Istituzioni economiche internazionali
Il tema delle istituzioni economiche internazionali è analizzato in numerose voci delle precedenti Appendici. Nella voce bretton woods (App. II, i, p. 454) si fa riferimento sia all'istituzione, nel 1944, del Fondo monetario internazionale e della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, sia ai compiti attribuiti ai due organismi. Per il Fondo monetario internazionale, inoltre, v. le relative voci nelle App. III (i, p. 655), IV (i, p. 833) e V (ii, p. 277). Ulteriori richiami al ruolo a esso attribuito - con riferimento al sistema monetario internazionale sorto a Bretton Woods e dopo il crollo di questo nei primi anni Settanta - sono contenuti nella voce sistema monetario internazionale (App. V, iv, p. 799).
All'attività della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (o Banca mondiale) si fa riferimento anche nelle voci povertà (App. V, iv, p. 226), prestiti internazionali (App. III, ii, p. 478; V, iv, p. 262) e sviluppo economico (App. V, v, p. 368). Nella voce prestiti internazionali sono contenuti riferimenti anche ad altri organismi finanziari internazionali che concedono prestiti multilaterali: tra questi, la Banca europea degli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Riferimenti all'attività e ai compiti della Banca europea degli investimenti sono, inoltre, inseriti nella voce cee (App. III, i, p. 338, e IV, i, p. 401), mentre l'istituzione della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e i compiti a essa attribuiti sono trattati nella voce cee dell'App. V (i, p. 541).
Il tema della cooperazione economica internazionale nel settore del commercio internazionale, gli strumenti e le istituzioni sorti per attuarla, sono stati trattati alla voce gatt (App. III, i, p. 711; IV, i, p. 900) e sono stati ripresi nell'App. V sotto i lemmi gatt (ii, p. 366), wto (v, p. 805), liberismo e protezionismo (iii, p. 197), scambi internazionali (iv, p. 667). Nella voce opec (App. IV, ii, p. 669; V, iii, p. 767) è stata infine esaminata l'attività svolta da questo cartello internazionale, costituito dai paesi produttori ed esportatori di petrolio. Nelle Appendici precedenti è stata anche oggetto di approfondita analisi l'attività di cooperazione economica svolta, nel periodo 1948-60, dall'oece (App. III, ii, p. 295) e, dal 1960, dall'ocse (App. IV, ii, p. 647; V, iii, p. 730). Alla voce banca (App. II, i, p. 355) si fa cenno all'attività di cooperazione nel settore monetario svolta dalla Banca per i regolamenti internazionali, alla cui evoluzione sarà dedicata in questa sede ulteriore attenzione.
La tendenza all'integrazione economica regionale sviluppatasi dopo la Seconda guerra mondiale ha stimolato la nascita di forme diverse di integrazione (aree di libero scambio, unioni doganali, mercati comuni, unioni economiche).
Una trattazione generale del tema è contenuta nelle voci unioni economiche (App. III, ii, p. 1014) e unioni doganali (App. IV, iii, p. 727). Alcune di queste forme di integrazione sono state, inoltre, oggetto di analisi specifica nelle precedenti Appendici; tra queste: la Comunità Europea, per la quale vedi la già citata voce cee, l'efta (App. III, i, p. 510), il comecon (App. IV, i, p. 493; V, i, p. 687). Altre forme di integrazione realizzate più di recente (per es. NAFTA, MERCOSUR) sono esaminate nella voce regionalismo, in questa Appendice. *
Evoluzione delle istituzioni economiche internazionali
di Carla Esposito
Una crescente integrazione internazionale, tanto dei mercati di beni e servizi quanto dei mercati di capitali, caratterizza in modo sempre più completo l'economia mondiale. Non si tratta di un fenomeno nuovo, ma tale integrazione è qualitativamente differente da quella verificatasi in passato, per es. nel periodo che va dalla seconda metà dell'Ottocento fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Si assiste infatti, alla fine del 20° secolo, al coinvolgimento in questo processo di un insieme particolarmente ampio di paesi, alla modifica della struttura del commercio estero, costituito sempre più da scambi intraindustriali e intraziendali, a notevoli flussi di investimenti diretti all'estero, a trasferimenti di tecnologie; di conseguenza, l'economia mondiale è divenuta ormai il contesto più rilevante per le decisioni economiche dei singoli paesi.
Istituzioni economiche internazionali come le istituzioni di Bretton Woods, l'OCSE, il GATT (ma non soltanto queste) hanno svolto un ruolo centrale in questo processo, incoraggiando un numero crescente di paesi ad adottare sistemi aperti basati sul mercato. Il cammino percorso nella liberalizzazione degli scambi commerciali e dei pagamenti internazionali è stato certamente il risultato anche del loro operare e dell'adeguarsi delle loro strutture e modalità operative a una realtà in evoluzione. L'ulteriore espansione dei processi di globalizzazione reale e finanziaria in atto continua, peraltro, ad attribuire a tali istituzioni un ruolo fondamentale di stimolo e di promozione di ulteriori progressi nell'integrazione dei mercati e, allo stesso tempo, di sorveglianza sulle politiche economiche che sono state adottate dalle singole economie nazionali, così da ridurre le influenze perturbatrici dell'integrazione dei mercati.
Le istituzioni di Bretton Woods
La consapevolezza delle modifiche in atto nello scenario economico mondiale, nonché delle sfide che queste pongono ai responsabili della politica economica internazionale e alle istituzioni economiche internazionali, è alla base del dibattito, in corso già da tempo, sull'opportunità di procedere a una riforma delle istituzioni di Bretton Woods.
