Abstract
L'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (da ora IVASS) è riconducibile ad un modello istituzionale distante da quello della autorità settoriale e nel contempo diverso da quello del supervisore unico. Il «Direttorio integrato» dell'IVASS, responsabile della direzione strategica della vigilanza svolta dall'Istituto medesimo, è infatti costituito dal Direttorio della Banca d'Italia, integrato da due consiglieri specializzati in materia assicurativa. È una peculiare applicazione della «figura dell’organo comune» a due enti distinti: una “unione di organi”, responsabili del governo della vigilanza sia assicurativa sia bancaria, funzionale ad uno loro “stretto collegamento”, come si propone l’incipit dell' art. 13, d.l. n. 95/2012. Il Direttorio (integrato) come organo comune è così la leva di un modello istituzionale incentrato sul paradigma del sistema di autorità interconnesse, destinato a svolgere una vigilanza in materia assicurativa e bancaria integrata secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità.
Il sistema nazionale dei controlli in materia assicurativa per tre decenni (1982-2012) è stato incentrato sull’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (ISVAP) (l. 12.8.1982, n. 576): autorità amministrativa deputata a svolgere un’attività di vigilanza, strutturata su di un modello di settore o “sezionale”, che non contemplava una possibile integrazione sistematica con la vigilanza bancaria (cfr. Desiderio, L., Temi e problemi di diritto delle assicurazioni, Milano, 2010, 41 ss.).
Il codice delle assicurazioni del 2005 (d.lgs. 7.9.2005, n. 209) consolida l’Isvap nella sua funzione (artt. 5-10 c. assicurazioni), che resiste anche ai successivi progetti di legge che ne prevedevano la soppressione o l’ “incorporazione” in altra autorità di vigilanza (cfr. Longo, A., Commento all’art. 3. Finalità della vigilanza, in Capriglione, F.-Alpa, G.-Antonucci, A., a cura di, Il codice delle assicurazioni private. Commentario al D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, I, Padova, 2007, 24).
Tuttavia, dove non hanno potuto disegni di legge a volte lungamente dibattuti, è riuscita una normativa d’“urgenza” e/o d’emergenza, essendo la norma che infine ha soppresso l’Isvap parte del d.l. 6.7.2012, n. 95, convertito in l. 7.8.2012, n. 135, recante appunto «disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese bancarie».
La norma del d.l. n. 95/2012 che, da un canto, ha sciolto l’Isvap, d’altro canto, ha istituito in sua vece l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) è il copioso art. 13.
Preciso subito che non si tratta solo di una sostituzione nominale. La successione dell’IVASS nelle funzioni già affidate all’Isvap è (o è parte di) una laboriosa operazione di ingegneria istituzionale, per alcuni versi sperimentale, il cui apice e cardine è l’attribuzione della “direzione strategica” dell’Istituto medesimo al Direttorio della Banca d’Italia “integrato” da due Consiglieri e della carica di Presidente dell’IVASS al Direttore generale della Banca medesima (art. 13, co. 1, 6, 11 e 18 del d.l. 6.7.2012, n. 95). È peraltro intuibile che gli esiti di tale operazione sono ancora in una sorta di fase “plastica”.
In particolare, l’intersezione del Direttorio della Banca d’Italia con la funzione della direzione strategica dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni costituisce un “fatto” che, sul piano dei soggetti, avvia uno studio sulla vigilanza ad una riflessione, piuttosto che sulla figura del supervisore unico, su quello che definirei un sistema di autorità di vigilanza interconnesse (in materia bancaria ed assicurativa), incentrato sul prevalente modello della Banca d'Italia e del “central banking” (riguardo al conseguente rafforzamento di Banca d'Italia, si veda Capriglione, F., Bank of Italy, in Siclari, D., ed., Italian Banking and Financial Law: Supervisory Authorities and Supervision, Palgrave Macmillian, 2015, 145 ss. e spec. 175; IVASS, Relazione sull’attività svolta dall’Istituto, Considerazioni del Presidente, Roma, 2013, 4 ss.; circa il «ritorno al central banking», con riguardo alla riforma della vigilanza introdotta dal FSA 2012, si veda Ciocca, P., La banca che ci manca. Le banche centrali, l'Europa, l'instabilità del capitalismo, Roma, 2014, 81 ss.).
Sul piano dell’attività di vigilanza, orienta in tale direzione l’incipit del ricordato art. 13, d.l. n. 95/2012, secondo cui l’IVASS viene istituito «al fine di assicurare la piena integrazione dell’attività di vigilanza nel settore assicurativo, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria». Il legislatore così, oltre ad attribuire all’IVASS la funzione di vigilare sulle assicurazioni, assegna all’Istituto medesimo e, quindi, all’organo preposto alla sua “direzione strategica” (il Direttorio integrato) la missione della «piena integrazione dell’attività di vigilanza assicurativa» con la «vigilanza bancaria» (cfr. Galanti, E., L'Ivass, la vigilanza sulle assicurazioni e quella sulle banche, in Riv. trim. dir. econ., 2014, 35 s. e 41).
Segnalo altresì subito che non si tratta di una ulteriore “finalità della vigilanza” (art. 3, c. assicurazioni) quanto piuttosto della “missione” di traghettare il perseguimento dei consolidati obiettivi della vigilanza medesima (art. 3, c. assicurazioni e art. 5 t.u.b.) in una diversa dimensione e/o in un “modello istituzionale” diverso: quello della vigilanza integrata, che contiene e tiene insieme, da un canto, il modello delle autorità con la conseguente struttura, d’altro canto, il modello dell’attività di vigilanza, funzionalmente legati in modo biunivoco dal perseguimento dei relativi obiettivi istituzionali (art. 3, c. assicurazioni).
La riferita impostazione è suggerita dalla prima relazione annuale del Presidente dell’IVASS, che si propone esplicitamente di presentare l’Istituto medesimo, senza sottrarsi al ruolo di manifesto della conseguente attività di vigilanza; rinunciando peraltro alla funzione di «annale della Repubblica» con «analisi di scenario economico nazionale ed internazionale per le quali» – si badi – coerentemente rinvia «alla Relazione della Banca d’Italia» (IVASS, Relazione sull’attività svolta dall’Istituto, Considerazioni del Presidente, Roma, 2013, 3 ss.; l’immagine della Relazione del Governatore della Banca d’Italia come annale della Repubblica è di Merusi, F., Banca d’Italia ed evoluzione costituzionale. Le relazioni annuali del Governatore della Banca d’Italia come “annali della Repubblica”, in Riv. trim. dir. pubbl., 2005, 883 ss. e spec. 909).
