ISTRIA (XIX, p. 960; App. I, p. 742)
Il trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 ha spartito l'Istria fra la Iugoslavia (Repubblica croata) ed il Territorio libero di Trieste, il cui confine ha inizio alla foce del Quieto, di cui segue il corso fino a sud-est di Grisignana, donde procede verso Trieste secondo un tracciato che non si appoggia alla morfologia del terreno, ma taglia i territorî di varî comuni già appartenenti alla scomparsa provincia di Pola. Al Territorio libero di Trieste va perciò la parte più fertile e più densamente abitata della penisola sebbene anche quella assegnata alla Iugoslavia abbia notevoli risorse agricole e soprattutto industriali. In essa sono infatti compresi i giacimenti di bauxite di Albona, Gimino, Pisino, Visinada, che producono 370.000 t. annue, e le miniere di Arsia, il cui carbone - estratto nella quantità di 1 milione di t. all'anno, da 150 km. di gallerie - è portato da una ferrovia elettrica all'apposito porto di Valdivagno. Oltre all'industria estrattiva compirono grandi progressi, sotto l'amministrazione italiana, la viabilità e l'approvvigionamento idrico della regione. La via Flavia, da Trieste a Pola, fu del tutto rettificata, mentre altre strade furono pavimentate e corrette. L'acquedotto istriano (v. questa App., I, p. 19) consta delle tre reti del Risano, del Quieto e dell'Arsa, che non sono ancora ultimate ed alle quali, nell'immediato anteguerra, si prevedeva di aggiungere le reti dell'Istria sud-occidentale (Pola) e delle isole di Cherso e Lussino.
Storia. - Nel settembre 1943 fu occupata quasi interamente da bande croate, alle quali si unirono elementi comunisti locali, sia italiani sia slavi. Ne derivò confusione, disorientamento generale ed una situazione caotica, in mezzo alla quale, accanto all'ideologia comunista e allo spirito nazionalista slavo, agivano rancori personali e la delinquenza comune, per cui gli atti di rappresaglia contro gl'Italiani spesso accomunarono in una medesima tragica sorte esponenti fascisti e vittime innocenti. Si calcola che il loro numero si aggiri sui 600, dei quali moltissimi precipitati nelle "foibe". Seguì (autunno 1943), per reazione, il rastrellamento delle SS, che si svolse in mezzo a bombardamentì aerei, incendî, saccheggi e stragi, in cui sembra trovassero la morte 10.000 persone. Più tardi la resistenza cominciò ad essere organizzata sotto il controllo di elementi slavi che facevano capo a Tito. Costoro procurarono di ottenere la collaborazione anche delle personalità più in vista fra i democratici italiani, ma non fu possibile raggiungere la base per una azione comune, ostandovi le reciproche animosità nazionali, forti negli Italiani, fortissime negli Slavi.
Dopo il tracollo tedesco (fine aprile-primi maggio 1945) si ebbe in tutta l'Istria (tranne, dopo il 12 giugno 1945, la città di Pola, occupata da truppe inglesi) la seconda occupazione iugoslava, contrassegnata da nuovi eccessi. Il partito comunista e le sue filiazioni istituirono un gran numero di organi amministrativi denominati comitati popolari (rionali, cittadini, di villaggio, di circondario, ecc.) ai quali furono affidati poteri illimitati e senza controllo. Ma l'incompetenza dei nuovi amministratori, la separazione dal centro naturale di Trieste, l'emissione incontrollata di una carta moneta senza copertura, ed una riforma agraria attuata soprattutto con criterî di rappresaglia contro avversarî politici, portarono al marasma economico della regione. Una gran parte della popolazione italiana è stata costretta dalla situazione ad esulare già prima dell'assegnazione di gran parte dell'Istria alla Iugoslavia. Dalle cittadine della parte ceduta alla Iugoslavia (la minor parte, nord-occidentale, è giuridicamente nel Territorio libero di Trieste, ma presidiata da autorità militari e civili iugoslave) si sono allontanati dai due terzi ai quattro quinti della popolazione complessiva.
Bibl.: CLN per l'Istria, L'Istria oggi, Trieste 1946.