Jacob Moleschott
Considerato, insieme a Ludwig Büchner (1824-1899), Carl Vogt (1817-1895) e Heinrich Czolbe (1819-1873), uno degli esponenti più rappresentativi del materialismo scientifico della seconda metà dell’Ottocento, Jacob Moleschott, medico e fisiologo, fu anche un attento osservatore delle implicazioni sociali della fisiologia materialistica. Il rilevante impatto della sua vasta e articolata produzione fu scientifico e, al tempo stesso, filosofico-culturale e politico. Moleschott aspirò a una sistematizzazione delle conoscenze fisiologiche raggiunte; nondimeno si propose la «fondazione di una Weltanschauung materialistica con ambizione di verità oggettiva e di liberazione umana» (Cosmacini 2005, p. 128). Moleschott esercitava, già prima del suo trasferimento all’Università di Torino, una considerevole influenza sulla cultura scientifica italiana. Dopo il suo arrivo in Italia, di cui prese la cittadinanza nel 1862, il suo insegnamento della fisiologia e della ‘filosofia positiva’ promosse approcci razionali in campo scientifico e filosofico, cui fecero seguito anche violente polemiche antimaterialiste.
Jacob Moleschott (Jacobus Albertus Willebrordus) nacque il 9 agosto 1822 a ’s-Hertogenbosch, nella regione del Brabante settentrionale, nei Paesi Bassi, da Elizabeth Antonia van der Monde, cattolica praticante, e da Johannes Franciscus Gabriel, medico a Leida. Dopo aver studiato in un collegio a Boxtel fu educato da un precettore privato, un pastore luterano. Conseguita la licenza liceale presso il ginnasio-liceo di Kleve, si iscrisse alla facoltà di Medicina di Heidelberg. Tra i suoi professori, i celebri Leopold Gmelin (1788-1853), ritenuto in Germania il fondatore della chimica fisiologica, il chimico Wilhelm Delffs (1812-1894), il fisico Philipp Johann Gustav von Jolly (1809-1884), Friedrich Tiedemann (1781-1861), docente di anatomia e istologia. Spinto da interessi medico-scientifici, Moleschott visitò Zurigo e Berna dove incontrò Lorenz Oken (1779-1851), uno dei principali esponenti della Naturphilosophie, primo rettore della nuova università di Zurigo, e Rudolf Albert von Kölliker (1817-1905), Privatdozent di anatomia comparata e fisiologia, esperto microscopista. Al tempo stesso i suoi interessi politici lo portarono nel Württemberg, dove ebbe modo di confrontarsi con il teologo David Friedrich Strauss (1808-1874) e il filosofo Friedrich T. Vischer (1807-1887).
Conseguì la laurea il 22 gennaio 1845 con una tesi dal titolo De Malpighianis pulmonum vesiculis, sotto la guida del professor Jakob Henle, fisiologo di fama, esperto nell’uso del microscopio e autore del celeberrimo volume Allgemeine Anatomie (1841). Sostenuto a Leida l’esame di abilitazione professionale, Moleschott tornò in Olanda, a Utrecht, dove esercitò la professione di medico generico. Nel 1847, amareggiato dal mondo accademico olandese, accolse la proposta del suo maestro Henle di una Privatdozentur in fisiologia e antropologia presso l’Università di Heidelberg. L’anno successivo, a Magonza, conobbe Sophie, figlia maggiore del medico e noto esponente democratico Georg Strecker, che diventò sua moglie il 14 marzo 1849.
Nel 1852 pubblicò il volume Der Kreislauf des Lebens, che fu l’espressione di una dura polemica antispiritualistica. Alla richiesta del rettore, a nome del senato universitario, di interrompere il suo insegnamento «frivolo e immorale», pena la revoca della venia docendi, nonostante il grande successo conseguito con il libro, ventisette allievi si rivolsero al ministero granducale del Baden in difesa di «un uomo generalmente tenuto in alta stima» e «di un’opera puramente scientifica» (Für meine Freunde. Lebens-Erinnerungen, uscito postumo nel 1894, trad. it. 1902, pp. 232-33). A chiudere la controversia arrivarono le dimissioni dello stesso Moleschott che dichiarò di rifiutarsi «di insegnare in una Università in cui la libertà d’insegnamento esisteva soltanto di nome» (p. 231). Ritornò in patria e riprese la professione di medico.
