FALBO, Italo Carlo
Nacque a Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza, il 23 dic. 1876 da Giovanni Battista e da Maria Rosa Di Benedetto. A soli 16 anni il F. intraprese la carriera giornalistica, fondando a Cosenza (dove studiava al locale liceo) insieme con S. Rago La Nuova Rivista, un periodico letterario di cui fu anche direttore. In quegli stessi anni il F. iniziò a collaborare ad altri giornali come l'Avanguardia e il Mattino supplementare, allora diretto da Matilde Serao.
Nel 1894 il F. si trasferì a Roma, dove frequentò l'università laureandosi, nel 1903, in medicina e scienze naturali. Nel 1895 fondò, insieme con G. Mantica, U. Fleres, L. Pirandello e I. M. Palmarini, la rivista letteraria Ariel.
Questa rivista, oltre a pubblicare poesie e prose inedite di autori contemporanei, si caratterizzava per la posizione critica antidannunziana e per l'avversione alla corrente letteraria d'importazione francese.
A Roma il F. studiò anche musica, presso il conservatorio di S. Cecilia, e divenne poi critico musicale del quotidiano politico-letterario-scientifico La Capitale, di cui fu successivamente redattore capo e, dal 9 aprile al 6 giugno 1900, direttore. Alla vigilia delle elezioni del 3 e 10 giugno di quell'anno La Capitale prese posizione a favore del governo Pelloux per quanto, a suo giudizio, aveva fatto per risollevare le sorti dell'industria e dell'economia nazionale.
Sempre nel 1900 il F. fondò e diresse la rivista Cronache musicali illustrate e fece il suo esordio come musicista.
Compose l'operetta Giris, una parodia dell'Iris di Pietro Mascagni, e il balletto in sei quadri La Tzigana, che venne rappresentato al teatro Adriano di Roma.
La rivista Cronache musicali illustrate, alla quale collaboravano nomi famosi del teatro, della letteratura e della musica come L. Pirandello, Matilde Serao, R. Bracco, E. Corradini e don L. Perosi, allora direttore della cappella Sistina, oltre a seguire gli avvenimenti artistici in Italia, proponeva articoli e saggi di storia della musica, testi musicali rari o poco conosciuti. Un'altra caratteristica di questo periodico, che dal 10 genn. 1902 mutò la testata in Cronache musicali e drammatiche (da questa esperienza nascerà poi un'altra rivista, IlTirso, che il F. diresse dall'ottobre 1906 al giugno 1908), era l'apertura alla cultura di altri paesi, specialmente alla Francia e alla Germania, attraverso una serie di corrispondenze inviate dalle principali capitali europee.
Nel 1902 il F. entrò a Il Messaggero, dove prima si occupò di arte e letteratura e poi divenne inviato. Tra il 1905 e il 1906 curò per l'editore Voghera la pubblicazione di due volumi dell'Almanacco del teatro italiano. Si trattava di un annuario contenente commemorazioni di attori e autori scomparsi, critiche teatrali e musicali, brani di opere.
Nel primo volume vennero pubblicati un atto del Frutto acerbo di R. Bracco e una scena de Il diavolo e l'acqua santa di C. Bertolazzi, scritti sugli illustratori di manifesti teatrali, sui comici e una rassegna dei lavori rappresentati nel 1904. Il secondo volume venne arricchito di alcune rubriche e diede maggiore spazio alla lirica e ai lavori drammatici.
Nel luglio 1908 il F., nominato redattore capo de Il Messaggero, dovette abbandonare quel tipo di giornalismo artistico-letterario al quale sembrava particolarmente votato, per dedicarsi a un genere che lo poneva a più immediato contatto con il mondo della politica. In breve tempo percorse i vari gradi della carriera giornalistica, diventando, dal 16 ott. 1909, gerente responsabile de Il Messaggero (con l'ex direttore L. Cesana che ormai figurava solo come editore proprietario), quindi, dal gennaio 1910, reggente la direzione e infine, dal 12 ottobre dello stesso anno, direttore del quotidiano romano.
