ISTRUZIONE
(XIX, p. 688)
Il nesso sapere-istruzione. - Da tempo ormai tematiche tipiche dell'i. si fanno rientrare nel quadro più generale della ricerca educativa. Lo stesso termine istruzione cede il passo un po' dovunque a quello più comprensivo di educazione, non senza influenza dell'uso che tale termine ha nella tradizione anglosassone. Tuttavia, eccettuato qualche ambito definito, quale quello della progettazione curricolare (v. curricolo, in questa Appendice) − il cui livello di formalizzazione teorica consente però scarsi agganci alla concreta pratica dell'i. − il maggiore interesse della ricerca psico-pedagogica e di scienze dell'educazione viene rivolto ai processi di apprendimento in quanto tali, alle condizioni e modalità del loro svolgimento (v. apprendimento, in questa Appendice); viene prestata, invece, scarsa attenzione alle modalità e ai contenuti specifici dell'apprendimento quale si realizza nelle istituzioni scolastiche. Per altro verso, quando storici e sociologi dell'educazione prendono in considerazione aspetti salienti della vita scolastica, questa interessa per lo più sotto il profilo degli obiettivi sociali e politici dell'intervento pubblico in campo formativo. Rimangono fuori, comunque, aspetti tecnici fondamentali dei processi istituzionalizzati d'istruzione. Quest'ultimo termine, pertanto, sembra ancora il più idoneo a designare contenuti, tempi e modalità organizzative della trasmissione del sapere nelle sedi istituzionali a ciò destinate.
Va precisato, intanto, che la nozione d'i. non coincide con quella d'insegnamento. L'''insegnare'', ossia l'imprimere ''segni'', a rigore potrebbe esaurirsi nella semplice prospettazione ordinata di nozioni a soggetti in qualche modo interessati a recepirli. L'''istruire'' è, invece, attività alquanto più complessa, poiché mira a fornire ''strutture'', cioè a far apprendere un insieme coordinato di conoscenze, e implica l'attiva partecipazione del soggetto interessato ovvero una comunicazione interattiva fra docente e discente. Questi viene guidato, attraverso una serie di successive formulazioni di temi e problemi, a sviluppare le capacità di "afferrare, trasformare e trasferire ciò che apprende" (Bruner 1960). Lo scopo è di mettere il destinatario dell'i. in grado di padroneggiare sempre meglio un patrimonio via via più largo di cultura, di orientarsi in esso e di parteciparvi in maniera consapevole. "Ritenzione" e "trasferibilità" sono funzioni comuni a tutti i momenti dell'i. (Gagné 1965). Negli ultimi tempi alcune didattiche innovative hanno messo l'accento sulle procedure più che sui contenuti dell'apprendimento, fin quasi a sottovalutare il momento della memorizzazione. Questo, invece, oltre a corrispondere a ovvie esigenze di economia mentale, è condizione essenziale della stessa capacità di trasferire o utilizzare in situazioni nuove le conoscenze in precedenza acquisite. L'indagine, poi, intorno alle componenti affettive dell'i. risulta certo utile quando si tratta di adattare l'intervento formativo nel tentativo di superare gli ostacoli d'ordine psico-socio-ambientale che si frappongono al corretto ed efficace svolgimento dell'azione educativa. Ma anche in tali circostanze non va perso mai di vista che l'oggetto precipuo dell'i. è costituito dalla trasmissione-acquisizione di saperi, ovvero dallo sviluppo delle attività intellettive nei suoi diversi campi di applicazione. Proprio questo aspetto contraddistingue l'i. rispetto alla generale tematica educativa, senza che ciò autorizzi a vedere in quella una tecnica ''neutra'' sul piano dei valori. In altri termini: pur nella consapevolezza, oggi maggiore che in passato, della complessa interrelazione di fattori diversi che intervengono nell'esperienza, trova ancora nuova conferma la convinzione espressa dal pensiero filosofico moderno secondo cui la conoscenza, il sapere razionalmente acquisito, rappresenta la condizione prima della stessa educazione dell'uomo, sia sotto il profilo dell'autonomia e libertà personale dei singoli sia sotto quello dell'armonica convivenza civile e del progresso della società. Tutte le volte in cui tale criterio si è appannato, com'è avvenuto in tempi recenti sotto la spinta di ideologie variamente comunitarie o sociologizzanti, gli effetti negativi si sono fatti sentire in modo consistente sui sistemi scolastici, in particolare sulla qualità e l'efficacia dei livelli di studio.
