Szabó, István
Regista cinematografico ungherese, nato a Budapest il 18 febbraio 1938. Tra gli autori più conosciuti e premiati del suo Paese, rappresentante del nuovo cinema che si poneva in linea di continuità con le nouvelles vagues europee degli anni Sessanta, ha realizzato opere animate da un vivo interesse per le vicende storiche dell'Ungheria, analizzate con grande acutezza e sensibilità narrativa. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti, oltre all'Oscar come miglior film straniero assegnato nel 1982 a Mephisto (1981), ha vinto nel 1967 il Gran premio al Festival di Mosca con Apa (1966; Il padre) e ha ricevuto per due volte l'Orso d'argento al Festival di Berlino, con Bizalom (1979, Fiducia) e con Édes Emma, drága Böbe (1992; Dolce Emma, cara Böbe).
Terminati gli studi liceali, nel 1956 S. si iscrisse alla Scuola superiore di teatro e cinema di Budapest, dove seguì i corsi di Félix Máriássy. Nell'ambito di quelle lezioni ebbe modo di vedere i film del Neorealismo e della nascente Nouvelle vague, opere che sarebbero sempre rimaste per il regista importanti punti di riferimento: a questo nuovo tipo di concezione cinematografica si richiamava già il cortometraggio da lui presentato come saggio di diploma, Koncert (1961, Concerto), che ottenne grandi consensi. Nello stesso anno, con alcuni suoi compagni di corso (tra cui i registi Pál Gábor e Ferenc Kósa e il direttore della fotografia Sándor Sára), rifondò lo studio Béla Balázs (nato come club di cinefili tre anni prima), che divenne un vero e proprio laboratorio sperimentale, frequentato da intellettuali come G. Lukács, e che permise ai giovani registi ungheresi di elaborare, collettivamente e in piena libertà, una propria nuova cinematografia. Dopo aver realizzato alcuni cortometraggi all'interno dello studio e aver lavorato come assistente alla regia, nel 1964 S. diresse il suo primo lungometraggio, Álmodozások kora (L'età dei sogni), film dai contenuti autobiografici, esplicitamente ispirato all'opera di François Truffaut, che descrive le esperienze, gli stati d'animo e gli interrogativi di un gruppo di giovani. Nel successivo Apa, definito dallo stesso S. 'l'autobiografia di una generazione', si narra la storia di un ragazzo che, ossessionato dalla figura del padre morto, lo idealizza creando una personale mitologia; il film, che nel personaggio del padre adombra il mito di Stalin, si confronta coraggiosamente con il recente passato ungherese. Gli avvenimenti politici del 1956 sono il punto focale di Szerelmesfilm (1970, Film d'amore), che racconta le vicissitudini di due giovani innamorati, cresciuti insieme e costretti poi a separarsi. In quest'opera S. mostra il dramma e la frattura vissuti dal suo Paese dopo la rivoluzione, così come in Apa aveva messo in scena gli anni dolorosi del secondo dopoguerra. Le speranze, i dolori e le memorie degli inquilini di un caseggiato di Budapest in procinto di essere demolito sono al centro di Tűzoltó Utca 25 (1973; Via dei pompieri 25), riuscito e ben strutturato ritratto collettivo che testimonia la capacità narrativa del regista. Ancora Budapest è lo sfondo dei due film successivi, Budapesti mesék (1976, I racconti di Budapest) e Bizalom, storia di un uomo e una donna che durante la guerra partecipano alla resistenza contro il nazismo, narrata da S. con sicurezza e senza enfasi.
Il riconoscimento a livello internazionale è stato poi confermato dal successo di Mephisto, tratto dall'omonimo romanzo di K. Mann che si ispira alle vicende vissute da Gustav Gründgens nel periodo del Terzo Reich. Il film, che si avvale dell'intensa interpretazione di Klaus Maria Brandauer, è una lucida riflessione sui rapporti tra gli artisti e il potere politico. Ancora Brandauer è stato il protagonista di Redl ezredes, noto anche come Oberst Redl (1985; Il colonnello Redl), incentrato sulla figura ambigua di un ufficiale asburgico che, divenuto una spia per opportunismo, si suicida poco prima dell'attentato di Sarajevo; vicino per contenuti e stile al precedente e come quello sceneggiato dallo stesso S. e da Péter Dobai, ha ottenuto il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes. La vicenda di Hanussen (1988; La notte dei maghi) ‒ quella di un soldato austriaco (ancora Brandauer) che, scopertosi veggente, viene prima usato e poi eliminato dal regime nazista ‒ conclude questa sorta di trilogia sulla solitudine, il potere e l'ineluttabilità della Storia. Nel 1990 S. ha realizzato, in Inghilterra, Meeting Venus (La tentazione di Venere), commedia poco convincente, con un cast internazionale, ambientata nel mondo dell'opera, tornando poi in Ungheria per dirigere Édes Emma, drága Böbe, disincantata analisi della situazione ungherese dopo la caduta del Muro di Berlino condotta mostrando le difficoltà di due insegnanti di russo che vivono nella Budapest post-comunista. Nel 1999 ha diretto Sunshine, saga in parte autobiografica che segue le vicende di una famiglia ebrea ungherese lungo diverse generazioni, mentre con Taking sides, noto anche come Der Fall Furtwängler (2001; A torto o a ragione) è tornato ai temi di Mephisto, analizzando il ruolo dell'artista nei regimi totalitari. Attraverso la struttura da film inchiesta e l'utilizzo di materiali di repertorio, viene narrata l'indagine compiuta nell'immediato dopoguerra da un ufficiale statunitense (Harvey Keitel) sul famoso direttore d'orchestra Wilhelm Furtwängler (Stellan Skarsgård), accusato di adesione al nazionalsocialismo e successivamente prosciolto dalle accuse.
B. De Marchi, István Szabó, Firenze 1977; B. Burns, Hungary, Trowbridge-Cranbury (NJ) 1996, pp. 88-105; J. Marx, Szabó István: filmek és sorsok (István Szabó: film e vicende), Budapest 2002.