GAMBERINI, Italo
, Italo. - Nacque il 21 sett. 1907 da Emilio e Luisa Bocchini a Firenze, città in cui si laureò in architettura nel 1932 sotto la guida di R. Brizzi, fondatore e preside della locale Scuola superiore di architettura. Iniziò l'attività didattica come assistente dello stesso Brizzi (1933-44) e fu poi professore incaricato di elementi di architettura e rilievo dei monumenti dal 1945 al 1961, quando diventò professore di ruolo. Fu membro dell' Accademia delle arti e del disegno di Firenze e, dal 1972, accademico corrispondente dell' Accademia di S. Luca di Roma; fu nominato «officier d'académie» dal ministero dell'Educazione nazionale francese che successivamente gli conferì la croce di ufficiale dell'«Ordres des palmes académiques». Durante la sua carriera didattica si dedicò allo studio degli elementi costitutivi dell'architettura (tra i suoi saggi si ricordano: Analisi degli elementi costitutivi dell'architettura e Storia dell'insegnamento di etimenti di architettura nella facoltà di architettura di Firenze, entrambi pubblicati a Firenze nel 1961); fu considerato caposcuola della «scuola fiorentina» di studi semantici sull'architettura.
Ancor prima della laurea, nel settembre 1932, fu chiamato, con i colleghi N. Baroni, S. Guarnieri e L. Lusanna, da G. Michelucci e P.N. Berardi, rispettivamente docente e assistente presso la stessa scuola, a costituire il Gruppo toscano (o Gruppo architetti toscani), che partecipò, nello stesso anno, al concorso nazionale per il fabbricato viaggiatori della stazione di S. Maria Novella a Firenze, con un progetto che risultò vincitore.
Il gruppo era nato allo scopo di studiare un prototipo di «villa toscana moderna». che la Camera di commercio di Firenze avrebbe dovuto realizzare alla VI Triennale di Milano (1933). L'operazione non andò in porto, ma il gruppo, sotto la guida di Michelucci, elaborò, sulla base della ricerca già condotta dal G. nella sua tesi di laurea discussa qualche mese prima, il progetto per la stazione. Fu cosi realizzata - tra fortissime polemiche cittadine e nazionali - una delle opere più significative dell'architettura moderna italiana. L'edificio, assolutamente funzionale anche negli elementi di arredo, è inserito in un contesto storico altamente rappresentativo; l'orizzontalità del volume unitario e compatto, rivestito di lastre di pietra forte, è rimarcata dalle basse gallerie, mentre la facciata è interrotta dalla grande vetrata a struttura di ferro metallizzata al rame e patinata che segna l'ingresso (Rassegna di architettura, V [1933],4, pp. 160-162; VIII [1936], 5, pp. 133-140). L'esito del concorso provocò un duro scontro tra accademici e moderni, coinvolgendo perfino il capo del governo che si schierò con la nuova architettura che la stazione rappresentava, a favore dei giovani architetti attenti alle tematiche del razionalismo europeo. Ma le polemiche non riguardarono solo il dibattito sul progetto: anche alI'intemo del gruppo si registrò, durante la costruzione della stazione, una profonda frattura tra Michelucci da una parte e i giovani dall'altra, frattura che portò allo smembramento del gruppo stesso.
Il G., in linea con le tendenze più all'avanguardia della sua città (fu tra i firmatari nel 1933 del manifesto di fondazione dei Gruppi futuristi di iniziative del pittore A. Marasco) continuò a lavorare con i suoi colleghi, soprattutto partecipando agli altri importanti concorsi nazionali banditi in quegli anni. Tra gli altri, quelli per la stazione di S. Lucia a Venezia (1935) con Baroni, Berardi e Lusanna, e per alcuni edifici dell'EUR a Roma: per la piazza imperiale con Berardi e per i palazzi dell'Acqua e della Luce nel 1938, e, nel 1941, per il palazzo dell'Artigianato con R. Fagnoni. Nel 1939 ottenne il primo premio nel concorso per la realizzazione della casa littoria di Empoli (Architettura, XIX [1940], 10, pp. 517-522). Nelle poche opere realizzate in questo periodo emerge la sua adesione alle tematiche del razionalismo, pur mediata dallo sperimentalismo, nell'uso di materiali tradizionali come il mattone in vista che riveste integralmente le facciate della sede fiorentina della Singer (ibid., XVII [1938], 10, pp. 655-666) o la pietra serena dell'edificio per appartamenti, sempre a Firenze, tra via Bolognese e via Trieste del 1937. Negli stessi anni il G. curò l'allestimento per varie edizioni della annuale Mostra nazionale dell'artigianato di Firenze (ibid., XV [1936], 10, pp. 487-493; XV [1939], I, pp. 15-22).
