IVAN IV, detto il Terribile, granduca di Mosca e zar di tutta la Russia
Figlio del granduca Vasilij III, nato il 25 agosto 1530, morto il 28 marzo 1584. La sua personalità segnò un'impronta indelebile nella storia della Russia dell'epoca e dei decennî seguenti. Uomo di grandi talenti, molto colto per i suoi tempi, passionale, squilibrato, crudele, I. rappresentò un enigma per molti suoi contemporanei, come anche per gli storici più recenti. Le contraddizioni del suo carattere si possono spiegare in gran parte con le condizioni anormali nelle quali era trascorsa la sua infanzia e adolescenza. I. aveva appena tre anni, quando morì suo padre e otto quando morì sua madre, Elena, nata principessa Glinskaja. Dopo la morte della granduchessa Elena, il governo del paese passò alla Duma dei boiari. Fra i boiari mancava l'accordo, infieriva la lotta fra i partiti dei Šuiskij e dei Belskij. E in mezzo a quelle discordie i boiari non facevano alcun caso d'Ivan. Il ragazzo non poteva non sentire il contrasto, che lo doveva colpire molto dolorosamente, fra il rispetto di parata, col quale i boiari lo circondavano durante le cerimonie ufficiali (dall'età di 6 anni I. riceveva in audienze solenni gli ambasciatori esteri) e lo sprezzo grossolano con cui lo si trattava nella vita privata. Quando egli si fece un po' più grande, cominciò a trar profitto di ogni occasione propizia per uscire dall'oppressione che lo circondava nel palazzo. Cominciò a recarsi di frequente a pellegrinaggi lontani, e alla caccia. Questi viaggi lo abituavano all'indipendenza, e in mezzo ai servitori, che l'accompagnavano, I. trovò degli uomini fedeli e devoti. Alla fine del 1543, quando egli era appena nel suo quattordicesimo anno, comandò ai suoi bracchieri d'impossessarsi del principe Šuiskij e di ucciderlo. Altri boiari furono mandati in esilio. Da quel tempo, secondo gli annali, "i boiari cominciarono a temere e a obbedire il principe". In realtà però I. era certamente troppo giovane per regnare. Il governo era effettivamente nelle mani dei principi Glinskii, parenti suoi per parte della madre. Abbandonatosi alla sua indole senza freni, egli cominciò negli anni che seguirono una vita molto disordinata. Durante quegli anni, furono giustiziati per ordine suo alcuni boiari, e l'incostanza del carattere di I. si mostrò nel fatto, che alcuni fra quei giustiziati avevano goduto poco tempo prima il suo favore particolare. Nel 1547 egli ebbe una crisi nel suo sviluppo. Probabilmente per l'influenza del metropolita Macario si era svegliato in lui il senso della grandezza del suo potere e della sua responsabilità. Raggiunta la maggiore età egli assunse il titolo di zar, che solo dal suo tempo divenne titolo abituale dei principi moscoviti. Il 16 gennaio 1547 I. fu incoronato con gran solennità dal metropolita Macario nella cattedrale dell'Assunzione a Mosca. Più tardi questo titolo fu confermato con una carta dal patriarca di Costantinopoli. Al principio di febbraio I. sposò poi la giovane boiarina Anastasia Romanovna Zacharina. Nell'estate dello stesso anno un grande incendio scoppiato a Mosca e una ribellione del popolo contro i principi Glinskij, parvero a I. segni del castigo di Dio per la sua trascuratezza nei doveri di regnante. Di questo suo stato d'animo trasse profitto un cerchio di persone, detto dal Kurbskij il "consiglio eletto". che desiderava il miglioramento del meccanismo governativo e una politica estera più energica. Facevano parte di esso, oltre allo stesso Kurbskij, il sacerdote Silvestro e Adašev. Sotto l'influenza di costoro andò atteggiandosi la politica di I. nei seguenti decennî. Quanto alla politica interna, è da notare un miglioramento portato nella giurisprudenza (Carskij sudebnik, 1550), l'ordine introdotto nel sistema militare (Tysiačnaja kniga, 1550; Desiatni, 1554), l'ordinamento generale delle norme del servizio militare territoriale (1556), infine l'organizzazione dell'amministrazione locale (1555). A queste riforme vanno aggiunte ancora quelle