MARCARIA, Jacob (Jacob ben David ben Fais)
Figlio di David, discendeva da una famiglia di prestatori che aveva operato nella seconda metà del Quattrocento a Piove di Sacco nel Padovano. Di qui, il 6 marzo 1495, il nonno, Yosef detto Fais, si era trasferito a Marcaria (piccolo centro del Mantovano da cui derivò il cognome della famiglia), proseguendo l'attività feneratizia.
La prima menzione del M. risale al 3 nov. 1526 quando ottenne il permesso di svolgere l'attività di prestito a Castiglione Mantovano. Risulta poi tra i membri del tribunale rabbinico di Cremona presieduto da Yosef ben Nathan Ottolenghi che diverrà in seguito suo socio nella stamperia di Riva di Trento (Riva del Garda).
Il M. sembra aver completato gli studi di medicina a Padova. Un breve di papa Giulio III del 19 genn. 1553 concesse a lui, "in civitate Patavina commoranti", grazie all'impegno nell'esercizio pratico della professione e negli studi, di conseguire il "gradum doctoratus in artibus et medicina" qualora, "rigoroso premisso esamine, iuxta ipsius universitatis consuetudinem", fosse stato ritenuto idoneo dal Collegio dei docenti di medicina dello Studio patavino, un titolo che gli avrebbe assicurato diversi privilegi tra cui quello di curare pazienti cristiani (Simonsohn). Sfortunatamente la documentazione dell'Archivio Antico dell'Università di Padova risulta lacunosa per il 1553 e così non siamo in grado di comprovare la data in cui il M. conseguì il dottorato; comunque egli fu registrato nel Libro massariale di Riva nel 1564 quale "Excellens dominus Iacop phisicus Hebreus" (Riva del Garda, Arch. stor. comunale, Libro massariale 1564, c. 4r).
Il M. è indissolubilmente legato alla tipografia di Riva dove, tra il 1557 e il 1563, pubblicò una quarantina di testi in ebraico. L'esistenza e l'attività della sua tipografia si deducono solamente dalle opere che furono stampate; infatti, se si eccettua la succitata menzione del Libro massariale, null'altro emerge dalle fonti locali.
La nascita e lo sviluppo della tipografia di Riva si inseriscono in un contesto particolare della storia della tipografia ebraica in Italia, cioè quel decennio tra il 1553 e il 1563 che, in conseguenza del breve di Giulio III di condanna e proibizione del Talmūd (12 ag. 1553), vide la sospensione dell'attività delle stamperie ebraiche a Venezia. Riva, che dal 1521 faceva parte del principato vescovile di Trento, rappresentava un luogo ideale quale sede di una stamperia ebraica grazie alla sua particolare ubicazione. Sita al di fuori dello Stato veneto ma vicina ai suoi confini, su quel lago di Garda dove operavano fiorenti cartiere quali, tra le altre, quella di Baldeser Bozzoni, la sua posizione favoriva la possibilità di smistamento dei libri sia verso la pianura Padana sia verso i Paesi d'Oltralpe.
Determinante per il successo della breve stagione della tipografia ebraica del M. fu la protezione accordatagli dal cardinale Cristoforo Madruzzo, principe vescovo di Trento dal 1539 al 1567, come si desume dagli espliciti riferimenti al suo governo nei frontespizi che, in tre edizioni, contengono perfino lo stemma del prelato. Madruzzo, fine umanista, fin dagli inizi del suo principato dimostrò un atteggiamento tollerante nei riguardi degli ebrei. Tra l'altro, in qualità di governatore dello Stato di Milano tra il 1556 e il 1557, evitò di imporre loro il segno distintivo e protesse la stamperia ebraica di Cremona dove operava ed esercitava il suo magistero il menzionato rabbino Yosef Ottolenghi. Questi fino al 1561 fu il maggior collaboratore e socio del M., che sostenne anche finanziariamente grazie alle sue disponibilità economiche, tra l'altro quale proprietario, a partire dal 1555, di un banco feneratizio a Como. Il M., infatti, non sembra possedesse i capitali necessari alla tipografia se, come pare, dovette perfino esercitare l'attività di sensale di matrimoni.
Assai scarse sono le informazioni sull'organizzazione e sul funzionamento della stamperia ubicata nella casa di Antonio Broini o Bröen. Oltre a Yosef Ottolenghi e allo stesso M., l'unico collaboratore fu Yosef ben Ya'aqov Shalit Ashkenazi da Padova, che compare nella miscellanea Goren nakon (Aia preparata). Il personale specializzato poteva provenire da Cremona, da Sabbioneta, da Mantova e da Venezia; prevalgono i formati in 4° e in 8°, mentre si ignorano sia la tiratura delle edizioni sia la rete di distribuzione. Per quel che concerne il ritmo dell'attività tipografica, nel 1558 uscì il maggior numero di edizioni (dieci), mentre nel triennio 1559-61 si ebbero otto edizioni all'anno e tre nel 1562.
