IUGOSLAVIA (XX, p. 15; App. I, p. 767; II, 11, p. 125)
Le ultime variazioni territoriali che hanno interessato la Repubblica federativa popolare di Iugoslavia (sigla FNRJ) sono avvenute nell'ottobre del 1954. In seguito all'accordo di Londra, il territorio libero triestino è stato suddiviso fra Italia e Iugoslavia: all'amministrazione di quest'ultima vennero attribuiti 491 km2 costituenti la cosiddetta zona B, con una popolazione di 62.725 abitanti. La porzione settentrionale della zona B, fra il nuovo confine italo-iugoslavo e il fiume Dragogna, rappresenta il primorje sloveno, cioè lo sbocco marittimo della repubblica di Slovenia. Il confine terrestre della I., in conseguenza delle annessioni posteriori alla seconda guerra mondiale, ha ora una lunghezza di 2969 km, di cui 711 si attestano su fiumi e 85 su laghi. Il contatto con l'Italia avviene su 202 km, 30 dei quali sono appoggiati al fiume Iudrio. Il confine marittimo è lungo complessivamente 1993 km.
Geografia fisica. - La superficie dell'arcipelago sì è notevolmente accresciuta in seguito al passaggio dalla sovranità italiana alla sovranità iugoslava di alcune isole dell'Adriatico orientale (Cherso, Lussino, Làgosta, Unìe, Brioni Grande). Attualmente risultano in numero di 36 le isole con una superficie superiore ai 7 km2. Si riportano qui appresso alcuni dati di temperature e di piovosità, secondo le medie del periodo 1950-1957:
Popolazione. - Il numero totale degli abitanti entro i limiti odierni della Iugoslavia (255.804 km2) è stato così valutato all'epoca dei quattro censimenti fino ad ora eseguiti: 1921, ab. 12.545.000; 1931, ab. 14.534.000; 1948, ab. 15.842.000; 31 marzo 1953, ab. 16.998.573. Alla metà del 1958 la popolazione era calcolata a 18.189.000 ab.
Si tratta, come è noto, di una popolazione molto giovane. Nel 1953, il 30,5% degli abitanti aveva un'età inferiore ai 15 anni, il 35,4% era fra i 15 e i 34; soltanto il terzo residuo aveva più di 34 anni. All'atto del censimento 31 marzo 1953, su un totale di 16.998.573 abitanti censiti, 7.849.000 furono considerati "attivi". Di questi 5.183.000 lavorano nell'agricoltura, 513.000 nell'industria, 479.000 nelle amministrazioni pubbliche e private, 366.000 nell'artigianato. La percentuale degli addetti all'industria manifatturiera sembra evidentemente ancora molto bassa (Iugoslavia, 7% di tutta la popolazione attiva; Italia, 23%). Ma i dati relativi al 1958 indicano un forte aumento della massa operaia, salita a 903.387 unità, di cui 180.419 occupate nell'industria mineraria e metallurgica.
La consistenza numerica delle principali nazionalità risulta dalle seguenti cifre (1953) Serbi, 7.066.000; Croati, 3.976.000; Sloveni, 1.487.000; Iugoslavi nazionalmente non dichiarati (musulmani che non sono né croati, né serbi), 999.000; Macedoni, 893.000; Albanesi, 754.000; Ungheresi, 502.000. Gli Italiani, sempre secondo il censimento del 1953, sarebbero stati 36.000.
Gli analfabeti erano ancora numerosi nel 1953: per il complesso della intera I., il 25% della popolazione di età superiore ai 10 anni venne dichiarato analfabeta. Il massimo di illetterati, 40%, è stato registrato in Bosnia-Erzegovina; il minimo è in Slovenia, 3%.
L'indice di natalità (nel 1958: 24‰), l'indice di mortalità (9‰) e l'indice di accrescimento naturale della popolazione (15‰), sono ora tutti in diminuzione rispetto all'immediato dopoguerra. Ci sono però differenze notevoli nell'ambito delle singole repubbliche federate: in Bosnia-Erzegovina l'indice di accrescimento è del 25‰; in Slovenia del 9.