compiute nell'amministrazione ecclesiastica (Stoglav, 1551). Nella politica estera il 1550 e i seguenti portarono straordinarî successi nella guerra coi Tartari. Dopo alcuni anni di lotta accanita, fu presa d'assalto, nel 1552, la città di Kazan' e tutto il regno di Kazan′ fu annesso al regno moscovita. I. prese parte in persona alla spedizione di Kazan′. Sulla presa di Kazan′ e la parte che ebbe in essa I. si andò poi formando una tradizione leggendaria che trovò la sua espressione in canti popolari. Alcuni anni dopo Kazan′, fu presa anche Astrachan (1556), e così tutto il corso del Volga, l'arteria commerciale di primaria importanza, cadde in potere di I. Il "consiglio eletto" cominciò ora a pensare alla conquista del khanato di Crimea. Nella primavera del 1556 le schiere moscovite fecero un'incursione fino alla città di Očakov sul Mar Nero. Sotto l'impressione di questo fatto il principe Višneveckij, atamano dei cosacchi del Dnepr, che poco prima si erano fortificati nell'isola Chortica sul Dnepr, venne a chiedere a I. di accoglierlo al suo servizio. Sul principio del 1558 le schiere riunite dei moscoviti e dei cosacchi del Dnepr fecero una spedizione su Perekop. Il successo completo della politica moscovita appariva ormai imminente, quando l'attenzione di I. venne venne richiamata dal Mar Nero verso il Baltico.
Traendo profitto dalla situazione della Livonia, sorta in conseguenza della secolarizzazione dell'Ordine Teutonico, I. decise di sottomettere la Livonia, e così "aprirsi una finestra in Europa" (secondo le parole pronunciate più tardi da Pietro il Grande). Egli era irritato per gli ostacoli che i regni baltici ponevano ai suoi tentativi di entrare in rapporti con l'Europa centrale. Gl'ingegneri, medici e artigiani, che I. aveva fatto venire dalla Germania in Russia nel 1548, erano stati impediti di passare in Russia dalle autorità della città di Lubecca per rimostranze della Livonia, che temeva un consolidarsi della potenza russa. Nel 1551 il rappresentante della Livonia alla corte dell'imperatore Carlo V aveva compilato una nota speciale per l'imperatore, nella quale egli lo scongiurava di non far arrivare il moscovita al Baltico. Benché gl'Inglesi avessero scoperto nel 1553 un'altra via marittima verso la Russia, al nord, nel Mar Bianco, e la via baltica non fosse quindi l'unica via marittima fra Mosca e l'Europa centrale, tuttavia la via baltica era più breve di quella del nord.
La questione del Baltico fece nascere una rottura fra I. e il "consiglio eletto", i cui membri non volevano sentire della guerra nel Baltico nel momento in cui appariva già prossimo il trionfo nel Mar Nero. I. non cedette. Nel 1558 ebbe inizio la guerra livonica, che sulle prime segnò una serie di successi per le armi russe. Le città della Livonia si arresero una dietro l'altra a I. e ai suoi voivodi (generali). I. cercò di trar subito profitto dall'occupazione dei porti per il commercio, e di formare una flotta militare, trasformando in navi da guerra le navi commerciali di Lubecca catturate, al comando delle quali vennero nominati degl'Inglesi e degli Spagnoli. Ma i successi portarono delle complicazioni. Di fronte alla prospettiva di sottomettersi a I., la maggior parte delle città della Livonia preferirono sottomettersi al regno della Polonia-Lituania, o alla Svezia. In tal modo la guerra della Livonia trascinò I. in una guerra con la Polonia (1562) e dopo anche con la Svezia (1567). Dopo i successi vennero così le sconfitte. Le gravezze di una guerra andata per le lunghe avevano provocato dei malcontenti in mezzo ai partigiani del "consiglio eletto" e in generale fra i boiari. Sul principio del 1564 alcuni boiari passarono dalla parte dei Polacchi-lituani, e fra essi il principe Kurbskij che comandava allora l'esercito moscovita in Lituania. Il tradimento di Kurbskij fece una terribile impressione su I. E sotto questa impressione, verso la fine del 1564, egli elaborò un nuovo piano di politica verso i boiari, noto sotto il nome di opričnina.