Se promuovere lo sviluppo delle capacità intellettive rappresenta lo scopo primario dell'i., questa non può che caratterizzarsi in primo luogo come trasmissione-acquisizione di saperi strutturati, cioè di conoscenze individuate nella logica interna a ciascun campo di esperienza culturale, nelle connessioni e condizioni del loro porsi e del loro farsi. Coerentemente, allora, si parla d'i. sistematica, proprio per distinguerla da ogni altra fonte o agenzia informativa, che, in quanto tale, non cerca le ragioni dei dati, dei temi o modelli proposti, e si esaurisce perciò nell'episodicità delle circostanze che l'occasionano. La segnalata correlazione fra i. e sapere garantisce la stessa autonomia dei processi d'i., in quanto questi non possono porsi finalità esterne ai bisogni di conoscenza senza diventare strumento di ideologie di parte, religiose politiche o economiche che siano. Il medesimo criterio induce, poi, a evitare ogni astratta distinzione fra contenuti e metodi d'insegnamento, giacché i metodi non possono che essere relativi ai contenuti e questi, a loro volta, non s'intendono senza quelli. La formula ''apprendere ad apprendere'', che tanta fortuna ha avuto fra i recenti orientamenti pedagogici, non può nascondere i pericoli e i ritardi di un insegnamento scolastico troppo disancorato dai contenuti certi del sapere, sia esso scientifico tecnico umanistico o sotto qualsiasi altra forma si presenti; quella formula, anzi, finisce per risultare disorientante nei confronti dei discenti quando essi si trovano impegnati in lunghi corsi d'i. privi di un ancoraggio culturale preciso o che non danno una sicura chiave di lettura e comprensione della realtà.
L'i., inoltre, al pari dei campi di sapere che s'incarica di far conoscere, ha natura processuale, nel senso che si sviluppa e si rinnova di continuo; non è data una volta per tutte, in via definitiva. Essa ripercorre sul piano soggettivo, nelle forme che l'economia mentale consente, la via seguita dal sapere nella sua evoluzione storica. Gli avanzamenti delle conoscenze non possono rimanere estranei alla formazione di chi vive consapevolmente il suo tempo; perciò si dice che l'educazione in realtà dura tutta la vita o quanto meno impone frequenti aggiornamenti. Tuttavia, senza la padronanza delle strutture basilari di un sapere, che costituisce il compito vero dell'i. formale, nessun aggiornamento diventa in seguito possibile. Assume perciò particolare rilievo quella fase iniziale della vita, dalla preadolescenza all'età giovanile, in cui si presentano le migliori condizioni psicologiche e sociali per seguire con profitto corsi d'i. organicamente impostati e fra loro collegati secondo un ordine di progressivo approfondimento-specificazione delle conoscenze e degli interessi di studio.
Il fattore tempo nell'istruzione.- Il principio di progressività negli studi, ora richiamato, sottolinea l'importanza del fattore tempo nell'organizzazione dei processi d'istruzione. Tale fattore va considerato con riguardo sia alle fasi e condizioni dell'apprendimento, sia alle modalità e procedure dell'insegnamento, sia infine alle condizioni organizzative dei corsi d'i. in cui quei due primi momenti devono trovare un'opportuna correlazione. I tre momenti si richiamano reciprocamente; nella concreta realtà didattica non è facile distinguerli.