La relazione del Presidente dell’IVASS muove non a caso dalle parole di Andrew Bailey, CEO della neo-costituita Prudential Regulation Authority, persona giuridica «part of Bank of England», preposta fra l’altro alla vigilanza in materia bancaria e assicurativa (Part 2 del Financial Services Act 2012, d’ora innanzi FSA 2012, consultabile al sito www.bankofengland.co.uk; sec. 2C(1) FSA 2012; schedule 1ZB del Financial Services Act 2012; cfr. sec. 2A(1)(5) FSA 2012).
Nelle parole del CEO della Prudential Regulation Authority si sottolinea come «banche e assicurazioni condividono due caratteristiche cruciali, che le distinguono da tutti gli altri intermediari finanziari: le risorse che vengono loro affidate da depositanti o assicurati entrano direttamente nei loro bilanci, esponendo i clienti al rischio intrinseco di quei bilanci; al tempo stesso, banche e assicurazioni forniscono servizi – di deposito, credito e pagamento le une, di trasferimento del rischio, le altre – che sono di importanza vitale per l’economia la società, servizi a cui cittadini e imprese devono poter accedere con continuità» (IVASS, Relazione sull’attività svolta dall’Istituto. Considerazioni del Presidente, cit., 4; Bailey, A., The Evolution of Insurance Regulation: a Shifting Scope and New Frontiers, 2013, 2, consultabile al sito www.bis.org/review130220c.pdf).
È tanto agevole condividere che «basterebbero queste comuni particolarità per invocare, se non un supervisore unico, almeno un approccio di vigilanza integrato» (IVASS, Relazione, cit., 4); quanto naturale aggiungere sin d’ora che quest’ultimo “approccio”, in un(a dimensione di) modello istituzionale provvisto di “consequenzialità ineludibile”, presupporrebbe un sistema di autorità di vigilanza interconnesse: un sistema a sua volta “integrato”, adeguato al perseguimento ed alla realizzazione degli obiettivi istituzionali assegnati alla relativa attività di vigilanza (in una prospettiva generale, si veda Capriglione, F., Il rapporto tra politica ed amministrazione. Le amministrazioni indipendenti, in Amministrazione in cammino, 2007, 3; per l’immagine di “modello istituzionale” come sistema dotato di «consequenzialità ineludibile”, cfr. Merusi, F., Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, 2000, 21).
In particolare, la riferita funzione economico-sociale dei servizi bancari ed assicurativi per cittadini ed imprese e la necessaria affidabilità di banche ed assicurazioni, funzionale fra l’altro alla soddisfazione del bisogno di fiducia, rappresentano un “fatto” complesso o “fatti” collegati, cui la storia della crisi finanziaria del 2007-2008 ha dato immediata evidenza (per il concetto “fatto”, vedi Falzea, A., Fatto giuridico, in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 641 ss.)
Sul punto va ricordato che, per un verso, «il diritto non è dispiegamento di principi astratti dalla storia, ma è storia» (corsivo di chi scrive) (Ascarelli, T., Per uno studio della realtà giuridica effettuale, in ID., Problemi giuridici, I, Milano, 1959, 805), per altro verso, «la soluzione di un problema parte, appunto, dalla storia del problema» (Ferro-Luzzi, P., Nozione di attività bancaria, in Ferro-Luzzi, P-Castaldi, G., a cura di, La nuova legge bancaria. Il T.U. delle leggi sulla intermediazione bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione. Commentario, I, Milano, 1996, 210).
Pertanto, le “nuove frontiere” delle regole della vigilanza assicurativa e bancaria ed il relativo “modello di supervisione” non dovrebbero prescindere dalla analisi (storica) di ragioni ed esiti della crisi finanziaria, al fine di evitare di disciplinare il fenomeno «senza conoscerlo a fondo nella sua realtà» (Vivante, C., Trattato di diritto commerciale. I commercianti, I, IV ed. riv. ed ampl., Milano, 1911, VII).
Si tratta essenzialmente di riconoscere l’esistenza di meccanismi di “regolarità causale” nella produzione delle crisi finanziarie e, quindi, di non “respingerne” o rifiutarne la storia, ma di usarla per (imparare ad) inibire o contenere possibili crisi future ed i suoi effetti sistemici (sul punto si veda Dioguardi, G., in AA.VV, Discorsi sulla crisi con contributi vari della Scuola di Management del Politecnico di Bari, in I quaderni di varia cultura, 05, 22 ss.; si veda pure AA.VV., Alla scuola della crisi. XIV rapporto sull’economia globale e l’Italia, Milano, 2009).
Logica che pare riconoscibile anche nelle considerazioni del CEO della Prudential Regulation Authority (d’ora innanzi, anche PRA), secondo cui «the reason for locating insurance and banking in the PRA is in my view that we have learned during the crisis» (Bailey, A., The evolution of insurance regulation: a shifting scope and new frontiers, cit., 2).
In via di principio, spingerebbero verso l’integrazione della vigilanza sul settore bancario e su quello assicurativo, prima di tutto, la «labilità dei confini fra attività creditizia [e] attività assicurativa (…)» (Minervini, G., La Consob. Lezioni di diritto del mercato finanziario, Napoli, 1989, 16), che, in mancanza di vincoli giuridici contrari, si traduce nel conseguente complesso fenomeno della integrazione fra i mercati bancario ed assicurativo, di cui è parte, sul piano dei soggetti, la concentrazione dell’esercizio dell’attività creditizia e di quella assicurativa (oltre che finanziaria) nei medesimi gruppi di “soggetti” come i conglomerati finanziari (cfr. Merusi, F., Mercati finanziari e responsabilità strutturale, in Studi in onore di Umberto Belviso, Bari, 2011, III, 1651 e 1655) .
Ma, per ritornare sul solco della riferita idea del CEO della Prudential Regulation Authority, la connessione fra (esercizio di) attività bancaria e finanziaria, con quanto ne consegue, non è una lezione della crisi del 2007/2008 (cfr. Merusi, F., Mercati finanziari e responsabilità strutturale, cit., 1652).
Per rintracciare un insegnamento ricavabile in modo – se non esclusivo – peculiare dalla crisi finanziaria del 2007/2008, dobbiamo rivolgere l’attenzione alla crescita esponenziale della circolazione diffusa e pluridirezionale di rischi di credito assunti dalle banche, come “modello” e veicolo di espansione sistemica dei rischi medesimi ben oltre il recinto del sistema bancario (cfr. Merusi, F., Per un divieto di cartolarizzazione del rischio di credito, in Banca borsa, 2009, I, 254 s.).
Fenomeno che naturalmente trova la sua causa prima nell’interesse delle banche a trasferire rischi di credito, compresi quelli assunti in ragione di “accordi di finanziamento” in favore di altre banche.