Nel 1856 fu invitato a insegnare fisiologia presso l’Università di Zurigo, città nella quale si trasferì con Sophie e i tre figli, Carlo, Maria e Arminio. Nel 1861 Moleschott fu chiamato per chiara fama in veste di ordinario di fisiologia e direttore del laboratorio di fisiologia sperimentale nella facoltà medico-chirurgica della Regia Università di Torino. Nei primi mesi del 1862 ottenne la cittadinanza italiana e sempre più spesso il suo nome fu trasformato in Jacopo, più raramente in Giacomo.
La sua appartenenza alla Reale Accademia delle scienze di Torino per più di sette anni rese possibile la sua nomina a senatore del Regno nel novembre 1876. Nel 1878 si trasferì all’Università di Roma per ricoprire l’insegnamento di fisiologia. Alla fine del 1892 abbandonò l’insegnamento universitario per sopraggiunti limiti d’età e durante gli ultimi anni della sua vita tornò alla professione medica. Morì a Roma il 20 maggio 1893 a causa di un’infezione setticemica contratta curando un paziente affetto da erisipela.
Tornato a Utrecht dopo la laurea, Moleschott frequentò il laboratorio di Gerhard Johann Mulder (1802-1880); lì conobbe il noto fisiologo Franciscus Cornelis Donders (1818-1889), il botanico Pieter Harting (1812-1885), che condivideva assai poco il suo entusiasmo per il monismo materialista, e il fisiologo Isaac van Deen, con il quale avviò una fitta corrispondenza scientifica e privata. Tra il 1846 e il 1848, con van Deen e Donders, diede inizio agli «Holländische Beiträge zu den anatomischen und physiologischen Wissenschaften», prima rivista olandese – redatta in tedesco – dedicata alla fisiologia e all’anatomia.
In quel periodo la lettura di Johann Georg Forster (1754-1794), naturalista, scrittore, compagno di James Cook (1728-1779) nella seconda circumnavigazione del globo, figura di rilievo dell’Illuminismo tedesco e maestro di Alexander von Humboldt (1769-1859), ebbe tale influenza su di lui da spingerlo a dedicargli il volume Georg Forster, der Naturforscher des Volks, pubblicato nel 1854. Anche Das Wesen des Christenthums (1841) di Ludwig Andreas Feuerbach, opera di enorme risonanza e ritenuta uno dei fondamenti del positivismo materialista, ricoprì un ruolo decisivo nella sua formazione, specialmente nell’interpretazione antropologica del fenomeno religioso. Ugualmente Feuerbach fu stimolato da Moleschott a dedicare un’attenzione profonda al sostrato fisiologico delle attività spirituali.
Nel 1850 uscì a Erlangen la sua opera divulgativa Lehre der Nahrungsmittel für das Volk, in seguito tradotta in inglese, francese, russo e olandese, per la quale ricevette l’apprezzamento di von Humboldt. Secondo quanto dichiarò lo stesso Moleschott, il volume fu pensato «in senso materialistico e socialistico». «Socialistico» perché «soltanto se prospera l’operaio, può prosperare il lavoro». «Materialistico» perché
se cibo e bevanda forniscono la materia che in noi si scompone e si muove, che in noi pensa e sente, la natura e gli uomini producono sì costante impressione sui nostri sensi, che la materia del nostro corpo non conosce un secondo di immobilità. In eterno movimento si rincorrono sentimenti e pensieri, volontà ed azioni. E se tutto avviene soltanto nella materia, se tutti gli effetti si propagano soltanto da materia a materia […] al savio si conviene di riconoscere questa dipendenza (Für meine Freunde, cit., pp. 186-87).
Il volume fu oggetto di una recensione da parte dello stesso Feuerbach, intitolata Die Naturwissenschaft und die Revolution («Blätter für literarische Unterhaltung», 9 novembre 1850, 269, p. 1074), che lo definì uno scritto importantissimo, anzi rivoluzionario tanto sotto i rapporti filosofici che etici e persino politici. Fu in quel testo che Feuerbach coniò la celebre affermazione «der Mensch ist was es isst», ovvero «l’uomo è ciò che mangia». L’opera, tradotta in italiano da Giuseppe Bellucci, uscì nell’edizione Treves soltanto nel 1871, con il titolo Dell’alimentazione. Trattato popolare. Era una chiara anticipazione del concetto di circolazione della vita.
