GRIMM, Jacob Ludwig Karl
Filologo e scrittore tedesco, fondatore della germanistica, fratello di Wilhelm (v.), nato il 4 gennaio 1785 a Hanau (Assia), morto a Berlino il 20 settembre 1863. Studiò giurisprudenza all'università di Marburgo, avendo a maestro Friedrich Karl von Savigny, il quale nel 1805 lo volle con sé a Parigi, per servirsene nei lavori preparatorî alla sua Storia del diritto romano nel Medioevo. Ritornato in patria, il G. ottenne un impiego al Ministero della guerra; dal 1808 al 1814 il re Girolamo di Vestfalia gli affidò varî incarichi. Nel 1814, restaurato dopo Lipsia il principe elettore, fu mandato a Parigi a ricuperare i libri che i Francesi avevano portati via da Cassel; poi partecipò al Congresso di Vienna e ne approfittò per studiare le lingue slave. Nel 1815 ritornò ancora una volta a Parigi per incarico del governo prussiano, a chiedere la restituzione dei manoscritti asportati da Napoleone. Ma sempre più si sentiva attratto dalla letteratura tedesca del Medioevo; perciò nel 1816 accettò con gioia la nomina di secondo bibliotecario a Cassel, dove trascorse col fratello Wilhelm anni tranquilli e laboriosi. Ma quando nel 1829 morì il primo bibliotecario e il posto rimasto vacante fu dato ad altri, J. G., offeso, si dimise e accettò l'ufficio di professore e di bibliotecario a Gottinga. In questa università tenne per sette anni corsi di lingua e di letteratura tedesca antica e di antichità germaniche, finché nel 1837 fu destituito ed espulso, perché con altri sei colleghi aveva protestato contro la revoca dello statuto hannoverano. Ritornò allora a Cassel dove alcuni mesi dopo lo raggiunse il fratello Wilhelm, col quale vissero sempre in così intima comunione di vita e di studî, che non si può dire dell'uno senza parlare insieme anche dell'altro. Speravano che la grande impresa del Dizionario tedesco avrebbe assicurato loro l'indipendenza; dopo quattro anni di amarezze e di lavoro, eletti entrambi membri dell'Accademia delle scienze di Berlino, si trasferirono nella capitale prussiana (marzo 1841). Nel 1843 Jacob fece un viaggio in Italia, nel 1844 in Scandinavia. Nel 1846 e nel 1847 presiedette i congressi dei germanisti a Francoforte e a Lubecca; nel 1848 fu eletto al parlamento di Francoforte e si unì al partito della "piccola Germania".
Considerato nella storia della cultura tedesca, J. G. è uno tra i più insigni rappresentanti della "scuola storica", il cui fondatore fu il Savigny. L'idea fondamentale di questa scuola, che ogni processo storico non nasce da un'intenzione cosciente e individuale, ma porta in sé una propria vita organica e si svolge per effetto di forze inaccessibili alla ragione, rispondeva al più intimo convincimento dei fratelli Grimm. Come i principî della scuola storica così anche le idee dei G. posano sul romanticismo, specialmente sul cosiddetto romanticismo di Heidelberg, il quale al culto per tutto ciò che nella storia è originario e primitivo congiungeva la venerazione per l'antichità germanico-tedesca. Come i romantici, i fratelli G. avevano fede assoluta nell'origine divina del linguaggio, della poesia, del diritto; nella superiorità della poesia popolare sulla poesia d'arte, nella preminenza della razza tedesca; ma, a differenza dei veri romantici, avevano quella parsimonia spirituale, quella disposizione a contemplare con simpatia anche le cose meno appariscenti, che costituì un tratto fondamentale del loro carattere e delle loro opere. È gloria particolare di J. G., che del comune lavoro dei due fratelli fu lo spirito direttivo e più potentemente geniale, di aver dato un impulso vigoroso alla scienza critica e a una documentata e sintetica comprensione storica dell'antichità. Su questi fondamenti i fratelli G. hanno elevato un'opera, che nel suo complesso abbraccia tutti i campi in cui si poteva promuovere filologicamente la conoscenza della storia della loro patria e la cui sintesi originale in una nuova scienza, la germanistica, ha somma importanza per intendere la storia spirituale dei popoli moderni.
