CANKAR, Ivan
Scrittore sloveno nato a Vrhnika (Iugoslavia) il 10 maggio 1876 da umile famiglia, morto a Lubiana l'11 dicembre 1918. Frequentò le scuole medie a Lubiana e s'inscrisse al Politecnico di Vienna; qui visse molti anni senza finire gli studî e conobbe da vicino la tragedia intima della piccola gente. Rimase bohémien per tutta la vita che fu piena di privazioni e di lotte. Dopo le poesie giovanili, raccolte nell'Erotika (1899), che risentono l'influsso di Heine e dei lirici francesi fin de siècle e che misero in subbuglio il provincialismo filisteo della sua patria, lo C. si diede alla prosa e al dramma. Nel 1899 uscì il suo primo volume di novelle Vinjete, cui seguirono il dramma sociale Jakob Ruda (1900), la novella Il vagabondaggio di Nikolaj Nikiã (1900), la commedia Per il bene del popolo (1901) e il Libro per la gente spensierata (1901), dove risuonano ancora le cupe note della ribellione sociale e dell'individualismo anarchico, fin allora sconosciuto alla giovane letteratura slovena.
Nel tragico dissidio fra il poeta ribelle e una società gretta e provinciale, insorge la satira dello C. contro l'ipocrisia e la ciarlataneria dei falsi patrioti. Già nelle opere precedenti si sente schioccare la frusta della satira che diventa sempre più implacabile nel racconto Gli stranieri (1901), nel dramma Il re di Betajnova (1902), nelle novelle Al chiaro di luna (1905) e Martin Kaãur (1906), nella requisitoria La cavalla di Krpan (1907), nella farsa Lo scandalo nella valle di S. Floriano (1908), nel dramma Servi (1910) e nella sferzante replica ai critici Il crisantemo bianco (1910). Intanto lo C. si è liberato da tutte le soprastrutture naturalistiche, il suo nietzschianismo si sgretola nell'urto con la vita reale, dal sarcasmo traspare il suo spirito martoriato ma profondamente idealista, e dal dolore gli nasce quell'anelito triste dell'anima incatenata dalla brutalità della vita, quella brama inestinguibile di bellezza e di libertà che doveva irradiare le sue figure più belle e più vive. Alle novelle All'alba (1903), che segnarono il trapasso, segue la triste rassegnazione della Signora Giuditta (1904), il soliloquio dell'amore infranto della Nina (1906), l'eterno dramma dell'anima assetata della Bella Vida (1912). Accanto agl'inni alla madre e alla donna amata nei racconti Sul declivio (1902) e La croce sul monte (1904), uscirono novelle della vita dei poveri e dei vagabondi, delle vittime dell'ingiustizia sociale e della corruzione morale, dei bambini malati e infelici, che sono fra le più riuscite, p. es., La casa di Maria Ausiliatrice (1904), Il servo Bortolo e il suo diritto (1907), Dietro la croce (1909), Kurent (1909), Milan e Milena (1913), Lenart il peccatore (1921) ed altre. Dall'immane tragedia della guerra mondiale lo C. trasse il suo capolavoro Immagini dai sogni (1917), dove il suo sarcasmo si purifica nello strazio umano e la sua brama ardente si disseta alla fonte divina. Qui il soggettivismo simbolico, in cui lo C. trovò la sua espressione artistica e che forma, con la satira e il paradosso, il carattere essenziale di tutta la sua arte, toccò l'apice dell'incarnazione poetica. Psicologo profondo, creatore dello stile artistico della lingua slovena che scorre schietta, musicale e ricca nella sua prosa, ha raggiunto nell'arte narrativa forme così alte, da sorpassare la stretta cerchia del valore nazionale, per acquistare quello intimamente umano.
Opere principali: Zbrani spisi (Opere complete) con intr. e note a cura di Izidor Cankar, Lubiana 1925 e segg. Trad. in ital.: Il servo Bortolo e il suo diritto (di Regent e Sussek, Trieste 1925; di G. Lorenzoni, Gorizia 1925), Il re di Betajnova (di B. Calvi, Torino 1929), Il racconto di Èimen Sirotnik (trad. e intr. di W. Giusti, Roma 1929), La mia vita (trad. dallo slov. e note di B. Calvi, Mantova 1930).
Bibl.: Spominu I. Cankarja (alla memoria di I. C.), Lubiana 1919; Dom in svet, Lubiana 1920; Cankarjev Zbornik (Miscellanea C.), Lubiana 1921; Slov. bijogr. leks., Lubiana 1925, pp. 67-72 (con bibl.); G. Lorenzoni, La "Bella vida" di I. C. e una leggenda popolare slovena, in Il concilio, I, nn. 1 e 4.