Quando nel 1844 Moleschott, alle soglie della laurea, vinse un concorso bandito dalla Società Teyleriana di Harlem con la sua Osservazione critica alla teoria di Liebig sul nutrimento delle piante, in cui riprendeva criticamente l’opera Die Chemie in ihrer Anwendung auf Agricultur und Physiologie (1840) di Justus Liebig, ricevette i 400 fiorini olandesi del primo premio (con i quali acquistò il suo primo microscopio), la stima di numerosi scienziati e l’elogio dello stesso Liebig. Tuttavia, la contrapposizione scientifico-filosofica al maestro della chimica moderna, di cui Moleschott aveva rilevato errori metodologici legati alla tendenza a trascurare le medie statistiche dei dati sperimentali, era solo all’inizio.
Meno di un decennio più tardi Moleschott pubblicava a Magonza il volume Der Kreislauf des Lebens, un’autentica replica a una nuova edizione delle Chemische Briefe di Liebig (le 41 lettere che l’autore aveva iniziato a pubblicare nel 1841), che si concludeva con una dura polemica antispiritualistica. Moleschott affermava così che
noi siamo schiavi della composizione, della mescolanza chimica della nostra materia; che la materia governa l’uomo […] che la volontà nostra è legata a cause (Für meine Freunde, cit., p. 200).
Composto da venti lettere, il libro ebbe un’enorme risonanza e fu considerato l’opera fondamentale di Moleschott, ma venne accolto anche da aspre polemiche a causa di un’impostazione dichiaratamente materialista, espressa, per es., dalla Lettera XVI intitolata La materia governa l’uomo. Moleschott non contestava a Liebig le scoperte nel campo della chimica organica né la metodologia seguita, ma la concezione spiritualistica della scienza, sostenuta dalla tesi creazionistica. Era, in fin dei conti, una controversia non tanto tra scienziati ma tra filosofi della scienza. Il fisiologo olandese, soprattutto, rimproverava alle «filosofie spiritualistiche e idealistiche» di aver perduto «l’interesse sociale» (Cosmacini 2005, p. 51). Occorre considerare che, nonostante la sua visione del mondo fosse organicista come risulta evidente dallo stesso concetto di circolazione della vita, Moleschott si trovò costretto a servirsi di un dispositivo tipicamente meccanicista come il principio di causalità (Patriarchi 1997, p. 233). Nelle sue memorie autobiografiche Moleschott scriverà più avanti di come la «gioventù prese d’assalto» il libro (Für meine Freunde, cit., p. 206).
Moleschott fece allora ritorno in patria e alla professione di medico, senza mai abbandonare gli esperimenti nel suo laboratorio privato. Quest’attività di ricerca nel 1855 portò alla fondazione di un ‘giornale indipendente’, «Untersuchungen zur Naturlehre des Menschen und der Thiere», pubblicato in fascicoli senza scadenza fissa dall’editore Meidinger, a cui collaborarono Emil Du Bois-Reymond, Rudolf Peter Heinrich Heidenhain, Adolf Kussmaul, Moritz Schiff. L’anno successivo diventò docente di fisiologia presso l’Università di Zurigo, periodo durante il quale si dedicò particolarmente alla ricerca sul sistema respiratorio e nervoso, sui muscoli lisci e all’embriologia. Alla sua prolusione accademica del 21 giugno 1856, dal titolo Luce e vita, era presente anche Francesco De Sanctis, che ricopriva la cattedra di letteratura italiana al Politecnico di Zurigo. Dopo un’iniziale diffidenza – da parte di De Sanctis nei confronti di Moleschott, che già intratteneva un’amicizia con l’esule italiano Filippo de Boni – i due si conobbero e si frequentarono, entrando ben presto in sintonia.
Quando, nel 1861, De Sanctis fu nominato ministro della Pubblica istruzione del primo governo Cavour, Moleschott fu chiamato per chiara fama come professore ordinario di fisiologia e direttore del laboratorio di fisiologia sperimentale nella facoltà medico-chirurgica della Regia Università di Torino. Il suo predecessore, Secondo Berruti, che era stato il primo fisiologo in Italia ad aver sostenuto la necessità della sperimentazione, venne messo a riposo d’ufficio. La chiamata avvenne in un clima di diffidenza a causa della fama di materialista che accompagnava Moleschott. Il suo inserimento rientrava in un piano di svecchiamento e progressiva laicizzazione tanto dell’ateneo torinese quanto della cultura italiana. Il 16 dicembre 1861 lesse davanti al Senato accademico la sua lezione inaugurale, poi pubblicata dall’editore Loescher di Torino, con il titolo Del metodo nella investigazione della vita (1862).
