Istorija Asi Kljačinoj, kotoraja ljubila, da ne vyšla zamuž
(URSS 1966, 1988, Storia di Asja Kljacina che amò senza sposarsi, bianco e nero, 97m); regia: Andrej Michalkov Končalovskij; produzione: Goskino II; sceneggiatura: Jurij Klepikov; fotografia: Georgij Rerberg; montaggio: L. Pokrovskoj; scenografia: Michail Romadin.
Asja, giovane contadina zoppa di un kolchoz, è incinta di Stepan, che non vuole saperne né di lei né del bambino. Ma Asja continua ad amarlo e non accetta le proposte di matrimonio del trattorista Čirkunov, che una volta, un po' ubriaco, tenta goffamente di baciarla con la violenza. Per il compleanno di Asja, lo spasimante le regala un paio di scarpe coi tacchi e la ragazza è felice, ma Stepan sembra ingelosirsi e la schiaffeggia. All'ennesimo rifiuto di Asja, Čirkunov lascia il villaggio. Una notte, mentre stanno ritornando al kolchoz, Asja e Stepan si perdono; la donna dà alla luce il bambino, maldestramente aiutata dal suo seduttore. Sono dei militari dislocati in campagna per le manovre a venir loro in soccorso e ad accompagnarli al villaggio. Sull'aia si fa festa: Stepan, che la nascita del figlio ha trasformato, progetta di vivere assieme ad Asja, ma ora è la giovane ad avere cambiato idea.
Opera seconda di un nipote, figlio e fratello d'arte (il nonno e il bisnonno furono pittori, il padre, poeta, scrittore e giornalista, è autore delle parole dell'inno sovietico, la madre è stata poetessa, scrittrice e traduttrice, il fratello minore è il celebrato Nikita Michalkov), già sceneggiatore per Tarkovskij (Katok i skripka ‒ Il rullo compressore e il violino, 1961, Andrej Rublëv), nonché regista, all'esordio, dell'eccellente Pervyj učitel′ (Il primo maestro, 1965), il film fu girato in Kirghizistan. La sceneggiatura di Jurij Klepikov si prestava alla realizzazione dell'ennesimo prodotto nell'ambito di un genere all'epoca molto diffuso, il cosiddetto 'kinokolchoz'. Andrej Michalkov Končalovskij ne rifiuta gli stereotipi e le banalizzazioni e, pur mettendo in scena la sempiterna anima rurale della Gran Madre Russia, la fa interagire in maniera vivacissima con la Storia e la cronaca. Così, nel villaggio, oltre che di piani quinquennali, si parla anche di NATO e guerra del Vietnam, il lungo racconto di un reduce dal gulag affronta con pacatezza ma anche con decisione gli orrori dello stalinismo affidandoli alla consapevolezza di ciascuno, mentre le Fiat a venire e una radio che diffonde Non ho l'età eseguita da Gigliola Cinquetti sono il sintomo degli influssi di un Occidente in apparenza così lontano da quelle terre e da quella cultura. Questo microcosmo, restituito con uno sguardo fenomenologico che si affida alla libertà e alla vivacità dello schizzo, è attraversato da una figura di donna fuori dagli schemi a cominciare dall'handicap fisico. Il tenace attaccamento di Asja alle ragioni dell'amore, fino a trascurare le convenienze sociali, non ha tuttavia nulla di schematico o 'ideologico', è insomma più femminile che femminista, incardinandosi nel buon senso e nel senso dell'umorismo a esso correlato. Končalovskij affida questo ruolo alla straordinaria Ija Savvina di Dama s sobačkoj (La signora dal cagnolino, 1960) di Josif Chejfic, riuscendo ad armonizzare la sua grande tecnica con la spontaneità dei non attori che costituiscono la grande maggioranza del cast, in un pullulare di personaggi, piccoli e grandi, che trasferiscono su un piano di commedia il lirismo di Dovženko (la sequenza iniziale, col bambino addormentato nel grano) e l'epos di Ejzenštejn (Aleksandr Nevskij, 1938, per la narrazione della leale contesa dei due pretendenti alla conquista di una donna, e soprattutto Staroe i novoe ‒ Il vecchio e il nuovo, 1929, per quella sorta di orgasmo a cui allude il tubo che fa schizzar fuori il grano dopo la trebbia). Ma questo affresco mosso e commovente non rimanda solo ai classici. È infatti possibile ravvisarvi corrispondenze molto più attuali: con lo struggente presepe contadino di Vasilij Šukšin, con le libertà sintattiche di Kira Muratova, magari anche con l'onirismo e le frammentazioni narrative di Aleksandr Askol′dov. Il che non significa necessariamente mancanza di originalità: lo stile di Končalovskij, capace di inebrianti colpi d'ala, come l'incantevole, aerea sequenza in cui Asja esce con le scarpe e il vestito nuovi, mobilitando un po' tutto il villaggio, è certo riconoscibile nella sua fantasiosa e disinvolta contaminazione di modalità della messa in scena.
Nella reticente trasgressività del film si avverte tuttavia l''aria di famiglia' di un po' tutto il nuovo cinema sovietico degli anni Sessanta, con il quale, fatalmente, condivise anche i problemi con il potere. Annunciata nel 1966 col titolo di Asino ščast′e (Felicità di Asja), la pellicola venne infatti proibita dalla censura brezneviana ‒ "Questo film ha potuto farlo solo un agente della CIA", dichiarò un burocrate ‒ e riportata agli onori del pubblico solo nel 1987, in clima di glasnost. Sulla scia di questo 'scongelamento', nel 1994 Končaloskij girò, in coproduzione, il seguito Kuročka rjaba/Rjaba ma poule (Asja e la gallina dalle uova d'oro), attualizzando la vicenda, trasferendola su un piano più scopertamente comico e recuperando buona parte degli attori (Šurin, Egoricev, Sokolova) a eccezione della protagonista, per la quale fece ricorso a un'altra grande, Inna Čurikova.
Interpreti e personaggi: Ija Savvina (Asja Kljačina), Ljubov′ Sokolova (Mar′ja), Aleksandr Šurin (Stepan), Gennadij Egoricev (Saša Čirkunov), Ivan Petrov, M. Kislov, N. Nazarov, B. Parfenov, S. Parfenov, N. Serova, E. Assessorova, L. Zajceva, V. Krylov, F. Rodnonyecev, Kolja Pogodin.
A. Končalovskij, Testimonianza, in Aldilà del disgelo. Cinema sovietico degli anni Sessanta, a cura di G. Buttafava, Milano-Torino 1987.
F. Matteuzzi, Storia di Asja Kljačina che amò senza sposarsi, in "Cineforum" n. 277, settembre 1988.
C. Mazabrard, Le douloureux bonheur d'Assia, in "Cahiers du cinéma", n. 416, février 1989.
A. Lawton, Kinoglasnost′ ‒ Soviet cinema in our time, New York 1992.
F. Vigni, Andrej M. Končalovskij, Milano 1995.
Andrej Končalovskij ‒ I film, il cinema, a cura di M. Causo, E. Gaglianone, Torino 2003.