Nel corso della Conferenza di Bretton Woods (1944) era stata decisa la costituzione della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (IBRD, International Bank for Reconstruction and Development, che fa parte del World Bank Group) e del Fondo monetario internazionale (IMF, International Monetary Fund), attribuendo alle due istituzioni due mandati distinti, seppure certamente complementari. Fu deciso di attribuire al Fondo monetario internazionale il compito di sovraintendere alle relazioni monetarie, e alla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (o Banca mondiale) il compito di presiedere al trasferimento a lungo termine di risorse dalle aree eccedentarie a quelle deficitarie.
Banca mondiale e Fondo monetario internazionale si trovano oggi, dopo oltre cinquant'anni, a confrontarsi con una realtà che, dal punto di vista economico, politico e sociale, presenta caratteristiche notevolmente diverse da quelle che aveva al momento della loro istituzione: la crescente interdipendenza tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, la tendenza generale all'adozione di politiche di sviluppo orientate al mercato, l'accresciuta integrazione internazionale dei mercati, la trasformazione delle economie in passato pianificate in economie di mercato, l'accelerazione e la diffusione dell'innovazione tecnologica sono i cambiamenti fondamentali verificatisi negli anni trascorsi dalla loro istituzione. Tali cambiamenti hanno avuto notevoli ripercussioni sui ruoli esercitati dalle due istituzioni, accrescendone la complessità, e hanno influito a volte anche sui criteri da esse adottati nel perseguimento dei loro obiettivi. Esse hanno mostrato una notevole flessibilità nell'adeguare la loro azione a una realtà in mutamento, tanto che ci si domanda se Fondo monetario internazionale e Banca mondiale non si siano allontanati troppo dal loro mandato originale, perdendo la loro caratterizzazione e rischiando di ridurre l'efficacia dei loro interventi.
Per seguire il dibattito attualmente in corso sui ruoli delle due istituzioni può essere utile ripercorrerne il cammino dalla loro creazione, cercando di porre in evidenza l'evolversi del loro ruolo. Nei primi anni della sua attività, iniziata nel giugno 1946, la Banca mondiale ha orientato i suoi interventi alla ricostruzione delle economie distrutte o sconvolte dalla guerra, cioè al primo degli scopi che nell'art. 1 dello Statuto le erano stati attribuiti. La creazione dell'Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE), nel 1948, fece di quest'ultima il principale attore della ricostruzione in Europa e portò la Banca mondiale a dedicarsi quasi esclusivamente allo sviluppo delle aree arretrate, favorendo in esse la crescita della capacità produttiva e il miglioramento delle condizioni di vita: a concentrarsi cioè sul secondo obiettivo verso il quale, in base allo Statuto, avrebbe dovuto tendere la sua attività.
In questo modo la Banca si è trasformata da puro intermediario finanziario in agenzia di sviluppo. Questa sua nuova veste ha comportato che essa iniziasse a svolgere un ruolo attivo in tutte le fasi del 'ciclo dei progetti di investimenti', dalla loro identificazione alla negoziazione e concessione dei finanziamenti, alla supervisione sulla realizzazione dei progetti e sulle erogazioni dei finanziamenti. Negli anni Cinquanta e Sessanta l'attività della Banca è consistita essenzialmente in interventi connessi con la creazione delle infrastrutture e con la realizzazione di progetti industriali al fine di dotare i paesi in via di sviluppo (PVS) delle strutture necessarie a consentire il decollo delle loro economie. In quest'ottica, per stimolare la crescita dei PVS, alla IBRD (la cui attività è di fatto volta essenzialmente a finanziare progetti governativi e/o garantiti dai governi) è stata affiancata, nel 1956, la Società finanziaria internazionale (IFC, International Finance Corporation) con il compito di promuovere gli investimenti privati nei PVS, mediante la concessione di prestiti a condizioni di mercato e senza garanzie governative, e l'acquisizione di partecipazioni dirette nel capitale di imprese operanti nei PVS stessi.
La povertà di massa di gran parte dei paesi dell'Africa e dell'Asia divenuti membri della Banca mondiale ha fatto sì che, negli anni Settanta, questa ponesse al centro della sua attività i problemi dei paesi in via di sviluppo. Negli interventi relativi portati avanti nel decennio, la Banca mondiale è stata coadiuvata dall'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA, International Development Association), che dal 1960 faceva parte del gruppo Banca mondiale con specifiche competenze nei confronti dei paesi più poveri, e che ha fornito loro 'crediti per lo sviluppo' senza interesse, senza garanzia governativa e a condizioni di rimborso molto più favorevoli rispetto a quelle praticate dalla Banca. Questa ha rivolto particolare attenzione alla povertà rurale e ha adottato una strategia di intervento basata sulla 'redistribuzione con crescita', che doveva realizzarsi essenzialmente attraverso il finanziamento di progetti tendenti ad accrescere la produttività del settore agricolo, considerato il cardine dello sviluppo, e attraverso il finanziamento di progetti tendenti ad accrescere il soddisfacimento dei bisogni di base (basic needs) con interventi nel settore della sanità, dell'educazione ecc.
Dopo la crisi petrolifera, l'esplosione negli anni Ottanta della crisi del debito di diversi tra i PVS ha portato la Banca mondiale a modificare la strategia seguita nei suoi interventi. Sono stati introdotti i 'finanziamenti per l'aggiustamento strutturale' con i quali la Banca intendeva fornire un supporto ai programmi di riforme economiche adottati dai PVS in vista del raggiungimento dell'aggiustamento macroeconomico. Nel corso degli anni Ottanta la Banca mondiale ha spostato, in altre parole, la sua attenzione dal finanziamento di progetti specifici di investimento in determinati settori a quello di progetti di aggiustamento strutturale e settoriale, e ha iniziato a perseguire una strategia di sviluppo del settore privato.