Destinatari naturali dei rischi di credito da trasferire, sono fra gli altri le compagnie di assicurazione appunto per i servizi di “trasferimento del rischio” da loro offerti, e segnatamente – ma purtroppo non solo – le compagnie di assicurazione del credito (cfr. art. 2, c. assicurazioni), depositarie di specifiche competenze nella selezione del relativo rischio (sul punto si veda Donati, A., L’assicurazione del credito, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, 37 ss.).
Sotto il versante della riferita estensione del rischio sistemico dalle banche verso (il sistema del) le imprese assicurative, assume potenzialmente peculiare “importanza sistemica” il trasferimento dei rischi di credito dalle banche alle assicurazioni.
Fenomeno da tempo osservato, le cui dimensioni e forme sono infatti, come appena anticipato, via via lievitate con il proliferare dell’assicurazione dei rischi di credito a livello globale (Pauscht, T.-Welzel, P., Regulation Credit Risk Transfer, in Deutsche Bundesbank, Discussion Paper, 2012, n. 5, consultabile al sito www.bundesbank.de/Redaktion/eu; Allen, F.-Gale, D., Systemic Risk and Regulation, in Carey, M.-Stulz, R.M., ed., The risks of Financial Insitutions, Chicago, 2007, 342 ss., consultabile al sito www.nber.org/chapters/c9613; Duffie, D., Innovation in Credit Risk Transfer: Implications for Financial Stability, 2008, in BIS, Working Paper, n. 255).
Rispetto alla crescita esponenziale del fenomeno del trasferimento del rischio di credito dal settore bancario verso il settore assicurativo, l’Italia rappresenta però una storia diversa in ragione dei vincoli giuridici fissati dal suo ordinamento nazionale, segnatamente in sede di regolamentazione secondaria: in particolare, «del tutto trascurabile è l’utilizzo dei derivati di credito da parte delle imprese di assicurazione atteso anche [e forse soprattutto] che, in base alle attuali disposizioni di settore, essi possono essere impiegati solo per finalità di riduzione del rischio di investimento o di gestione efficace del portafoglio» (cfr. Banca d’Italia-ISVAP, Il trasferimento del rischio di credito tra il settore bancario e il settore assicurativo. L’esperienza italiana, cit., 5; cfr. la Lettera al Mercato dell’IVASS, Raccomandazioni e chiarimenti in materia di politiche d’investimento, utilizzo di strumenti derivati e finanzia strutturata, Roma, 15.3.2013, 2 ss. spec. punto 3, 2° cpv., consultabile al sito www.ivass.it)
Per converso, in mancanza di vincoli giuridici, vi è da chiedersi se – specie in alcune aree del “mondo” anglosassone (USA) – nel settore dei Risk Credit Transfers, si possa ancora parlare di sistema bancario e di sistema assicurativo come distinti sistemi settoriali o se non si tratti piuttosto di un unico sistema bancario-assicurativo (cfr. IAIS, IAIS Paper on Credit Risk Transfer between Insurance, Banking and Other Financial Sector presented to the Financial Stability Forum, 2003, 3 ss., spec. par. 7, consultabile al sito www.iaisweb.org).
Se così fosse – come pare che sia –, come tale dovrebbe essere effettivamente considerato anche ai fini della vigilanza.
In altre parole, la crisi finanziaria manifestatasi a partire dagli anni 2007-2008 ha reso evidente come le interconnessioni fra banche e assicurazioni abbiano assunto la forma di “fattore di rischio sistemico”, (capace di innestare una crisi) suscettibile di estendersi da un componente all’altro del sistema (per la nozione di rischio sistemico, pur con specifico riferimento ai sistemi di compensazione, si veda Padoa Schioppa, T., La moneta e il sistema dei pagamenti, Bologna, 1992, 285, ad vocem del glossario).
E la vicenda emblematica del colosso assicurativo statunitense AIG, su cui pare essere ricaduta in particolare la crisi della Banca Lehman Brothers, ha fatto da “reagente”, evidenziando l’importanza sistemica intrinseca al trasferimento dei rischi di credito dalle banche alle compagnie di assicurazione (l’«exposure to credit default swaps did play a big role in AIG’s failure», come segnala fra gli altri Stultz, M., Credit Default Swaps and Credit Crisis, 2009, 83, consultabile al sito www.nber.org; cfr. Smith, M., The Legal Nature of Credit Default Swaps, in Lloyd’s MCLQ, 2010, 388, nota n. 16).
Si tratta di una lezione della crisi, utile anche ai fini dello sviluppo della questione basilare che Bailey pone o ripropone: «It does not follow that because major banks are sistemically important, the same must be true for insurers» (Bailey, A., The evolution of insurance regulation: a shifting scope and new frontiers, cit., 5).
È questione strategica fra l’altro sotto il profilo della architettura (del sistema) dei controlli e della vigilanza sul settore assicurativo.
Risulta infatti intuitivo che l’eventuale mancanza di rischio sistemico, capace di pregiudicare la “stabilità” nonché il «buon funzionamento del sistema assicurativo» (art. 3 c. assicurazioni), finisce per confinare il “sistema” medesimo nella dimensione di “settore” (cfr. art. 3 c. assicurazioni, prima parte), vincolando la vigilanza ai soli obiettivi di “sana e prudente gestione” delle imprese di assicurazione e “trasparenza e correttezza dei comportamenti” degli “operatori”. Ciò renderebbe conseguentemente superflua una vigilanza a presidio del rischio sistemico e/o della stabilità del settore assicurativo: ormai non più sistema ma settore.
In realtà, nel modello britannico riformato dal Financial Services Act 2012, la protezione dal rischio sistemico rimane un obiettivo della PRA, che vigila anche sulle assicurazioni (cfr. Part 2, Chapter 2 del FSA 2012, e Schedule 1ZB del FSA 2012; per «systemic risk» si veda sec. 9C(3) FSA 2012, per «Financial Stability» v. PART 1A del FSA 2012).
Infatti, da un canto, «(2) The PRA’s general object is: promoting the safety and soundness of PRA-authorised persons» (sec. 2B(2) FSA 2012). D’altro canto, «(3) That objectives is to be advanced primarily by – “(a) seeking to ensure that the business of PRA authorized persons is carried on in a way which avoids any adverse effect on the stability of the UK financial system, and (b) seeking to minimize the adverse effect that the failure of a PRA – authorised person could be expected to have on the stability of the UK financial system» (sec. 2B(3) FSA 2012; per la nozione di «UK financial system», si veda sec. 1, FSA 2012).
E le assicurazioni non sono un settore finanziario escluso da tale azione di contrasto della PRA verso «any adverse effect on the stability of the (…) financial system» (in materia di insurance objective, si veda sec. 2C FSA).
