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LEMMON, Jack

di Francesco Bolzoni - Enciclopedia del Cinema (2003)
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Lemmon, Jack (propr. John Uhler)

Francesco Bolzoni

Attore cinematografico statunitense, nato a Boston l'8 febbraio 1925 e morto a Los Angeles il 27 giugno 2001. Dotato della capacità di temperare gli effetti comici con sfumature drammatiche, di passare con la massima naturalezza da toni paradossali e ritmi esasperati e nevroticamente grotteschi a un più complesso approfondimento psicologico, seppe conferire ai suoi personaggi una profonda umanità, ma anche una disarmante tenerezza, una vulnerabilità spesso rovesciata in un'improvvisa possibilità di riscatto. Billy Wilder, regista con il quale lavorò a lungo e che ne apprezzò profondamente le capacità professionali e umane, riteneva che sul suo volto si poteva scatenare un conflitto basato su elementi di forte pregnanza comica e/o drammatica, costringendolo a un dinamismo buffonesco, possibile soltanto in un attore dalle sue potenzialità mimetiche. Fu lo stesso Wilder che, dopo averlo convinto a indossare abiti femminili in Some like it hot (1959; A qualcuno piace caldo) ‒ film segnato da un'immediata popolarità ‒, ne valorizzò lo spessore drammatico, assecondandone la latente inquietudine, in un sodalizio artistico durato ventidue anni e forte di valide performances quali The apartment (1960; L'appartamento), Irma la douce (1963; Irma la dolce), The front page (1974; Prima pagina). Nel 1956 L. ottenne l'Oscar come miglior attore non protagonista per Mister Roberts (1955; La nave matta di Mr. Roberts) di John Ford e Mervyn LeRoy, nel 1974 invece fu premiato con l'Oscar come protagonista per Save the tiger (1973; Salvate la tigre) di John G. Avildsen. Vinse inoltre per due volte il premio come miglior attore al Festival di Cannes, nel 1979 per The China syndrome (Sindrome cinese) di James Bridges e nel 1982 per Missing (Missing ‒ Scomparso) di Constantin Costa-Gavras, mentre nel 1992 ottenne la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia per l'interpretazione in Glengarry Glen Ross (Americani) di James Foley. Nel 1988 l'American Film Institute gli aveva assegnato il Life Achievement Award, celebrandone la lunga e fortunata carriera.

Dopo essersi laureato alla Harvard University, studiò recitazione a New York. Segnalatosi con partecipazioni alla radio e apparizioni in televisione (dal 1949 al 1952) e nei teatri di Broadway, fu scritturato dalla Columbia Pictures Corporation con un contratto a lungo termine proprio quando questa consuetudine stava per essere abbandonata dalle case di produzione hollywoodiane. Contribuì così al revival della commedia brillante americana che, grazie all'affermazione di attrici quali Judy Holliday, Shirley MacLaine, Marilyn Monroe e al ritorno al genere comico-sentimentale della coppia Spencer Tracy-Katharine Hepburn, dopo il 1950 interessò per un buon decennio il cinema hollywoodiano. Si rivolgevano a lui sia registi specializzati nella commedia come George Cukor (It should happen to you, 1954, La ragazza del secolo) o Richard Quine, sia cineasti che alternavano la sophisticated comedy al dramma (per es., Mark Robson, che in Phffft, 1954, Phffft e l'amore si sgonfia, ne fece il prototipo dello scapolo patentato), affidandogli per lo più il ruolo dello scapestrato. All'inizio la sua bravura era di tipo tecnico e, secondo Cukor, di gusto teatrale. Il regista riteneva infatti che per rendere davvero credibile una scena il suo viso da uomo comune doveva cancellare sfumature più che aggiungerle, moderare quel surplus di attivismo che, sebbene risultasse efficace in teatro, appariva spropositato nel cinema. Pur recitando sopra le righe, L. ottenne comunque grande successo grazie al suo terzo ruolo, nel cast di Mister Roberts, uno dei rari film comici ambientati durante il secondo conflitto mondiale, nel quale interpreta il guardiamarina Frank Turlowe Pulver che, imbarcato nel Pacifico su un cargo comandato da un isterico capitano (James Cagney), quasi suo malgrado riprende la staffetta della rivolta contro le angherie del superiore, precedentemente condotta dal tenente Roberts (Henry Fonda), un eroe destinato ad altra missione e morto in battaglia. Nell'esuberanza del disegno la figura del guardiamarina sfaticato risulta, tutto sommato, antica, e rappresenta un senso del divertimento proprio di altre stagioni. Nella commedia You can't run away from it (1956; Autostop) di Dick Powell, remake di It happened one night (1934), la ribalderia canagliesca di L. appare di gran lunga inferiore a quella sfoggiata da Clark Gable nel film di Frank Capra. In Some like it hot, invece, Wilder fece affiorare nella sua recitazione un senso di controllata angoscia, una paura che può alimentare il compromesso, ma anche condurre alle fughe più impensabili: unirsi a una band femminile dopo avere assistito alla strage della notte di San Valentino del 1929, sopportare, come Daphne, la corte di un milionario, dovendo infine rivelare la propria identità maschile. In alcune scene del film L., adeguandosi allo stravolgimento preteso dal regista, coglie alla perfezione l'impossibile connubio fra disperazione ed equilibrio, fra paura e necessità di sopravvivenza. La commistione fra comicità e resa ritorna in The apartment dove, anonimo impiegato nello 'stanzone dai cento tavoli', è costretto a cedere ai superiori la chiave della propria abitazione per i loro incontri proprio con la ragazza che gli sta a cuore (Shirley MacLaine). E, sia pure in una misura paradossale, il tema dello sdoppiamento domina Irma la douce, storia di una prostituta (interpretata ancora una volta dalla MacLaine) e di un poliziotto che non vuole condividerla con altri e per questa ragione si inventa una seconda identità. Wilder, per esigenze di trama, colloca L. nella categoria degli 'umiliati e offesi', ma non ne avrebbe mai fatto una vittima innocente. Così anche i personaggi interpretati dall'attore in film diretti da altri registi appaiono sempre consapevoli della propria caduta e padroni, ormai, della tastiera drammatica in grado di esprimere tale consapevolezza. Days of wine and roses (1962; I giorni del vino e delle rose) di Blake Edwards può iniziare così in chiave leggera, quasi buffa, ma la discesa verso la perdizione è inarrestabile, e il non eroe trascina con sé la moglie. Nei racconti più tardi, apparsi in un diverso contesto sociale, la crudeltà risulta esplicita: in Glengarry Glen Ross il piccolo impiegato si oppone con furia al licenziamento e nell'episodio di Short cuts (1993; America oggi), film di Robert Altman tratto dai racconti di R. Carver, si assiste alla perfidia di un nonno del tutto indifferente ai guai del nipote. In queste prove nessuna commozione viene più concessa al suo personaggio, anche se L. continuò a interpretare le classiche figure della democrazia americana come in Missing, nel quale è un padre alla vibrante ricerca del figlio sparito nel Cile di Pinochet, o in Dad (1989; Dad ‒ Papà) di Gary David Goldberg, commovente dialogo fra un genitore malato e il figlio. Ma qualcosa di irrimediabile, e proprio nelle opere di Wilder (per es., The fortune cookie, 1966, Non per soldi… ma per denaro), era ormai avvenuto: il personaggio disegnato da L. aveva perduto la vecchia innocenza, assumendo l'identità del 'nuovo americano', perfettamente inserito in un sistema standardizzato, il quale, non potendo fare altro, scende a patti con le antiche virtù a cui è stato educato. Questo dualismo, insolito nel cinema hollywoodiano classico, fu alla base anche di opere notevoli quali Save the tiger e The China syndrome. Nel 1966, con The fortune cookie, L. aveva incontrato un compagno di scena che rispondeva perfettamente ai ritmi della sua recitazione: Walter Matthau, con cui avrebbe costituito una coppia inseparabile in molti film (del 1968 è The odd couple, La strana coppia, di Gene Saks, produzione comica di cui venne girato un seguito trent'anni dopo, Neil Simon's the odd couple II, La strana coppia II, diretto da Howard Deutch, sempre con i due attori). E se indimenticabile risulta la forza del contrasto e al contempo dell'affiatamento tra i due in The front page, altre prove successive della coppia furono progressivamente votate a un divertimento più effimero. Nel 1971 l'attore aveva esordito nella regia, dirigendo proprio l'amico Walter Matthau nella commedia Kotch (Vedovo aitante, bisognoso affetto offresi anche babysitter). L., che suonava il pianoforte fin da bambino, incise inoltre due dischi e compose il tema per il film Tribute (1980; Serata d'onore) diretto da Bob Clark.