Negli anni Novanta sono apparsi evidenti gli effetti redistributivi delle politiche di aggiustamento strutturale. Tali effetti hanno portato la Banca mondiale ad attribuire una nuova centralità ai progetti per la riduzione della povertà, e quindi ad allargare il suo campo di intervento a programmi con diretto impatto sociale. Ne sono un esempio il finanziamento di progetti tendenti ad assicurare ai poveri l'accesso ai servizi sociali di base, o tendenti al rafforzamento di 'reti di sicurezza sociale' per proteggere coloro che non fossero in grado (perché deboli) di godere dei benefici generati dal processo di crescita, come pure i progetti destinati a sviluppare il capitale umano. Inoltre la Banca, nel corso del decennio, ha destinato somme crescenti al finanziamento di progetti destinati a favorire uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale. Essa ha istituito nel 1991 la Global Environment Facility (GEF), un programma pilota triennale allo scopo di assistere i PVS nelle attività di protezione dell'ambiente globale promuovendo uno sviluppo economico sostenibile, programma che poi è divenuto uno strumento permanente di cooperazione internazionale.
Il Fondo monetario internazionale (v. App. V) fu creato per operare nel campo monetario a breve e a medio termine e per favorire la cooperazione monetaria tra i paesi membri. A questa istituzione monetaria a carattere universale venne attribuito il ruolo centrale di promuovere la crescita sostenuta ed equilibrata dell'economia mondiale e di assicurare la stabilità del sistema monetario internazionale. Con riferimento al sistema sorto a Bretton Woods e basato sull'adozione di un sistema di cambi fissi tra il dollaro e le altre monete e con un rapporto definito tra dollaro e oro, al Fondo venne attribuita in primo luogo la funzione di far 'rispettare le regole del gioco'. I cambi potevano essere modificati, per scostamenti superiori al 10%, solamente sotto la sua supervisione e nel caso di accertati squilibri strutturali della bilancia dei pagamenti. Nel caso di scostamenti inferiori e, comunque, di squilibri temporanei delle bilance dei pagamenti, il Fondo interveniva con prestiti condizionati all'adozione di politiche economiche adeguate a ristabilire l'equilibrio.
Il Fondo ha esercitato questa funzione fino agli inizi degli anni Settanta, quando venne abbandonato il sistema dei cambi fissi con la rinuncia del dollaro a un rapporto fisso con l'oro. La funzione regolatoria attribuita al Fondo si è pertanto modificata negli anni, adeguandosi ai cambiamenti intervenuti nel sistema monetario internazionale. Successivamente all'introduzione dei tassi di cambio flessibili, il Fondo ha infatti continuato a svolgere una funzione di sorveglianza sul funzionamento del sistema, seppure, come previsto dal secondo emendamento allo Statuto approvato nel 1976 (ed entrato in vigore nel 1978), non più sul funzionamento di un 'sistema di tassi di cambio stabili', ma di un 'sistema stabile di tassi di cambio'. In sostanza, i paesi avrebbero potuto adottare la 'loro' politica dei tassi di cambio, ma avrebbero dovuto promuovere la stabilità agendo sulle condizioni economiche e finanziarie di base, e il Fondo avrebbe dovuto sorvegliare le politiche macroeconomiche e strutturali da essi adottate rivolgendo particolare attenzione a quelle che influenzano in maggiore misura i rapporti economici esterni. L'attività di sorveglianza, che il Fondo ha esercitato su basi multilaterali e bilaterali (consultazioni con ogni paese membro) e attraverso discussioni periodiche sui problemi e sugli sviluppi dei mercati finanziari, è divenuta sempre più complessa a mano a mano che nel mondo si sono accresciute l'interdipendenza dei mercati valutari e finanziari e la rapidità di movimento dei capitali. Mutamenti rilevanti si sono registrati anche nell'esercizio e nel rilievo assunto dalla funzione finanziaria esercitata dal Fondo e nella gestione da questo fatta della connessa 'condizionalità'.
Il ruolo finanziario del Fondo previsto dallo Statuto consisteva nel mettere a disposizione dei paesi membri, su basi temporanee e con le necessarie garanzie, risorse per finanziare gli squilibri temporanei delle loro bilance dei pagamenti. In quest'attività il Fondo, fornendo assistenza finanziaria a tutti i paesi membri (industrializzati e in via di sviluppo), agiva da intermediario finanziario tra paesi con eccedenza e paesi con deficit nella bilancia dei pagamenti. Concretamente, l'accesso alle risorse del Fondo e l'utilizzazione di queste da parte dei paesi membri sono stati (e sono) subordinati all'adozione da parte del paese membro di politiche considerate dal Fondo appropriate alla situazione economica del paese e a quella della sua bilancia dei pagamenti.
Negli anni i criteri della 'condizionalità' fissati dal Fondo sono variati in modo notevole, adeguandosi alle mutate necessità dei suoi membri e a quelle dell'economia mondiale. Essi erano collegati fino agli anni Settanta, in regime di gold exchange standard, alla circostanza che gli squilibri della bilancia dei pagamenti tendessero a dipendere da un eccesso di domanda sull'offerta e che per superarli fosse perciò essenziale contenere la domanda aggregata limitando l'espansione del credito, cosicché venivano proposte, anche dal Fondo, politiche di aggiustamento incentrate sul controllo della domanda aggregata. È solo negli anni successivi che, essendosi modificato nel senso della flessibilità il regime dei cambi, sempre più gli squilibri sono apparsi legati allo stato dell'offerta; di conseguenza, il loro superamento ha richiesto vari interventi di politica economica di natura strutturale.