Geografia economica. - L'agricoltura ha subìto trasformazioni radicali nel corso degli ultimi anni, non tanto in riguardo alle superfici investite e al rendimento delle colture, ma piuttosto riguardo all'organizzazione produttiva delle aziende. La riforma agraria ha limitato la proprietà familiare a 10 ettari di terra coltivabile. Conformemente al sistema socialista iugoslavo, le cooperative di produttori sono favorite tanto nel settore agricolo quanto nel settore artigianale. Nel 1952 l'esperienza ha tuttavia consigliato la riorganizzazione delle cooperative, i cui membri hanno ottenuto il diritto di ritirarsene in piena libertà. Di fatto le pressioni sui contadini per indurli a entrare nella collettività (kolchoz) si erano rivelate come un ostacolo alla produzione normale.
Queste cooperative agricole nel 1958 erano ridotte a 6140, e coprivano una superficie di appena 419.000 ha. Le aziende private invece ammontavano a 2.335.395, per una estensione di 10.934.000 ha. In base a tali dati, l'azienda privata iugoslava viene ad avere una superficie media generale di ha 4,7. Prevalgono, per numero, le aziende da 2 a 5 ha, e per superficie quelle con più di 8. La costanza dei limiti d'estensione da un capo all'altro del paese, e la notevole disponibilità di terra, rendono ragione del modesto benessere in cui ora si trova la classe agricola iugoslava, la quale beneficia di redditi sufficienti e sostanzialmente uniformi.
La superficie agraria della Repubblica federativa popolare iugoslava è di 151.000 km2; di questa superficie il 50% esatto è destinato alle coltivazioni arative, il 45% ai prati e ai pascoli, il 5% alle colture legnose specializzate (frutteti e vigneti). Nella tabella che segue sono indicati la superficie e la produzione delle principali colture:
Nel 1958 il paese allevava 4.863.000 bovini, 10.633.000 ovini, più di 4 milioni di suini e quasi 29 milioni di animali da cortile. La pesca marittima rende 201.370 quintali (1957): per circa due terzi si tratta di pesce turchino.
L'area ricoperta dal bosco si estende su 88.760 km2, cioè sul 35% della superficie territoriale. Nel 1951 la produzione di legname salì complessivamente a 7.535.000 m3; oltre la metà della massa prodotta è costituita da legname da opera. Croazia e Bosnia-Erzegovina emergono per lo sfruttamento delle risorse forestali: il bosco fa ancora della Bosnia la grande riserva di legname dell'Europa meridionale.
Dopo il 1945 la I. è divenuta teatro di trasformazioni profonde e rapide in tutti i campi dell'attività economica, industria compresa. Giova mettere in risalto, prima di tutto, il rapido aumento delle fonti di energia: la produzione del carbone è passata da 7.032.000 t nel 1939 a 11.216.000 t nel 1953 e a 18.987.000 nel 1958; quella del petrolio da 1000 t, rispettivamente a 172.076 e 462.000; quella della energia elettrica da1.173.000.000 kWh a 2.982.484.000 e 7.356.000.000.
L'aumento delle fonti di energia e della produzione di materie prime ha trascinato seco lo sviluppo dell'industria pesante. Nel 1958 sono stati estratti quasi due milioni di tonnellate di minerale di ferro (Bosnia); la produzione della ghisa è ammontata a 780.000 t e quella dell'acciaio a 1.119.600 t. I quantitativi si sono all'incirca raddoppiati rispetto al 1953, nel giro di appena cinque anni. Gli effetti di tale accrescimento hanno avuto favorevoli ripercussioni in quasi tutti i rami dell'industria e hanno influito pure sulla popolazione rurale, per il fatto che gli abitanti della città sono aumentati a spese della campagna. Naturalmente, al pari dell'agricoltura anche l'industria è stata socializzata. La legge fondamentale del dicembre 1946, applicando il principio "l'officina agli operai", ha deferito genericamente alle comunità (non al demanio dello stato) tutte le imprese di una qualunque importanza, affidandone la gestione alle collettività operaie. Si delineano ora nel paese due grandi complessi industriali, quello che fa capo a Zagabria e quello che fa capo a Belgrado: nel primo lavorano - secondo i dati del gennaio 1958 - 64.800 operai; nell'altro, 58.800. In una posizione di secondo piano stanno i due complessi sloveni di Lubiana e Maribor, ai quali attendono altri 80.000 lavoratori. È dovunque in testa l'industria meccanica, nelle sue varie specializzazioni.