Collaborò con Giuseppe Timermans, ordinario di patologia speciale, nella riforma degli studi, sia teorici sia sperimentali, della facoltà. Moleschott, nel 1864, avviò l’Istituto clinico medico, concepito con criteri rinnovati, dotato di un laboratorio di ricerca e di un ambulatorio, di aule per seminari e lezioni. Istruì giovani ricercatori – tra cui Simone Fubini, Angelo Mosso, Luigi Pagliani – sui metodi sperimentali, compreso quello dell’istologia, fino allora sostanzialmente ignorata a Torino, dove anche gli anatomici si limitavano alla macroscopica. In una lezione inaugurale della fine degli anni Settanta dal titolo Psicologia e fisiologia sperimentale. Prolusione tenuta per l’anno 1879-1880, Mosso, collegandosi al programma di ricerca di Moleschott, sostenne, contro metafisiche e spiritualismi, l’indagine fisica dei fenomeni psichici. Alla morte di Moleschott, durante il discorso di commemorazione, Mosso lo riconobbe come il suo principale punto di riferimento sul piano del materialismo (Discorso del prof. Angelo Mosso, in In memoria di Jacopo Moleschott, 1894, pp. 103-27). Con Moleschott furono introdotti nell’ateneo torinese il meccanicismo come criterio esplicativo dei fenomeni medico-naturali, lo sperimentalismo nella ricerca fisiologica, il determinismo. Nelle prolusioni accademiche del 1862 e del 1863 estremizzò le sue posizioni materialiste a proposito della naturalità dell’uomo e della materialità dell’esperienza umana. Nella prolusione del 1862, Dei limiti della natura umana, trattò il tema dei limiti delle facoltà conoscitive e del valore da assegnare alle cognizioni che si acquisiscono tramite queste stesse facoltà. In quella occasione Moleschott presentò per la prima volta in Italia la legge psicofisica di Ernst Heinrich Weber e Gustav Theodor Fechner a proposito della relazione esistente tra stimolo e percezione, legge che collegava fisiologia e psicologia.
Nel 1865, nella quinta prolusione al corso di fisiologia sperimentale nella Regia Università di Torino, pubblicata da Loescher con il titolo di Patologia e fisiologia (1866), asserì la continuità tra fisiologia e patologia, anticipando una prospettiva teorica elaborata compiutamente più tardi da Claude Bernard. Sono gli anni della polemica con Maurizio Bufalini, clinico medico a Firenze, tra i principali esponenti di un indirizzo empiristico al quale Moleschott contrappose la tesi della continuità tra fisiologia e patologia.
Quando nel 1865 l’Italia fu colpita da una vasta epidemia di colera, la quarta del secolo, Moleschott elaborò i Consigli e conforti nei tempi di colera diretti alle singole persone ed in ispecie ai padri di famiglia, pubblicato da Loescher l’anno successivo. L’opuscolo, nutrito dalla convinzione dell’esistenza di un saldo rapporto tra medicina, società e politica, si proponeva di divulgare norme igienico-profilattiche, ma non era avaro di accenti polemici contro catastrofismo, disinformazione e superstizione, e contro quanti definirono l’epidemia ‘un flagello di Dio’.
Nel 1869 fu pubblicata in Italia, per l’editore Brigola di Milano, la traduzione di Der Kreislauf des Lebens a opera di Cesare Lombroso, con il titolo La circolazione della vita: lettere fisiologiche. La traduzione fu giudicata «mitigata» da Moleschott (Für meine Freunde, cit., p. 207), inferiore comunque a quella francese del 1866 a opera di Émile Honoré Cazelles (La circulation de la vie. Lettres sur la physiologie en réponse aux Lettres sur la chimie, de Liebig, par Jac. Moleschott; traduit de l’allemand, avec autorisation de l’auteur, par le Dr. E. Cazelles, 2 voll., 1866). Purtuttavia, in seguito si diffuse l’idea che tra Moleschott e l’antropologia criminale di Lombroso vi fosse una filiazione scientifica diretta – tesi suffragata dallo stesso Lombroso e poi da Giovanni Gentile. Quanto al lavoro teorico di Lombroso, Moleschott aveva espresso, accanto a riconoscimenti, anche una serie di distinguo: per es., nel 1887 aveva respinto la teoria epilettica di Lombroso (Savorelli, in Jakob Moleschott, 2011, p. 553). La versione castigliana dell’opera, uscita nel 1881, fu invece opera del socialista Alejandro Ocina y Aparicio (La circulación de la vida. Cartas sobre la fisiología en contestación a las Cartas sobre la química de Liebig, por Jac. Moleschott, 1881).