A parte gli stimoli e le abilità acquisite dal soggetto in tempi relativamente brevi e in condizioni anche informali di apprendimento, vi sono regole, abilità, tecniche e quindi conoscenze e capacità superiori che esigono un tempo prolungato di esposizione in situazioni preordinate e controllate, a cui appunto provvedono le istituzioni scolastiche. Ma anche in tale contesto va tenuto conto, oggi molto più che in passato, di quell'ampia gamma di informazioni che il fanciullo e il giovane attingono dall'ambiente esterno alla scuola (dai massmedia in modo particolare). Ciò pone problemi nuovi di dosaggio e interrelazione fra le diverse fonti di apprendimento; fra l'altro consiglia di orientare l'intervento scolastico in termini più qualificati e complessi che in passato. Per es. l'acquisizione di capacità linguistico-logico-matematiche dev'essere oggi in una certa misura anticipata e risultare alquanto più consistente di quando rientrava nelle tradizionali competenze della scuola primaria o elementare. Gli studi di B.S. Bloom, J.B. Carroll e di altri prendono in considerazione l'evoluzione dell'apprendimento in funzione della durata di esposizione dell'allievo a un particolare contenuto. Attraverso una metodologia imperniata sulla padronanza, in cui le unità di apprendimento sono ordinate in modo che non si passa alla successiva se la precedente non sia stata acquisita, si riesce a far diminuire il tempo necessario all'apprendimento anche per gli allievi più deboli; inoltre, "il tasso di performance degli allievi migliora via via che essi avanzano nel programma", e le stesse "differenze tra gli studenti si riducono" (così De Landsheere [1971] riassume i risultati di Bloom). Si possono individuare più fasi in una sequenza di apprendimento, da quella di registrazione a quella di memorizzazione e recupero delle conoscenze, ognuna delle quali richiede tecniche opportune (Gagné 1965). Il processo dovrebbe ispirarsi di norma al principio di gerarchia degli apprendimenti, in base al quale una conoscenza di ordine superiore viene appresa più facilmente se le conoscenze di ordine inferiore, da quella presupposte, sono state acquisite prima e la memoria le rende disponibili. Le nuove acquisizioni devono essere conservate per un certo tempo e soprattutto risultare inserite in un contesto più ampio. In questo caso, "il risultato diventa a sua volta una motivazione di partenza per un nuovo e più complesso apprendimento" (Montuschi 1977). Si può affermare, pertanto, che una corretta valutazione del rapporto tempo/apprendimento suggerisce di organizzare la materia di studio secondo una gerarchia di sequenze logico-temporali di complessità crescente.
Ciò porta a considerare con analoga attenzione anche l'altro versante dell'interrelazione educativa, vale a dire l'insegnamento e le sue procedure. Su questo fronte, la ricerca educativa è venuta puntualizzando alcune specifiche strategie. Il Mastery Learning si caratterizza come una metodologia d'i. individualizzata che si ripropone di apprestare le condizioni opportune per superare la tradizionale distinzione degli allievi in veloci, normali e lenti, e mettere l'intero gruppo in grado di raggiungere l'obiettivo finale. Nella stessa chiave possono essere lette le procedure dell'i. programmata (J.L. Pressey, B.F. Skinner, N. Crowder). Ma indipendentemente da tali sistemi, che rimangono peraltro di limitato impiego, viene ampiamente riconosciuto oggi come le normali procedure d'insegnamento non possano non essere considerate e valutate in relazione a quella serie di momenti che risultano essenziali per la piena efficacia dell'insegnamento stesso (dalla messa in atto degli stimoli opportuni a indirizzare e a mantenere desta l'attenzione dei soggetti, alla presentazione piana e coerente degli argomenti di studio; dalla segnalazione delle connessioni fattuali e critiche fra il tema trattato e le conoscenze precedentemente acquisite, alla verifica dei vari elementi del messaggio educativo). Pur variando in funzione della materia trattata e del livello di scolarità, l'estensione o durata di detti momenti va comunque programmata almeno nelle sue linee essenziali, secondo piani di lavoro che tentino di equilibrare le esigenze specifiche della materia di studio e quelle del processo didattico che ne deve garantire un efficace apprendimento. Tale compito può risultare facilitato dalla divisione della materia in unità didattiche, elementari ma organiche, e dalla loro connessione in base a precisi criteri sequenziali (Pellerey 1976).
