Italia mediana
Italia mediana è l’appellativo, suggerito da Bruno Migliorini negli anni Cinquanta (Migliorini 1963: 177; e cfr. Pellegrini 1977: 30-31), per il territorio che comprende tutta l’area orientale e centro-meridionale delle Marche, dell’Umbria e del Lazio, e che ha come confine occidentale e settentrionale il fascio di isoglosse linea Roma-Ancona (➔ confine linguistico; ➔ isoglossa). Il termine fu impiegato dalla scuola di Migliorini (la prima attestazione sembra essere nel titolo di Castellani 1950) in riferimento particolare alla situazione degli antichi volgari; a Ignazio Baldelli soprattutto si debbono studi che favorirono l’affermarsi della denominazione (cfr. Baldelli 19832), consacrata definitivamente nel convegno del 1967, organizzato da Francesco Alessandro Ugolini, I dialetti dell’Italia mediana con particolare riguardo alla regione umbra (1970).
Gli studi geolinguistici e dialettologici che condussero all’individuazione dell’area risalgono però all’inizio del Novecento e si devono soprattutto a Clemente Merlo, il quale parlava di «zona marchigiana umbra romanesca» nel capitolo della Fonologia del dialetto di Sora, dedicato al «posto che spetta al dialetto di Sora nel sistema dei dialetti italiani» (Merlo 1920: 233-234). Ma lo studioso aveva già individuato tratti caratterizzanti i dialetti di quest’area in lavori precedenti (Merlo 1906-07; 1909; 1918). Un altro studio fondamentale per la definizione della tipologia areale è quello sulla Fonologia del dialetto della Cervara in provincia di Roma (Merlo 1922; cui si aggiunga per la Valle dell’Aniene La Dama di Guascogna 1930).
Per quanto riguarda la situazione dialettale contemporanea, l’area mediana può comprendere, in senso lato, basandosi fondamentalmente sul confine settentrionale degli esiti di -nd- > -nn- (ed esiti collegati), l’estrema Toscana meridionale a sud dell’Amiata e i territori umbri al confine con la Toscana per raggiungere il Tevere a Perugia, e arrivare fino all’Adriatico tra Ancona e Senigallia; in senso stretto invece il confine settentrionale coincide con la linea Roma-Ancona (cfr. Loporcaro 2009: 139-140).
L’area dialettale mediana comprende quindi il Lazio, l’Umbria e le Marche ad est e a sud di questo confine, con esclusione oggi dell’area laziale di sud-est, già appartenente al Regno delle due Sicilie, e della parte meridionale (a sud del fiume Aso) della provincia di Ascoli Piceno, ma comprendendo invece in Abruzzo due piccole aree, quella aquilana occidentale e quella marsicana occidentale (Avolio 1995: 31; Loporcaro 2009: 142; ➔ aree linguistiche). Va osservato però che nel passato tratti di tipo mediano sono stati riscontrati fino a Urbino, nelle Marche settentrionali, e nella Campania settentrionale. In epoca medievale proprio dall’Italia mediana sono pervenuti testi volgari di grande arcaicità e importanza: basti pensare, per i testi documentari, al Placito capuano (860) e a quelli campani immediatamente successivi, o alla Formula di Confessione proveniente da sant’Eutizio nei pressi di Norcia (XI secolo); e, per quelli letterari, al Ritmo cassinese della fine del XII secolo e al Ritmo su sant’Alessio, di area marchigiana meridionale, degli inizi del Duecento, per non parlare del Cantico di Francesco.
I territori di confine lungo la linea Roma-Ancona hanno presentato nel passato, e presentano in parte ancora oggi, tipologie in cui fenomeni mediani si incrociano con caratteristiche in genere toscane, per cui è stata proposta (Vignuzzi 1994: 365) la denominazione di dialetti para- o peri-mediani, per aree di transizione che comprendono oggi l’Anconetano centrale, il Perugino con parte dell’Umbria nord-occidentale, il Lazio a nord e a ovest del Tevere, e in Toscana dialetti come quello di Pitigliano (cfr. Loporcaro 2009: 140); Roma costituisce un caso a parte.
