CRISTALLI, Italo
Nacque l'8 ott. 1879 a Castel San Giovanni (Piacenza) da Pietro e da Vittoria Becca. Appena compiuti gli studi letterari si dedicò a quelli musicali, chiedendo in seguito - e ottenendo - dal marchese C. Pavesi Negri di frequentare la sua scuola di canto nell'istituto di S. Franca (ora liceo musicale G. Nicolini) e seguendo poi gli insegnamenti di un certo maestro Lombardi a Firenze.
Iniziò giovanissimo l'attività musicale con una serie di concerti e debuttò nel 1900 a Torino, interpretando la parte di Rodolfo ne La Bohème di G. Puccini: l'esito fu incoraggiante e il C. pur tra difficoltà di ogni genere ottenne ulteriori scritture, cantando, tra l'altro, ne La traviata di G. Verdi a Palermo. Almeno fino al 1904 non riuscì però ad emergere, pur facendo valere in ripetute occasioni le sue già rilevanti qualità vocali: dopo un ottimo Rigoletto, eseguito al teatro La Pergola di Firenze con M. Galvany e Titta Ruffo, cantò in Lohengrin di R. Wagner a Bergamo, al fianco di E. Bruno e sotto la sapiente e vigile bacchetta di T. Serafin. Qui, per la prima volta, la critica mise in evidenza le sue doti di vocalista (specialmente la chiarezza cristallina di un timbro personale e nel contempo pastosissimo) e anche la spigliatezza dei modi e del gioco scenico, seppur ancora non molto raffinato.
Il C. continuò a cantare in vari teatri italiani, ma già dalla stagione 1905-1906 emerse in campo nazionale: nel 1906 fu chiamato a Bari per la sua unica apparizione in questa città al teatro Petruzzelli (ancora in Rigoletto); a Novara (per Tosca con C. Melis); e alla fine dell'anno a Roma, al teatro Costanzi, ove con un ulteriore accostamento alle opere di R. Wagner (tredici rappresentazioni de Il crepuscolo degli dei insieme con L. Garibaldi, F. Cigada e G. Rossi) iniziò una collaborazione che durerà due anni.
Furono le sue recite nelle vesti di Sigfrido a destare una certa sensazione negli spettatori romani, e la critica non esitò a riconoscergli particolari meriti: nell'ambiente teatrale non a caso si definì "cristallina" la sua voce, con un gioco di parole "giustificato, perché il suo smalto era chiaro, levigato, con trasparenze e rifrazioni che realmente facevano pensare a un minerale incorrotto. Ma mentre timbri del genere, rari in ogni caso, sono per lo più caratteristici dei tenori di grazia, C. aveva poi il vantaggio di un considerevole volume e di acuti nitidi e squillanti" (E. Gara, in Enc. d. Spettacolo).
Ancora al teatro Costanzi di Roma affrontò il ruolo di don Josè in Carmen di G. Bizet, sebbene lo spettacolo fin dalla prima navigasse in mezzo a contrarietà di ogni genere, con sostituzioni della protagonista quasi ad ognuna delle dieci serate, e gazzarre del pubblico incattivito dagli esagerati interventi della claque (tra le protagoniste figuravano E. Fons, L. Garibaldi e G. Bellincioni). Seguì nello stesso teatro La figlia di Jorio di A. Franchetti (con L. Garibaldi e A. Magini Coletti), poi La traviata (con la famosissima Angelica Pandolfini) e nove rappresentazioni di Lohengrin con C. Gagliardi, entrambi al teatro Municipale di Reggio Emilia; nel settembre al teatro Regio di Parma Loreley di A. Catalani con E. Mazzoleni (e qui specialmente nellospossante lungo duetto del terzo atto il C. fu pari alla sua compagna per varietà di modulazioni e di accenti ottenuti mediante sapientissime colorazioni e sfumature della voce).
Giunto così al massimo delle sue possibilità espressive, curò con grande maestria il colore di ogni parola del testo attirando l'attenzione dei direttori d'orchestra di maggiore autorità, come L. Mancinelli, che lo chiamò per il ruolo di protagonista nella sua nuova opera Paolo e Francesca, presentata in prima assoluta l'11 nov. 1907 al teatro Comunale di Bologna (con E. Bianchini Cappelli, G. Pacini e G. Pini Corsi). Anche L. Mugnone lo convocò al teatro Costanzi di Roma il 25 marzo 1908, con l'approvazione di Puccini, per la prima rappresentazione romana di Madama Butterfly, a quattro anni dalla "prima" bresciana. A queste rappresentazioni assistettero l'autore e la regina: nel ruolo della protagonista si alternarono Maria Farneti e Carmen Melis, e il pubblico accolse con notevole entusiasmo l'ultima creatura pucciniana riservando particolari consensi al Cristalli.