La rete ferroviaria, lunga 11.800 km (contro i 9600 del 1939), serba un'enorme importanza per la circolazione interna delle materie prime. Per il volume del traífico marittimo, Fiume stacca nettamente tutti gli altri porti: nel 1957 ha avuto un movimento di 4.154.000 t tra sbarchi e imbarchi. Seguono Spalato con 1.300.000 e Sebenico con 635.000.
Il commercio con l'estero è passivo. L'Italia è il principale cliente. Per le importazioni figurano nell'ordine le seguenti provenienze: Stati Uniti, Germania, Italia.
Costituzione e governo. - Secondo la Costituzione del 13 gennaio 1953 la Iugoslavia è ordinata come repubblica popolare federale, ed è composta delle sei repubbliche di Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Montenegro. La repubblica popolare serba comprende la provincia autonoma della Vojvodina e la regione autonoma di Kosovo-Metohija. A norma della Costituzione, tutto il potere appartiene ai lavoratori. I lavoratori esercitano tale potere e provvedono al funzionamento della cosa pubblica mediante i loro rappresentanti in seno ai Comitati popolari, alle Assemblee popolari, ai Consigli dei lavoratori e ad altri organi autonomi; e direttamente mediante l'elezione e la revoca dei rappresentanti stessi, i referendum, le riunioni di votanti, i comitati civici e altre forme di governo diretto. La Costituzione sancisce la separazione della Chiesa dallo Stato, attribuisce parità di diritti alle donne, e stabilisce taluni principî economici, fra cui la suddivisione delle grandi proprietà agrarie a favore dei piccoli proprietarî.
L'Assemblea popolare della Repubblica federale è l'organo supremo dell'autorità federale. Essa si compone di due Camere: il Consiglio federale e il Consiglio dei produttori. Il Consiglio federale è composto di deputati eletti in base a suffragio universale, eguale e diretto, e di deputati popolari eletti, fra i proprî membri, dai Consigli delle repubbliche, dai Consigli provinciali e dai Consigli regionali. Vi è un deputato per ogni 60.000 abitanti. Il Consiglio centrale di ciascuna repubblica elegge 10 deputati, il Consiglio provinciale della provincia autonoma della Vojvodina ne elegge 6, e 4 il Consiglio regionale della regione autonoma di Kosovo-Metohija; in totale (1958), 371 deputati. I membri del Consiglio federale eletti dagli organi rappresentativi delle repubbliche popolari e della provincia e regione autonome si riuniscono separatamente, con la qualifica di Consiglio delle nazionalità, quando all'ordine del giorno del Consiglio federale sia posta una mozione tendente alla revisione della Costituzione, o una proposta relativa al piano economico federale. Il Consiglio dei produttori è composto di deputati eletti nella misura di 1 per ogni 70.000 membri della popolazione attiva, costituita da tutti i lavoratori addetti alla produzione, ai trasporti e al commercio; in totale (1958), i deputati sono 216.