Molte delle caratteristiche dei dialetti mediani sono comuni a quelli alto-meridionali, per cui si può parlare (con Giovanni Battista Pellegrini 1977: 30-31) di un’area linguistica complessiva centro-meridionale che comprende anche la sezione meridionale estrema (Temistocle Franceschi per l’insieme dei dialetti mediani e alto-meridionali preferiva parlare di «area italica»; cfr. Avolio 1995: 32). Così è per tratti bandiera quali la chiusura metafonetica delle vocali toniche medio-alte (perlopiù sia da -u sia da -i ed -es latini); l’assimilazione progressiva di nd > nn e mb > mm (meno diffuso ld > ll); la sonorizzazione più o meno avanzata delle occlusive dopo nasale (e talora anche dopo r): dĕnte > [ˈdεnde] ([ˈdεndə]); e l’affricazione di s dopo n, l, r (quest’ultima arriva sino alla Toscana meridionale): [konˈʦiʎːi, ˈborʦa, ˈsalʦa] (spesso ulteriormente sonorizzati: [konˈʣiʎːi], [ˈborʣa], [ˈsalʣa]).
Tratti mediani tipici sono da considerarsi in primo luogo la distinzione, nel vocalismo finale, fra -u e -o latine ([ˈfilu] < filu(m) ma [ˈɔtːo] < octo; [ˈmɔro] < mŏrio «muoio» ma [ˈmoru] < mŏriunt «muoiono») e, a essa collegata, la presenza del (neo)neutro o «neutro romanzo» (cfr. Loporcaro 2009: 135-136; ➔ neutro), soprattutto nell’articolo determinativo e pronome clitico lo / lu (la presenza della -o e parallela assenza di metafonesi nei sostantivi e negli aggettivi neutri è molto meno diffusa). Ad es., a Rieti lo piagne «il piangere», lo rie «il ridere», lo siccu «il secco, la secchezza», lo prete «l’essere prete, il sacerdozio» contro lu siccu «quello secco», lu prete «quel prete particolare»; e ancora lo feru «il metallo in generale», ma lu feru attualizzato (ad es., lu feru da stiro); e nel maceratese abbiamo lu scuru «lo scuro, l’imposta», lu feru «il ferro da stiro o da calza» di contro a lo scuro «l’oscurità», lo fero «il ferro in generale».
La distinzione è particolarmente frequente con i dimostrativi, per cui a quistu e quillu «questa persona», «quella persona», si oppongono questo e quello «questa cosa», «quella cosa», «ciò». Si tenga presente che in buona parte dell’Italia mediana la -u del maschile palatalizza una -ll- precedente per cui al posto di lu si può presentare gliu o addirittura ju, mentre la -o del neutro non produce mai palatalizzazione.
Di particolare rilievo in tutta l’Italia mediana il diverso atteggiarsi della metafonesi delle vocali toniche medio-basse (nelle stesse condizioni sopra indicate). Si ha in genere la chiusura di un grado: [ˈbɛlːa] ma [ˈbelːu], [ˈbɔna] ma [ˈbonu] (tale metafonesi è denominata sabina o ciociaresca; cfr. gli esempi da morire sopra riportati; cfr. da ultimo Loporcaro 2009: 122); talora su base morfologica si può avere però anche la chiusura di due gradi, per cui a Cervara di Roma (Merlo 1909: 77) si ha [ˈmɛto] «mieto», ma [ˈmiti] «mieti», [ˈmitu] «mietono» (cfr. Maiden 1985; Vignuzzi 1988: 622; per ulteriori caratteristiche Loporcaro 2009: 135-142).
