Cardiff, Jack
Direttore della fotografia e regista cinematografico inglese, nato a Yarmouth (Inghilterra) il 18 settembre 1914. Preminente, e di grande importanza, è stato il suo contributo all'arte della direzione della fotografia, sia sotto il profilo della ricerca estetica, soprattutto cromatica, sia nella ricerca di soluzioni tecniche. Meno significativa la sua carriera di regista, limitata all'arco di tempo di un trentennio (tra il 1942 e il 1973) e viziata da un compiaciuto accademismo estetizzante. Ma la maestria del C. operatore alla macchina e direttore della fotografia, capace di creare con la composizione, soprattutto coloristica, dell'immagine, atmosfere di grande suggestione e plasticità, è stata messa al servizio di grandi cineasti come Michael Powell, Emeric Pressburger, Richard Fleischer, Joseph L. Mankiewicz, Albert Lewin, Alfred Hitchcock. Nel 2001 ha ricevuto l'Oscar onorario alla carriera, che ha fatto seguito all'Oscar vinto nel 1948 per la suggestione simbolica e il virtuosismo fotografico dei colori di Black narcissus (1947; Narciso nero) di Powell e Pressburger, e all'International Award conferitogli dall'American Society of Cinematographers nel 1994. La sensibilità pittorica nel cogliere il potenziale plastico e cromatico della luce e nel far giocare la dinamica delle gamme coloristiche fin dentro il tessuto narrativo del film, ha fatto di C. uno dei più importanti maestri della fotografia cinematografica, tanto che egli sperimentò subito le potenzialità compositive ed espressive del Technicolor, di cui filmò il primo esempio nella cinematografia inglese, Wings of the morning (1937; Sangue gitano) di Harold D. Schuster. Le opportunità tecniche offerte dall'evoluzione del mezzo e dei formati cinematografici hanno sempre stimolato l'abilità di C. nel comporre immagini di grande impatto spettacolare, come nel cinemascope di Fanny (1961) di Joshua Logan o nel vistavision di War and peace (1956; Guerra e pace) di King Vidor. Nato in una famiglia di attori di music hall, cominciò a quattro anni una breve carriera di attore-bambino, subito abbandonata per debuttare nel 1929 come assistente operatore, poco più che adolescente, per la versione muta, diretta da Arthur Robison, di The informer (Vampate rosse; la versione sonora venne diretta nel 1935 da John Ford che, anni dopo, vecchio e malato, sarebbe stato sostituito proprio da C. nella regia di Young Cassidy, 1965, Il magnifico irlandese). Durante la Seconda guerra mondiale fu operatore di documentari propagandistici, come Western approaches (1944) di Pat Jackson, per conto della società governativa inglese Crown Film Unit. La vera scuola di C. furono i teatri di posa, dove cominciò da assistente e operatore alla macchina, in film come The ghost goes West (1936; Il fantasma galante) di René Clair o The life and death of Colonel Blimp (1943; Duello a Berlino) di Powell e Pressburger. Fu con questa coppia di registi che diede il meglio di sé, rendendo sullo schermo la sontuosità e la suggestione evocative delle atmosfere fantastiche, dell'esotismo, del mistero, della fantasia delirante, al centro di un aldilà allucinatorio in A matter of life and death (1946; Scala al paradiso), del mondo del teatro e del balletto in The red shoes (1948; Scarpette rosse), del Tibet mistico in Black narcissus. Il suo modo raffinato, sfarzoso, inventivo di trattare il colore in tutta la sua ricchezza cromatica e di usarlo come veicolo simbolico di stati d'animo e psicologie, si è applicato ad atmosfere avventurose e ambientazioni esotiche come per The black rose (1950; La rosa nera) di Henry Hathaway, The African queen (1951; La regina d'Africa) di John Huston, Death on the Nile (1978; Assassinio sul Nilo) di John Guillermin, Tai-Pan (1986) di Daryl Duke, al clima di mistero e di tensione psicologica in film come Under Capricorn (1949; Sotto il Capricorno o Il peccato di Lady Considine) di Hitchcock o The barefoot contessa (1954; La contessa scalza) di Mankiewicz, dove seppe conferire un alone di ambigua e struggente seduzione alle bellezze di Ingrid Bergman e rispettivamente di Ava Gardner (il cui fascino aveva già valorizzato con sfumature notturne e accensioni lussureggianti in Pandora and the flying dutchman, 1951, Pandora di Lewin). Il talento di C. nel suggerire con la luce dimensioni insolite si riscontra nei film di genere (thriller, horror, fantascientifico e avventuroso) fotografati per Fleischer, come The Vikings (1958; I Vichinghi), Amityville 3-D (1983; Amityville III), Million dollar mystery (1987; Il mistero da 4 milioni di dollari), Call from space (1989). La raffinatezza di soluzioni visive di C. si è espressa in film eleganti come The prince and the showgirl (1957; Il principe e la ballerina) di Laurence Olivier o Fanny di Logan, sino al dinamismo virtuosistico delle immagini di Conan the Barbarian (1981; Conan il Barbaro) di John Milius (di cui fu anche operatore alla macchina), e Rambo: first blood part II (1985; Rambo 2 ‒ La vendetta) di George Pan Cosmatos o nei film degli anni Cinquanta interpretati dall'atletico Errol Flynn, The master of Ballantrae (1953; Il principe di Scozia, da R.L. Stevenson) di William Keighley, Il maestro di Don Giovanni noto anche come Crossed swords (1954) di J. Barret Mahon e Vittorio Vassarotti. Nel 1958 C. esordì come regista di lungometraggi con il thriller Intent to kill (Decisione di uccidere), ma la dozzina di film che seguirono alternano risultati disuguali, mai memorabili, caratterizzati da una predilezione per i grandi paesaggi, la ricostruzione in costume, l'avventura esotica e un certo estetismo che appaiono di una spettacolarità convenzionale. Riuscì però in The mercenaires (1967; Il buio oltre il sole), The long ships (1964; Le lunghe navi), Sons and lovers (1960; Figli e amanti, dal romanzo di D.H. Lawrence) a raggiungere un'efficace e realistica tenuta narrativa; in altri film, The lion (1962; Il leone) o My geisha (1962; La mia geisha) o Girl on a motor-cycle (1968; Nuda sotto la pelle) prevale il compiacimento per la cura delle immagini a scapito della resa d'insieme. Nel 1996 ha scritto il libro di memorie Magic hours; nel 2000 gli è stato dedicato il documentario Persistence of vision di Craig McCall.