Il Consiglio federale e il Consiglio dei produttori siedono separatamente. L'Assemblea popolare federale, a camere riunite, elegge e dimette dalla carica il presidente della repubblica, i membri del Consiglio esecutivo federale, il presidente, i vicepresidenti e il segretario dell'Assemblea popolare federale, e proclama gli emendamenti alla Costituzione. Gli organi esecutivi dell'Assemblea popolare federale sono il presidente della Repubblica e il Consiglio esecutivo federale. Il presidente rappresenta la Repubblica popolare federale di Iugoslavia, ed è il comandante supremo delle Forze Armate e il capo del Consiglio esecutivo federale. Viene eletto a scrutinio segreto in seno ai membri dell'Assemblea popolare federale, e rimane in carica fino allo scioglimento dell'Assemblea stessa; quest'ultima tuttavia può congedarlo prima della scadenza del termine.
Il Consiglio esecutivo federale consiste di 34 membri eletti in seno ai deputati del Consiglio federale. Esso provvede all'esecuzione delle leggi federali, del piano economico federale, del bilancio federale e delle altre disposizioni dell'Assemblea federale. Il Consiglio è responsabile di fronte all'Assemblea, e rimane in carica fino allo scioglimento di quest'ultima.
Finanze. - La Federazione assicura l'unità del sistema economico e lo sviluppo pianificato dell'economia del paese e legifera in materia di imposte, dogane, moneta, sistema creditizio, bilancio federale e prestiti pubblici. Il bilancio federale è il seguente:
Il bilancio federale presenta un sensibile disavanzo negli ultimi anni, determinato in parte dall'aumento delle somme destinate al finanziamento degli investimenti. Il prodotto nazionale netto del paese si è quasi decuplicato tra il 1950 e il 1958, passando da 208 a 1861 miliardi di dinari; tale incremento è dovuto in parte all'espansione della produzione industriale, il cui indice (con base 1953 = 100) è salito da 94 nel 1950 a 189 nel 1958.
L'unità monetaria è il dinaro, emesso dalla Banca nazionale della Repubblica federale, cui sono affidate tutte le funzioni di banca centrale; dal 1° gennaio 1957, il valore del dinaro è uguale a 2,96223 milligrammi di oro fino. Nelle transazioni intergovernative il cambio è fissato in 300 dinari per un dollaro S.U.A.; per le altre transazioni esistono cambî diversi. Alla data del 30 novembre 1958 i crediti a breve termine concessi dalla Banca nazionale ammontavano a 551 miliardi di dinari, e i depositi a risparmio a 42,9 miliardi di dinari. L'andamento della circolazione e delle riserve di oro e valute estere è il seguente:
Bibl.: Oltre lo Statistički Godišnjak Federativna Narodna Republica Jugoslavija, Belgrado (dal 1956), cfr.: Jugoslawien, a cura di W. Market, Colonia-Graz 1954; e inoltre: P. F. Myers e A. A. Campbell, The population of Yugoslavia, Washington 1954; I. Davičo, La Yougoslavie, Belgrado 1954; R. Petković, L'amministrazione autonoma locale, in Iugoslavia (la Comune), Belgrado 1955; B. Ž. Milojević, La Yougoslavie. Aperåu géographique, Belgrado 1956; G. Roletto, La Jugoslavia economica. Aspetti, evoluzione, tendenze, Milano 1956; B. Ž. Milojević, Les vallées principales de la Yougoslavie. Recherches géographiques, Belgrado 1958; Institut Fédéral de Statistique, Petit manuel statistique de la Yougoslavie, Belgrado 1959; Geografski Atlas i statističko-geografski pregled svijeta, a cura di P. Mardešić, Z. Dugački e J. Zoričić, Zagabria 1959: capitolo sulla Iugolsavia, p. 50-105; M. Ortolani, La Iugoslavia. Note geografiche, in Boll. Soc. Geogr. It., 1960, pp. 303-22.
Storia.
Fermo nel difendere, attraverso l'indipendenza ideologica, l'indipendenza politica ed economica della Iugoslavia dall'URSS, il maresciallo J. Tito fu seguito dalla grande maggioranza del partito e del governo, tanto che unici fautori dell'intesa con l'URSS rimasero due membri del Comitato centrale, Andrija Hebrang e Sreten Zujović, il capo di S. M. dell'esercito Arso Jovanović e pochi altri. Tito si era fatto forte del fatto che la I. - a differenza degli altri paesi dell'Europa orientale - si era data un regime comunista senza l'aiuto dell'URSS e senza la presenza dell'Armata rossa; ed il partito, la polizia e tutti gli elementi direttivi del paese erano strettamente legati a lui, rivelatosi capo militare e politico di notevoli capacità e prestigio.