Le due dimensioni ora richiamate, relative l'una alle esigenze psicologico-temporali dell'apprendimento e l'altra alle modalità di svolgimento dei contenuti d'insegnamento, trovano la loro naturale sede d'incontro in una coerente sistemazione dei corsi di studio affidati alla scuola e alle istituzioni formative. Tenuto conto della segnalata priorità del nesso istituzione-sapere, si può considerare l'i. come un processo organizzato dei tempi d'insegnamento-apprendimento in base a livelli definiti di progressiva specificazione e qualificazione degli studi. Il fattore tempo si manifesta, in questo caso, quale durata conveniente di ciascun livello o grado d'i. e quindi dell'intero ciclo d'i. previsto dagli ordinamenti.
Un richiamo alle situazioni di fatto è qui opportuno. Fino ad alcuni decenni fa, nella maggior parte dei paesi convivevano due principali percorsi d'i.: uno di durata alquanto limitata, destinato alla generalità dei ragazzi e diretto a dare quella formazione di base che si riteneva indispensabile per ogni cittadino prima del suo ingresso nel mondo del lavoro, salvo l'integrazione con brevi corsi successivi di prima formazione professionale; l'altro percorso, più completo e di lunga durata, comprendeva più gradi d'i. fino all'università, e veniva di fatto destinato a quella minoranza di studenti che erano in grado di dedicarsi così a lungo agli studi.
Tale situazione dicotomica è dovunque ormai in via di superamento. Indicativo di ciò è la progressiva estensione dell'obbligo scolastico, che nei primi decenni del secolo riguardava non più dei primi cinque-sei anni di scuola, mentre negli ultimi tempi è stato esteso ai primi otto-dieci anni e in qualche paese fino a dodici. Ma, al di là dell'obbligo formale e dello stesso sostegno fornito dalle politiche di diritto allo studio, è stata la consapevolezza maturata nei singoli e nelle comunità a premere per corsi d'i. prolungati e via via più qualificati sul piano sia della formazione generale che di quella professionale. A favorire questa consapevolezza sono state non solo generiche spinte di promozione sociale dei singoli e delle famiglie, ma anche le nuove realtà del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni, nonché i maggiori bisogni di orientamento culturale espressi dalle società complesse in cui viviamo. Una risposta adeguata a così differenti esigenze non può limitarsi a preventivare, per la generalità dei cittadini, tempi più lunghi di esposizione ai processi formativi, aumentando semplicemente la durata dei corsi di cultura generale. La via da seguire sembra essere quella di corsi di progressiva specificazione e concentrazione degli interessi di studio, poiché solo percorsi di questo tipo possono arrivare a mettere i soggetti in grado di padroneggiare almeno un campo specifico di sapere e di trarre da ciò una reale capacità di comprensione e di orientamento nel più generale contesto di vita. Tale capacità non può certo scaturire da una gamma eterogenea e superficiale di conoscenze.
Livelli o stadi dell'istruzione. - Gli ordinamenti scolastici contemporanei trovano quindi nuove ragioni a contrassegnare nel senso sopra indicato le diverse fasi o stadi dell'istruzione. Questi ormai interessano tutti i soggetti in età scolastica e si propongono di contemperare le vocazioni o interessi differenziati dei singoli con la pari efficacia pedagogico-culturale dei corsi da essi seguiti. In questa logica, sono almeno tre gli stadi del processo d'i. che devono essere qui considerati. Ciascuno di essi, invero, risponde a una specifica funzione formativa, ha obiettivi ben definiti da conseguire, presenta una propria autonomia organizzativa e didattica. Non di meno i differenti stadi devono sempre meglio configurarsi come fasi di un unico percorso di studi, che ha una sua logica interna di sviluppo.