Nell’anno della nomina a senatore del Regno, il 1876, Moleschott tentò di approdare all’Istituto di studi superiori di Firenze in sostituzione di Schiff, senza successo. Nel 1878 fu trasferito alla Regia Università di Roma per insegnare fisiologia, cattedra lasciata da Socrate Cadet. La sua docenza torinese passò all’allievo Mosso, perfezionatosi prima a Firenze con Schiff per due anni, poi a Lipsia presso l’Istituto di fisiologia diretto da Karl Ludwig su indicazione dello stesso Moleschott e a Parigi presso Bernard e Jules-Étienne Marey. Nel periodo romano più che alla sperimentazione si dedicò prevalentemente alla didattica, all’elaborazione teorica e alla sua attività di senatore e membro del Consiglio superiore della Pubblica istruzione. Alla fine del 1892, in occasione dell’abbandono per sopraggiunti limiti d’età dell’insegnamento universitario, nel suo discorso finale tornò a citare Feuerbach, segnalò Julius Robert von Mayer e Charles R. Darwin tra «i più grandi nomi» del 19° secolo (Für meine Freunde, cit., p. 305).
Commemorato a Torino da Lombroso, Piero Giacosa e Mosso, il suo successore, Luigi Luciani, nella lezione introduttiva del corso di fisiologia dell’anno accademico 1893-94 lo ricordò sommariamente per «la vasta cultura letteraria, scientifica e semifilosofica» (L. Luciani, Lo svolgimento storico della fisiologia. Prelezione al Corso di fisiologia nella r. Università di Roma per l’anno accademico 1893-94, 1894, pp. 37-38). La freddezza di Luciani anticipò il distacco con cui negli anni seguenti ci si riferirà alla sua eredità. Lo stesso allievo Mosso si impegnò a liberare il positivismo del maestro dal «nuovo dogma», ovvero l’ideologia materialistica (Rumore, in Jakob Moleschott, 2011, p. 575).
De Malpighianis pulmonum vesiculis. Dissertatio anatomico-physiologica, Heidelbergae 1845.
Lehre der Nahrungsmittel für das Volk, Erlangen 1850 (trad. it. Dell’alimentazione.Trattato popolare, Milano 1871).
Physiologie des Stoffwechsels in Pflanzen und Thieren. Ein Handbuch für Naturforscher, Landwirthe und Aertze, Erlangen 1851.
Der Kreislauf des Lebens. Physiologische Antworten auf Liebig’s “Chemische Briefe”, Mainz 1852, 18634 (trad. it. La circolazione della vita. Lettere fisiologiche, traduzione sulla 4. ed. tedesca pubblicata col consenso dell’autore dal prof. Cesare Lombroso, Milano 1869).
Georg Forster, der Naturforscher des Volks, Frankfurt a.M. 1854.
Sulla vita umana. Prolusioni e discorsi, Torino-Firenze 1861-1867.
Dei limiti della natura umana. Seconda prolusione al corso di fisiologia sperimentale nella R. Università di Torino letta dal Professore Jac. Moleschott il dì 24 novembre 1862, Torino 1864.
Für meine Freunde. Lebens-Erinnerungen, Giessen, uscito postumo nel 1894 (trad. it. Per gli amici miei. Ricordi autobiografici, Palermo-Milano 1902).
Prolusioni italiane, a cura di A. Negri, Milano 1988; alcune prolusioni sono altrimenti rintracciabili nelle varie edizioni ottocentesche.
G. Cimino, La mente e il suo substratum. Studi sul pensiero neurofisiologico dell’Ottocento, Pisa 1984, ad indicem.
G. De Liguori, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivismo, 1868-1911, Roma-Bari 1988, ad indicem.
A. Patriarchi, Jacob Moleschott ed il materialismo dell’Ottocento, Roma 1997 (con Nota bibliografica, pp. 73-100).
A. Patriarchi, Materialismo naturalistico, materialismo storico e materialismo moleschottiano, «I problemi della pedagogia», 1997, 1-3, pp. 215-34.
G. Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di Jacob Moleschott, Roma-Bari 2005.
A. Gissi, Moleschott Jacob, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 75° vol., Roma 2011, ad vocem.
Jakob Moleschott, «Giornale critico della filosofia italiana», settembre-dicembre 2011, 7, 3, nr. monografico (articoli di A. Savorelli, L. Meneghello, P. Rumore, E. Del Soldato, P. Busi, M.V. D’Alfonso).