Dopo il luglio 1948, data della espulsione della I. dal Cominform, furono allontanati tutti i funzionarî sovietici che seguivano in veste di tecnici l'attività dei ministeri, delle forze armate e degli organismi economici e furono eliminati dalla vita politica attiva circa 10.000 elementi più o meno legati all'URSS. Questa e tutti gli altri paesi di "democrazia popolare" ricorsero ad ogni forma di pressioni di carattere politico, economico, militare e propagandistico, non senza far leva sulle minoranze di stirpe iugoslava esistenti nei paesi confinanti. Per ostacolare il processo di industrializzazione di un paese come la I. i cui "piani" economici si fondavano sull'acciaio e il carbone polacco, le macchine e automobili cecoslovacche e russe, il petrolio romeno, si interruppero quasi interamente i rapporti commerciali; tutti i trattati di alleanza conclusi dalla I. con i varî paesi comunisti fra il 1945 e il 1948 furono denunziati, mentre si intensificarono gli incidenti di frontiera e nell'agosto del 1949 da Mosca il governo iugoslavo fu proclamato "nemico e traditore dell'URSS".
Alla grave situazione economica, all'isolamento politico, determinati dalla rottura con l'URSS e con i paesi comunisti, fece peraltro riscontro l'atteggiamento dei paesi occidentali favorevoli alla I., indipendentemente da "garanzie" politiche: già nell'estate gli S.U.A. sbloccavano a favore della I. la riserva in oro, pari a 47 milioni di dollari, depositata dal governo iugoslavo in esilio, mentre nel dicembre 1948 la I. firmava con la Gran Bretagna il primo accordo commerciale. Altri accordi seguirono con varî paesi e un credito importante fu concesso dalla Export-Import Bank di New York; 70 milioni di dollari furono concessi dagli S. U. A. nel 1950 e quando poi nell'estate dello stesso anno una grave carestia minacciò la I., gli S. U. A. inviarono un grosso quantitativo di grano.
A questo intervento, che dava respiro all'economia iugoslava - pure aiutata sin da allora dagli Italiani grazie a vaste intese di collaborazione con le principali nostre industrie -, fece seguito, il 14 novembre 1951, il primo accordo di assistenza militare con gli Stati Uniti: si calcola che fra il 1951 e il 1955 la Iugoslavia abbia ricevuto dagli S. U. A. oltre mezzo miliardo di dollari in aiuti militari, e - a parte i 420 milioni ricevuti tramite UNRRA - ben oltre 500 milioni in aiuti economici; a questi si aggiunsero gli aiuti ricevuti dalla Gran Bretagna e dalla Francia.
Questo complesso di aiuti, nel clima della guerra fredda di impronta staliniana, sottolineava un deciso, anche se "controllato" e diffidente, avvicinamento della I. alle potenze occidentali. Esso, se per queste ultime significava, in caso di conflitto col blocco orientale, la possibilità di una estensione delle frontiere strategiche della NATO verso l'Europa centrale, per la I. aveva un peso ben più determinante ed immediato: l'interesse dell'Occidente per la I. consentiva a questa, nella questione di Trieste (v.), di influenzare lo stesso orientamento delle potenze occidentali che inauguravano giusto dal marzo 1951 una chiara politica di "equidistanza".
