IVS [Invalidita, Vecchiaia, Superstiti]
IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti) Forma di copertura previdenziale e assistenziale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti. Le pensioni di vecchiaia spettano all’occupato in seguito al raggiungimento di fissati limiti di età anagrafica e in presenza di una minima anzianità contributiva. Le pensioni di invalidità competono al lavoratore nel momento in cui la sua capacità lavorativa si riduce per incidenti, malattie o altre cause invalidanti. Entrambe sono pensioni dirette e si contrappongono a quelle indirette, che vengono invece corrisposte ai familiari (superstiti) del lavoratore o del pensionato (pensione di reversibilità), se si verifica il decesso del titolare del diritto pensionistico.
La gestione sia del prelievo contributivo (in generale a carico tanto del datore di lavoro quanto del dipendente o a totale carico del lavoratore autonomo) sia delle prestazioni previdenziali dell’assicurazione IVS è affidata normalmente al Fondo pensioni IVS dell’INPS. Anche con riferimento alla pensione di vecchiaia, esistono due differenti metodologie di calcolo: il metodo contributivo, in cui l’entità della pensione percepita è proporzionale ai contributi versati durante l’intera vita lavorativa del soggetto, e il metodo retributivo, secondo il quale, al contrario, la pensione viene commisurata alla media dei redditi percepiti nell’intervallo temporale, più o meno breve, immediatamente precedente la quiescenza (➔ anche pensione obbligatoria; defined-benefit; defined-contribution).
Nel 1917 fu creata la Cassa nazionale di previdenza, ente pubblico, la cui adesione era però volontaria. Con la l. 603/1919, la gestione dell’assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia, estesa nel frattempo a diverse categorie di dipendenti, fu affidata alla Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali (CNAS), che nel 1933 divenne Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (➔ INPS). Con la l. 636/1939, furono introdotte anche norme relative al diritto pensionistico dei superstiti del lavoratore. Oltre a essere divenuta obbligatoria per categorie di lavoratori quali i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni, l’assicurazione IVS fu imposta, con la l. 463/1959, anche ai titolari di imprese artigiane e ai loro familiari coadiuvanti (come definiti dalla l. 443/1985), già iscritti all’assicurazione contro le malattie (l. 1533/1956). In seguito, con la l. 662/1996, sono stati vincolati a iscriversi alla gestione IVS anche gli esercenti attività commerciale in senso allargato, tra cui tutti i lavoratori autonomi del terziario (e non più solo quelli appartenenti ad alcune categorie commerciali), i soci (lavoratori) di società di persone (fatta eccezione per gli accomandanti) e di S.r.l. operanti nel settore terziario, i familiari preposti al punto vendita.
Dopo un lungo periodo di generosità, i requisiti che danno diritto a percepire la pensione di vecchiaia sono stati resi più stringenti da modifiche normative mirate a contenere il deficit della pubblica amministrazione, tenuto conto anche del notevole aumento della longevità della popolazione. In particolare, con la riforma Amato (1992), per la pensione di vecchiaia si è portato il requisito anagrafico da 55 a 60 anni per le donne e da 60 a 65 per gli uomini, con anzianità contributiva minima aumentata da 15 a 20 anni. Con la riforma Dini (1995) si è passati dal sistema retributivo a quello contributivo anche per il calcolo della pensione di vecchiaia. Altre riforme (l. 243/2004 e 247/2007) hanno introdotto il sistema delle quote. Preso atto che, oltre alle pensioni di vecchiaia, il sistema previdenziale erogava anche pensioni di anzianità concesse, indipendentemente dall’età anagrafica, al raggiungimento di una soglia minima di anzianità contributiva (per es. 35 anni per i dipendenti del settore privato, 20 per quelli del settore pubblico), il sistema delle quote, ibrido fra età e anzianità contributiva, da un lato attenuava il requisito anagrafico, dall’altro aggravava quello contributivo, consentendo l’accesso al pensionamento a chi, sommando età e anzianità contributiva (nel rispetto di opportuni minimi sia per l’una sia per l’altra), raggiungeva la quota richiesta (livello variabile nel tempo e per categorie di lavoratori, per es. 96 nel 2012 per i dipendenti maschi del settore privato). Modifiche ben più radicali sono state introdotte con la legge Fornero (214/2011); a regime essa elimina il sistema delle quote, introduce requisiti anagrafici molto più stringenti per il pensionamento per vecchiaia, sostituisce (sempre con requisiti più stringenti) la pensione di anzianità con quella anticipata. In dettaglio, la pensione di vecchiaia, sempre subordinata al requisito di almeno 20 anni di contributi, è concessa al raggiungimento dei 66 anni per le femmine del settore pubblico e per tutti i maschi; per le femmine del settore privato il requisito anagrafico, fissato a 62 anni nel 2012, sarà gradualmente innalzato fino al raggiungimento dello standard di 66 anni nel 2018; esso sale a 70 anni per anzianità contributive comprese fra 5 e 20 anni. La pensione anticipata è concessa indipendentemente dell’età anagrafica a condizione di aver maturato una sufficiente anzianità contributiva; precisamente 41 anni e 5 mesi a partire dal 2013 (6 mesi dal 2014) per le femmine, 42 e 5 mesi (6 mesi dal 2014) per i maschi. È prevista, a partire dal 2013, una revisione triennale (biennale dal 2019) dei requisiti, agganciandoli all’aumento della longevità della popolazione. Le pensioni anticipate subiranno tuttavia una penalizzazione per quanti si pensioneranno prima dei 62 anni; in dettaglio, 1% per ciascun anno fra i 60 e i 62 e 2% per ogni anno precedente i 60 anni. Per es., pensionarsi a 58 anni e 6 mesi comporterà una penalizzazione del 5%.