Il primo stadio corrisponde al periodo della cosiddetta ''seconda infanzia''. In questo caso gli ordinamenti positivi si corrispondono, prevedendo una durata massima di quattro-sei anni di scuola primaria. Durante tale periodo, di particolare delicatezza per la personalità infantile, è naturale che l'istituzione scolastica presti particolare attenzione all'educazione morale e fisica dei bambini a essa affidati e che solleciti ed educhi varie capacità in campo espressivo, comunicativo e sociale. Tuttavia, il suo compito primario resta quello di promuovere le abilità linguistico-logico-matematiche, le quali oggi, forse più che in passato, rappresentano la base necessaria di ogni esperienza culturale e la condizione preliminare per l'ulteriore cammino differenziato dell'istruzione. Alcuni ordinamenti scolastici, poi, non senza motivate ragioni pedagogiche, fanno seguire alla fascia tradizionale dell'i. primaria o elementare alcuni anni di scuola unitaria ma di carattere prevalentemente orientativo in vista della scelta dell'indirizzo di studi successivo. In tal caso appare giustificato quel ricco ventaglio di materie che di solito ne caratterizza il piano di studi. Si tratta di una scuola che, anche quando considerata come primo grado dell'i. secondaria, in effetti può ritenersi una prosecuzione e completamento della scuola primaria, a cui l'avvicinano l'impianto didattico e l'unicità del corso. Tale soluzione non è necessariamente connessa al problema dell'obbligo scolastico, benché di fatto nella maggior parte dei sistemi d'i. le due circostanze vengano a coincidere. In effetti non c'è alcuna ragione logica o pedagogica che induce a legare l'obbligo scolastico con l'unicità del corso di studi. Semmai va ribadito, anche sulla base delle recenti esperienze internazionali, che un curricolo unitario molto prolungato, al di là cioè dei primi sette od otto anni di scuola, finisce inevitabilmente, da un lato, per mortificare le differenti vocazioni dei singoli, e quindi la loro motivazione allo studio, dall'altro lato per comprimere in modo consistente i tempi necessari alla qualificazione e all'approfondimento dell'i. successiva.
Il secondo stadio della formazione coincide con l'i. secondaria in senso proprio (in Italia, con l'i. secondaria superiore), la cui durata varia dai tre ai cinque anni. In quasi tutti gli ordinamenti scolastici questa fascia d'i. comprende, per lunga tradizione, due grandi aree scolastiche: una relativa a indirizzi tecnico-professionali, e una caratterizzata da indirizzi più spiccatamente culturali o pre-scientifici. Il primo tipo di scuola secondaria, assai diffusa ovunque poiché assorbe gran parte della popolazione studentesca in tale fascia di età, è sottoposto già da alcuni anni a sensibili trasformazioni, sulla spinta delle esigenze espresse dalla società civile, in particolare dal mondo della produzione, dei servizi e delle professioni. La complessità crescente in questi settori, e soprattutto l'innovazione continua a cui essi sono sottoposti, sotto il profilo sia produttivo sia organizzativo e gestionale, esigono competenze e abilità di più affinato livello che non possono essere assicurate da una preparazione di tipo essenzialmente tecnico e applicativo quale quella in sostanza finora fornita dalle tradizionali scuole tecniche e professionali. Si manifestano in conseguenza, dove più dove meno, alcune linee di tendenza così riassumibili: incremento nel curricolo dello spazio destinato alla preparazione culturale, sia umanistica sia scientifica, in grado di promuovere quelle maggiori capacità di orientamento, duttilità o flessibilità, ma anche di progettualità e di autoaggiornamento, richieste oggi dal mercato del lavoro e, più in generale, dalla società civile; tentativo di superare la parcellizzazione spinta degli indirizzi tecnico-professionali, individuando grandi sfere di competenza tecnologica, curata più nei suoi fondamenti comuni che nelle specificazioni settoriali; progressivo trasferimento della formazione professionale specialistica, anche quella relativa agli impieghi o professioni di medio livello, in istituzioni d'i. post-secondaria di ciclo breve.