Mentre le Marche centrali e l’Umbria centro-orientale costituiscono due subaree dell’Italia mediana sostanzialmente compatte (Balducci 2000: 28-31, area centrale maceratese-fermana, distinta per altro dalla subarea fabrianese a ovest, 26-28; e rispettivamente Mattesini 2002), invece nel Lazio mediano è possibile riconoscere un’area reatino-sabina, l’area della valle dell’Aniene e quella ciociara occidentale e dei Monti Lepini. Tra i fenomeni caratterizzanti i dialetti della Valle dell’Aniene, spicca il cosiddetto vocalismo finale «cervarolo» per il quale una -u si conserva se la vocale tonica è estrema (cioè i, a, u ) mentre se la tonica è media la finale si apre in -o (Merlo 1920: 117-118; cfr. Vignuzzi 1988: 622-623): acitu, tantu, austu, ma pettu e mortu; in alcuni casi come, per es., beglio «bello» o cereveglio «cervello» la palatalizzazione di -ll- presuppone la presenza di un’antica -u apertasi in una fase successiva in -o.
Avolio, Francesco (1995), Bommèspre. Profilo linguistico dell’Italia centro-meridionale, San Severo, Gerni Editore.
Baldelli, Ignazio (19832), Medioevo volgare da Montecassino all’Umbria, Bari, Adriatica (1a ed. 1971).
Balducci, Sanzio (2000), Marche, in Profilo dei dialetti italiani, a cura di M. Cortelazzo, poi di A. Zamboni, Pisa, Pacini, 23 voll., vol. 10º.
Castellani, Arrigo (1950), L’area della riduzione di RJ intervocalica a J nell’Italia mediana, «Archivio glottologico italiano» 35, pp. 141-166 (poi in Id., Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza (1946-1976), Roma, Salerno Editrice, 1980, 3 voll., vol. 1º, pp. 423-449).
I dialetti dell’Italia mediana con particolare riguardo alla regione umbra (1970). Atti del V convegno di studi umbri (Gubbio, 28 maggio-1° giugno 1967), Gubbio, Centro di studi umbri.
La Dama di Guascogna e il re di Cipro. Novella di Giovanni Boccaccio (Dec. I, 9) tradotta nei parlari del Lazio (1930), in I dialetti di Roma e del Lazio. Studi e documenti pubblicati in memoria di Ernesto Monaci sotto il patrocinio del comune di Roma, Roma, Società Filologica Romana, 5 voll., vol. 5º/1 (Valle dell’Aniene. Trascrizioni fonetiche con commento linguistico di C. Merlo).
Loporcaro, Michele (2009), Profilo linguistico dei dialetti italiani, Roma - Bari, Laterza.
Maiden, Martin (1985), ‘Displaced’ metaphony and the morphologisation of metaphony, «Romance philology» 39, pp. 22-34.
Mattesini, Enzo (2002), L’Umbria, in I dialetti italiani. Storia, struttura, uso, a cura di M. Cortelazzo et al., Torino, UTET, pp. 485-514.
Merlo, Clemente (1906-1907), Dei continuatori del lat. ille in alcuni dialetti dell’Italia centro-meridionale, «Zeitschrift für romanische Philologie» 30, pp. 11-25, 438-454; 31, pp. 157-163.
Merlo, Clemente (1909), Gli italiani “amano”, “dicono” e gli odierni dialetti umbro-romaneschi, «Studj romanzi» 6, pp. 69-83.
Merlo, Clemente (1918), Del potere metafonetico, palatalizzante di lat. -Ŭ, -Ū, «Zeitschrift für romanische Philologie» 42, pp. 256-268.
Merlo, Clemente (1920), Fonologia del dialetto di Sora (Caserta), «Annali delle Università Toscane» 6, fasc. 5 (rist. anast. Bologna, Forni, 1978).
Merlo, Clemente (1922), Fonologia del dialetto della Cervara in provincia di Roma, in I dialetti di Roma e del Lazio. Studi e documenti pubblicati in memoria di Ernesto Monaci sotto il patrocinio del comune di Roma, Roma, Società Filologica Romana, 5 voll., vol. 2º.
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Vignuzzi, Ugo (1988), Marche, Umbria, Lazio, in Lexikon der romanistischen Linguistik (LRL), hrsg. von G. Holtus, M. Metzeltin & C. Schmitt, Tübingen, Niemeyer, 8 voll., vol. 4º (Italienisch, Korsisch, Sardisch), pp. 606-642.
Vignuzzi, Ugo (1994), Il volgare nell’Italia mediana, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 3° (Le altre lingue), pp. 329-372.