Iugoslavia
Per riferimenti a luoghi dell'odierna I. nel testo dantesco, v. CARNARO; Croazia; Rascia.
Fortuna di D. in Iugoslavia. - Sul territorio della I. d'oggi, che consiste di sei repubbliche federali e conta venti milioni di abitanti, con l'andar del tempo si sono svolte tre letterature in tre lingue diverse: serbocroato, sloveno e macedone.
La secolare presenza di D. nella letteratura dei Croati e dei Serbi si può seguire a cominciare dall'epoca del Rinascimento. Lo conferma fra l'altro, verso la fine del sec. XV, l'umanista spalatino e scrittore croato Marco Marulo (Marulić,1450-1524) con la sua versione in esametri latini del primo canto dell'Inferno. Sappiamo che il Marulo nella sua biblioteca possedeva anche il Trattatello in laude di D. del Boccaccio.
Dalla fine del Quattrocento in poi è palese l'influsso di D. negli scrittori croati delle sponde orientali dell'Adriatico. Si tratta infatti di reminiscenze, d'imitazioni, di ricalchi già nei primi poeti rinascimentali di Ragusa (Dubrovnik): Sigismondo Menze (Šiško Menčetić, 1457 - 1527) e Giorgio Darsa (Džore Držić, 1461 - 1501). Anche negli scritti religiosi dell'epoca si riconoscono versi di D. (per es. in un libro di letture moraleggianti del 1520 di Ragusa). D. è uno degli autori prediletti del poeta benedettino di Ragusa Mauro Vetrani (Mavro Vetranović, 1482 - 1576), che ha tentato d'imitarlo.
Dal Cinquecento in poi D. è presente anche in altre città adriatiche, per es. in un romanzo pastorale dello zaratino Pietro de Albis (Petar Zoranić, 1507 - 1569), oppure nei poemetti pastorali del suo concittadino Juraj Baraković (1548 - 1628), oppure in un poema religioso dello spalatino Girolamo Cavagnini (Kavanjin, 1643 -1714).
Nel Settecento il francescano Andrija Kačić Miošić di Brist presso Macarsca (1704-1760), il più popolare scrittore croato dell'epoca, esalta D. " fiero e famoso in tutto il mondo ", discendente dei Frangipani di Roma (dato ricavato dal Boccaccio).
Le rappresentazioni dantesche dell'oltretomba sembrano aver ispirato qui anche alcuni poeti popolari. Analoghi echi danteschi si scorgono pure in altre parti della Croazia; ma trattandosi di una traslazione dell'arte italiana in un clima e in un ambiente slavo e diverso, essi assumono aspetti particolari e vengono assimilati in un modo corrispondente alle tradizioni del paese. Per es. la visione allegorica e la struttura del mondo ultraterreno di D. vi acquistano una forma e un significato differente da quello originale. Spesso vi si sente la componente realistica e specifica di un'altra mentalità. Anzi, alle volte, la materia riflessa viene trasformata in tal maniera da diventare quasi irriconoscibile.