Ciò posto, muovendo dall’assunto secondo cui «la regola di diritto emerge dalla natura dei fatti» (Vivante, C., Trattato di diritto commerciale. I commercianti, I, cit., 91), va considerato che ormai avanzano argomenti, spiegabili nella attuale cornice di una evoluzione “intrecciata” delle attività assicurativa e bancaria e dei loro prodotti con il (i) relativo(i) mercato(i). Tale “natura dei fatti” costringe a riconoscere un rischio sistemico anche nel settore assicurativo e in particolare una estensione del rischio medesimo dal settore bancario al settore assicurativo, con una conseguente esigenza di tutela della stabilità del “sistema” finanziario, in una dimensione di complementarietà sinergica – se non di vera e propria simbiosi – con l’esigenza di tutela dell’assicurato (cfr. art. 3 c. assicurazioni; sul punto, pur in una prospettiva diversa, si veda Rossi, S., La tutela del consumatore di prodotti e servizi assicurativi, Roma, 2 luglio 2015, 18, consultabile al sito www.ivass.it).
Infatti, la banca è (per sua natura) rilevante sotto un profilo sistemico essenzialmente in ragione dei rischi di credito di cui è titolare e della loro predisposizione alla circolazione. Se così è, ciascuno dei medesimi rischi di credito concorre alla rilevanza sistemica della banca (cfr. art. 53 t.u.b.; Banca d’Italia, Istruzioni di vigilanza per le banche, Tit. IV, Cap. 1, Sez. 1, consultabile al sito www.bancaditalia.it; per la definizione di «rischio di credito», si veda art. 2, n. 8 del Regolamento della Banca centrale europea n. 795/2014 sui requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica).
Stando così le cose, il trasferimento dei rischi di credito dalle banche alle assicurazioni non li priva della loro valenza sistemica, ma finisce fatalmente per estenderla al settore assicurativo; dove peraltro i meccanismi della riassicurazione costruiscono a loro volta legami sistemici fra assicuratori e riassicuratori (cfr. Boglione, A., La riassicurazione, Milano, 2012, 85 s.; con specifico riferimento alle compagnie di riassicurazione e alla loro partecipazione «al mercato dei CRT» o Credit Risk Transfers, vedi le preoccupazioni espresse dall’Associazione Internazionale delle Autorità di Vigilanza sulle Assicurazioni (IAIS), in una dimensione globale, e riprese in Banca d’Italia-Isvap, Il trasferimento del rischio di credito tra il settore bancario e il settore assicurativo. L’esperienza italiana, cit., 9, testo e nota n. 10).
È pertanto quanto mai opportuno che, in un recente documento (successivo al contributo di Bailey, A., The evolution of insurance regulation: a shifting scope and new frontiers, cit., 5, dove ci si chiede se gli assicuratori siano portatori di un rischio sistemico), la Prudential Regulation Authority riconosca che «some insurers could have the potential to pose risks to the stability of the financial system and therefore this will be reflected in the approach to supervision», sia pure «not … in the same way as banks» (Prudential Regulation Authority, The Prudential Regulation Approach to Insurance Supervision, June 2014, 4, consultabile al sito www.bankofengland.co.uk).
Ed è utile ribadire che ciò vale in particolare per il settore dell'assicurazione del credito e dei derivati di credito, in considerazione del peculiare fenomeno del credit risk transfer dal settore bancario a quello assicurativo, che può produrre un effetto particolarmente pericoloso. In caso di insolvenza della compagnia di assicurazione che ha assicurato le banche o “venduto” loro “protezione” contro i rischi di credito, la compagnia medesima non sarà in grado di indennizzare alcunché. Pertanto, sotto il versante della effettività della protezione assicurativa, è come se il trasferimento dei rischi dalle banche alla compagnia non si fosse in realtà mai realizzato, ed i medesimi rischi finiscono per “rimbalzare” nuovamente dal sistema assicurativo a quello bancario. Rebus sic stantibus, la crisi della compagnia di assicurazione del credito o del protection seller, che protegge i rischi di credito di una banca, può avere un duplice effetto sistemico o, se si preferisce un effetto sistemico particolarmente complesso, riguardante sia il settore assicurativo che quello bancario: per un verso, la crisi della compagnia di assicurazione del credito può potenzialmente estendersi ad altre compagnie ed ai loro riassicuratori, per altro verso, le banche sue assicurate, private dell'atteso indennizzo, subirebbero a loro volta perdite potenzialmente in grado di innescare una crisi sistemica (sia pure in una dimensione diversa, fa riferimento alla rilevanza sistemica della «traslazione dei rischi di credito (…) attraverso prodotti assicurativi» Merusi, F., Per un divieto di cartolarizzazione del rischio di credito, cit., 261).
Una conferma di immediata evidenza empirica pare riconoscibile ancora nel “fatto” costituito dalla vicenda di AIG, che recita una parte cruciale nella tragedia della crisi finanziaria del 2007/2008 e nella sua evoluzione; così come il suo salvataggio svolge, per converso, un ruolo ugualmente cruciale nell’arginarne l’espansione sistemica (circa i credit default swaps aventi AIG come protection seller o assicuratore e le banche, in particolare quelle europee, come assicurate contro il rischio di credito, si veda Financial Crisis Inquiry Commission, Final Report of the National Commission on the Causes of the Financial and Economic Crisis in the United States, Official Government Edition, 2011, 140, cpv. 3).
Ed è pur vero che lo «shocking cost of Solvency II» è gravoso per gli assicuratori (Bailey, A., The evolution of insurance regulation: a shifting scope and new frontiers, cit., 5), ma lo “shock” dell’estensione al sistema assicurativo di un’altra eventuale crisi bancaria potrebbe creare danni di sistema difficilmente calcolabili ed arginabili (cfr. Ciocca, P., La banca che ci manca, cit., 93 ss., testo e nota n. 10).
L’ultima crisi finanziaria ha così evidenziato la comunanza e/o il trasferimento di “fattori di rischio sistemico” fra sistema bancario e sistema assicurativo, spingendo verso l’adozione, oltre che di idonei strumenti di vigilanza, anche e soprattutto di un diverso modello “istituzionale” di vigilanza, incentrato – per fattori di rischio comuni – su di una attività di controllo effettivamente integrata nei settori bancario-assicurativo con «groups of truly expert insurance and banking supervisors» (Bailey, A., The evolution of insurance regulation: a shifting scope and new frontiers, cit., 2).
Tale scelta strategica, che privilegia un nuovo modello istituzionale rispetto alla sola introduzione di ulteriori (singoli) strumenti di intervento (cfr. Costi, R.-Enriques, L., Il mercato mobiliare, in Tratt. Cottino, VIII, Padova, 2004, 14), deve (o dovrebbe) per forza di cose raccordare funzionalmente il modello del soggetto-autorità di vigilanza ad un modello dell’attività di vigilanza capace di osservare e affrontare il fenomeno dei rischi (sistemici e non solo) nella loro interezza: obiettivo ultimo, la cui fedele realizzazione non si accompagna necessariamente ed automaticamente alla sola istituzione del “supervisore unico” in materia bancaria ed assicurativa (sul punto si veda Merusi, F., Mercati finanziari e responsabilità strutturali, cit., 1652).