Il cambio della guardia al vertice del Messaggero avveniva in un momento di svolta nella vita di questo giornale. Il vecchio proprietario e direttore, L. Cesana era riuscito a saldare le tradizionali caratteristiche popolari de Il Messaggero a un deciso impegno democratico e anticlericale, che nel 1907 aveva portato il quotidiano a sostenere la candidatura di Ernesto Nathan a sindaco di Roma. Ma proprio all'indomani di questo successo, con l'elezione di Nathan, vennero accentuandosi in seno al giornale quelle tendenze nazionalistiche ben lontane dalla tradizionale linea politica.
"Questa ulteriore trasformazione del Messaggero - ha osservato G. Talamo - avviene tra il 1908 e il 1910 ed è da mettersi in relazione non con la successione di Raffaele Lucente ad Ottorino Raimondi, come reggente la direzione per il 1908, ma con il progressivo consolidarsi in seno al giornale della posizione di Italo Carlo Falbo" (Il Messaggero..., I, p. 265). Il Messaggero divenne allora fautore di una politica estera italiana da "grande potenza" e in linea con questa posizione condannava tutti quei partiti e movimenti che, a suo giudizio, incrinavano la compattezza nazionale.
Il Cesana, già da tempo deciso a liberarsi del giornale, nel 1911 lo vendette alla Società editoriale italiana, costituita dall'industriale G. Pontremoli e dal banchiere L. Della Torre. L'8 luglio 1915 venne poi costituita a Milano l'Editrice, società anonima, della quale il F. divenne azionista con una quota di 30.000 lire su un capitale sociale di 2.000.000 e che presto fu sotto il completo controllo dei fratelli Mario e Pio Perrone. Questi mutamenti di proprietari favorirono un certo miglioramento editoriale e la trasformazione politica del giornale diretto dal Falbo.
Il Messaggero accentuò la linea nazionalista, schierandosi nel 1911 a sostegno della impresa di Libia e celebrando poi con enfasi le gesta dell'esercito vittorioso. Allo scoppio del primo conflitto mondiale fu tra i primi a dichiararsi nettamente a favore dell'intervento italiano. Durante la guerra, anche Il Messaggero subì, sebbene in misura assai minore rispetto ad altri periodici, l'intervento della censura: contro di esso il F. protestò energicamente, non disdegnando peraltro di ricorrere a stratagemmi per eluderlo e far sì che il suo giornale non fosse penalizzato rispetto alla concorrenza. Il F. inviava, ad esempio, con molta lentezza le bozze da visionare, oppure pubblicava notizie come se fossero state riprese da altre già apparse.
Nel dopoguerra il F. intensificò il suo impegno politico candidandosi nelle elezioni del 16 nov. 1919. Entrò alla Camera come deputato di Cosenza, aderì al gruppo di democrazia liberale e si occupò in particolar modo di politica estera. Nell'estate del 1919, allorché in varie parti d'Italia si verificarono violente manifestazioni di protesta contro l'aumento dei prezzi dei generi alimentari, la linea de Il Messaggero registrò qualche oscillazione.
"Da un lato intendeva appoggiare Nitti e la sua politica rigorosa almeno nelle intenzioni, dall'altro era condizionato dalla lunga tradizione di giornale vicino ai bisogni e alla protesta delle classi popolari che gli impediva di usare toni di condanna netti e recisi" (G. Talamo, IlMessaggero..., II, p. 50). Anche di fronte all'impresa di Fiume il quotidiano mantenne, in un primo momento, una posizione oscillante tra la comprensione del sentimento che aveva ispirato Gabriele D'Annunzio e il richiamo al senso di disciplina. L'evolversi degli eventi consigliò poi una presa di posizione più determinata e Il Messaggero sostenne allora la necessità di "isolare l'incidente di Fiume senza diminuire il grande amore per la città contesa" (ibid., 14 sett. 1919).
Da allora la linea del quotidiano fu sempre meno favorevole alla politica nittiana e la sanzione definitiva di tale mutamento si ebbe con il passaggio della direzione dalle mani del F. a quelle del giolittiano V. Gayda. Il F., ancora per qualche tempo, proseguì la sua collaborazione a Il Messaggero e il 9 ag. 1921 scrisse un articolo nel quale - a sostegno dell'iniziativa di G. A. Colonna di Cesarò per un congresso nazionale democratico - auspicava un'intesa tra i partiti medi che avevano ancora la maggioranza "nella Camera e nel paese".