J. G. fece le sue prime armi tra il 1807 e il 1810 pubblicando varî saggi in riviste. È del 1811 il suo primo volume: Über den altdeutschen Meistergesang (Gottinga 1811), in cui, tra l'altro, riprende e svolge acutamente la famosa distinzione herderiana tra poesia di natura e poesia d'arte. L'anno dopo esce, frutto della collaborazione tra i due fratelli, il primo volume dei Kinder- und Hausmärchen (Berlino 1812), al quale un secondo seguì nel 1815 e nel 1822 un terzo (rifatto da J. Bolte e G. Polívka, Lipsia 1913-32, in 5 voll.), contenente le annotazioni e un'ampia monografia sulle fiabe di tempi e di popoli diversi. Questa raccolta di fiabe popolari è il libro dei fratelli G. più famoso e più diffuso. Il primo impulso a comporla l'ebbero da Achim von Arnim, autore insieme col Brentano d'una raccolta di canti popolari tedeschi (Des Knaben Wunderhorn), a cui le fiabe dei G. formano una specie di parallelo in prosa. Minor successo, ma non minor valore ebbero le Deutsche Sagen (voll. 2, Berlino 1816-18; 4ª ed. a cura di R. Steig, Berlino 1905). Pure in collaborazione col fratello, J. pubblicò: Die beiden ältesten deutschen Gedichte (Hildebrandslied und Wessobrunner Gebet, Cassel 1812); Der arme Heinrich von Hartmann von Aue (1815); Die Lieder der alten Edda (1815), con grande acume critico e originalità d'interpretazione. Di lui solo sono invece: Gedanken über Mythos, Epos und Geschichte (1813) e il saggio sulla via lattea (Irmenstrasse und Irmensäule (1815), che troppo risentono delle fantastiche generalizzazioni mitologiche del Görres e del Kanne. Dal 1813 al 1816 i due fratelli pubblicarono anche la rivista Altdeutsche Wälder, in cui raccoglievano materiali critici e studî particolari per una grande storia dell'antica poesia tedesca. Ma di questa rivista fece un'aspra recensione A. W. Schlegel (nei Heidelberger Jahrbücher, 1815), scoprendo la fallacia delle teorie dei G. sull'origine spontanea e collettiva della poesia popolare e mostrando quanto esagerassero nel valutare il contenuto storico delle leggende, e nel voler trovare nelle fiabe resti di antichissima mitologia. Lo Schlegel inoltre affermava la necessità di una precisa conoscenza grammaticale per l'interpretazione e la critica dei testi antichi. J. G. sentì quanto c'era di giusto in questa critica, si dedicò allo studio della lingua tedesca e con la Deutsche Grammatik (Gottinga 1819-1837, voll. 4; dei voll. I e II curò una seconda ed. W. Scherer, Berlino 1870 e 1877; del III e IV G. Roethe e Edw. Schröder, Gütersloh 1889 e 1898) egli fondò la grammatica storica delle lingue germaniche. Movendo dall'intuizione di W. von Humboldt sulla natura organica del linguaggio, egli seguì la formazione e lo svolgimento della lingua tedesca comparando fra di loro tutti gl'idiomi germanici. Fu così che formulò la famosa "legge di Grimm" o dello spostamento delle consonanti (Lautverschiebung; v. Germanici, popoli, XVI, pp. 813-814). Con questa scoperta il G. diede un saldo fondamento scientifico all'etimologia. Egli inoltre stabilì il mutarsi della quantità delle vocali secondo leggi determinate; introdusse le denominazioni di flessione debole e forte, di Umlaut (metafonia), Ablaut (apofonia), Brechung (frattura); volle spiegare la differenza del genere grammaticale rifacendosi all'uomo primitivo, fornendo così contributi fondamentali al metodo della moderna scienza comparativa del linguaggio.