Ma fu nel dopoguerra che il G. diede inizio a quella intensa e seria attività professionale, svolta per larga parte in Toscana e in particolare a Firenze, che ne ha fatto uno dei maggiori protagonisti dell'architettura toscana del Novecento. Partecipò al concorso per il nuovo ponte della Vittoria (1945) con Baroni, L. Bartoli, M. Focacci, C. Maggiora e al concorso per la ricostruzione delle zone distrutte dalla guerra intorno a ponte Vecchio (1946-47, con Bartoli e Focacci).
Ottenne il primo premio ex aequo con un interessante progetto che, seppur non realizzato, anticipa alcuni dei temi della ricerca che il G. avrà modo di sviluppare successivamente, nonostante l'isolamento in cui l'ambiente fiorentino venne a trovarsi rispetto al dibattito a livello nazionale.
Fu sempre attento agli aspetti tecnici del progetto e all'uso dei materiali, sia tradizionali, come nell'abbinamento pietra-intonaco nell'edificio per appartamenti Ininimi (Firenze, 1946), o nuovi e sperimentali come nella chiesa di S. Ranieri a Pisa (1960), in cui pareti interne ed esterne in pietra di Trani grezza e mensole in cemento a vista sostengono una copertura in ferro rivestita di legno. Iniziò anche a lavorare sul tema della facciata facendo emergere, con evidenza, la scansione in tracciati regolari disegnata ora dalla tessitura strutturale, che acquista valore compositivo come nel nuovo padiglione della Mostra nazionale dell'artigianato a struttura metallica, ora dalle sporgenze delle finestre come nell'edificio per uffici e negozi per la Fondiaria (1962). Il G. studiò così soluzioni sempre originali e di alta qualità realizzate attraverso elementi e componenti industriali; emblematici i mobili brise-soleil a grigliati di vetrocemento e i raffinati dettagli costruttivi disegnati per l'edificio per uffici, negozi e garage di via Nazionale a Firenze (per la società BICA di Milano, 1957-59, in collaborazione con P. Fici) che, primo edificio in Toscana in curtain-wall (vetrato), ricevette anche il premio In/Arch.
In quegli anni il G. lavorò anche alla progettazione di centri direzionali e grandi attrezzature a scala urbana come la facoltà di medicina veterinaria a Pisa, realizzata in seguito al relativo concorso, e l'edificio a piastra e torre di Montecatini (1963) dove percorsi in quota, concepiti autonoIni e continui secondo la ricerca di quegli anni, legano i diversi corpi di fabbrica e in cui è messa bene in evidenza la struttura. Il tema del rapporto esterno-interno ritorna nel progetto per l'Archivio di Stato di Firenze (il G., con i collaboratori L. Macci, R. Vemuccio, F. Bonaiuti, vinse il relativo concorso) dove strade, concepite come gallerie interne, permettono affacci sugli ambienti per le mostre, sugli archivi, sui laboratori di restauro (Casabella, XLII [1978], 434, p. 23).
La sua ricerca sulla progettazione come verifica dei rapporti tra tecnologia, flessibilità dell'organismo ed espressione architettonica fu decisamente esplicita soprattutto in una serie di edifici «specialistici», come l'edificio per la RAI a Firenze (1962-67, con L. Peracchio, S. Barsotti e altri) che ottenne il premio In/Arch 1969, in cui l'equilibrio tra pieni e vuoti, rientranze e sporgenze, caratterizza il complesso costituito dai due edifici funzionalmente distinti, quello degli uffici e quello degli studi, scandito dalla struttura metallica in vista; o ancora l'edificio per uffici a Milano (1970, in collaborazione con L. Macci e A. Bambi) a struttura completamente metallica, con gli elementi verticali utilizzati come linee di distribuzione delle reti impiantistiche e il tamponamento in cartellature di poliestere rinforzato con fibre di vetro.
Il G. progettò e realizzò diverse residenze private, complessi di abitazioni e quartieri INA-Casa. La sua linea di ricerca, impostata fin dagli anni Cinquanta, ha trovato maturi esiti infine nella sede del Centro d'arte Luigi Pecci di Prato (1978-89, in collaborazione con Bambi e Faccioli) il cui disegno, nel chiaro impianto distributivo, risulta da un equilibrato rapporto tra esigenze compositive e soluzioni tecnologiche. Elementi ormai caratteristici come l'intelaiatura metallica su modulo quadrato e il rivestimento esterno in pannelli di acciaio porcellanato qualificano, in attente soluzioni di dettaglio, l'articolato complesso.
Il G. mori a Firenze il 14 nov. 1990.
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