È invero evidente che la costituzione di un’unica autorità di vigilanza in materia bancaria ed assicurativa, con un modello organizzativo basato su sezioni o uffici distinti, anche di ispettori, e con una conseguente ripartizione delle competenze in materia bancaria e in quella assicurativa, non cambia – o non cambia in modo adeguato – la sostanza delle cose del modello della vigilanza, incentrato su due o più autorità distinte che di fatto esercitano la loro attività “per compartimenti stagni” (l’espressione è di Merusi, F., Mercati finanziari e responsabilità strutturale, cit., 1652).
In altre parole, va applicato ai soggetti-autorità amministrative e al loro modello organizzativo il principio di adeguatezza rispetto agli obiettivi istituzionali assegnati (art. 3 c. assicurazioni; art. 5 t.u.b.), sostanzialmente sovrapponibile al principio di “proporzionalità” inteso come “coerenza tra mezzi e fini” (cfr. Guarraccino, F., L’adozione degli atti di regolazione delle autorità del mercato bancario, finanziario, assicurativo e previdenziale, in Studi in onore di Francesco Capriglione, Padova, I, 2010, 246).
E il principio di adeguatezza dei mezzi rispetto al fine attiene oltre che alla struttura e alle regole del “modello organizzativo” in una dimensione statica, anche al suo governo in una dimensione dinamica: volendo prendere in prestito le parole del FSA 2012, l’IVASS come ogni altra autorità amministrativa di vigilanza (o altra amministrazione in genere) deve impostare la sua strategia in ragione dei suoi obiettivi istituzionali e «from time to time review, and if necessary revise, the strategy» (così section 2E(1), FSA 2012), al fine di assicurare l’efficienza o il buon andamento della conseguente attività (art. 97, co. 2, Cost.; cfr. Giannini, M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, 262 s.; circa i “modelli organizzativi” e il “buon andamento” della p.a., si veda D’Alberti, M., Lezioni di diritto amministrativo, cit., rispettivamente, 23 e 40).
In particolare, la costituzione di «gruppi di ispettori davvero esperti in materia bancaria e assicurativa», opportunamente suggerita da Bailey, va innestata nel sistema organizzativo del soggetto-Autorità di vigilanza in modo funzionale e coerente con un modello di attività di vigilanza adeguata al mercato ed ai soggetti vigilati, così da consentirne o agevolarne l’ esercizio secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità e più in generale di adeguatezza (art. 23, co. 2, l. 28.12.2005, n. 262; cfr. Guarraccino, F., L’adozione degli atti di regolazione delle autorità del mercato bancario, finanziario, assicurativo e previdenziale, cit., 349 ss.; per il “principio di proporzionalità” in generale e diritto amministrativo, si veda D’Alberti, M., Lezioni di diritto amministrativo, cit., 41 ss.).
Tale ragionamento, come segnalato, è però rivolto al «modello istituzionale», e «i modelli istituzionali, spogliati della contingenza del diritto positivo e dalle complicazioni storico-culturali, sono sempre semplici e dotati di consequenzialità ineludibile» (Merusi, F., Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, 2000, 21).
È pertanto da chiedersi se l’IVASS, con il suo carico di «contingenza del diritto positivo» e di «complicazioni storico-culturali», sia riconducibile ad un modello “governato” dalla integrazione dei sistemi esterni di vigilanza funzionali al controllo dei rischi, in particolare quelli sistemici, e alla conseguente tutela degli utenti in materia assicurativa e bancaria; e se in ragione del suo modello giuridico e organizzativo è – potenzialmente – in grado «di spezzare la catena del rischio» (prendo in prestito l’immagine da Merusi, F., Mercati finanziari e responsabilità strutturali, cit., 1652).
L’IVASS, come già l’ISVAP (art. 3, l. n. 576/1982), «ha personalità giuridica di diritto pubblico» ed è dotato, insieme ai componenti dei suoi organi, di «piena autonomia e indipendenza» ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali (cfr. Galanti, E. - Rosatone, P., Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (Ivass), in Siclari, D., ed., Italian Banking and Financial Law: Supervisory Authorities and Supervision, Palgrave Macmiliam, 2015, 207 ss.).
Tanto dispone l’ art. 13, co. 2, 3 e 4 d.l. n. 95/2012, insieme al conseguente art. 1, co. 2 e 3 dello Statuto dell’Istituto medesimo, emanato con d.P.R. 12.12.2012, secondo cui «2. l’IVASS svolge le funzioni ad esso attribuite conformemente alla legge e alla disciplina europea. 3. Nell’esercizio delle proprie funzioni, l’IVASS e i componenti dei suoi organi operano in piena autonomia e indipendenza, nel rispetto dei principi di trasparenza ed economicità, e non possono sollecitare, ricevere o accettare istruzioni o direttive da altri soggetti pubblici o privati».
Lo Statuto dell’IVASS così riproduce sostanzialmente l’art. 1 dello Statuto della Banca d’Italia – ovviamente nel testo vigente al tempo dell’emanazione dello Statuto dell’IVASS – dove appunto si stabilisce che «nell’esercizio delle proprie funzioni, la Banca d’Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici o privati» (Statuto della Banca d’Italia, adottato con delibera dell’assemblea generale straordinaria dei Partecipanti al capitale del 28.11.2006, approvata con d.P.R. 12.12.2006, in G.U. 15.12.2006; che, per le parti riferite, è fedelmente riprodotto nel testo di nuova introduzione dell’art. 1 dello Statuto della Banca d’Italia).
Sul punto è utile ricordare subito che nell’organizzazione amministrativa l’espressione «autonomia (…) viene impiegata per contraddistinguere in maniera traslata i naturali attributi dell’organismo fornito di soggettività piena» (Massera, A., “Autonomia” e “indipendenza” nell’amministrazione dello Stato, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, Milano, 1988, III, 452 ).
In tale prospettiva, essa viene riferita ad enti non sovrani (cfr. Mortati, C., Commento all’art. 1, in Comm. Cost. Branca, Bologna-Roma, 1980, 42, testo e nota n. 2), provvisti di autonomia organizzativa e soprattutto di autonomia normativa, intesa come «il potere (…) di emanare norme giuridiche equiparate alle norme dell’ente sovrano», e, in quanto tali, «subordina[te] al sistema di diritto che entrano a comporre» (Giannini, M.S., Autonomia b) Teoria generale e diritto pubblico, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 357).