La Commedia non viene tradotta in serbocroato prima della metà dell'Ottocento perché si poteva leggere nel testo originale anche nel retroterra, in Croazia, come dimostrano le numerose edizioni dantesche nelle antiche biblioteche, anche della Pannonia, dove i libri italiani furono più numerosi degli altri stranieri, perché i giovani Croati, laici ed ecclesiastici, completavano spesso i propri studi in Italia. Da un testamento si è venuto a sapere che un codice della Commedia esisteva in una biblioteca privata a Zara nel 1385. Col Romanticismo cambiano anche in I. le condizioni, e il culto per la poesia di D. prende nuovi indirizzi: non più poco felici imitatori, ma coscienziosi traduttori. Il primo articolo su D. uscì nel 1838 a Belgrado e nel 1839 a Zagabria; il primo tentativo di versione croata, in quartine di ottonari, di un episodio della Commedia (il conte Ugolino), pure anonimo, fu impresso nella rivista " Zora dalmatinska " (L'aurora dalmata) di Zara nel 1845. Nello stesso anno anche un periodico di Belgrado pubblica la prima versione serba in endecasillabi sciolti dell'episodio di Francesca da Rimini fatta da Konstantin Nikolajević (1821-1877). Numerose sono le versioni parziali del poema che seguono nella seconda metà dell'Ottocento, e sempre in monotoni decasillabi trocaici, tipico verso della poesia popolare serbocroata. Bisogna però arrivare alla fine del secolo XIX per trovarvi delle voci più consone a D.: escono versioni complete e meglio riuscite. Nel 1897 si pubblica a Zara il Pakao (Inferno) del sacerdote Stjepan Buzolić (1830-1894), in decasillabi, abbastanza fedele. Nel 1910 a Cattaro, ancora in decasillabi rimati, vede la luce la prima traduzione completa della Commedia (Divna gluma) del vescovo Frano Uccellini, corredata da un commento e preceduta da un saggio sul poeta; è questo frutto di lungo studio, ma poeticamente mancato. Con l'andar del tempo le traduzioni si affinano sempre più. Dopo il 1845 abbondano le versioni frammentarie; fra gli episodi emergono anche qui i più popolari: Francesca e Ugolino (il primo episodio è stato tradotto 18 e il secondo 14 volte). In più di mezzo secolo, cioè dal 1910, si possono contare cinque traduzioni complete del poema (di cui una ancora inedita).
All'inizio del Novecento, convinto della ‛ intraducibilità ' della poesia, Izidor Kršnjavi (1845-1927) tradusse a Zagabria in prosa l'intera Commedia (Božanstvena komedija, Zagabria 1909-1915, poi anche illustrata dal pittore Mirko Rački, nato nel 1879). Questa versione, fedele e popolare, in parecchie edizioni, ha diffuso presso una larga cerchia di lettori la conoscenza di D. come di poche opere poetiche straniere. Nel 1929 esce a Belgrado la versione completa della Commedia in terzine, opera di Dragiša Stanojević (morto nel 1928), finita già nel 1902; ma il testo è piuttosto ‛ ricantato ' che tradotto. Anche il poeta croato Vladimir Nazor (1878-1945) ha tentato di tradurre in dodecasillabi sciolti l'Inferno (Zagabria 1943), ma neanche lui stesso ne era contento.
Solo con la traduzione completa del poema nel metro originale ad opera del critico croato Mihovil Kombol (1883-1955) si ebbe fra il 1948 e il 1960 a Zagabria una versione veramente felice, con illustrazioni del Botticelli (dal canto XVIII alla fine del Paradiso la traduzione fu terminata dal poeta Olinko Delorko). Sono in tutto più di quaranta gli scrittori che si sono cimentati con vario successo nel tradurre i versi danteschi.
Della Vita Nuova ci sono pure parecchie versioni parziali; la prima completa è apparsa a Zagabria in occasione del VII centenario della nascita di D. ed è stata fatta da Giorgio Ivanković. Ne è annunciata un'altra a Belgrado, opera di I.V. Lalić ed E. Sequi. Oltre alle traduzioni, l'eco di D. si fa sentire anche in altre voci: sono imitazioni, influssi, riflessi di vario genere, per es. nel poeta montenegrino Petar Petrović Njegoš (1813-1851) e nel poeta raguseo Orsatto Pozza (Medo Pucić, 1821-1882). D. ha ispirato pure alcuni autori di satire politiche nei loro riferimenti alla realtà storica attuale del paese.