Tra i due primi e i due ultimi volumi della Grammatica pubblicò i Deutsche Rechtsaltertümer (Gottinga 1828; 4ª ed., a cura di A. Heusler e R. Hübner, voll. 2, Lipsia 1899; ristampa, ivi 1922), in cui riprese, con maggior ricchezza di materiali e più saldo fondamento linguistico, la tesi, che aveva sostenuto già nel 1816, della stretta parentela fra l'antico diritto e l'antica poesia della Germania. Non solo nelle leggende e nei miti, ma anche nell'antico linguaggio giuridico egli scorgeva l'opera del genio popolare e la sopravvivenza di tradizioni antichissime. E dei documenti del diritto consuetudinario dei contadini, i cosiddetti Weistümer (che egli preferiva come sue fonti), iniziò più tardi una raccolta (voll. 1-4, Gottinga 1840-63), continuata poi da R. Schröder (roll. 5-6, ivi 1866-1878). Un altro aspetto dell'antica vita tedesca fu da lui indagato nella Deutsche Mythologie (Gottinga 1835; 4ª ed., a cura di E. H. Meyer, voll. 3, Berlino 1875-77; ristampa 1930), potente rievocazione del paganesimo tedesco primitivo, se anche basata su presupposti fallaci. Risente pure dell'influsso del romanticismo l'ipotesi sostenuta nel libro su Reinhart Fuchs (1834) sull'origine dell'epopea animalesca medievale, che il G. voleva far risalire ad antichissime poesie popolari e della qu: le spiegava la somiglianza con le favole esopiche supponendo una comune origine indoeuropea. Tuttavia il suo lavoro ha grande valore come storia e analisi stilistica d'un particolare genere poetico. Una serie di saggi, più che una trattazione compiuta, e quasi un'appendice alla Grammatica, è la Geschichte der deutschen Sprache (voll. 2, Lipsia 1848), che resta memorabile per l'ardito tentativo di applicare i risultati della filologia comparata all'etnologia e alla storia culturale della Germania antica.
L'ultima grande impresa comune dei fratelli G. fu il Deutsches Wörterbuch, che s'incominciò a pubblicare in fascicoli a Lipsia nel 1852. In questo monumentale dizionario i G. si proposero di raccogliere, illustrandone l'etimologia e la storia, tutto il patrimonio linguistico tedesco da Lutero al Goethe. I volumi da loro condotti a termine (Jacob: il I, il II, e in parte, fino alla parola Frucht, anche il IV; Wilhelm: il II) fornirono il primo fondamento, il programma e il modello per quest'opera poderosa, continuata da una schiera di valenti filologi e ora vicina al compimento.
Gli scritti sparsi di J. G., tra i quali anche un'autobiografia, sono stati raccolti col titolo Kleinere Schriften, Berlino 1864-90, voll. 8.
Bibl.: Tra i molti carteggi pubblicati è da segnalare: Briefwechsel der Brüder J. und W. G. mit K. Lachmann, a cura di A. Leitzmann, Jena 1925-27, con un'importante introduzione di K. Burdach. - Si veda inoltre R. v. Raumer, Geschichte der germanischen Philologie, Monaco 1870; W. Scherer, J. G. (2ª ed. 1885; rist. Berlino 1921); E. Stengel, Private und amtliche Beziehungen der Brüder G. zu Hessen, voll. 3, Marburgo 1886-1910; R. Steig, Goethe und die Brüder G., Berlino 1892; id., A. v. Arnim und J. und W. G., Berlino 1904; id., Cl. Brentano und die Brüder G., Stoccarda 1914; E. Tonnelat, Les frères G. Leur œuvre de jeunesse, Parigi 1912; H. Daffis, Inventar der Grimmschränke in der preussischen Staatsbibliothek, Lipsia 1923.