Negli anni 1945-70 i criteri di condizionalità adottati dal Fondo riflettevano, dunque, le regole del sistema di Bretton Woods. La concessione di assistenza finanziaria era basata sulla valutazione operata dal Fondo circa l'adeguatezza delle politiche dei governi a consentire al paese membro sia di raggiungere l'equilibrio esterno, sia di essere in grado di restituire gli aiuti finanziari ricevuti in un periodo relativamente breve (doveva essere compreso tra i tre e i cinque anni). In questi anni i vincoli derivanti in materia di cambi dal sistema di Bretton Woods e la volontà dei maggiori paesi industrializzati di difendere i tassi di cambio, in situazioni nelle quali apparivano evidenti squilibri delle bilance dei pagamenti e delle stesse parità dei tassi di cambio, hanno portato il Fondo a utilizzare le sue risorse essenzialmente a favore dei paesi industrializzati. La situazione è cambiata con l'adozione, nei primi anni Settanta, del sistema dei tassi di cambio flessibili e con la crescita esplosiva dei flussi di capitali privati liberi da controlli.
La crisi petrolifera degli anni Settanta ha determinato situazioni di squilibrio delle bilance dei pagamenti, particolarmente pesanti per molti paesi in via di sviluppo. La crisi del debito, che per questi ultimi paesi si è determinata negli anni Ottanta, ha aggravato ulteriormente la loro situazione e ha reso essenziale per essi ottenere un'immediata assistenza finanziaria. Il Fondo ha risposto utilizzando a favore dei paesi in difficoltà gli strumenti finanziari a sua disposizione, ma anche creandone di nuovi, specifici per le esigenze del momento. Esso ha ampliato anche le sue competenze includendo aiuti finalizzati al superamento di problemi strutturali e, quindi, collegati con la realizzazione di programmi macroeconomici, di aggiustamento strutturale a medio termine e di programmi di assistenza orientati allo sviluppo. Di recente il Fondo si è interessato anche degli aspetti distributivi dei programmi di aggiustamento come pure degli effetti che tali programmi possono avere sull'ambiente. È così di fatto intervenuto con azioni coordinate con quelle della Banca mondiale. Una linea di intervento di grande importanza è quella che il Fondo ha seguito fin dal 1993 nel fornire assistenza finanziaria alle economie in transizione in difficoltà con la bilancia dei pagamenti. Anche in questo caso esso ha modificato i criteri di 'condizionalità' seguiti nella concessione dell'uso delle sue risorse.
L'esame dell'attività del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale dalla loro istituzione a oggi mostra come, soprattutto dalla seconda metà degli anni Ottanta, le due istituzioni siano giunte a elaborare strumenti finanziari piuttosto simili utilizzandoli con riferimento a problemi anch'essi simili, cosicché si è verificato un qualche grado di sovrapposizione tra le loro attività. Mentre infatti il Fondo ha finito con il concedere finanziamenti ai PVS a scadenze che vanno oltre quelle dettate dall'obiettivo del riequilibrio della bilancia dei pagamenti, la Banca mondiale è intervenuta concedendo prestiti finalizzati alla soluzione di problemi di aggiustamento degli squilibri macroeconomici. Da tutto ciò è scaturito, all'interno e all'esterno delle istituzioni stesse, un ampio dibattito, tuttora aperto, sulle riforme che potrebbero essere introdotte sia nel Fondo monetario sia nella Banca mondiale.
Tra i partecipanti al dibattito, molti hanno sottolineato come la sovrapposizione degli interventi sia espressione e conseguenza delle interrelazioni che di fatto esistono tra squilibri macroeconomici e problemi strutturali di lungo periodo (Polak 1991; Junguito 1996), cosicché risulterebbe evidente la necessità di attuare un coordinamento ancora più forte di quello attualmente esistente tra le due istituzioni. Tale collaborazione, tra l'altro, dovrebbe realizzarsi anche con tutte le altre istituzioni finanziarie internazionali, i vari istituti specializzati delle Nazioni Unite e, in genere, tutte le istituzioni o i gruppi informali di paesi (G7, G10, G24 ecc.) che operano per realizzare una cooperazione economica e finanziaria internazionale (Helleiner 1995).
Secondo altri punti di vista, la sovrapposizione delle attività svolte dalle due istituzioni di Bretton Woods sarebbe almeno in parte conseguenza del fatto che in anni recenti esse hanno cercato di individuare nuovi obiettivi alla loro attività, avendo ormai, secondo i sostenitori di questa tesi, perso importanza i compiti a esse originariamente attribuiti. Andrebbe effettuata perciò una ridefinizione dei compiti spettanti a ciascuna delle due istituzioni, ma anche una valutazione della necessità di mantenerle in vita (Walters 1994; Fifty years after Bretton Woods, 1995). Secondo alcuni, questa valutazione potrebbe concludersi con la proposta di abolire una tra le due istituzioni, oppure di rivederne i ruoli. Per es., si potrebbe trasferire alla Banca ogni tipo di intervento, anche di sostegno di breve termine connesso a squilibri della bilancia dei pagamenti, relativamente a quei paesi che richiedono finanziamenti significativi di lungo periodo destinati allo sviluppo, ed escludere quindi per questi paesi qualsiasi intervento del Fondo monetario. In tal modo si potrebbero superare i costi del coordinamento tra le due istituzioni e si potrebbe anche evitare di incorrere in problemi di un possibile condizionamento incrociato (Junguito 1996).