All'epoca del Romanticismo e del risveglio nazionale iugoslavo, nella figura di D. si vedeva il simbolo dell'unità della nazione. Sicché non solo la poesia di D. è oggetto d'imitazione, d'ispirazione e di studi, ma anche il suo pensiero. Ancora nel 1964 esce in Bosnia, a Sarajevo, una monografia sulla " Visione politica di D.A. " (Politicka vizija Dantea Aligijerija) di Nerkez Smailagić in cui si rileva il prezioso messaggio laico del geniale ribelle fiorentino. Una scelta dalla Commedia (Izbor) a cura di Glorija Rabac, per scopi scolastici, ha avuto pure a Sarajevo quattro edizioni dal 1959 al 1964. Oggetto di discussioni furono in special modo i passi del poema in cui vengono nominati la Croazia, Pola, il Carnaro, la Rascia (Serbia), i venti schiavi, il monte Tambernicchi, nonché il cenno agli Sclavones nel De vulg. Eloq. (I VIII 4); si discusse pure sulla veracità della tradizione secondo cui D. avrebbe visitato Udine, Tolmino, Gorizia e Pola. Ma queste disquisizioni spesso scivolano nella politica.
I centenari del 1921 e del 1965 furono festeggiati con manifestazioni di vario genere (conferenze, mostre, pubblicazioni, emissioni radiofoniche e televisive, ecc.). La cattedra d'italiano a Zagabria ha pubblicato un numero doppio (XIX-XX) del periodico " Studia Romanica et Anglica Zagrabiensia " dedicato a D., con una decina di contributi in italiano e in inglese. Pure la cattedra di Belgrado ha preparato un volume di studi su Dante. Piuttosto scarse sono in I. le tracce delle altre opere dantesche. Sono state annunciate a Belgrado le traduzioni del Convivio e del De vulg. Eloq. di Nikša Stipčević e Miron Flašar.
Anche presso gli Sloveni l'eco di D. è documentata a cominciare dal Rinascimento: lo provano due codici di prediche latine del Cinquecento. I giovani che studiavano in Italia portavano anche in patria il testo della Commedia. Nel Seicento e nel Settecento non vi era biblioteca di una qualche importanza in cui mancasse il poema, come si può rilevare dai cataloghi dell'epoca. Ma anche qui appena col Romanticismo si può scorgere un influsso della musa dantesca, con Matija Čop (1797-1835), il primo grande cultore e studioso di D. fra gli Sloveni, che nella propria biblioteca possedeva 30 volumi danteschi, fra cui diverse edizioni della Commedia commentate dal Biagioli, dal Costa, dal Deschamps, nonché Le bellezze della D.C. del padre Cesari, La Commedia con le note di U. Foscolo, Il Perticari confutato da D., di N. Tommaseo. Sono noti i nomi di almeno sei scrittori sloveni dell'epoca che leggevano Dante. Nel 1825 Janez Cigler, fra gli altri libri, manda in prestito ai carbonari imprigionati a Lubiana anche la Commedia.
Il primo a cimentarsi (1835) nella versione di D. fu Janez Čop (1810-1846), fratello di Matija, e precisamente con l'episodio del conte Ugolino; ma la sua traduzione è andata perduta. Lo stesso anno il poeta Stanko Vraz (1810-1851), ancora studente a Graz, traduce alcuni frammenti dell'Inferno. Dopo questa prima prova del Vraz, rimasta inedita fino al 1922, D. ritorna tra gli Sloveni appena nel 1867 con una nuova versione dell'episodio di Ugolino, la prima pubblicata, a opera di Franc Zakrajšek (1835-1903). Nel 1878 esce poi la prima traduzione completa dell'Inferno curata da Jovan Vesel Koseski (1798-1884), dopo di che appena nel 1890 si ha un nuovo frammento della stessa cantica di Ivan Jurič (1868-1894). Dopo questi primi tentativi, per due decenni non ci sono traduzioni. È soltanto nel 1910 che si accosta a D. un traduttore il quale gli consacrerà la passione di un'intera vita: il sacerdote Jože Debevec (1867-1938). Pienamente conscio della grandezza del compito, dal 1910 al 1925, in sedici anni, egli tradusse l'intera Commedia. Questa versione fu pubblicata via via nel periodico di Lubiana " Dom in svet " (La patria e il mondo) con un commento e nel metro originale. Si tratta di un'opera filologicamente pregevole, coscienziosa, che ha spianato la via ai successivi traduttori, ma non ancora riunita in volume. Lo stesso Debevec iniziò pure una versione della Vita Nuova, ma riuscì a pubblicare soltanto i primi 14 capitoli (nella stessa rivista, dal 1937 al 1938). Nel frattempo escono alcune traduzioni frammentarie della Commedia, come per es. quelle dell'eminente poeta Oton Župančić (1878-1949), del filosofo Aleš Ŭšeničnik (1868-1952), del poeta della generazione postbellica Ciril Zlobec (nato nel 1925), traduttore pure della Vita Nuova (1956).