La morte di Stalin (marzo 1953) segnò l'inizio di una politica distensiva dell'URSS nei confronti della Iugoslavia (che, fra l'altro, anche nei momenti di tensione non mancò mai di votare a favore dell'URSS alle N. U.); se Tito aveva fatto assumere al paese una posizione di neutralismo e di "terza forza" fra i due blocchi, collegandosi così - anche con scambî di visite - all'India, all'Egitto, all'Indonesia, a Ceylon, all'Etiopia, ecc., adesso la nuova politica - sottolineata nel maggio 1955 dalla visita di N. Chruščev e N. Bulganin a Belgrado, con la sconfessione della politica staliniana - mise il paese in una situazione internazionale non facile, fra i nuovi richiami da Oriente e i legami con l'Occidente. In realtà, anche se migliorarono stabilmente le relazioni con l'URSS e con tutte le democrazie popolari, la I. riuscì con abilità non comune dei suoi dirigenti a mantenere una posizione di "equidistanza": il viaggio di Tito a Mosca nel giugno del 1956 sottolineò la ripresa dei rapporti con l'URSS, mentre sul punto ideologico, col comunicato comune emesso al termine della visita il 20 giugno, l'URSS accettava le posizioni "titoiste" dell'indipendenza e eguaglianza dei paesi e partiti comunisti, delle differenti "vie" per giungere al socialismo, del carattere volontario - e non imperativo - della cooperazione fra l'URSS e la Iugoslavia; contemporaneamente (mentre già dal 28 febbraio 1953 si stipulava il patto balcanico fra I., Grecia e Turchia, poi rivelatosi del tutto inefficiente) venivano date assicurazioni agli S.U.A., che anche nel 1956 votarono gli aiuti economici, e la I. intensificò poi la sua partecipazione all'OECE, entrando a far parte nel settembre 1957 dell'Agenzia Europea per la Produttività.
La rivolta di Poznań e la successiva rivoluzione ungherese dell'ottobre 1956 da un lato furono interpretate in I. come uno sviluppo delle posizioni "titoiste" in altri paesi; ma, con riferimento specifico ai fatti di Ungheria, anche in chiave di timore di temuti sviluppi anticomunisti altrove e di conseguente possibile intervento armato dell'URSS. Queste vicende confermarono la I. nel preciso intendimento di rimaner lontana dal "blocco sovietico" e il congresso di Lubiana della Lega dei comunisti iugoslavi (aprile 1958) condusse ad una nuova aspra polemica con l'URSS, che, a differenza del 1948, si limitò a pressioni di carattere economico e propagandistico.
Da allora, la I. ha continuato a rimanere su posizioni di "terza forza" - sottolineate da viaggi di Tito in Indonesia, a Ceylon, in Birmania, in Etiopia, nel Sudan, nella R.A.U. (gennaio-febbraio 1959) e relative restituzioni di visite -, mentre dopo la soluzione della questione di Trieste con il Memorandum di intesa del 5 ottobre 1954, si aprivano nuove prospettive alla collaborazione italo-iugoslava, soprattutto sul punto economico ed anche culturale; la visita a Belgrado del sottosegretario agli Esteri A. Folchi (novembre 1959) e il viaggio a Roma del ministro degli Esteri iugoslavo V. Popović con la firma di accordi economici e culturali, hanno avuto in questo senso un loro significato.
Il " regime" iugoslavo. - La crisi di rapporti con l'URSS si è risolta, sul piano interno, in un notevole rafforzamento del regime di Tito, che ha acquistato una notevole stabilità politica. Questo gli ha consentito di usare una certa generosità o quanto meno larghezza - estranea ai regimi comunisti - con gli oppositori. In un paese permeato da vigoroso e a volte esasperato nazionalismo - o da varî nazionalismi, diretti a seconda delle stirpi nelle varie direzioni - l'internazionalismo comunista di formula marxista-leninista e di osservanza sovietica rivela scarsa rispondenza nelle masse. D'altro canto tutta la struttura dello stato "socialista" iugoslavo - fondata sugli strettissimi legami fra partito, polizia politica o Udba, esercito, burocrazia centrale e delle repubbliche federali, organizzazioni ed enti economici - ha virtualmente eliminato ogni opposizione, e quella esterna, rappresentata all'estero dai vecchi partiti e uomini politici, anche per l'inesorabile declino di una generazione, ha perso ogni contatto con il paese.