Per quanto riguarda in particolare il Fondo monetario, si è sottolineato come la sua influenza sui maggiori paesi si sia ridotta nel tempo in seguito alla crescita esplosiva dei flussi di capitali privati, che ha reso irrilevante nei confronti di questi paesi il ruolo di istituzione finanziaria attribuito al Fondo. L'influenza del Fondo su questi paesi andrebbe tuttavia recuperata, secondo una delle proposte avanzate (Bretton Woods Commission 1994) anche attraverso l'instaurazione di una forma di cooperazione con il G7 sulle questioni monetarie. Secondo un'ulteriore proposta (Duisenberg, Szász 1991), dovrebbe essere comunque rafforzato il carattere di istituzione monetaria del Fondo, che interviene anche concedendo credito a breve per consentire di superare squilibri temporanei di bilancia dei pagamenti, ma che svolge non tanto compiti di finanziamento, quanto piuttosto attività di sorveglianza e di coordinamento delle politiche economiche dei suoi membri.
Nei suoi interventi il Fondo dovrebbe però evitare le attuali asimmetrie (Browne 1996; Junguito 1996), agendo in modo simile nei confronti dei paesi in via di sviluppo e dei paesi industrializzati, dei paesi che accedono alle risorse del Fondo e di quelli che non vi accedono, per es. nel richiedere che vengano applicate le linee di politica economica da esso proposte e raccomandate. In un mondo dominato dai movimenti internazionali di capitali il Fondo potrebbe anche abbandonare l'attività di finanziamento, per concentrarsi piuttosto sull'attività di monitoraggio e di ricerca, e divenire una sorta di agenzia di rating con il compito di fornire consulenza e assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo per aiutarli a migliorare la loro quotazione sui mercati internazionali dei capitali.
Un importante problema, collegato con gli aspetti di instabilità dei mercati finanziari che si possono presentare in un contesto di liberalizzazione del mercato dei capitali, è quello del modus operandi del Fondo monetario internazionale. Si vorrebbe da alcuni rafforzare la capacità del Fondo di fronteggiare situazioni di crisi con un aumento delle quote dei paesi aderenti (Fisher 1999), per consentire una più ampia e incisiva azione di sostegno finanziario ai paesi che dovessero necessitare di prestiti per contrastare una situazione di crisi finanziaria. Ma c'è chi osserva che una scelta di questo tipo aumenterebbe le propensioni al moral hazard (Guitan 1995; Calomiris 1998; Krugman 1998; Meltzer 1998), che sono una delle ragioni delle stesse situazioni di crisi. In effetti, il sistema bancario internazionale nella sua attività di allocazione dei capitali finisce per realizzare impieghi che in qualche caso implicano l'assunzione di rischi non opportunamente ponderati. La presenza di un prestatore di ultima istanza - il Fondo monetario internazionale, dotato per di più di risorse maggiori di quelle odierne - farebbe crescere, secondo i sostenitori di questa tesi, le propensioni al moral hazard e potrebbe contribuire, dunque, a rendere più probabili crisi finanziarie di dimensioni e portata maggiori di quelle avvenute o ipotizzabili oggi. Come si può vedere, il dibattito sulle modalità di intervento del Fondo monetario internazionale è molto aperto e divaricato nelle indicazioni di policy. È certo, tuttavia, che nel prossimo futuro una qualche scelta al riguardo dovrà essere realizzata per consentire al Fondo di esercitare con efficacia la sua azione di stabilizzazione sul sistema finanziario internazionale.
Il dibattito sulla riforma delle istituzioni di Bretton Woods ha riguardato anche il ruolo di istituzione finanziaria attribuibile alla Banca mondiale in un mondo nel quale i flussi di capitali privati hanno assunto importanza crescente. Innanzitutto, a questo riguardo si è da più parti sottolineato (Fifty years after Bretton Woods, 1995) come la Banca mondiale debba ancora svolgere un ruolo significativo nei confronti sia dei PVS sia delle economie in transizione, che tuttora incontrano difficoltà ad accedere al mercato internazionale dei capitali. In secondo luogo, si è evidenziato che i flussi dei capitali e degli investimenti privati e gli investimenti della Banca mondiale devono essere visti come complementari tra loro e idonei a rafforzarsi reciprocamente. Si è inoltre auspicato (v. interventi vari riportati in Bretton Woods Commission 1994) che il gruppo Banca mondiale ponga un'attenzione crescente allo sviluppo del settore privato, incrementando sia l'attività della Società finanziaria internazionale (IFC), sia l'attività di consulenza e di valutazione dei rischi di credito svolta in particolare dalla Banca mondiale, la quale inoltre dovrebbe concentrarsi sulle sole politiche di aggiustamento di lungo periodo, ritornando gradualmente al suo ruolo originario.
Altre istituzioni economiche internazionali
Il quadro delle istituzioni con competenze nel settore monetario, finanziario, in quello del commercio o in quello dello sviluppo va completato considerando numerose altre istituzioni, alcune delle quali, già in attività al momento della nascita delle istituzioni di Bretton Woods, hanno nel tempo modificato o ampliato le finalità del loro intervento; altre, operanti a livello regionale o mondiale, sono state create negli anni successivi, anche in epoche recenti. Ci si soffermerà in questa sede ad analizzare le caratteristiche e le finalità di alcune tra le istituzioni internazionali più note che sono sorte negli anni recenti, o che hanno apportato in questi anni modifiche di rilievo alla loro attività.