Al principio del dicembre I. partì improvvisamente da Mosca insieme alla sua famiglia, e alle persone più strettamente addette a lui, facendo vista sulle prime di recarsi in pellegrinaggio nel monastero di Troick-Sergiev e recandosi dopo più in là nella Aleksandrovskaja Sloboda. Sul principio del gennaio egli mandò di là una lettera al metropolita e ai boiari, piena di ogni genere di accuse, dichiarando la sua intenzione di abdicare al trono. Di fronte all'atteggiamento ostile delle classi inferiori verso i boiari, questi furono costretti a pregare I. di riprendere il regno. I. acconsentì a patto che gli fossero riconosciuti poteri dittatoriali e il diritto incondizionato di far giustizia dei traditori. Una parte della popolazione che prestava il servizio militare, e una parte dei paesi e delle città del regno moscovita furono messe alle dirette dipendenze di I. (opričnina). Il palazzo di Aleksandrovskaja Sloboda divenne centro dell'opričnina. Questa istituzione venne a costituire un rivolgimento politico di primaria importanza. Essa rappresentava l'abolizione dei privilegi feudali del ceto dei boiari e nello stesso tempo la creazione di un partito contrario ai boiari (che si potrebbe chiamare democratico) sotto la direzione personale dello zar. L'opričnina è stata una specie di "Comitato di salute pubblica" rivoluzionario, organizzato dallo zar stesso contro l'aristocrazia dei boiari. Per comprendere la psicologia di I. bisogna tener presente che l'istituzione dell'opričnina ebbe luogo in un momento di funeste vicende di una guerra molto dura e in mezzo a tradimenti compiuti da alcuni rappresentanti del ceto dei boiari. Certi tratti particolarì del carattere di I., e i sentimenti tenuti segreti di timore e di irritazione contro i boiari, che covavano in lui fin dalla sua infanzia, diedero poi a questa organizzazione il carattere sinistro e sanguinario che ebbe. S'iniziarono così le esecuzioni. Furono giustiziate famiglie intere di boiari. Il numero dei giustiziati nel periodo 1564-72 si calcola a 4000. I boiari sfuggiti all'esecuzione venivano privati dei loro possessi nel centro del regno e ricevevano in cambio terreni alla periferia dello stato, dove essi non avevano messo ancora radici feudali.
Stimando di avere disfatto il partito dei boiari e appoggiandosi sull'opričnina, I. credette necessario rivolgersi agli ufficiali del suo esercito e ai mercanti per avere l'autorizzazione di continuare la guerra (Zemskij Sobor, "Assemblea del paese" del 1566). L'Assemblea si pronunciò in favore della guerra, e la guerra fu continuata. Però I. continuava a sentire tutta l'instabilità della sua posizione. Egli iniziò per mezzo dell'ambasciatore inglese Jenkinson dei negoziati con la regina Elisabetta d'Inghilterra per la conclusione di un trattato, per cui ambedue i regnanti dovevano esser pronti a offrire asilo all'altro nel caso che dovesse essere esiliato dal suo paese. Intanto le esecuzioni continuavano. Nel 1568 fu tolto dalla sua sede il metropolita Filippo, il quale aveva protestato contro le esecuzioni, e nell'anno seguente fu strangolato. Nel 1570 fu conclusa una tregua con la Polonia-Lituania, e I. sperò di poter mettere in Livonia il principe della Danimarca Magnus in qualità di suo vassallo. Però nel 1571 il regno moscovita fu assalito dal khān di Crimea Devlet-Ghirej, che arrivò fin sotto Mosca e l'incendiò. Sotto l'impressione di questi avvenimenti e anche di fronte a una certa calma subentrata sul fronte occidentale, I. mitigò alquanto il regime dell'opričnina. Fu raggiunta una riconciliazione parziale fra lui e i boiari, ai quali fu restituita una parte dei terreni tolti. E come conseguenza immediata di ciò fu respinto il nuovo tentativo di attacco del khān di Crimea (1572). Nel 1575 I. tracciò i limiti fra l'opricnina e la zemščina (amministrazione territoriale). A capo di quest'ultima fu posto uno zarevic tartaro battezzato Simeone Bekbulatovič, col titolo di zar di tutta la Russia. I. si riserbò il titolo di granduca moscovita, e Simeone Bekbulatovič venne chiamato granduca di Tver′. Con ciò venne dato formalmente termine al regime dell'opricnina. Però la riconciliazione fra l'opričnina e la zemščina non salvò I. da nuovi scacchi nella guerra con la Polonia. Il nuovo re di Polonia Stefano Báthory (eletto nel 1575) riuscì ad abbattere la potenza militare di I., ed anche Magnus, sul quale I. aveva posto tante speranze, passò dalla parte della Polonia. Nelle campagne del 1579 e 1580 Stefano Báthory fece una irruzione sul territorio russo, prese Polock e alcune altre città del nord-ovest. Anche gli Svedesi cominciarono a premere sui Russi. Nel 1581 il generale svedese Delagardi prese Narva. Nello stesso anno Stefano Báthory assediò Pskov, ma la guarnigione della città oppose una disperata resistenza. Lo scacco di Báthory sotto Pskov diede a I. la possibilità d'iniziare negoziati di tregua, per la quale egli si era rivolto alla mediazione di Roma. Il papa mandò il gesuita Possevino, con l'intervento del quale fu conclusa una tregua di 10 anni fra il regno moscovita e la Polonia (1582). Un anno dopo fu concluso un accordo con la Svezia a condizioni gravi per la Russia: I. dovette rinunziare al litorale del golfo di Finlandia. L'impressione di questi scacchi militari subiti a occidente fu alquanto mitigata dai successi ottenuti a oriente; nel 1582 un distaccamento di cosacchi, comandato da Ermak, conquistò il regno di Siberia e prese la città di Sibir.