Bibliografia

J. Baltake, The films of Jack Lemmon, Secaucus 1977; W. Holtzman, Jack Lemmon, New York 1977; H. Karasek, Billy Wilder, un viennese a Hollywood, Milano 1992, pp. 327-32.

Vedi anche
Kevin Spacey (propr. Kevin Spacey Fowler). – Attore statunitense (n. South Orange, New Jersey 1959). Uno dei volti più noti di Hollywood degli anni Novanta, si è imposto grazie alla straordinaria mimica e al sapiente uso dello sguardo, interpretando personaggi difficili, complessi, spesso ambigui. Ha iniziato negli ... Walter Matthau Matthau ‹màtau›, Walter (propr. Walter J. Matthow). - Attore statunitense (New York 1920 - Santa Monica 2000); temperamento comico, caratterizzato da un'ironia dimessa e spontanea, ottenne successi teatrali (The Ladies of the corridor di Parker e D'Usseau, 1953; The burning glass di Morgan, 1954; The ... Shirley MacLaine Nome d'arte dell'attrice statunitense Shirley Beaty (n. Richmond, Virginia, 1934). Cantante e ballerina fin dall'infanzia, esordì nel cinema con A. Hitchcock in The trouble with Harry (La congiura degli innocenti, 1955), affermandosi poi come interprete di personaggi vivaci e indipendenti, a suo agio ... Billy Wilder Wilder ‹u̯àildë›, Billy (propr. Samuel). - Regista cinematografico austriaco naturalizzato statunitense (Sucha, Polonia, 1906 - Los Angeles 2002); reporter, poi sceneggiatore cinematografico, dal 1934 negli USA, esordì nella regia, nel 1942, con The mayor and the minor (Frutto proibito). I successivi, ...
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    Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)
    Francesco Bolzoni Attore cinematografico statunitense, nato a Boston l'8 febbraio 1925. Già durante gli studi liceali e universitari (ad Harvard) scrive e porta in scena con fortuna alcuni copioni teatrali. Trasferitosi a New York dopo la seconda guerra mondiale, lavora nel music-hall, alla radio e ...
Vocabolario
black-jack
black-jack ‹blä′kǧäk›, locuz. ingl. (propr. «fante nero»), usata in ital. come s. m. – Gioco d’azzardo simile al sette e mezzo, che si gioca con due mazzi di carte.
jack²
jack2 jack2 〈ǧäk〉 s. ingl. [etimo incerto] (pl. jacks 〈ǧäks〉), usato in ital. al masch. – La bandiera di bompresso che le navi da guerra, quando sono all’ancora, alzano su apposita asta fissa sul bompresso o all’estrema prora. Nella lingua...
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