Istituzioni per la cooperazione monetaria. Nel settore monetario e finanziario ha operato, fin dal 1930, la Banca dei regolamenti internazionali (BIS, Bank for International Settlements), che inizialmente ha assunto le funzioni di fiduciario nell'esecuzione del Piano Young approvato nelle Conferenze dell'Aia del 1929 e del 1930 con l'obiettivo di ridefinire l'ammontare globale delle riparazioni tedesche. In seguito, la BIS ha svolto la funzione di agente o fiduciario nell'esecuzione di altri accordi finanziari internazionali. A essa, per es., sono state affidate le funzioni di agente del Fondo europeo di cooperazione monetaria (EMCF, European Monetary Cooperation Fund) e quelle di agente del sistema di compensazione e di regolamento delle transazioni in ECU privati. Negli anni, essa si è dedicata sempre più all'esercizio della funzione di banca delle banche, assistendo le banche centrali nella gestione e nell'investimento di parte delle loro riserve valutarie, erogando loro, quando necessario, credito. Si tratta essenzialmente di crediti a breve termine, in genere assistiti da garanzia e senza condizioni per quanto riguarda la politica economica o monetaria del ricevente, accordati a banche centrali per poter stabilizzare la loro moneta o finanziare squilibri temporanei della bilancia dei pagamenti. Negli anni Ottanta, quando è esplosa la crisi del debito e si è temuto per la stabilità del sistema finanziario internazionale, la BIS è intervenuta a favore di numerose banche centrali e ha anche concesso facilitazioni finanziarie allo stesso Fondo monetario internazionale.
La BIS esercita, inoltre, un ruolo fondamentale nella cooperazione monetaria internazionale. In questo campo le sue funzioni sono variate con l'evolversi del sistema monetario internazionale e hanno assunto particolare rilievo a seguito della progressiva internazionalizzazione dei mercati finanziari. Presso di essa si tengono le riunioni dei governatori delle banche centrali del Gruppo dei dieci paesi più industrializzati (G10), nelle quali viene esaminata la congiuntura economica e finanziaria globale e i cui partecipanti tendono a realizzare un coordinamento a livello internazionale delle rispettive politiche monetarie. Fino al 1994, si tenevano presso la BIS le riunioni del Comitato dei governatori delle Banche centrali europee e quelle del EMCF.
Nel 1994, il compito di coordinare la politica monetaria degli Stati membri dell'Unione Europea è stato attribuito all'Istituto monetario europeo (EMI, European Monetary Institute), con la cui creazione si è istituzionalizzata ulteriormente la cooperazione monetaria a livello europeo. L'EMI, sorto a seguito degli accordi di Maastricht diretti a realizzare l'Unione monetaria europea, ha svolto l'attività di preparazione degli strumenti e delle procedure necessarie al riguardo fino al 1998. In quell'anno è stata costituita la Banca centrale europea (ECB, European Central Bank) che ne ha assorbito integralmente i compiti. Essa, come entità autonoma e in quanto componente del Sistema europeo delle banche centrali (ESCB, European System of Central Banks), dal gennaio 1999 ha assunto la responsabilità della politica monetaria dell'Unione monetaria europea.
Espressione del ruolo svolto dalla BIS nella realizzazione della cooperazione monetaria internazionale sono le riunioni, da essa ospitate, di vari organismi sorti da accordi tra i governatori delle banche centrali del G10. Tra questi: il Comitato di Basilea per la regolamentazione e la vigilanza bancaria, costituito nel 1974 con il compito di rafforzare la collaborazione tra le attività di vigilanza, e che negli anni recenti ha esteso la sua attività a paesi esterni al G10; il Comitato sui sistemi di pagamento e di regolamento, la cui attività è rivolta al rafforzamento delle infrastrutture del mercato finanziario; il Comitato permanente sull'euromercato (costituito nel 1980), la cui attività recentemente si è incentrata sugli sviluppi della crisi finanziaria nel Sud-Est asiatico e sugli insegnamenti che è necessario trarre da tale esperienza. Il ritmo con il quale è andata progredendo l'integrazione finanziaria ha portato la BIS a estendere la cooperazione finanziaria a un numero crescente di paesi e, di recente, anche a seguito della crisi finanziaria verificatasi nel Sud-Est asiatico, a rivolgere maggiore attenzione alle economie emergenti.
Altre istituzioni finanziarie per lo sviluppo economico. Altre istituzioni finanziarie per lo sviluppo economico sono: la Banca europea per gli investimenti (EIB, European Investment Bank), le Banche regionali di sviluppo, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD, European Bank for Reconstruction and Development).
a) La Banca europea per gli investimenti. - Tra le istituzioni finanziarie che operano a livello regionale, con riferimento in modo specifico ai problemi dello sviluppo, va ricordata la Banca europea per gli investimenti (v. anche prestiti internazionali, App. V), che è stata creata nel 1957 con il Trattato istitutivo della CEE e i cui compiti sono stati confermati dal Trattato di Maastricht nel 1992. Essa può essere considerata uno strumento della politica di integrazione economica europea per la riduzione degli squilibri regionali. In particolare, è previsto che i progetti finanziati contribuiscano allo sviluppo regionale o presentino un interesse comune: debbano cioè contribuire alla realizzazione di uno o più obiettivi di specifiche politiche o decisioni comunitarie adottate nel corso degli anni. Si tratta di finanziamenti a medio e lungo termine concessi sia agli Stati membri, sia a imprese private e pubbliche per progetti da attuare in territori europei degli Stati membri, sia infine a paesi terzi per favorire la realizzazione di investimenti che contribuiscano allo sviluppo economico e sociale di questi paesi. La Banca europea per gli investimenti, quindi, contribuisce anche alle politiche comunitarie di sostegno e cooperazione allo sviluppo secondo le modalità previste dai diversi accordi conclusi tra l'Unione Europea e più di 120 paesi terzi.