Tutto ciò avvicina di fatto l'i. di questo tipo a quella curata da tempo negli istituti del secondo tipo, vale a dire nei corsi d'i. liceale o assimilata. La caratteristica saliente di tali corsi, raramente dotati di finalità professionalizzanti, è data da un piano di studi centrato su una grande area di sapere, non specialistica ma definita e organica, in ordine alla quale viene promossa una preparazione accurata, non ancora rigorosamente scientifica e tuttavia comprensiva degli elementi di fatto, metodologici e critici, propri di quella determinata sfera di esperienza culturale. Il sapere storico, le lingue e letterature, le arti, le scienze fisico-matematiche, le scienze sociali costituiscono altrettanti nuclei culturali attorno a cui, più frequentemente, si organizzano e si sviluppano i diversi indirizzi dell'i. secondaria di tipo liceale. Ciò risponde a un'impostazione pedagogica non solo collaudata da una grande tradizione storica, ma tuttora confortata, là dove continua a essere sperimentata con coerenza, dai migliori risultati sia in merito alla maturazione intellettuale dei singoli sia in ragione della sua efficacia per la prosecuzione degli studi in sede universitaria.
Il terzo stadio è contrassegnato appunto dall'i. superiore, la cui fruizione non può più oggi essere considerata privilegio di una ristretta minoranza di studenti. I nuovi bisogni delle economie e delle società complesse inducono infatti le politiche di molti paesi a favorire e sostenere, con interventi di varia natura, l'espansione di tale fascia d'i., la quale viene sempre meglio articolandosi al suo interno in funzione di un più ampio ventaglio d'interessi culturali e professionali. Da un lato si vanno diffondendo istituti e corsi d'i. postsecondaria, in prevalenza di ciclo breve (due o tre anni); questi rilasciano titoli di studio che abilitano all'esercizio di impieghi e professioni per i quali non è necessario il possesso del tradizionale diploma universitario ma risulta ormai inadeguato il semplice diploma di scuola secondaria. Dall'altro lato continuano a svilupparsi gli antichi corsi universitari, sia sotto il profilo dell'incremento dei suoi fruitori sia sotto quello dell'arricchimento delle proposte formative offerte. Tale sviluppo deve tuttavia fare i conti con il difficile dosaggio fra i due compiti istituzionali dell'università: quello didattico, che esige oggi più spazio per corrispondere alle esigenze formative di una popolazione studentesca eterogenea, e quello propriamente della ricerca scientifica, che specie in alcuni settori richiede mezzi e impegni di consistenza maggiore che in passato. La caratteristica dei due suddetti percorsi d'i. superiore è costituita dalla relativa specializzazione degli interessi di studio. La differenza fra loro, peraltro non facile da segnare sul terreno concreto, è data dal fatto che nel primo caso ci si trova di fronte a una specializzazione di tipo tecnico-operativo o senz'altro applicativa, nel secondo caso, invece, a una specializzazione orientata in senso scientifico, sebbene neppure in questo secondo caso siano esclusi collegamenti con le professioni di più alto livello.
Non si fermano qui le possibilità di sviluppo degli attuali sistemi d'istruzione. Si può ormai parlare con ragione di un quarto livello di studi, certo di consistenza limitata rispetto ai tre stadi precedentemente indicati, ma che tuttavia sta assumendo dimensioni apprezzabili in tutti i paesi avanzati, ed è anzi destinato probabilmente ad allargarsi in futuro. Pur senza riproporre i tipici modelli organizzativi dei processi d'i. consolidata, tale più elevato livello di studi trova applicazione in entrambe le direzioni che abbiamo visto interessare l'i. a partire dal suo secondo stadio: la direzione per così dire applicativa o professionale e quella di preminente interesse culturale-scientifico. Anche qui una separazione netta fra i due fronti non è sempre possibile. Si tratta in ogni caso di iniziative di alta specializzazione, gestite da università, centri di ricerca, enti pubblici, spesso con la partecipazione di gruppi industriali o di altre compagnie private interessate. Nel versante della ricerca scientifica rientrano i corsi di specializzazione e di perfezionamento, il dottorato di ricerca e altre forme più libere e personali di specializzazione. Sull'altro versante vanno registrati diversi tipi di scuole, stages, masters per dirigenti di azienda, operatori economici e finanziari, esperti o specializzati in vari campi del cosiddetto ''terziario avanzato''.
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