consisteva soltanto di un pozzo sacrificale circondato da un muro di cinta. Più tardi furono aggiunti altri due pozzi e un complesso di costruzioni finora scavate solo parzialmente. L'edificio più importante era un piccolo tempietto circolare con colonne ioniche dedicato al culto di Palaimon, l'eroe fondatore dei giochi istmici. Palaimon (il Lottatore) era il nome di culto dato al giovane Melikertes, figlio di Ino e nipote di Cadmo, che fu ucciso per annegamento e portato sul dorso di un delfino all'Istmo. Sisifo, l'allora re di Corinto istituì i giochi istmici alle cerimonie funebri. Nessuno degli edifici nel Palaimonion è anteriore all'èra cristiana. Sotto il pavimento del tempio era una cripta in cui si facevano i giuramenti, forse per i partecipanti delle gare. Pausania ci informa che gli spergiuri che avevano contratto un giuramento in nome di Palaimon non potevano in alcun modo sfuggire alla punizione. Nell'area intorno al tempio sono state trovate molte lucerne fittili che servivano ad illunimare la zona durante le cerimonie notturne in onore del fanciullo eroizzato.
Nel II sec. d. C. il santuario subì altri cambiamenti, dovuti alla munificenza di Iuventianus. Su tre lati dell'area del tempio furono costruite stoài marmoree di ordine ionico; nel lato N dove il terreno scendeva ripidamente verso la gola furono fatte le fondazioni di un quarto colonnato ma la costruzione non fu mai finita e al suo posto fu innalzato un basso muro di recinzione del tèmenos. Questo recinto quadrangolare aveva accesso attraverso un pròpylan all'angolo SE e un altro ingresso attraverso il colonnato orientale univa il santuario al teatro. Furono gettate le fondazioni per la costruzione di una nuova cavea che rimase incompiuta e una grande corte aperta con colonnnti su tre lati fu costruita dietro l'edificio della scena. Il santuario dell'Istmo continuò la sua funzione fino alla fine del IV sec. d. C., ma sembra che non vi furono cambiamenti importanti dentro il recinto stesso dopo il periodo degli Antonini.
La fine si ebbe all'epoca di Giustiniano (527-565 d. C.) quando tutti gli edifici che rimanevano in piedi furono abbattuti e il materiale usato per la costruzione - o per una estesa ricostruzione - di una fortezza ad E del recinto di Posidone e per un muro attraverso l'Istmo. La distruzione fu radicale; anche le pietre delle fondazioni furono portate via. Ma le trincee di fondazione scavate nella roccia hanno rivelato la pianta in tutti i dettagli essenziali. Dopo la distruzione il luogo fu virtualmente abbandonato e l'estensione del santuario e la localizzazione del tempio di Posidone restarono ignote fino al 1952, quando l'Università di Chicago, con la collaborazione della Scuola Americana di Studi Classici di Atene, intraprese la sisternatica esplorazione del luogo. Soltanto i santuarî di Posidone e di Palaimon e il teatro sono stati completamente scavati. Un'ulteriore esplorazione del luogo ripresa nel 1967 dalla Università di California a Los Angeles si spera che riveli altri edifici nel complesso dedicato ai culti e alla celebrazione dei giochi istmici.
Bibl.: Resoconti annuali degli scavi sono pubblicati in Hesperia, XXII, 1953, pp. 182-195; XXIV, 1955, pp. 110-141; XXVII, 1958, pp. 1-37; XXVIII, 1959, pp. 298-343. Si veda anche Archaeology, VIII, 1955, pp. 56-62; IX, 1956, pp. 134-137; 268-272; XIII, 1960, pp. 105-109; Klio, 39, 1961, pp. 248-270; Biblical Archaeologist Reader, 2, 1964, pp. 393-420.