In occasione del secentenario della morte di D., nel 1921, rispettivamente a Gorizia e a Lubiana, escono a cura di Alojz Res due edizioni, l'italiana e la slovena, di una raccolta di 14 saggi di sei studiosi italiani e otto sloveni sotto il titolo di Dante, con illustrazioni del pittore croato Mirko Rački; alla fine della presentazione, il compilatore del volume rileva: " Dante non è più un uomo ma il simbolo dei nostri spasimi, dell'inquietudine indagatrice da cui siamo agitati dinanzi agli austeri problemi dell'essere. Come tale, egli non ha preclusa la via da confini di patria, come tale appartiene a tutta l'umanità ". Un illustre traduttore di vari poeti italiani, Alojz Gradnik (1882-1967), traduce alcune Rime e nel 1959 l'Inferno, seguito nel 1965 dal Purgatorio: queste sono le prime edizioni slovene complete delle due cantiche in forma di libro, con riproduzioni dei più noti illustratori di D. e col commento di Niko Košir. Ma in questi versi il traduttore non convive col poeta. Nel 1959 esce anche a Buenos Aires una nuova versione in terza rima dell'Inferno del critico letterario Tine Debeljak (nato nel 1903), con xilografie della pittrice Bara Remec e uno studio introduttivo. Nonostante alcune discordanze di tono, il Pekel (Inferno) del Debeljak è artisticamente superiore alle precedenti versioni di cui egli ha saputo tuttavia valersi riavvicinando D. ai tempi d'oggi. Nel 1965 è uscita, pure a Lubiana, una scelta di versioni della Commedia, fatta da Andrej Capuder, e a Nova Gorica un numero speciale del " Goriški knjižničar " (Il bibliotecario di Gorizia) a cura di Marijan Brecelj, nonché a Capodistria un opuscolo commemorativo intitolato Dante 1265-1965, a cura di Srečko Vilhar, direttore della biblioteca scientifica del luogo, che contiene cinque articoli riguardanti l'eco di D. presso gli Sloveni, con riassunti in italiano e la bibliografia dantesca slovena.
D. dunque è presente da secoli e in varia maniera anche in Slovenia, e non soltanto attraverso le versioni di una decina di traduttori a cominciare dalla prima metà dell'Ottocento. Inoltre non si tratta tanto d'imitazioni quanto d'influssi dell'orientamento e di stimoli all'arricchimento della lingua poetica slovena.
Per ragioni storiche e geografiche il culto di D. presso questi Slavi meridionali si è manifestato dunque dal Rinascimento a tutt'oggi molte volte, sia nelle lettere sia per opera di numerosi lettori e ammiratori. I fatti citati, sebbene modesti, rientrano nella storia della fortuna mondiale del poeta. E non si tratta soltanto di riflessi del fascino della poesia, ma anche dell'eco del genio del poeta vate addentratosi profondamente nel doloroso problema della sorte umana, nonché dell'eco del pensiero patriottico di libertà dell'uomo e della nazione riunita.
In Macedonia i contatti con D. appaiono appena stabiliti, attualmente, in articoli di occasione nei periodici e in un'antologia scolastica di versioni in lingua macedone, Dante Alighieri, a cura di Ivo Franges e Georgi Stalev, Skopje 1962.
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