Mentre Il Messaggero abbandonava le posizioni nittiane, l'altro quotidiano romano, L'Epoca, già sostenitore di V. E. Orlando e di I. Bonomi, le assumeva a sua volta. Il 27 ag. 1922 il F. venne chiamato a dirigere L'Epoca, che versava in grave crisi finanziaria. La società editrice del giornale, del cui consiglio di amministrazione il F. era membro, era fortemente indebitata con il Credito italiano, la banca già proprietaria della testata. Il F., che aveva impresso a L'Epoca una linea nettamente antifascista, tentò di reperire i finanziamenti necessari a garantire l'autonomia del giornale. A questo scopo egli si recò anche a New York, ma le 50.000 lire mensili che riuscì ad ottenere risultarono inadeguate a saldare le pendenze con il Credito italiano. Questa banca fece allora valere i propri diritti e favorì la progressiva fascistizzazione della testata. Ancora il 29 ott. 1922 la sede de L'Epoca era stata assalita dalle squadre fasciste appena entrate a Roma, ma, di lì a qualche mese, il giornale era allineato alla politica del nuovo governo. Mentre, il 7 ag. 1923, la nomina di Titta Madia a vicedirettore sanciva questa svolta, il 19 ottobre il F. abbandonava la direzione del giornale.
Si trasferì subito dopo negli Stati Uniti, dove a New York assunse la direzione de Il Progresso italo-americano, il più grande quotidiano in lingua italiana che veniva stampato all'estero, nonché la presidenza della locale Società "Dante Alighieri". Negli Stati Uniti il F. mutò il suo atteggiamento nei confronti del fascismo. Una lettera del consolato italiano di New York, in data 3 marzo 1930, comunicava alle autorità italiane di Pubblica Sicurezza che negli ultimi tempi il F. aveva "sempre svolto, con la parola e con gli scritti, propaganda favorevole al fascismo" (Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario...). La sua affidabilità agli occhi del regime fascista venne confermata anche dal fatto che nel 1935 il F. diventò corrispondente dell'Agenzia Stefani.
Il F. morì a New York il 18 febbr. 1946.
Tra le opere del F. vanno ricordate: Profili calabresi, Castrovillari 1898; Ebe (versi), Roma 1898; La vita delle piante, Cosenza 1900; La nostra politica coloniale, Roma 1920.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1932, fasc. 414-49; A. Chierici, Il quarto potere a Roma. Storia dei giornali e dei giornalisti romani, Roma 1905, p. 119; I 508 deputati al Parlamento per la XXV legislatura, Milano 1920, p. 434; G. Lega, Cinquant'anni di giornalismo. Note e ricordi di un cronista, Roma 1930, pp. 221-227; Chi è? Dizionario degli italiani d'oggi, Roma 1931 e 1940, ad voces; Annuario della stampa italiana 1937-38, Bologna 1937, ad Indicem; L. Albertini, Epistolario 1911-1926, a cura di O. Bariè, Milano 1968, III, p. 1452; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, ad Indicem; V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità al fascismo, Bari 1976, ad Indicem; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dal 1900 al 1926, Roma 1977, ad Indicem; V. Castronovo-L. Giachieri Fossati-N. Tranfaglia, La stampa italiana nell'età liberale, Bari 1979, ad Indicem; G. Talamo, IlMessaggero e la sua città, I, 1878-1918, Firenze 1979, ad Indicem; II, 1919-1946, ibid. 1984, ad Indicem; G. Barbagallo, Nitti, Torino 1984, ad Indicem; G. Talamo-G. Bonetta, Roma nel Novecento. Da Giolitti alla Repubblica, Bologna 1987, ad Indicem; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848.., Milano 1940, p. 395; C. Schmidl, Diz. univ. d. Musicisti, Suppl., pp. 287 s.; Enc. Ital., App. II, I, ad vocem; F. Bortolotta, Parlamenti e governi d'Italia dal 1848 al 1970, Roma 1971, ad Indicem; Lessico univ. Ital., VII, Roma 1971, ad vocem.