b) Le Banche regionali per lo sviluppo. - Sempre a livello regionale operano le Banche regionali per lo sviluppo, organizzazioni internazionali che di fatto integrano le attività della Banca mondiale. Sono numerose e hanno raggiunto dimensione e rilievo diversi. Le più grandi tra le banche che appartengono a questa categoria sono la Banca interamericana di sviluppo (IDB, Inter-American Development Bank) sorta nel 1959, la Banca africana di sviluppo (AfDB, African Development Bank), istituita nel 1963, la Banca asiatica di sviluppo (ADB, Asian Development Bank), sorta nel 1966. Esse finanziano progetti volti ad accrescere il livello di sviluppo dei paesi arretrati che appartengono a una data regione del mondo. Concedono, a tassi leggermente inferiori a quelli di mercato, prestiti di lungo periodo essenzialmente per finanziare progetti di sviluppo, per la preparazione e l'esecuzione dei quali forniscono assistenza tecnica; cooperano con il management della regione; promuovono in essa l'investimento sia privato sia pubblico. Per lo svolgimento della loro attività le banche utilizzano sia le risorse derivanti dalla sottoscrizione delle quote da parte degli Stati membri, sia le risorse reperite sul mercato internazionale dei capitali, sia contributi ottenuti da paesi membri o da paesi terzi. Esse hanno iniziato a operare disponendo di risorse modeste, ma hanno raggiunto una notevole espansione e sono riuscite a mobilitare contributi di notevole entità, divenendo una delle fonti principali di finanziamenti multilaterali. Nel tempo si è registrata, inoltre, un'evoluzione nella strategia di finanziamento da esse adottata, nel senso che dal finanziamento dei singoli progetti esse hanno iniziato a operare - sulla stessa linea adottata dalla Banca mondiale - con riferimento a programmi di sviluppo e a concedere prestiti collegati all'adozione di politiche di aggiustamento strutturale.
c) La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. - Questa istituzione, creata per favorire il processo di transizione verso l'economia di mercato dei paesi a economia pianificata dell'Europa centro-orientale, ha iniziato a operare ufficialmente nell'aprile 1991, e viene definita nel preambolo dell'accordo istitutivo come "un'istituzione finanziaria multilaterale, europea nel suo carattere fondamentale e largamente internazionale nei suoi membri". È una banca multilaterale, che in base allo statuto deve favorire la transizione verso l'economia di mercato nei paesi dell'Europa centro-orientale, nel rispetto dei principi di democrazia multipartitica e dei diritti dell'uomo, e promuovere in questi paesi l'iniziativa privata e imprenditoriale. In considerazione di quest'aspetto è previsto che la EBRD possa esercitare una specifica attività di consulenza per assistere i paesi beneficiari nella realizzazione di istituzioni democratiche. I finanziamenti erogati hanno essenzialmente, a differenza di quanto si verifica nel caso della Banca mondiale, natura privatistica (al massimo fino al 40% degli impegni può essere indirizzato verso il settore pubblico); attraverso di essi si vuole promuovere l'iniziativa privata, mettere in atto provvedimenti di smantellamento dei monopoli, di decentramento e di privatizzazione.
La EBRD è contemporaneamente banca di sviluppo e banca di affari. Per quanto concerne la prima caratteristica essa finanzia progetti per ricostruire e impiantare le infrastrutture necessarie allo sviluppo del settore privato e alla transizione verso il mercato. Data la limitatezza delle sue risorse rispetto alla necessità di capitali della regione, la EBRD ha cercato, fungendo da catalizzatore, di attrarre a questo fine sia investimenti diretti esteri sia somme provenienti da altre fonti. Come banca di affari essa concede, a condizioni di mercato, finanziamenti alle imprese private e ad aziende in via di privatizzazione. Svolge anche un'attività di assistenza tecnica che consiste in studi di fattibilità, in programmi di addestramento professionale, in consulenza legale, finanziaria e amministrativa, anche in vista della preparazione di programmi di ristrutturazione e privatizzazione industriale. Può assumere partecipazioni al capitale di imprese miste. È previsto, tuttavia, che la sua partecipazione sia minoritaria e che non comporti responsabilità di gestione.
Istituzioni per la cooperazione nel commercio internazionale. L'idea di disciplinare il commercio internazionale e di dare vita a un'istituzione con competenze specifiche in tema di commercio multilaterale, e che fosse in grado di stimolare il processo di liberalizzazione del commercio internazionale, si è concretizzata nel corso dell'Uruguay Round del GATT (1986-94) con la creazione dell'Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization, WTO; v. App. V), che ha iniziato a operare nel 1995.
Si è così realizzato l'obiettivo che gli Stati partecipanti alla Conferenza di Bretton Woods (1944) e a quella dell'Avana (1943-48) si erano proposti di raggiungere circa cinquant'anni prima, e si è colmato il vuoto che, rispetto al disegno originario, era rimasto nella struttura dei rapporti multilaterali ideata a Bretton Woods. Si era allora convinti che, per evitare che il sistema finanziario e del commercio mondiale sperimentasse crisi periodiche, fosse necessaria la presenza di istituzioni internazionali con il compito di definire un sistema di diritti e obblighi internazionali e di garantire il realizzarsi di un coordinamento internazionale delle politiche economiche nazionali. Perciò, quando nel 1944 si diede vita alle 'istituzioni di Bretton Woods' (Fondo monetario internazionale e Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo), si cercò di istituire anche una Organizzazione internazionale del commercio (ITO, International Trade Organization), nella consapevolezza dell'esistenza di un legame tra libera circolazione delle merci e liberalizzazione dei pagamenti. Tuttavia, i contrasti tra neoliberisti e neoprotezionisti non consentirono all'epoca di realizzare il progetto di regolamentazione delle relazioni economiche internazionali contenuto nella cosiddetta Carta dell'Avana, una dichiarazione di principi sugli scambi internazionali centrata sulla nozione di sviluppo equilibrato dell'economia mondiale, sull'obiettivo dell'elevamento del tenore di vita nel mondo e sull'abolizione delle restrizioni agli scambi internazionali.