Di notevole importanza, sia agli effetti del regime che della solidità dello stato, è la politica delle nazionalità. La Lega dei comunisti iugoslavi, nel programma uscito dal congresso del 1958, ha posto come premessa dell'"unità iugoslava" il "libero sviluppo nazionale e una completa uguaglianza" di tutte le nazionalità e minoranze. Di qui si comprende l'impegno a ridurre il notevole dislivello esistente nello sviluppo economico delle varie repubbliche, sviluppo che è sensibilmente maggiore in Slovenia, Serbia e Croazia, mentre nelle altre repubbliche è notevolmente minore. Il processo di industrializzazione si colloca dunque, oltre che sul piano generale di progresso economico, anche come mezzo di coesione nazionale. Gli investimenti si sono accresciuti del 10,7% nel 1957, del 12,9% nel 1958 e del 14,7% nel 1959 e in questo processo di sviluppo il progresso maggiore è stato compiuto dalla repubblica più arretrata, la Bosnia-Erzegovina.
In senso analogo si può parlare dello sforzo culturale, con la lotta all'analfabetismo, l'aumento delle scuole (cresciute, sino al 1957, del 58% le elementari e del 460% le scuole medie) con particolare impegno per le repubbliche sottosviluppate (non senza il proposito di valorizzare certe minoranze, come gli Albanesi del Cossovo, quali punto di attrazione culturale e anche politica verso tutta l'Albania). Tutta questa opera di livellamento economico e culturale "verso l'alto" ha già dato i suoi frutti e altri ne recherà col tempo, permettendo di veder rafforzata l'unità iugoslava.
La politica economica del regime è decisamente orientata verso l'aumento del tenore di vita, attraverso l'industrializzazione, miglioramento delle vie di comunicazione, programmi edilizî, meccanizzazione dell'agricoltura. Tutto questo in senso naturalmente statalista e di "pianificazione" cioè nel senso di rendere impossibile il risorgere di una classe "borghese", limitando ogni attività artigianale, nazionalizzando le case di abitazione, restringendo il campo di attività di liberi professionisti (medici, ecc.).
In altri termini il programma di attuazione del sistema socialista viene perseguito senza mezzi termini, ma con maggiore gradualità, evitando scosse o rotture, con un giro di vite che può anche allentarsi e volgersi all'indietro, come è avvenuto nell'agricoltura, dove la proprietà privata è stata ripristinata e potenziata, dopo le prime disastrose esperienze della collettivizzazione. Così anche il sistema della c. d. "autogestione operaia" nelle imprese statali o delle repubbliche (che dovrebbe anche "salvare" un certo regime di concorrenza) trova un limite di attuazione insuperabile nelle difficoltà economiche, nelle necessità di affermazione sui mercati internazionali. Così, sotto quest'ultimo profilo, acquista un suo significato l'iniziativa dell'Assemblea federale, apertasi il 27 ottobre 1960, di collegare più strettamente la retribuzione del singolo lavoratore all'aumento della produttività dell'impresa e all'efficienza produttiva del reparto.
In politica interna, di sviluppo comunista o socialista, come sul piano internazionale - l'uno e l'altro intimamente collegati - la I. dunque segue una propria strada, non senza difficoltà e incertezze. Legate agli ampî contatti con l'Occidente, all'inevitabile diffondersi di mentalità e abitudini inconsapevolmente "borghesi" che urtano contro i "dogmi" comunisti, esse riflettono il travaglio di una generazione e di un popolo - e della sua ambiziosa classe dirigente - che ricercano un modo di conciliazione, una "terza via", che è definita di neutralismo "attivo", in sede internazionale, e come "metodo" iugoslavo per il socialismo, sul punto interno. Il maresciallo Tito rappresenta in questo travaglio un punto di equilibrio e di convergenza, e a lui si deve l'iniziativa di una nuova costituzione (che sostituirà quella del 1953), presa il 28 novembre 1960. Vedi tav. f. t.
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