Ittero
Per ittero (dal greco ἴκτερος, "ittero", nome di un uccello la cui vista si diceva guarisse l'itterizia) s'intende la colorazione giallastra della cute, delle sclere e delle mucose, dovuta al patologico accumulo ematico di un pigmento biliare, la bilirubina, a livelli superiori a 2,5 mg/dl. Si parla di subittero quando la colorazione è appena rilevabile, di pseudoittero quando la colorazione giallastra è determinata da farmaci o, più raramente, da alimenti ricchi in carotenoidi.
La bilirubina proviene per l'80% dall'emoglobina che si libera nella distruzione dei globuli rossi (emocateresi) e per il 20% dal catabolismo delle emoproteine (mioglobina, citocromo ecc.). Dall'emoglobina si forma biliverdina e poi bilirubina libera, che essendo lipofila può passare la barriera ematoencefalica e danneggiare il cervello determinando ittero nucleare; essa però viene subito legata all'albumina (rapporto molecolare 3:1) da cui difficilmente può essere staccata (in caso di acidosi, in presenza di salicilati ecc.). La bilirubina unita all'albumina (denominata bilirubina non coniugata) entra nel circolo ematico per arrivare al fegato, dove viene dissociata dall'albumina, captata dalla membrana dell'epatocita e ivi trasportata da due proteine vettrici citoplasmatiche (proteina Y, o ligandina, e proteina Z) e avviata al reticolo endoplasmico rugoso, ove l'enzima glicuroniltransferasi catalizza la sua coniugazione con l'acido uridindifosfoglicuronico, prima con una sola molecola (monoglicuronide) e poi con due (diglicuronide). A questo punto la bilirubina assume il nome di bilirubina coniugata; la coniugazione serve a rendere la bilirubina idrosolubile e quindi atta a essere versata nella bile (mezzo acquoso) del canalicolo biliare. Questa escrezione è favorita da una proteina di membrana in comune con altri anioni (per es. mezzi di contrasto), ma non con i sali biliari. Dal canalicolo biliare la bile scende nei dotti biliari settali, intralobulari ecc. fino ad arrivare ai dotti epatici maggiori e poi alla via biliare principale (o coledoco) e alla colecisti; dalla via biliare principale essa passa al duodeno, all'intestino e al colon, dove la bilirubina si trasforma in urobilinogeno (di cui una parte, l'urobilina, è riassorbita ed eliminata con le urine) e successivamente in stercobilinogeno.
Le classificazioni proposte sono numerose; fra di esse, quella di più facile comprensione è basata sulla patologia dei diversi passaggi metabolici della bilirubina. A parte gli itteri a bilirubina libera, oggi assai rari e di fatto scomparsi nei paesi industrializzati (in quanto legati essenzialmente a malnutrizione), gli itteri possono essere distinti in due grandi capitoli, quelli a prevalente bilirubina non coniugata e quelli a prevalente bilirubina coniugata, con le loro rispettive varietà. Gli itteri a prevalente bilirubina non coniugata sono, ovviamente, tutti quelli dovuti a condizioni patologiche che si estrinsecano prima della coniugazione della bilirubina con l'acido uridindifosfoglicuronico. Tra di essi, quelli per aumentata cateresi (itteri emolitici) sono causati da un'eccessiva liberazione di emoglobina con conseguente eccesso di bilirubina non coniugata, che non può essere smaltita dall'epatocita. Negli itteri per difettosa coniugazione la cellula epatica, pur potendo captare la bilirubina, non è in grado di coniugarla, vale a dire di formare il bilirubin-diglicuronide per carenza dell'enzima glicuroniltransferasi. La bilirubina non coniugata, di conseguenza, si accumula nel sangue. Appartengono a questo gruppo le sindromi di Crigler-Najjar I e II legate a deficit dell'enzima glicuroniltransferasi rispettivamente totale e parziale. La sindrome I non è compatibile con la vita (a meno di trapianto di fegato), mentre la II può essere trattata con induttori dell'attività dell'enzima. Le feci sono acoliche (tipo I) o ipocoliche (tipo II) e i livelli della bilirubina non coniugata sono assai elevati (fino a 100 volte i valori normali). Sono malattie familiari, a trasmissione autosomica, a carattere recessivo o dominante. Gli itteri per difettosa captazione e coniugazione sono dovuti all'incapacità dell'epatocita di captare la bilirubina a causa della mancanza di una proteina vettrice (ligandina), con conseguente eccesso di bilirubina non coniugata in circolo. Il più frequente ittero di questo tipo è la sindrome di Gilbert, a carattere familiare, autosomico, dominante, a penetranza variabile e incompleta. È talora difficile distinguerla dalla sindrome di Crigler-Najjar tipo II con modesto deficit di enzima glicuroniltransferasi. Vi è spesso una lieve alterazione della vita eritrocitaria (componente emolitica). Interessa circa il 5% della popolazione italiana; compare in genere alla pubertà e si accentua con il digiuno, gli strapazzi fisici, l'abuso di alcol ecc. È asintomatica, a parte ovviamente il leggero aumento della bilirubina non coniugata, che non supera i 5 mg/dl, e il lieve colore giallastro di cute e sclera. Feci e urine sono in genere normocromiche. Non è necessario istituire alcuna terapia e non vi sono conseguenze sulla durata e sulla qualità di vita. Gli itteri a bilirubina coniugata sono tutti quelli imputabili a condizioni patologiche che si estrinsecano dopo la coniugazione della bilirubina con l'acido uridindifosfoglicuronico. Gli itteri familiari a prevalente bilirubina coniugata (e senza interessamento dei sali biliari) sono la sindrome di Dubin-Johnson