Di fronte alle difficoltà di ratifica della Carta, gli Stati che partecipavano al negoziato portarono avanti a Ginevra i negoziati sulle barriere tariffarie, i cui risultati furono riuniti in un documento che di fatto costituì un accordo internazionale in materia tariffaria e di commercio (GATT, General Agreement on Tariffs and Trade; v. App. V) che, in virtù di un protocollo di applicazione provvisoria, i paesi partecipanti all'incontro di Ginevra si impegnarono ad adottare (in attesa della creazione dell'ITO) e al quale hanno aderito in seguito (non essendosi realizzata, nel frattempo, l'istituzione dell'ITO) numerosi altri Stati. Il GATT era dunque un accordo di commercio multilaterale. Non si realizzò, come era auspicato, l'istituzione di un'organizzazione internazionale. Si è dovuto attendere il 1995 perché i paesi riuscissero a dar vita a una vera e propria organizzazione mondiale del commercio (la WTO), cioè al terzo dei pilastri su cui si doveva basare il 'sistema di Bretton Woods'.
La WTO rappresenta l'evoluzione dal punto di vista istituzionale del GATT. Essa si basa sui principi fondamentali del GATT stesso, e cioè su: 1) il principio di non discriminazione, che implica sia l'accettazione come regola generale della clausola del trattamento nazionale (uguaglianza di trattamento, quanto a imposizione fiscale, tra i prodotti importati e quelli simili di produzione nazionale), sia l'accettazione della clausola multilaterale della nazione più favorita (estensione a tutti i partner delle condizioni più favorevoli fatte a un paese). Tuttavia, l'accordo istitutivo della WTO, come in precedenza quello del GATT, prevede deroghe alla sua applicazione con riferimento alle varie forme di integrazione economica regionale e alle relazioni commerciali tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo; 2) l'eliminazione delle barriere tariffarie, ma anche il contenimento o l'eliminazione delle barriere non tariffarie, con possibilità di derogare al principio in presenza di circostanze eccezionali, di crisi di produzione, di importanti squilibri della bilancia dei pagamenti; 3) la risoluzione pacifica, attraverso consultazioni multilaterali, delle controversie commerciali tra singoli paesi.
La WTO ha il compito di 'amministrare' il complesso normativo costituito: dall'accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio del 1947, come emendato fino alla data di entrata in vigore dell'accordo istitutivo della WTO (e quindi comprensivo sia delle modificazioni intervenute, delle riduzioni tariffarie, dei protocolli di accesso, delle deroghe accordate, delle altre decisioni delle parti contraenti del GATT 1947, di intese interpretative e applicative del GATT, sia di vari accordi settoriali sulle merci: agricoltura, misure sanitarie, tessili e abbigliamento, investimenti che incidono sugli scambi commerciali ecc.); dall'accordo generale sul commercio dei servizi (GATS, General Agreement on Trade in Services); dall'accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale che riguardano il commercio (TRIPs, Trade Related aspects of Intellectual Property rights); dall'intesa sulle norme e le procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie; dall'accordo relativo agli investimenti che incidono sugli scambi commerciali (TRIMs, Trade Related Investment Measures).
La WTO, oltre a controllare il rispetto delle norme GATT da parte dei paesi membri, ha il compito di amministrare i vari accordi che costituiscono il sistema commerciale multilaterale che, grazie ai risultati raggiunti con l'Uruguay Round, interessano, come si è visto sopra, anche settori in precedenza esclusi dal sistema GATT (per es., il settore dei servizi, il settore dell'agricoltura, quello dei tessili-abbigliamento). Tali accordi hanno realizzato un cambiamento significativo nella regolamentazione del sistema tariffario internazionale, sia riguardo alle aliquote, sia in materia di barriere non tariffarie. Gli accordi assumono particolare significato per avere affidato a un'istituzione permanente la gestione delle eventuali controversie e l'evoluzione della regolamentazione degli scambi commerciali. Costituiscono un esempio rilevante dei risultati dell'attività svolta a questo riguardo dalla WTO le intese concluse nel corso del 1997 per la liberalizzazione degli scambi delle tecnologie dell'informatica e delle telecomunicazioni, come pure dei servizi finanziari e assicurativi, con le quali si è colmata un'importante lacuna nei risultati raggiunti nell'ambito dell'Uruguay Round. Alla WTO, infine, è attribuito il compito di sviluppare la cooperazione con le altre organizzazioni internazionali, in particolare con il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale "per rendere più coerente la determinazione delle politiche economiche a livello globale" (art. III/5).
La connessione tra questioni del commercio, avvenimenti monetari e sviluppo delle economie era riconosciuta già in numerosi articoli del GATT che prevedeva, per es., un accordo di collaborazione tra parti contraenti del GATT e Fondo monetario per "perseguire una politica coordinata in materia di cambi, restrizioni quantitative e altre misure commerciali". Certamente, però, la struttura originaria di accordo multilaterale del GATT ha limitato le possibilità di concertazione internazionale con le due istituzioni di Bretton Woods. Alla WTO, questo coordinamento dovrebbe risultare più facilmente realizzabile.
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