La guerra di Livonia durata per tanti anni aveva esaurito le forze del regno moscovita. Alla rovina dei possessori di terre obbligati al servizio militare avevano contribuito molto gli eccessi del regime dell'opričnina. Volendo attenuare il loro disagio economico e assicurare la vita alla classe degli ufficiali, il governo di I. fu costretto a ricorrere alla limitazione della libertà di trasferimento dei contadini, che erano fissati sui terreni dei militari. Fu deciso di dichiarare, secondo le necessità, "banditi" alcuni anni, cioè di proibire in quegli anni il passaggio dei contadini dai terreni di un proprietario in quelli di un altro. Il primo di tali anni "banditi" venne dichiarato il 1581.
La politica di I. nel suo complesso aveva portato verso l'indebolimento del regno e l'esaurimento delle forze del popolo. I piani di I. erano troppo grandiosi e sproporzionati alle reali possibilità del paese. Egli inoltre mancava di costanza e di forza di carattere. Prima ancora di aver risolto la questione tartara, si era lanciato verso il Baltico, senza un'esatta conoscenza delle tremende difficoltà che avrebbe dovuto superare. Il suo genio diplomatico brillò tuttavia ancora una volta prima del suo tramonto. L'essersi rivolto a tempo debito alla mediazione del papa scompigliò completamente i piani di Stefano Báthory. I. seppe così uscire incolume dalla guerra proprio nel momento più critico. Però il regno russo scosso da I., appena una ventina d'anni dopo la sua morte, divenne vittima della rivoluzione nell'interno e di un nuovo attacco da parte della Polonia (i cosiddetti "tempi torbidi"). Una delle cause esteriori di questi fatti fu l'estinzione della dinastia. E anche in questa questione la colpa principale spetta allo zar I., poiché nel 1581, in un momento di furore, egli aveva colpito con tanta forza con un bastone il figlio maggiore Ivan, da farlo morire.
I. il Terribile fu, secondo la testimonianza dei contemporanei, di statura gigantesca, asciutto, muscoloso, di carattere complesso e pieno di contraddizioni. Gli slanci di sincera religiosità si avvicendavano in lui con vere tempeste di oscure passioni. Il suo ingegno e il sapere acquistato con la lettura (soprattutto nelle questioni di politica ecclesiastica) sono fuori di discussione. Egli aveva tenuto a volte, non senza un certo successo, delle discussioni teologiche, tanto coi cattolici quanto coi luterani. Le sue lettere polemiche dirette al principe Kurbskij sono scritte con uno stile pesante e imbrogliato; si vede che la sua penna seguiva a fatica il tumulto dei suoi pensieri. Ciò nonostante queste lettere mostrano un talento letterario non comune. I. sposò sei mogli. Dalla prima ebbe i figli: Dmitrij (morto in età infantile nel 1553), Ivan (ucciso dal padre nel 1581), Teodoro (ereditò il trono dopo la morte del padre). Dall'ultima moglie ebbe un figlio, Dmitrij (nato nel 1583), sotto il cui nome figurarono i pretendenti dei "tempi torbidi".
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