Stando alle prefazioni, tutte di suo pugno, alle otto opere di carattere filosofico che vennero edite nella sua stamperia, parrebbe che il M. avesse una particolare competenza negli studi di filosofia. Cinque sono testi filosofici islamici in traduzione ebraica: l'Iggeret ha-musar (Lettera etica), erroneamente attribuito ad Aristotele ma con tutta probabilità opera del medico Ali ibn Ridwan vissuto in Egitto nell'XI secolo e tradotto in ebraico da Yehudah ben Shelomoh al-Ḥarizi (1170-1235); di due commenti di Averroè: l'Epitome al trattato De physico auditu di Aristotele, tradotto in ebraico verso il 1250 da Mosheh ben Shemuel ibn Tibbon, e il Compendium all'Organon di Aristotele, tradotto in ebraico nel 1189 da Ya'aqov ben Machir ibn Tibbon. Seguirono la miscellanea Goren nakon comprendente il Tiqqun middot ha-nefesh (La correzione delle qualità dell'anima) di Shelomoh ibn Gabirol nella versione ebraica di Yehudah ben Shemuel ibn Tibbon; la silloge Musare ha-filosofim (Gli insegnamenti dei filosofi), attribuita a Ḥunayin ibn Yiṣḥaq (circa 800-873) e tradotta in ebraico da Yehudah ben Shelomoh al-Ḥarizi, e infine l'opuscolo pseudo-aristotelico Sefer ha-tappuah (Libro della mela), nelle versione ebraica di Abraham ibn Ḥasdai (XIII secolo).
Un settore più consistente, con nove opere, riguarda la Bibbia e l'esegesi biblica; otto di tali volumi sono preceduti da una prefazione del Marcaria. Anche se non apparve una versione completa della Bibbia, venne stampata la Torà con la parafrasi aramaica di Onqelos, con le Megillot (Cantico, Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste, Ester) e con le Hafṭarot di rito sefardita, ashkenazita e italiano. Di questi testi furono tirate due edizioni nel 1561 che divergono solo per i commenti. Per rendere più agevole la comprensione del commento di Shelomoh ben Yiṣḥaq (Raši) di Troyes vennero stampati i Be'urim del rabbino Yisrael Isserlein (1390-1460) e il Sefer Diqduqe Raši (Libro delle osservazioni grammaticali di Salomon ben Isaac), raccolta delle note linguistiche di Raši da parte di un autore anonimo forse del XV secolo. Vennero anche editi il libro di Giobbe con il commento di Yiṣḥaq ben Meir Arama (forse 1460 - circa 1545) e, privi del testo biblico, i commenti alla Torà di Yiṣḥaq Caro, di Baḥya ben Asher ben Ḥalawa (XIII secolo) e il commento alle cinque Megillot di Levi ben Gershom, infine, dello stesso, le To'aliyyot ha-Ralbag (Cose utili di Rabbi Levi ben Gershom sul Pentateuco e sui Profeti), tutti con prefazione del Marcaria.
Tuttavia il settore che, con sedici opere, conta il più nutrito numero di titoli è quello concernente il diritto e la ritualistica. Innanzitutto, tra l'ottobre e il novembre 1559, furono pubblicate due edizioni della Mišnah: la prima con i commenti di Maimonide e di Obadiah ben Abraham Yare da Bertinoro, la seconda in formato tascabile e priva di commenti, curate dal rabbino Yosef Ottolenghi. Nonostante il divieto del Talmūd, nel 1561 venne dato alle stampe il Masseket derek ereṣ u-firqe ben 'Azzay, un trattato minore concernente la buona condotta. Sempre per aggirare il divieto di edizione del Talmūd e per renderne più agevole la consultazione, nel 1558, furono pubblicati due rinomati compendi, il Sefer Rav Alfas (Il libro di Rabbi Alfasi) di Yiṣḥaq Alfasi e, tra il 1560 e il 1561, due edizioni del Sefer Arba'ah ṭurim di Ya'aqov ben Asher (1280-1340). Ancora nel 1558 vennero editi i Ḥidduǧe, cioè il commento del rabbino Nissim ben Reuben Gerondi (forse 1310-75) alle Halakot (Regole) di Yiṣḥaq Alfasi. Accanto a raccolte di responsi di area sefardita quali il Sefer bar Šešet (Il libro del figlio di Sheshet) del rabbino Yiṣḥaq ben Šešet Perfect di Algeri, edito nel 1559, troviamo testi di area ashkenazita quali il Sefer Rav Mordekay (Libro di Rabbi Mordecai) di Mordekay ben Hillel ha-Kohen (forse 1240-98), i Minhagim di Abraham Klausner di Vienna (seconda metà del XV secolo) e le Birkot Maharam di Meir ben Baruch da Rothenburg (circa 1215-93), tutti editi nel 1558. Inoltre il rabbino Yosef Ottolenghi, per facilitare la consultazione del Sefer Rav Mordekay, pubblicò, tra il 1558 e il 1559, i due repertori Simane Mordekai (Indice dei paragrafi del Mordecai) e Simane we-qiṣṣure ha-Mordekai (Indice dei paragrafi e compendi del Mordecai). L'unico testo liturgico edito nel 1561 è l'Haggadah di Pasqua con il commento di Yiṣḥaq ben Yehudah Abrabanel.