In ogni caso, come anticipato, vale anche, e a maggior ragione, per le autorità amministrative indipendenti l’osservazione secondo cui la loro autonomia normativa «circoscritta, com’è, nelle sue esplicazioni dai limiti (…) delle materie, dei principi generali determinati dallo Stato [e dagli ulteriori vincoli fissati dalle sue leggi] non può considerarsi espressione di una nuova forma di distribuzione della sovranità» (così, pur con riferimento ad altri soggetti, Mortati, C., Commento all’art. 1, cit., 42, nota n. 2; per l’idea di “sovranità” si veda Mortati, C., Le forme di governo. Lezioni, raccolte da S. Fois, Padova, 1973, ristampa 2010, 11 ss.).
D’altra parte, l’espressione “indipendenza” è diffusamente intesa come «non soggezione [dell’ente] al potere di indirizzo politico del Governo-Parlamento e all’indirizzo amministrativo del Governo o di singoli Ministri» (Giannini, M.S., Diritto amministrativo, Milano, 1970, 186 ss.; Massera, A., “Autonomia” e “indipendenza” nell’amministrazione dello Stato, cit., 453).
In definitiva, «l’estraneità dall’indirizzo politico e dal controllo dell’esecutivo è la caratteristica che maggiormente distingue questa figura soggettiva e che giustifica l’aggettivo “indipendenti”: è essenzialmente indipendenza dal potere governativo» (D’Alberti, M., Lezioni di diritto amministrativo, cit., 93).
In tale dimensione, atteso che l’IVASS è stato istituito con la «missione» di «realizzare» la «piena integrazione» della vigilanza assicurativa con quella bancaria (art. 13, d.l. n. 95/2012), risulta congruo che l’autonomia e l’indipendenza dell’IVASS (nell’esercizio delle relative funzioni istituzionali) siano presidiate da norme il cui contenuto ricalca quello delle norme a loro volta a presidio dell’autonomia e dell’indipendenza della Banca d’Italia (nell’esercizio della propria “funzione” istituzionale di vigilanza bancaria).
È infatti – oltre che naturale – essenziale che a tal fine l’IVASS benefici di una protezione normativa della sua autonomia e della sua indipendenza (nell’esercizio delle funzioni istituzionali) analoga a quella prevista per la Banca d’Italia nello svolgimento della vigilanza bancaria, considerato che, “autonomia ed indipendenza” delle autorità di vigilanza rappresentano – come ormai acquisito – un presidio di efficienza e “legalità dell’azione amministrativa” funzionale agli obiettivi loro attribuiti dalla legge (art. 5 t.u.b., art. 3 c. assicurazioni) (in sede di commento all’art. 5 t.u.b. si veda Lamanda, C., Le finalità della vigilanza, in Ferro-Luzzi, P.-Castaldi, G., a cura di, La nuova legge bancaria, I, Milano, 1996, 161). E invero l’autonomia e l’indipendenza dell’IVASS, almeno sul piano lessicale, pare riconosciuta in modo rafforzato, se si vuole attribuire un senso alla ricordata espressione «piena autonomia e indipendenza» (riferita all’IVASS), prevista sia dall’art. 13, co. 4, d.l. n. 95/2012 sia dallo Statuto dell’IVASS, all’ art. 1, co. 3 (sul punto, in una prospettiva diversa, si vedano le considerazioni di Minervini, G., La Consob, cit., 14 s.).
Peraltro, sotto il versante della composizione degli organi dell’IVASS e della Banca d’Italia responsabili del governo e/o della «direzione strategica» delle funzioni di vigilanza «attribuite» loro «dalla legge», o «conformemente alla legge e alla disciplina europea» (cfr. rispettivamente, art. 21 dello Statuto della Banca d’Italia; art. 1, co. 2, dello Statuto dell’IVASS), è da ricordare che il Direttorio integrato dell’IVASS è costituito dal Direttorio della Banca d’Italia (art. 13, d.l. n. 92/2012; art. 21, co. 1, dello Statuto della Banca d’Italia), ossia dal Governatore, dal Direttore generale e dai tre Vice direttori generali della Banca, cui si aggiungono i due Consiglieri.
È pertanto congruo che il Direttorio della Banca d’Italia e i suoi componenti beneficino di uguali presidi normativi a tutela della loro indipendenza ed autonomia sia nella dimensione di organo apicale della Banca d’Italia, sia in quella di organo investito della direzione strategica dell’IVASS.
Ancora in ordine ai componenti degli organi dell’IVASS e prima ancora della Banca d’Italia è da ricordare che l’IVASS, come qualunque persona giuridica, opera e adempie le sue funzioni necessariamente tramite i suoi organi: «l’attività dell’organo è quindi attività di una parte dell’ente» (l’immagine che ha veste di “categoria logica di valore assoluto” è di Bianca, C.M., Il contratto, Milano, 1987, 78).
In tale prospettiva, è quasi superfluo aggiungere che i “componenti” degli organi della persona giuridica, sono in senso forte, “parte” degli organi medesimi: ne consegue che «l’attività [dei componenti] dell’organo è (…) attività di una parte dell’ente».
In sostanza, sotto un profilo funzionale, gli organi dell’ente-autorità di vigilanza e conseguentemente i loro “componenti” non sono altro dall’ente medesimo: sembrerebbe così inutile fissare uno specifico presidio normativo a tutela dell’autonomia e indipendenza dei componenti i suoi organi come fa lo Statuto dell’IVASS all’ art. 1 e prima ancora il riferito art. 1 dello Statuto della Banca d’Italia.
In realtà, l’origine e, quindi, una prima spiegazione di tale precisazione è rintracciabile già nelle categorie (maturate nello studio) del diritto amministrativo o delle p.a. (Giannini, M.S., Istituzioni, cit., 17), e in particolare nella considerazione (o consapevolezza) che «organi e uffici (…) si dicono indipendenti, quando, oltre ad essere sottratti a rapporti di subordinazione, si attribuisce ai loro componenti una posizione giuridica garantita affinché siano sottratti a rischi di influenze esterne» (così Giannini, M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, cit., 72; con specifico riferimento alle «garanzie personali dei componenti l’organo di governo» della Banca centrale europea, in sede di commento agli art. 130 Trattato FUE, si veda Perassi, M., Banca centrale europea, in Enc. dir., Annali, IV, Milano, 2011, 155).
Peraltro, in coerenza con tale assunto, può osservarsi che l’autonomia e l’indipendenza dell’autorità amministrativa e dei componenti i suoi organi si traduce in uno status (cfr. Rescigno, P., Status, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1993, 1 ss.), come esplicitato dal Financial Services Act 2012 con riferimento alla indipendenza della Prudential Regulation Authority dalla Corona britannica (si veda rubrica Part 2, 24, Schedule 1ZB).Status cui conseguono prerogative con corrispondenti obblighi (cfr. Giannini, M.S., Istituzioni, cit., 63 ss.).