e la sindrome di Rotor; essi sono dovuti all'incapacità dell'epatocita di immettere nelle vie biliari il prodotto bilirubin-diglicuronide. Sono ambedue sindromi ereditarie, a carattere autosomico-recessivo, con livelli ematici di bilirubina coniugata non superiori a 5 mg/dl, asintomatiche se si eccettua la comparsa di episodi di ittero ricorrente; sono da molti considerate varianti della stessa malattia, anche se alcune caratteristiche le distinguono in maniera abbastanza netta (colorazione scura del fegato nella sindrome di Rotor). Negli itteri colestatici con interessamento anche dei sali biliari, legati a ostruzione delle vie biliari per cui la bilirubina coniugata non può defluire nel duodeno e passa nel sangue, la sintomatologia clinica (sindrome colestatica) è evidente. Sono infatti presenti: ittero anche grave a bilirubina prevalentemente coniugata, feci chiare, urine scure, prurito, interessamento delle prove di funzionalità epatica (transaminasi, deficit proteico ecc.), aumento degli enzimi della colestasi (fosfatasi alcalina e ηGT), aumento ematico di sali biliari ecc., fino ad arrivare, in taluni casi, alla cirrosi. I sali biliari (v. bile) prodotti dagli epatociti vengono suddivisi in primitivi (acido colico e chenodesossicolico) e secondari (primitivi che vengono idrossilati dalla flora intestinale, acido desossicolico e acido litocolico). Vengono coniugati con glicina e taurina nel fegato, escreti grazie a complessi meccanismi di trasporto nei canalicoli e dotti biliari, costituendo così una componente essenziale della bile. Dall'intestino, attraverso il circolo portale, sono nuovamente trasportati al fegato costituendo in tal modo il cosiddetto circolo enteroepatico dei sali biliari, che assicura un passaggio giornaliero di circa 25-30 g. I sali biliari intervengono in molteplici funzioni: la formazione acquosa della bile; l'assorbimento dei grassi; la solubilizzazione del colesterolo nella bile ecc. Qualsiasi causa (chimica, tossica, virale, ormonale, genetica ecc.) alteri i complessi e numerosi meccanismi che regolano la captazione, il trasporto e la secrezione dei sali biliari dell'epatocita al canalicolo e dotto biliare, può provocare una stasi dei sali biliari e della bilirubina nel fegato determinando la colestasi intraepatica. Quasi tutte le sindromi comprese negli itteri colestatici intraepatici (per lo meno quelle in cui il danno è primitivamente biliare e non epatocitario) devono essere incluse nel capitolo della cosiddetta sindrome di vanificazione dei dotti biliari, perché a malattia conclamata si verifica appunto la scomparsa, parziale o totale, dei dotti biliari. In alcune condizioni che determinano specificamente l'escrezione nel canalicolo biliare dei sali biliari e non della bilirubina, questa può non essere elevata e di conseguenza non c'è ittero. A parte le numerosissime colestasi, tossiche, cliniche ecc., due sono i principali itteri colestatici intraepatici: la cirrosi biliare primitiva e la colangite sclerosante. La cirrosi biliare primitiva è malattia a eziologia sconosciuta nella quale si verifica un'aggressione immunologica verso il sistema biliare duttale, caratterizzata dalla presenza di anticorpi antimitocondri. Colpisce più frequentemente le donne ed è spesso associata ad altre patologie autoimmuni; ha un decorso spesso più che decennale dal momento in cui è presente soltanto l'alterazione dei dotti biliari (1° stadio istologico) a quando si manifesta la cirrosi (4° stadio istologico). La diagnosi è basata sulla presenza clinica della sindrome colestatica (ittero, aumento dei sali biliari e degli enzimi colestatici, prurito), sulla positività degli anticorpi antimitocondri ed eventualmente sull'esame istologico di frammenti ottenuti attraverso una biopsia epatica. La terapia d'elezione è il trapianto di fegato, anche se alcuni risultati clinici sono stati ottenuti con la somministrazione di acido ursodesossicolico. Anche la colangite sclerosante è malattia a eziologia sconosciuta: esordisce con flogosi dei dotti biliari intra- e (spesso) extraepatici, cui fa seguito la fibrosi e infine la cirrosi. Interessa prevalentemente il sesso maschile e ha decorso assai lungo. Clinicamente è presente la sindrome colestatica con positività degli anticorpi antinucleari. La terapia è basata sull'impiego dell'acido ursodesossicolico, ma solo il trapianto, quando è possibile, può rappresentare un'alternativa definitiva. Gli itteri colestatici extraepatici sono dovuti a tutte quelle condizioni che determinano un ostacolo (completo o incompleto) al deflusso della bile nei dotti biliari di maggior calibro (dotti epatici, dotto epatico comune, coledoco), che appunto sono quelli extraepatici. Clinicamente sono presenti i sintomi della sindrome colestatica in maniera più o meno severa a seconda del grado di ostruzione. Gli itteri extraepatici possono essere intrinseci (l'ostruzione è interna ai dotti) o estrinseci (l'ostruzione è legata a compressione del dotto dall'esterno. Le cause più frequenti degli itteri intrinseci sono la calcolosi (v. calcoli) e alcune forme di neoplasie biliari. Gli itteri estrinseci sono generalmente causati da compressione del coledoco da parte di masse esterne (tumori pancreatici, aderenze ecc.).
bibl.: Cholestatic liver diseases, ed. G.P. van Berge Henegouwen et al., Dordrecht, Kluwer Academic, 1994; p. gentilini, Il fegato, Torino, UTET, 1991; unigastro, Malattie dell'apparato digerente, Torino, UTET, 19982.