Secondo Tamani (p. 163), "il contributo più impegnativo e più originale recato dalla tipografia di Riva del Garda alla cultura ebraica" fu l'editio princeps del trattato Milḥamot ha-Šem (Le guerre del "Nome" ossia del "Signore"), di Levi ben Gershom, un'opera "non esente da errori e da omissioni", che tuttavia avrebbe costituito la base per la prima ristampa del 1866. Dai tipi del M. uscirono anche opere di mistica quali il Sefer Ša'are orah (Libro delle porte della luce) e il Sefer Ša'are ṣedeq (Libro delle porte della giustizia) del cabbalista spagnolo Yosef ben Abraham Gikatilla (1248 - circa 1325), e un'unica opera di letteratura, il poemetto satirico Maśśa ge ḥizzayon (Oracolo della valle di visione) del poeta romano del Duecento Binyamin ben Abraham Anaw. Il settore della grammatica è rappresentato solo dal Sefer diqduqe Raši, una compilazione di norme grammaticali tratte da Rashi forse del XV secolo, e infine quello dell'astronomia dal Sefer 'evronot, una raccolta di opuscoli sul calendario ebraico la cui cura è quasi certamente attribuibile al Marcaria.
L'ultima edizione iniziata a Riva, il libro di Giobbe con il commento Meir'Iyyov (Colui che illumina Giobbe) di Meir ben Yiṣḥaq Arama, di cui furono stampate le cc. 1-64, venne completata ed edita a Venezia nella stamperia di Giorgio Cavalli nel 1567.
Il 1562 fu dunque l'ultimo anno dell'attività in ebraico della tipografia che tuttavia continuò la sua produzione fino al 1563, pubblicando sotto il nome del M. un opuscolo di versi in latino dedicato da Vincenzo Zanelli al cardinale Ludovico Madruzzo, nipote di Cristoforo, mentre, senza il nome dello stampatore, vennero dati alle stampe alcuni testi in latino al servizio del concilio di Trento.
Il M. viveva probabilmente ancora a Riva nel 1564, ma si sarebbe trovato a Venezia nell'estate del 1573, come si deduce dal colophon del manoscritto di un commento alla Torà di Nissim ben Mosheh da Marsiglia, in cui egli afferma di aver terminato la trascrizione dell'opera nella città lagunare il "28 Av del 333" secondo il computo minore, corrispondente al 1° luglio 1573 (in Crosina, con traduzioni latine e italiane: pp. 67 s. e 70 nn. 59 s.).
Del M. non si conoscono né il luogo né la data di morte.
Fonti e Bibl.: Riva del Garda, Arch. stor. comunale, Libro massariale 1564, c. 4r; E. Carmoly, Annalen der hebräischen Typographie von Riva di Trento (1558-1562), in Ben Kananjah (Chananja) [Szegedin], VII (1864), pp. 660-666; J. Jacobs, Riva di Trento, in The Jewish Encyclopedia, New York-London 1906, X, pp. 431 s.; D.W. Amram, The makers of Hebrew books in Italy, Philadelphia 1909, pp. 296-302, 304 s.; J. Bloch, Hebrew printing in Riva di Trento, in Bulletin of the New York Public Library, XXXVII (1933), pp. 755-769; Id., A hitherto unrecorded Hebrew publication from Riva di Trento, in Jewish Quarterly Review, n.s., XXVI (1935-36), pp. 128-132; E. Carmoly, Ha-sefarim še-nidpesu be-'ivrit be-Riwwa di Ṭrenṭo (I libri stampati in ebraico a Riva di Trento), a cura di Y.Y. Cohen, in Binyamin ben Avraham 'Anaw, Sefer maśśa ge hizzayon (1560; Il libro della valle della visione), a cura di S.U. Nahon et al., Tel-Aviv-Yerušalayim 1966, pp. 20-22; G. Volli, Gli ebrei a Riva del Garda, in La Rassegna mensile di Israel. Scritti in memoria di Attilio Milano, XXXVI (1970), pp. 473-488; Y. Meizeles, Nosafot le-defus ha 'ivri be-Qušṭa u-ve-Riwwa di Ṭrenṭo (Aggiunte alla tipografia ebraica di Costantinopoli e di Riva di Trento), in 'Ale sefer, I (1975), pp. 95-100; Riva di Trento, in Encyclopaedia Judaica, XIV, Jerusalem 1972, col. 196; A. Chemelli, Trento nelle sue prime testimonianze a stampa, Trento 1975, pp. 127-136; M.L. Crosina, La comunità ebraica di Riva del Garda (sec. XV-XVIII), Trento 1991, ad ind. (in partic. G. Tamani, La tipografia di J. M. [1557-1563], pp. 159-249); S. Simonsohn, The Apostolic See and the Jews, VI, Documents 1546-1555, Toronto 1990, pp. 2852 s.; VII, History, ibid. 1991, p. 177; D. Carpi, L'individuo e la collettività. Saggi di storia degli ebrei a Padova e nel Veneto nell'età del Rinascimento, Firenze 2002, pp. 49, 52, 55, 65.