In particolare, gli organi responsabili del governo delle funzioni dell’IVASS e i loro componenti come hanno la prerogativa o la “garanzia” di essere soggetti solo alla legge nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, così hanno l’obbligo di essere sottoposti solo alla legge, e non possono agire su istruzioni ricevute da altri soggetti, «pena il sacrificio dell’effettività dell’autonomia e dell’indipendenza dell’autorità amministrativa di appartenenza» (per la nozione di prerogative come «garanzie riconosciute (e) a corpi istituzionali o persone che ricoprano uffici, o godano di status particolari», si veda Ciaurro, G.F., Prerogative costituzionali, in Enc. dir., XXXV, Milano, 1986, 1).
In tale dimensione di doverosa indipendenza dell’autorità di vigilanza e di tutela della sua effettività, si spiega la formula normativa con cui si estende esplicitamente l’autonomia e l’indipendenza dell’ente-autorità amministrativa (nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali) alle persone fisiche componenti i suoi organi.
È altresì interessante segnalare che l’ omologa norma del Financial Services Act 2012 con cui si stabilisce l’indipendenza della Prudential Regulation Authority (PRA) è ancora più generosa nella sua esplicita estensione, ricomprendendo a tal fine, oltre ai componenti (members) dei propri organi, anche i propri “officers” e “staff”: «In relation to any its functions (a) the PRA is not to be regarded as acting on behalf of the Crown, and (b) its member, officers and staff are not to be regarded as Crown servants» (Schedule 1ZB, 24(a)(b) del FSA 2012) (per la nozione di officer e di staff, si veda De Franchis, F., Office, Officer, Staff, in Dizionario giuridico, 1, Milano, 1984, rispettivamente, 1072, 1073, 1380).
D’altra parte, la mancanza di una esplicita estensione del dovere di indipendenza dell’autorità amministrativa, oltre che ai membri dei suoi organi, anche ai relativi funzionari ed ai componenti dello staff in ogni caso non fa venir meno il loro generale dovere di imparzialità e di fedeltà agli obiettivi e ai compiti istituzionali dell’ufficio di appartenenza (cfr. art. 97, co. 2, Cost., per il “rapporto d’ufficio” che «a rigore spetterebbe solo ai titolari di ufficio (o di organo) e ai componenti i reparti di staff», si veda Giannini, M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, cit., 86).
Pertanto, i funzionari e lo staff dell’IVASS o della Banca d’Italia comunque sono a loro volta destinatari del dovere di indipendenza dell’autorità amministrativa di appartenenza.
Coerente con tale assunto è la regola in materia di conflitti di interessi dei componenti del Direttorio integrato e di tutti i dipendenti dell’IVASS, prevista all’art. 11 dello Statuto dell’IVASS, secondo cui «i componenti del Direttorio integrato e tutti i dipendenti dell’Istituto non possono svolgere attività nell’interesse di imprese di assicurazione e di altri soggetti vigilati, esercitare attività di impresa commerciale, essere amministratori, institori o sindaci in qualsiasi società, partecipare a società in nome collettivo o, come accomandatari, in società in accomandita».
L’autonomia e l’indipendenza dell’IVASS, dei suoi organi e dei loro componenti è così riaffermata secondo il modello delle autorità amministrative indipendenti, svincolate da subordinazione gerarchica nei confronti di altri soggetti “pubblici o privati”, in ragione delle funzioni attribuite loro dalla legge (cfr. D’Alberti, M., Autorità amministrative indipendenti (dir. amm.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 1 ss.; «funzione qui significa parte di attività in quanto ordinata ad un fine e quindi avente un suo contenuto circoscritto», così Giannini, M.S., Istituzioni, cit., 27).
E in coerenza con quanto già osservato, Massimo Severo Giannini segnalava che «indipendenza, com’è chiaro, ha qui un significato del tutto particolare, poiché già la scelta dei titolari o componenti di (…) organi o uffici può incidere sull’indipendenza in senso proprio» (così Giannini, M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, cit., 72), o, se si preferisce, sulla sua effettività. Peraltro, «vale comunque per la Consob, come per l’Isvap [e quindi anche per l’IVASS], che in materia di autonomia le leggi contano fino a un certo punto: le autonomie non vengono octroyées, si conquistano sul campo» (Minervini, G., La Consob. Lezioni di diritto del mercato finanziario, cit., 15; Minervini, G., Le istituzioni per la tutela del pubblico risparmio. L'ISVAP, in Giur. comm., 1985, I, 763).
Ciò posto, l’«autonomia nei riguardi del governo» in cui «si è concretata l’indipendenza delle autorità» è fra l’altro «garantita da procedure di nomina particolarmente solenni degli organi di vertice delle autorità» (D’Alberti, M., Autorità amministrative indipendenti (dir. amm.), cit., 1). È un punto strategico nella effettività dell’autonomia e dell’indipendenza dell’autorità amministrativa (cfr., in una prospettiva diversa, Chieppa, R., Poteri esercitati, procedimento e contraddittorio davanti alle autorità indipendenti, in Cirillo, G.-P. Chieppa, R., a cura di, Le autorità amministrative indipendenti, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Padova, 2010, 89).
Nel caso dell’IVASS, un percorso di nomina complesso interessa i due Consiglieri, che integrano il «Direttorio di cui all’art. 21 dello Statuto della Banca d’Italia» (art. 13, co. 10, lett. c) del d.l. n. 95/2012), che, come già ricordato, è significativamente denominato come «Direttorio integrato». Essi sono «scelti tra persone di indiscussa moralità ed indipendenza, oltre che di elevata qualificazione professionale in campo assicurativo, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri, ad iniziativa del Presidente del Consiglio, su proposta del Governatore della Banca d’Italia e di concerto con il Ministro dello sviluppo economico» (art. 13, co. 13, d.l. n. 95/2012). È da notare che il procedimento di nomina dei due Consiglieri dell’IVASS, pur ricalcando nella sua articolazione per lo più il percorso già previsto dall’art. 10, l. 12.8.1982, n. 576 (istitutiva dell’Isvap) per la nomina del Presidente dell’Isvap (cfr. Camilli, E.L., Autorità di vigilanza (profili normativi), in Enc. dir., Annali, V, Milano, 2012, 168), presenta rispetto a quest’ultimo un elemento innovativo la cui rilevanza è intuitiva: esso viene comunque attivato su proposta del Governatore della Banca d’Italia, sia pure di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
D’altra parte, la riferita formula di cui all’art. 13, co. 10, lett. c), d.l. n. 95/2012 palesa che il «Direttorio integrato» dell’IVASS, suo organo apicale, responsabile fra l’altro della “direzione strategica” dell’attività di vigilanza assicurativa è nient’altro che il Direttorio della Banca d’Italia, organo apicale della Banca medesima (cfr. art. 21 dello Statuto della Banca d’Italia), implementato dai due ricordati Consiglieri «ai soli fini dell’esercizio delle funzioni istituzionali attribuite all’IVASS» (cfr. Galanti, E., L'Ivass, la vigilanza sulle assicurazioni e quella sulle banche, cit., 43).