Un successo di circostanza egli riportò con Sperduti nel buio di S. Donaudy, sempre a Roma nel 1908, e finalmente iniziarono anche per lui le trasferte all'estero: una tournée lo portò nell'America meridionale, fino in Cile, e a Santiago; tra le altre opere del suo repertorio interpretò Gli Ugonotti, di G. Meyerbeer. Nel gennaio 1909 fu al teatro Real di Madrid, ove cantò in Rigoletto a fianco di Graziella Pareto (in arte da pochissimi mesi) e ancora di Titta Ruffo: ormai era definitivamente lanciato nel firmamento delle celebrità internazionali e partecipò a una nuova tournée nell'America meridionale (tra l'altro, al teatro Colón di Buenos Aires ne La dannazione di Faust di H. Berlioz, con G. De Luca ed E. Petri, e Boris Godounov di M. Musorgskij, con E. Giraldoni e ancora E. Petri).
Nel dicembre dello stesso anno prese parte ad una eccezionale esecuzione de I maestri cantori di Norimberga di R. Wagner presentata per la prima volta al teatro S. Carlo di Napoli, sotto la concertazione attenta di C. Campanini: le accoglienze furono entusiastiche, giusto premio ad una esecuzione accuratissima.
Del resto, nel personaggio di Walter il C. superò davvero tutti gli altri tenori del periodo: la trasparenza del timbro, la sua corposità, la giusta estensione e l'abilità nel sottolineare le sfumature dell'accento con un fraseggio signorile ed espressivo al massimo grado, con "piano" e "pianissimo" di estrema suggestione, lo posero in evidenza, facendolo ricordare ancora oggi come il massimo interprete di quest'opera nei primi venti anni del secolo.
All'opera wagneriana seguì Loreley con S. Krusceniski, Madama Butterfly, La Bohème e, infine, La traviata con O. Boronat e R. Stracciari. Cantò poi in Lohengrin, dapprima al teatro Politeama di Firenze, con L. Cannetti e l'americana E. De Cisneros (maggio 1910), poi al teatro Comunale di Piacenza con T. Alasia; seguì Cavalleria rusticana, nello stesso teatro (febbraio 1911) e nell'estate una terza tournée nell'America meridionale, con un repertorio che comprendeva tra le altre opere anche Iris di P. Mascagni, Mefistofele di A. Boito, e Cavalleria rusticana. Lo stesso Mascagni lo invitò a "creare" per l'Italia il personaggio di Folco nell'Isabeau in contemporanea con B. De Muro il 20 genn. 1912: il C. sarà diretto dall'autore al teatro La Fenice di Venezia, con M. Llacer, T. Alasia ed E. Giraldoni mentre il De Muro canterà alla Scala di Milano e sarà diretto da T. Serafin. La nuova opera non sembrò molto adatta alle possibilità del C.: il 1° febbr. 1913 la eseguì ancora con la Llacer e G. Danise a Torino e il 29 marzo a Palermo, ma De Muro aveva fatto suo questo ruolo, identificandosi con esso al punto che perfino nella propria autobiografia farà riferimento a questa interpretazione intitolandola Quand'ero Folco (ed. a cura di C. Scano, Milano 1956).
Il C. intanto era stato chiamato negli Stati Uniti. Il 22 novembre 1913 si presentò al pubblico nordamericano di Brooklyn ne La Bohème, con L. Bori e D. Gilly, e quattro giorni dopo esordì al vecchio Metropolitan in Lucia di Lammermoor, di G. Donizetti, con F. Hempel, P. Amato e G. Rossi. Con la Hempel e Amato cantò anche ne La traviata del 2 dicembre a Brooklyn, e il 5 di nuovo al Metropolitan in Cavalleria rusticana (la stessa sera in cui Caruso esegui Ipagliacci, di R. Leoncavallo); nei primi mesi del 1914 esegui ancora La Bohème e La traviata, oltre a partecipare a quattro concerti prima di cantare, il 5 febbraio, sotto la bacchetta di A. Toscanini in Don Pasquale, di G. Donizetti, con L. Bori e A. Scotti; prese parte a L'amore medico, di E. Wolf-Ferrari, opera che Toscanini presentò per la prima volta negli Stati Uniti il 25 marzo.