Pertanto, da un canto, l’autonomia dell’IVASS si ricava a titolo derivativo dalle prerogative di cui gode il Direttorio della Banca d’Italia; d’altro canto, spostando il punto di osservazione delle “cose” ed il ragionamento sul piano sostanziale, sotto tale profilo l’IVASS non è altro dalla Banca d’Italia.
In coerenza con tale dimensione delle “cose”, è interessante ricordare che lo Statuto dell’IVASS è “approvato, nel testo deliberato dal Direttorio della Banca d’Italia,” con d.P.R. 12.12.2012 (art. 1, co. 1, del decreto medesimo): in altre parole, lo statuto dell’IVASS, allegato al ricordato d.P.R. 12.12.2012, è stato adottato così come deliberato dal Direttorio della Banca d’Italia.
Ciò posto, vi è da chiedersi se la «figura dell’organo comune» (Giannini, M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, cit., 91 s.) cui è riconducibile il Direttorio integrato (dell’Ivass), non si risolva nella forma destinata a contenere una ben più ampia (ed ancora in fieri) realtà giuridica, dove «l’unione di organi» rappresenta sul piano sostanziale la leva per realizzare una «unione di fatto» dei sistemi organizzativi coinvolti e quindi degli enti cui essi sono riconducibili (l’espressione «unione di organi» riferita al «Governatore della Banca d’Italia» che «era, ad un tempo, governatore della banca centrale e Capo dell’Ispettorato per il Credito e Risparmio» è di Merusi, F., Commento all’art. 47, in Nigro, A.-Ghezzi, G.-Merusi, F., Rapporti economici, III, in Comm. Cost. Branca, Bologna - Roma, 1980, 163).
E in tale prospettiva sarà interessante monitorare “il concreto modo di atteggiarsi” dei rapporti fra Banca d’Italia e IVASS nella loro “evoluzione storica” (le parole fra virgolette sono parte del primo capoverso con cui Costantino Mortati apre il suo suggestivo libro sulle forme di governo, cfr. Mortati, C., Le forme di governo, cit., 3).
Peraltro, confrontando ancora il modello dell’IVASS con quello delle Authorities britanniche e specie con quello della Prudential Regulation Authority (PRA), è da segnalare, che il modello della condivisione degli organi di vertice, pur con forme e modalità diverse, può rintracciarsi nel sistema di autorità di vigilanza costruito dal Financial Services Act 2012: «(2) The constitution of the PRA must provide – (a) for the Governor of the Bank to be chair of the PRA, (b) for the Bank’s Deputy Governor for prudential regulation to be the chief executive of the PRA, and (c) for the PRA to have a governing body. (3)The governing body must consist of - (a ) the chair, (b) the chief executive, (c) the Bank’s Deputy Governor for financial stability, (d) the chief executive of the FCA, and (e) other members» (Schedule 1ZB Financial Services Act 2012; si v. Ciocca, P., La banca che ci manca, cit., 81).
Sarebbe pertanto interessante verificare se la concentrazione nelle stesse persone della qualità di membro di organo apicale di due distinti enti e/o sistemi organizzativi responsabili della vigilanza in materia bancaria e assicurativa sia solo il modo trasversalmente più semplice e residuale per dotare la conseguente attività di controllo di una strategia, effettivamente comune o integrata; o se essa sia il risultato della circolazione del medesimo (genere di) modello istituzionale, tanto giuridico quanto organizzativo, che nei diversi sistemi assume forme peculiari e trova i suoi aggiustamenti in ragione della «contingenza del diritto positivo e [delle] complicazioni storico-culturali» (cfr. Merusi, F., Democrazia e autorità indipendenti, cit., 21); o ancora, se sia entrambe le cose.
In conclusione, tentando di dare seguito, se non risposta, all’iniziale questione da cui muovono le nostre riflessioni, non appare azzardato intravedere nella vigilanza integrata una sorta di ritirata strategica dell’idea della vigilanza unica/supervisore unico: se si preferisce, una forma diversa e attenuata della medesima originaria idea, che obbedisce a medesimi bisogni e finalità; ma che evolve – piuttosto che degradare – dalla dimensione ontologica del supervisore unico come “Autorità”, in una dimensione funzionale della vigilanza, dove l’ attività (di vigilanza) integrata si coniuga con l'interconnessione e la conseguente integrazione dei soggetti-autorità ad essa preposti (per l’analisi ontologica dell’“Autorità” vedi i suggerimenti di Bretone, M., Soliloquio sul diritto antico. La filosofia di una tecnica, Lecce-Rovato, 2013, 59 s. e 70).
In tale dimensione funzionale della vigilanza integrata, dove il modello dell’attività e il modello del soggetto sono strettamente complementari, le strutture delle Autorità di vigilanza andrebbero integrate nelle aree (an), nonché in misura e modo (quantum e quomodo), in cui è necessario ai fini dei relativi obiettivi istituzionali e non oltre (cfr. Siclari, D., Contest, Specific Features and Potential Evolution of the Italian Banking and Financial Law, in Id., editor, Italian Banking and Financial Law: Supervisory Authorities and Supervision, cit., 6).
In sostanza, a prescindere dal carattere a volte accidentale e “contingente” dell’ origine delle sue applicazioni (cfr. Antonucci, A., Commento all’art. 2, comma 1 , cit., 39, testo e nota n. 1), mi pare che vada emergendo e si delinei, in alternativa al modello del supervisore unico, un’ idea di sistema di autorità di vigilanza in materia assicurativa e bancaria, orientato verso una interconnessione delle Autorità medesime ed una integrazione proporzionale e sussidiaria della conseguente attività (cfr. Bozzano, I., Il controllo e la regolamentazione del mercato assicurativo, in Alpa, G., a cura di, Le assicurazioni private, Torino, 2006, I, 732 s.). Questo appare essere l’attuale orizzonte, che tuttavia in Italia (e forse non solo Italia) al momento si scontra con un persistente e non “inerme passato” impianto settoriale della struttura delle autorità: (oggi) peccato originale dell’idea di ordinamento sezionale e risultato tenace della conseguente realtà giuridica, che ha tradizionalmente caratterizzato in particolare il settore bancario e il settore assicurativo (l’immagine di “non inerme passato” è speculare a quella di “passato inerme” suggerita da Bretone, M., Soliloquio sul diritto antico, cit., 101).
Art. 13, d.l. 6.7.2012, n. 95, convertito in l. 7.8.2012, n. 135.
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