Dopo. due concerti (tra cui il gala performance, del 14 aprile, ove interpretò il secondo atto di Madama Butterfly, con G. Farrar e A. Scotti diretti da Toscanini), una Cavalleria rusticana con J. Gadski e D. Gilly eseguita ad Atlanta concluse il 2 maggio 1914 l'avventura statunitense del C.; apprezzato, ma senza destare particolari entusiasmi, non ottenne la riconferma che, invece, permetterà al suo collega G. Martinelli (che aveva debuttato al Metropolitan il 20 nov. 1913. ossia solo due giorni prima di lui) di rimanere negli Stati Uniti praticamente sino alla fine della carriera.
Lo scoppio della grande guerra rallentò notevolmente la sua attività, anche se non mancarono occasioni importanti: nel dicembre 1914 era al teatro Comunale di Firenze per eseguirvi Loreley, con M. Llacer; nel febbraio 1915 P. Mascagni lo chiamò a Roma per inaugurare il teatro Quirino rinnovato dall'architetto M. Piacentini, con L'amico Fritz, da lui diretto, insieme con G. Besanzoni e Luigia Pieroni; il 28 dello stesso mese avrebbe dovuto partecipare alla "prima assoluta" torinese di Madame Sans-Gêne, di U. Giordano ma, a contratto già firmato - e per motivi tuttora non chiari - fu sostituito da R. Grassi; il 12 genn. 1917 era al teatro Grande di Brescia per nove rappresentazioni di Falstaff, di G. Verdi, con M. Capuana e F. M. Bonini. Subito dopo il termine delle ostilità è a Torino per Il matrimonio segreto, di D. Cimarosa; poi nel novembre 1920 di nuovo al teatro Costanzi di Roma per dodici recite di Lohengrin, dirette da T. De Angelis, le quali proprio per la sua presenza e nonostante la mediocrità dell'insieme (sottolineata dalla critica) si svolsero all'insegna del "tutto esaurito".
Nel 1926 il C. decise di ritirarsi dall'attività teatrale, e si dedicò all'insegnamento. Sposato con Piera Slanza, divorziò; morì all'ospedale del natio Castel San Giovanni, il 16 genn. 1932. Le sue spoglie, riesumate il 10 febbr. 1962, riposano ora nel cimitero di Piacenza.
Ebbe in repertorio almeno trentacinque opere, oscillando con singolare disinvoltura tra il genere "leggero" e quello "lirico", con rare puntate in quello "lirico-spinto"; si è visto tuttavia come eccellesse straordinariamente in Lohengrin, Maestri cantori di Norimberga e Loreley.
Registrò la sua voce su due o tre dischi Columbia ed Edison, che ebbero limitata diffusione e che oggi sono irreperibili.
Fonti e Bibl.: Necr., in Giorn. d'Italia, 21 genn. 1932; in Il Corriere della sera, 19 genn. 1932; D. Seltsam, Metropolitan Opera Association, New York, stag. 1913/1914, ad Indicem; G. B. Pinetti, Il teatro Donizetti, Bergamo 1937, p. 167; Il Comunale di Trieste a cura di V. Levi-G. Botteri-I. Bremini, Udine 1962, p. 252; P. Mascagni, a cura M. Morini, Milano 1964. I, pp. 235, 237; II, pp. 113, 182; L. Trezzini, Due secoli di vita musicale, Bologna 1966, pp. 35, 137, 146; Il Regio di Torino, Torino 1970, p. 243; A. Giovine, Il teatro Petruzzelli di Bari, Bari 1971, p. 32; La Fenice, a cura di S. Dalla Libera, Milano 1972, p. 322; G. Degani-M. Grotti, Opere in musica, Reggio Emilia 1976, p. 201; F. Battaglia, L'arte del canto in Romagna, Bologna 1979, pp. 69 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei Musicisti, Suppl., p. 225; Enc. dello Spett., III, coll. 1717 s.; La Musica, Diz., I, p. 459.